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martedì 30 gennaio 2024

Il sorriso di Ilaria Salis



Cronaca della prima udienza del processo, da parte di un compagno che vi ha assistito


Coloro che leggono questo resoconto (ma ormai buona parte degli italiani) sanno già chi è Ilaria Salis: l’anarchica milanese che l’anno scorso ha preso parte alle contro-manifestazioni del Giorno dell’onore (un raduno neonazista tollerato dall’Ungheria di Orbán), e che è stata arrestata con l’accusa di aver aggredito due neonazisti, assieme ad altre persone. Benché le lesioni riportate siano state lievi, benché i due aggrediti non abbiano sporto denuncia (hanno fatto sapere online che intendono vendicarsi per strada) e benché il suo volto non sia visibile nel video che riprende l’aggressione, Ilaria è stata in carcere sotto un regime durissimo per quasi un anno, fino alla prima udienza del processo che è iniziato oggi, 29 gennaio 2024.

La mattina a Budapest è fredda. Di fronte al tribunale una fila di persone: solo alle persone registrate è permesso l’accesso all’aula. Dopo i controlli di sicurezza, l’aula. Gli spalti per il pubblico sono divisi in due, un po’ come in certi stadi. Da una parte il padre di Ilaria Roberto Salis, da mesi impegnato in una battaglia perché la figlia abbia un giusto processo e sia sottoposta a una detenzione dignitosa. Accanto gli avvocati italiani di Ilaria, sue compagne e compagni milanesi, un gruppo di tedeschi venuti per il co-imputato Tobias. Dall’altra, cinque o sei neonazisti ungheresi, fin troppo riconoscibili coi loro bomber e crani rasati. Il giudice, un ragazzino dallo sguardo obliquo e inquietante (Dio ci perdoni se c’è offesa per Sua Eccellenza, ma ricorda il Dracula interpretato dal suo compatriota Béla Lugosi) dà inizio al processo.

L’ingresso di Ilaria in aula è spiazzante. Chi si aspettava di vedere entrare in aula una donna distrutta nel fisico e nello spirito dopo la durissima detenzione subita ha dovuto ricredersi. Ilaria entra pesantemente incatenata, due teste di cuoio armate la sorvegliano. Un trattamento che si penserebbe riservato a personaggi di ben altra fatta, ma forse è per farsi gioco anche di questo che Ilaria entra sorridendo agli astanti. Un sorriso fresco, sicuro e sincero, così simile a quello delle fotografie che nelle ultime settimane si sono viste sui media.

Di fatto, questa prima udienza equivale a un rompere il ghiaccio: il processo è aggiornato al 21 maggio e non è dato sapere quanto durerà, quale sarà la sorte di Ilaria, se le sue condizioni detentive cambieranno, se le verranno concessi i domiciliari in Ungheria o in Italia. Qual è quindi la conclusione dell’udienza di oggi? L’imputato tedesco Tobias, anch’egli pesantemente incatenato, si è dichiarato colpevole e ha accettato una condanna a tre anni (anche se i PM faranno ricorso, volendo ottenere almeno tre anni e mezzo).

Come abbiamo scritto in nostri precedenti articoli, non pensiamo che Ilaria subirà un processo giusto. Questo non solo perché le violenze dell’estrema destra in Ungheria sono solitamente impunite (mentre Ilaria viene trattata come una specie di terrorista), ma anche perché in quattordici anni di regno Orbán ha attaccato sempre più pesantemente l’indipendenza dei giudici. Molti giudici non allineati sono andati in pensione o sono stati indotti a dimettersi, e sono stati sostituiti da ragazzini e ragazzine freschi di laurea, ideologicamente fedelissimi a Orbán e al suo regime. Qualche giudice indipendente resta ancora, ma non sappiamo per quanto, né sappiamo come si evolverà la situazione.

Per quanto riguarda Ilaria nello specifico, sembra che l’interprete che ha ricevuto faccia fatica e che non sia molto professionale. Il suo avvocato difensore fa notare che essa non ha ricevuto le traduzioni degli atti che la riguardano, né ha potuto visionare i video che la “incastrerebbero”. Critica il modo in cui si sono svolte le indagini, insiste che bisognerà analizzare più approfonditamente la perizia medica sui feriti e l’esame antropometrico di Ilaria. Attenzione, quest’ultimo esame non è di secondaria importanza dato che, ripetiamo, il volto di Ilaria non si vede nel video che la incolperebbe. L’esame dovrebbe essere pertanto una pesante prova a suo carico. Eppure, fa notare l’avvocato, nel testo della perizia si ripetono spesso espressioni come «probabilmente», «molto probabilmente», «non è escluso possa trattarsi di altra persona», che sono ben lontane dall’indicare una chiara colpevolezza. Sia il medico che ha stilato la perizia sia l’esperto antropometrico saranno chiamati a testimoniare.

Ma al di là della cronaca spiccia della prima giornata di processo, quali considerazioni politiche fare sul caso che ormai da tempo occupa i media italiani? Perché non c’è dubbio che si tratti di una questione politica: come si è detto, è improbabile che Ilaria sia sottoposta a un processo giusto e imparziale, visto anche che i neonazisti ungheresi possono solitamente commettere le loro violenze impunemente. Il padre di Ilaria e il Comitato nato per liberarla, del quale fa parte anche Ilaria Cucchi, insistono su una battaglia legalista e di principio: inammissibile trattare così una persona sottoposta a mera custodia cautelare, e che per di più potrebbe usufruire degli arresti domiciliari nel proprio paese, come consentito da precise norme europee. Benché non possiamo che inchinarci di fronte a queste considerazioni di principio, come partito ci sentiamo di poter andare oltre.

Noi non siamo anarchici, ma conosciamo l’impegno di Ilaria nel milanese. La consideriamo una compagna coraggiosa che ha resistito per quasi un anno a condizioni detentive che avrebbero spezzato ben altre persone. Il pacifismo e la nonviolenza astratti non hanno alcun senso se riportati sul terreno dei fatti concreti i quali, lo ripetiamo, mostrano che Ilaria rischia per un’accusa di lesioni lievi fino a 24 anni di carcere mentre violenze ben più gravi, frequenti e sistematiche restano impunite. Pertanto, come partito ribadiamo la nostra solidarietà a Ilaria e continueremo a seguire il processo, convinti che si tratti di una questione politica e non di mera amministrazione.

Elia Spina