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giovedì 14 ottobre 2021

La questione energetica: i soviet più l’elettricità

 


Il controllo delle risorse energetiche da parte del proletariato si rivela l'unica alternativa possibile per la salvaguardia del pianeta

La velocità di degradazione ambientale del nostro pianeta ha raggiunto livelli record. La portata del disastro è un prodotto della storia che ha come concause tutti gli aspetti naturali, economici e sociali. Infatti, i bisogni in epoca feudale di un contadino povero non sono gli stessi di un proletario di oggi, e le sfruttamento delle risorse del Medioevo non è paragonabile alla domanda energetica odierna.


Consideriamo ora uno dei principali problemi ambientali, ovvero il cambiamento climatico: si tratta dell’innalzamento delle temperature medie globali come conseguenza dell’attività umana. Il principale motivo per cui si ha questo innalzamento è l’immissione nell’atmosfera di gas ser
ra. E qual è la principale fonte di immissione di gas serra nell’atmosfera? La risposta ce la fornisce l’ISPRA: «Il settore energetico è […] responsabile della quota emissiva prevalente, circa 80% delle emissioni totali. Il settore elettrico costituisce a sua volta una quota rilevante del settore energetico, rappresentando in termini emissivi circa il 30% delle emissioni nazionali di origine energetica.».

La questione energetica domina la società moderna, da un lato dal punto di vista politico, economico e sociale e dall’altro con la sua enorme influenza sull’inquinamento. Si possono studiare nuovi indicatori sociali, come il consumo energetico pro capite, e usarli come stima di “benessere” e sviluppo di una nazione. Per esempio, il consumo annuale di kilowattora pro-capite in Norvegia si aggira sui 24 mila, invece spostandoci in Africa i consumi sono molto più contenuti: in Sudafrica si toccano i 4 mila kilowattora annui pro capite, mentre in altri Paesi più poveri, come la Guinea Bissau, il consumo pro capite si ferma a 17 kilowattora. All’Africa corrisponde l’uso del 4% del consumo globale di energia elettrica, nonostante sia il continente che ospita un quinto della popolazione mondiale.

Le proiezioni su questo tema sono preoccupanti, secondo l’Agenzia Statistica e Analitica del Dipartimento dell’energia degli USA (EIA), il consumo mondiale di energia crescerà del quasi 50% tra il 2019 e il 2050. La crescita si focalizzerà prevalentemente nel settore industriale. Si prevede, infatti, che il consumo di energia nel mondo cresca all’aumentare del consumo di merci. La crescita del consumo totale e mondiale di energia causerà un parallelo aumento (pari al 79%) nella generazione di elettricità. E chi consuma di più nel mondo energia? Oltre a essere i responsabili dei maggiori problemi ambientali, sono i paesi industrializzati i maggiori consumatori di energia al mondo: nonostante rappresentino il 15% della popolazione globale, il loro consumo energetico supera il 50% dell’energia consumata in totale.


PROGRAMMA DI TRANSIZIONE

Il socialismo è uguale ai soviet più l’elettrificazione” fu lo slogan politico della campagna politica per elettrificazione della Russia nel 1920 (piano GOLERO), dove Lenin, in modo brillante, anticipa ed individua nell’elettrificazione un elemento di primaria importanza per lo sviluppo economico e sociale della Russia.
Tutt’oggi, soddisfare il bisogno energetico diventa un obiettivo politico immediato per i comunisti ed una necessità per il proletariato mondiale. La peculiarità di questo nuovo periodo storico sta anche nel contenere i consumi dei paesi avanzati, i quali, come abbiamo appena visto, sono esagerati e distruttivi.

Il mercato capitalista porta ad una produzione di merci (e quindi impiego di energia) sempre maggiore e senza razionalità, con l’unico fine di accrescere il capitale. Perciò è da rivendicare l’esproprio di tutto il settore energetico, centralizzarlo in un unico programma a livello mondiale, in modo da poter pianificare un futuro sostenibile, ponderare la distribuzione di energia e creare nuovi impianti di forniture energetiche nei paesi in via di sviluppo. Le fonti energetiche rinnovabili e non rinnovabili devono essere censite e tenute rigorosamente sotto il controllo dei lavoratori per la loro sostenibilità a lungo termine. In questo modo si va a gestire l’energia per la produzione di beni e non di merci, nel quadro di un programma eco-compatibile.


