Sabato 9 novembre un corteo antifascista di circa mille compagne e compagni ha ritenuto doveroso contestare la presenza del corteo “patriota” dei fascisti di Casapound. Oltre all’elementare igiene antifascista, lo scendere in piazza era reso necessario dalla tradizione della città medaglia d’oro della Resistenza e teatro dell’orrenda strage fascista del 2 agosto 1980.
La presenza fascista è stata autorizzata dal questore, dipendente del Ministero degli Interni, ed era logico che anche il governo fosse coinvolto nella contestazione, così come le forze di polizia, massicciamente schierate a difesa del piccolo corteo fascista.
È in questo contesto che si sono verificati gli scontri, quantunque limitati, con la polizia in assetto antisommossa, dotata di grate ed idranti.
La responsabilità ricade interamente su chi ha voluto la manifestazione fascista, e a poche centinaia di metri dalla stazione di Bologna, dove è ancora visibile lo squarcio provocato dalla bomba del 2 agosto 1980.
Nondimeno la vicenda è stata presa a pretesto, nelle ore subito successive ai fatti, perché dai banchi del governo si scatenasse una rumorosa canea contro gli antifascisti, i centri sociali e in generale le “zecche rosse” che vi risiedono, colpevoli di aver dato la “caccia” al poliziotto.
Perché tanta veemenza? Crediamo che il livore governativo percorra la linea di condotta verso una stretta autoritaria della gestione dell’ordine pubblico e della libertà di manifestare. Su questo percorso troviamo infatti la proibizione della grande manifestazione a sostegno della causa palestinese del 5 ottobre, l’interrogazione parlamentare contro gli scioperi nella logistica e il SI Cobas, il DDL 1660 con il suo chiaro impianto repressivo e persecutorio, e oggi l’anatema contro i centri sociali, i comunisti e le “zecche”.
Non solo: è chiaro l’intento da parte del governo Meloni di associarsi alle forze di polizie proponendosi come il governo in cui possono riporre la loro fiducia, anche quando fosse necessaria assicurarsi l’impunità, come ad esempio quando accada che in piazza prendano ordini dai fascisti, cosa successa sabato, come ha testimoniato il video del SIULP.
Insomma, un governo che non si limita ad essere di polizia ma anche della polizia.
L’errore più grande in questi casi sarebbe indietreggiare. Le minacce del governo devono servire al contrario a ritrovarci sempre più numerosi nei prossimi appuntamenti di lotta, che sono numerosi e ravvicinati.
Sconfiggere la torsione autoritaria del governo è possibile, tentare è doveroso.
Il Partito Comunista dei Lavoratori assicura fin da subito la propria presenza determinata a tali appuntamenti
Partito Comunista dei Lavoratori