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giovedì 1 luglio 2021

Accordo truffa

 


Le burocrazie sindacali presentano come vittoria lo sblocco dei licenziamenti, senza aver fatto un'ora di sciopero per contrastarlo

Un vecchio adagio dice che più la merce è scadente più la confezione dev'essere voluminosa.
L'accordo tra governo, burocrazie sindacali e Confindustria sui licenziamenti calza alla perfezione con questo assunto. In questo caso però la sproporzione tra merce e confezione è talmente ampia da meritare la categoria della truffa.

"Un grande risultato per i lavoratori e per il Paese dovuto alle mobilitazioni sindacali" esulta Landini. Ma dove sarebbe il grande risultato? Di certo non lo ha visto il quotidiano di Confindustria:

«Nel testo, limato fino all'ultimo momento, e sottoscritto dal Presidente del Consiglio, da Orlando e dalle parti sociali, si dà sostanzialmente il via libera al superamento del blocco dei licenziamenti, con le eccezioni che saranno introdotte dal Decreto oggi al vaglio del Consiglio dei Ministri, e al tempo stesso viene sottolineato l'impegno a “raccomandare l'utilizzo degli ammortizzatori sociali che la legislazione vigente ed il decreto legge in approvazione prevedono in alternativa alla risoluzione del rapporto di lavoro”» (Il Sole 24 ore, 30 giugno).

Dunque: il blocco dei licenziamenti finisce col 30 giugno. Dal 1 luglio la libertà di licenziare riprende a pieno regime. Le eccezioni riguardano il comparto tessile-abbigliamento-pelletteria, per il quale si proroga il blocco in cambio di altre 17 settimane di cassa integrazione gratuita. Punto.
Tutto il resto è aria fritta. Il governo mette a disposizione altre 13 settimane di cassa per le imprese che avessero esaurito gli ammortizzatori, e chi ne usufruisse non potrebbe licenziare per il periodo considerato. Ma sono i padroni a scegliere se usufruirne o meno, a seconda dei propri interessi aziendali.

L'«impegno a raccomandare l'utilizzo degli ammortizzatori» vale meno di zero dal punto di vista giuridico e pratico. Ammesso che vi sia l'“impegno”... la “raccomandazione” non si nega a nessuno, come ogni supplica di misericordia. Qualsiasi padrone resta libero di ignorarla.
«Non si tratta di un accordo, non vi sono vincoli veri e propri», precisa a scanso di equivoci Il Sole 24 Ore (30 giugno), che si “impegna” da subito a chiarire ai capitalisti che potranno fare ciò che vogliono. In altri termini, nessuna azienda che voglia licenziare invece che usare gli ammortizzatori subirà la minima sanzione. Gli unici che non potranno scegliere sono gli operai.

L'accordo risponde ai diversi interessi degli attori in gioco. Il governo copre i partiti della sua maggioranza e le loro ipocrite “preoccupazioni” per il lavoro. La Confindustria offre una foglia di fico alle burocrazie sindacali in cambio dell'incasso della libertà di licenziare. Le burocrazie sindacali offrono a padroni e governo il proprio lasciapassare in cambio del riconoscimento della concertazione.

Landini recita la “pubblica soddisfazione” della CGIL per mascherare la propria capitolazione. È l'arte consumata di vendere fumo per celare l'arrosto. Ma i fatti hanno la testa dura.
“Mai accetteremo lo sblocco dei licenziamenti, ricorreremo alla mobilitazione” aveva tuonato Landini nelle settimane scorse. Siamo ora di fronte a uno scenario opposto: non solo la CGIL ha evitato lo sciopero generale e qualsiasi indicazione di lotta, ma ha il coraggio di presentare oggi come vittoria dei lavoratori la libertà di licenziare dei loro padroni.

È una responsabilità pesante, tanto più a fronte di un governo di unità nazionale che ha deciso la liberalizzazione dei subappalti, abbatte i controlli ambientali e persino quelli anticorruzione, progetta la riduzione delle tasse per le rendite finanziarie. Dare il via libera allo sblocco dei licenziamenti, senza aver attivato la minima resistenza, significa rafforzare il corso generale delle politiche borghesi a scapito della classe operaia, dei suoi interessi, della sua combattività, contro quelle dinamiche di scioperi di solidarietà che in queste settimane, dopo l'assassinio di Adil, hanno unito lavoratori della logistica e dell'industria, al di là delle diverse sigle sindacali, attorno a una comune appartenenza di classe.

Questo accordo va dunque denunciato e respinto da tutto il sindacalismo di classe, che tanto più oggi ha la responsabilità di unire nell'azione le proprie forze per contrastare l'offensiva padronale che si annuncia.

Quanto alla battaglia interna in CGIL, è il momento di chiedere conto a Maurizio Landini delle responsabilità che si è assunto, con le relative conseguenze, senza sconti e timidezze reverenziali. Un tradimento si chiama tradimento, nelle assemblee dei lavoratori come nelle strutture sindacali. L'opposizione alla burocrazia sindacale affronta oggi un nuovo banco di prova.

Partito Comunista dei Lavoratori