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lunedì 16 agosto 2021

No a soluzioni truffa per GKN e Whirlpool

 


Il governo vende fumo per ingannare e dividere gli operai

Lo sblocco dei licenziamenti, sottoscritto da Landini, e la serie di licenziamenti collettivi che ne sono seguiti hanno acceso i fari sul comportamento dei capitalisti.
Gli stessi che hanno liberalizzato i licenziamenti, dietro la copertura di una pietosa raccomandazione a non farli, levano grida scandalizzate e piangono lacrime di coccodrillo. Ministri, autorità istituzionali, dirigenti sindacali, tutti fanno la fila per ostentare la propria indignazione contro gli azionisti Whirlpool, GKN, Gianetti, che hanno semplicemente applicato a proprio vantaggio ciò che è stato loro concesso su un piatto d'argento. Non era forse prevedibile che lo facessero? Il fine dello sblocco, per cui Confindustria aveva tanto insistito, non era forse quello di consentire i licenziamenti?

Ora, siccome i lavoratori di GKN hanno occupato la fabbrica, e sembrano decisi a non mollare, la paura di governo e burocrazie sindacali è che questa forma di lotta possa diventare un precedente pericoloso, capace di contagio. La prima preoccupazione che hanno non è quella di bloccare i licenziamenti, ma di bloccare l'unificazione delle vertenze del lavoro in un unico fronte di lotta. A questo fine il governo Draghi procede con due strumenti complementari.


LE SOLUZIONI PATACCA

Il primo è quello di vender fumo ai lavoratori coinvolti nelle vertenze attorno a possibili soluzioni di mercato.

Ai lavoratori Whirlpool il governo promette un fantomatico piano di mobilità sostenibile che dovrebbe coinvolgere ignoti imprenditori campani del settore delle automotive e che dovrebbe consentire la rioccupazione dei lavoratori dello stabilimento di Napoli.
Facciamo notare che il “piano di mobilità sostenibile” fu la bandiera con cui la Regione Lombardia all'inizio degli anni 2000 liquidò l'Alfa Romeo di Arese. Anche allora, con parole identiche, si promise che i lavoratori sarebbero stati salvaguardati. In realtà accadde l'opposto: la disgregazione di una comunità operaia, una massa di nuovi disoccupati o di lavoratori declassati. E questo accadde oltretutto in un quadro economico sicuramente più florido di quello campano del 2021. Chi vogliamo dunque prendere in giro?

Per la GKN non va diversamente. L'ultima voce ufficiosa è quella per cui il governo farebbe pressione su Stellantis, cliente all'80% di GKN, per risolvere la vertenza. Risolvere come e cosa? Anche le pietre sanno che GKN ha interesse a smobilitare Firenze per inseguire Stellantis in Francia e Polonia. Perché Stellantis dovrebbe occuparsi della sorte dei lavoratori di Firenze invece che dei profitti della sua azienda fornitrice di componentistica?
Oltretutto nella stessa giornata in cui il governo presenta Stellantis come chiave di soluzione della vertenza GKN, l'amministratore delegato di Stellantis Tavares informa la stampa che in azienda vi sono 12000 esuberi e che con questi costi non si può continuare. Non a caso Tavares sta cercando di riconvertire l'enorme prestito concesso da Banca Intesa e coperto dallo stato italiano, per avere una mano più libera in fatto di licenziamenti. Sarebbero questi i salvatori degli operai GKN?

La seconda nuvola di fumo da vendere ai lavoratori è quella di un progetto di legge contro le delocalizzazioni. È la stessa patacca che nel 2018 Luigi Di Maio, allora ministro del lavoro, presentò ai lavoratori della Bekaert e della stessa Whirlpool quale soluzione dei loro problemi. Infatti. L'idea riciclata è quella di disincentivare le delocalizzazioni prevedendo l'informazione preventiva di sei mesi (“avvisateci per tempo”) e multe economiche, più o meno salate. Come se un'azienda interessata strutturalmente a chiudere e investire altrove la produzione per anni o decenni non potesse includere tranquillamente la multa una tantum nel bilancio economico dell'operazione. Ma c'è di più: questi disincentivi irrisori non varrebbero per le delocalizzazioni compiute all'interno dell'Unione Europea, perché questo danneggerebbe la libera concorrenza continentale, cioè la libertà di sfruttamento alla ricerca di tassi di profitto più elevati. Dunque ad esempio GKN potrebbe fare tranquillamente ciò che ha fatto.


LA NAZIONALIZZAZIONE È L'UNICA SOLUZIONE

Tutto questo dimostra una cosa sola: solo una nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio può difendere i posti di lavoro. Solo l'aperta rottura con le regole del gioco della società capitalista può aprire una prospettiva nuova. Solo su questa prospettiva è possibile unificare le tante vertenze a difesa del lavoro in un unico fronte di mobilitazione, capace di metter paura a governo e padroni, di modificare i rapporti di forza, di strappare risultati concreti per gli operai. Fuori da questa prospettiva c'è solo l'eterno ripetersi di un film già visto troppe volte nell'ultimo decennio: quello della sconfitta in ordine sparso, azienda per azienda, del movimento operaio italiano.

“Insorgiamo” hanno detto giustamente i lavoratori di GKN. Per questo diciamo: “fare ovunque come in GKN”. Occupare le aziende che licenziano, impedire che portino via i macchinari, imporre il controllo dei lavoratori sugli stabilimenti in questione.
La parola d'ordine della loro nazionalizzazione, senza indennizzo e sotto controllo operaio, ci pare la proiezione naturale della loro occupazione: la via per dare a questa forma di lotta una bandiera unificante, al servizio di tutta la classe operaia.

Partito Comunista dei Lavoratori