DALLA CRISI AMBIENTALE ALLA COSTRUZIONE DI UNA NUOVA SOCIETÀ

Il superamento del capitalismo non può fondarsi semplicemente sui buoni propositi della politica, ma deve avere delle corrette fondamenta economiche e scientifiche. Questo lo chiarirono Marx ed Engels nella battaglia politica contro il socialismo utopistico; tuttavia, nelle loro analisi mancavano concetti chiave come l’entropia, che pone dei limiti oggettivi allo sfruttamento energetico. Marx ed Engels, nonostante riconobbero i problemi di inquinamento collegati allo sfruttamento della natura, considerarono “gratuite” le forze-naturali. Ora entra in gioco l’energia (o forza-naturale) come “nuova” (nel senso non più ignorabile) condizione da considerare nel sistema economico-sociale: si inserisce nel processo produttivo oggettivizzandosi in una merce ma non rimane semplicemente “gratuita” poiché presenta dei costi. Infatti, per via del concetto di aumento di entropia in una trasformazione irreversibile (tutte quelle che avvengono in natura), l’energia è direttamente collegata alla degradazione di materia e alla produzione di rifiuti inutilizzabili.

Visto che nel capitalismo le forze-naturali sono una merce, possiamo calcolare il loro valore facendo un parallelismo con la forza-lavoro: è pari al valore dei mezzi di "sussistenza” necessari a riprodurla, che, tradotto, è la capacità delle fonti energetiche primarie (sono quelle fonti che sono presenti in natura e quindi non derivano dalla trasformazione di nessun’altra forma di energia; rientrano sia fonti rinnovabili come l’energia solare, sia fonti esauribili come il petrolio) di rigenerarsi. Così come per l’uomo, che si affatica ogni volta in cui cede forza-lavoro, così anche in una trasformazione irreversibile si hanno dei “costi”, poiché si va ad aumentare l’entropia del sistema chiuso, e questi “costi” vanno messi a bilancio.
Per la precisione, quando abbiamo un aumento di entropia, una parte di energia va “persa”, ma non è effettivamente andata distrutta; infatti, non si può contraddire il Primo Principio (conservazione dell’energia): essa si è solo degradata in una forma non più utilizzabile per produrre lavoro (che è il modo in cui l’energia e la forza-lavoro si estrinsecano per dare valore ad una merce). Già nel 1880 un giovane socialista ucraino, Podolinskij, partendo dai principi della termodinamica, aveva proposto una revisione della teoria marxiana della produzione. La fecondità delle idee di Podolinskij, tuttavia, non fu intesa adeguatamente da Marx ed Engels; Engels si espresse in proposito in modo sostanzialmente (anche se non interamente) negativo in due lettere a Marx del dicembre 1882. Entrambi furono ostacolati nel giudizio poiché non avevano ancora fatto approfonditamente i conti con il principio di entropia e le sue implicazioni.

Inoltre, se definiamo l’energia “l’attitudine di un sistema o di un corpo a compiere un determinato lavoro”, possiamo considerare anche la forza-lavoro come una forza-naturale. Andando a conclusione, dato che l’accrescimento di capitale è fondato sulla mercificazione della forza-lavoro e quindi della forza-naturale, l’emancipazione umana e naturale in una società superiore passa per la liberazione della forza-lavoro e delle forze-naturali dalla posizione di merce.
Con ciò si vuole cercare di spiegare che una prospettiva ecologica deve demolire la causa prima di degradazione ambientale, che è il capitalismo, altrimenti si attueranno soltanto delle “toppe” al sistema che non risolveranno mai completamente il problema. C’è anche dell’altro: ossia che una prospettiva anticapitalista deve basarsi su precisi fondamenti economici e sociali, aggiornarsi con le nuove conoscenze scientifiche e considerare fattori che prima di ora non sono stati appieno calcolati.

Luca Gagliano