Pages

martedì 11 gennaio 2022

Giù le mani del capitale e della finanza dal lavoro e dalla montagna!


 Il copione che abbiamo visto recitato dal padronato alla Saga Coffee di Gaggio Montano si è ripetuto in questi giorni a Marradi, piccolo centro montano, sede dello stabilimento produttivo dell’Ortofrutticola del Mugello, in provincia di Firenze

Marradi è la patria del Marron Buono (marchio IGP), eccellenza del territorio punteggiato dai castagneti. Anche in questo caso, come a Gaggio Montano, la fabbrica è in attivo, quindi non si può parlare di alcuna “crisi” che giustifichi il licenziamento dei lavoratori, anzi, delle lavoratrici, perché come alla Saga Coffee, a perdere il lavoro sarebbero principalmente donne, spesso impiegate nello stabilimento da tanti anni, in gran parte stagionali, che lavorano dieci mesi all’anno nel ciclo produttivo dello stabilimento.

Come a Gaggio, la chiusura dell’ dell’Ortofrutticola del Mugello di Marradi significherebbe un colpo mortale all’economia del territorio, che vede svolgersi qui l’intera catena di produzione dei marron glacé, dalla coltivazione alla raccolta alla vendita. Quella che si fa a Marradi è una vera e propria produzione di eccellenza, unica in Italia, una lavorazione lenta, messa a punto con attenzione. Il capitale spesso straparla di km 0 e produzioni locali e poi le chiude laddove funzionano, per la sola ragione di incrementare ulteriormente i profitti.

E come alla GKN e a Gaggio, anche a Marradi di «capitale» si deve parlare, dato che l’Ortofrutticola del Mugello, nata come azienda pubblica, è passata prima in mani private e ora è controllata da un fondo finanziario, la Investindustrial, guidato dal manager Andrea Bonomi, oggi principale azionista di società come B&B Italia, Flos, Aston Martin, Sergio Rossi, PortAventura, Artsana e Valtur. Fondo finanziario che, come da copione, al primo tavolo convocato in Regione non si è fatto vedere. E non si è mai fatto vedere da quando ha acquisito lo stabilimento.

Non sorprende quindi che anche questa comunità, come quella di Gaggio Montano, abbia reagito con forza, stringendosi intorno alle lavoratrici e ai lavoratori, in un presidio h24 in condizioni durissime, comprendendo una verità molto semplice: se muore la fabbrica muore il territorio, il lavoro è ben più di uno scambio tempo-salario, è dignità, è collettività: anche il fruttivendolo, il macellaio, il coltivatore diretto subirebbero un danno irreparabile se la fabbrica dovesse chiudere.

I perversi meccanismi del capitale, forse per alcuni meno visibili in un grande tessuto urbano o internazionale, rivelano tutta la loro distruttività se osservati attraverso la lente di ingrandimento di queste piccole e caparbie comunità montane.

La fabbrica è in attivo, addirittura il fatturato nell’anno di crisi 2021 ha toccato il 6%, un risultato mai raggiunto. Ora non basta più neppure che una fabbrica produca profitti per sentirsi al sicuro. Ai fondi finanziari viene consentito di speculare non solo sul lavoro, ma direttamente sulle persone, distruggendo intere famiglie, intere filiere produttive, interi paesi.

In una crisi pandemica in cui chi ha perso il lavoro è per il 98% donna, i licenziamenti di Gaggio Montano e di Marradi aggiungono un’ulteriore beffa alla crudeltà: queste donne avranno una difficoltà doppia a trovare un nuovo posto di lavoro, molte di loro lavorano nella fabbrica da quando erano ragazzine, e ora hanno figli e genitori anziani a carico.

I balbettii delle autorità non devono trarre in inganno, al di là delle meschine diatribe politiche di bottega, il potere borghese non ostacolerà il capitale finanziario e anche a livello nazionale non è possibile farsi illusioni: non sarà questo governo di banchieri e finanzieri a fermare i licenziamenti (lo ha già dimostrato con la legge farsa “contro” le delocalizzazioni). Sarà solo tramite la lotta che le lavoratrici di Marradi potranno difendere il posto di lavoro. Durare un minuto in più dei padroni diventa più difficile quando il padrone è un fondo finanziario apparentemente senza volto, disumano, completamente disinteressato alla logica della produzione di un bene, ma solo alla monetizzazione di persone, territori, scorte, macchinari. Ma è necessario.

Davanti a un padronato che non si nasconde più neppure dietro la foglia di fico dell’essere “imprenditori” ma solo “proprietari”, ­­occorrono forme di lotta decise e radicali, come quelle messe in atto dai lavoratori di tante realtà che stanno attraversando la stessa situazione: blocco della fabbrica, presidio permanente, occupazione.

GKN, Whirlpool, Saga Coffee, Speedline e adesso Ortofrutticola del Mugello… Si tratta di decine e centinaia di vertenze operaie che attraversano il balletto di tavoli e tavolini istituzionali, accordi e compratori fantasma, speranze e amare disillusioni, una strategia di sfinimento volta a piegarle una ad una, impedendo che queste lotte si riconoscano sorelle e si uniscano in una vertenza generalizzata contro i licenziamenti e contro una narrazione falsa della crisi pandemica, che è stata un’ulteriore occasione di profitto per i soliti noti.

È il momento di unire queste lotte in una vertenza generale a tutela del lavoro e della sua dignità, occupare le aziende che licenziano o delocalizzano, rivendicare il loro esproprio sotto controllo operaio, di costruire una cassa nazionale di resistenza.

Il PCL Romagna ha portato la propria solidarietà alle operaie e agli operai di Marradi sabato 8 gennaio, con la nostra adesione a tutte le iniziative di lotta che le operaie intenderanno portare avanti. Ma la solidarietà per quanto ci riguarda non può limitarsi alle parole vuote, alle sfilate delle autorità o alla sola solidarietà civile. Serve sostenere la lotta delle operaie: noi che lavoriamo in tanti altri posti di lavoro, insieme alle lavoratrici di Marradi, di Gaggio, e di ogni altra vertenza. L’unificazione delle lotte in una vertenza generale contro i licenziamenti è per noi ormai non più rinviabile.


Invitiamo chi può a sostenere le lavoratrici e i lavoratori dell’Ortofrutticola del Mugello tramite la cassa di resistenza, in loco, o con un versamento.

IBAN: IT45P0200837941000401384771

Causale: PRESIDIO ORTOFRUTTICOLA

Partito Comunista dei Lavoratori - sezione Romagna