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giovedì 11 luglio 2024

La crisi della Quinta Repubblica

 



La lotta per un governo dei lavoratori e delle lavoratrici

10 Luglio 2024

Il voto del secondo turno delle elezioni francesi ha rappresentato una sconfitta politica del fronte arcireazionario lepenista. Un fatto importante e un sollievo. Il radicato sentimento antifascista della maggioranza della società francese ha trovato nella stessa partecipazione al voto un suo riflesso. Le manifestazioni festose del popolo della sinistra per la sconfitta di Le Pen-Bardella sono dunque più che comprensibili, e le facciamo nostre.

Al tempo stesso, il voto espresso nel ballottaggio ha risvolti problematici per i lavoratori e le lavoratrici.
In primo luogo, il polo lepenista, pur vedendosi al momento sbarrato l'accesso diretto al governo, registra con dieci milioni di voti il più grande risultato della sua storia, consolidando il proprio blocco sociale reazionario. La sua minaccia resta dunque incombente sulla prospettiva.
In secondo luogo, la desistenza del Nouveau Front Populaire (NFP) a favore di 127 candidati macroniani ha favorito la tenuta di un centro borghese antioperaio nel Parlamento francese, non autosufficiente, certo più debole che nel 2022, ma consistente. L'elezione di Élisabeth Borne, già guida di governo nell'assalto contro le pensioni, e del famigerato ministro uscente degli Interni Gérald Darmanin, promotore delle peggiori leggi contro gli immigrati e di infami misure poliziesche, sono di per sé emblematici. Macron cercherà di far leva sulla presenza di questo blocco (seppur internamente variegato) per favorire soluzioni antioperaie della crisi politica e istituzionale, in continuità con gli indirizzi e interessi del grande capitale.

Grandi manovre sono peraltro cominciate per consentire la governabilità borghese della Francia. È la ricerca affannosa di una maggioranza parlamentare che possa reggere un futuro esecutivo a fronte di quattro blocchi distinti, privo ognuno di una maggioranza assoluta di seggi (NFP 182 seggi, Ensemble 168 seggi, RN 143 seggi, i Repubblicani 45 seggi).
Una situazione inedita sotto la Quinta Repubblica. Si affaccia in questo senso una girandola virtuale di ipotesi diverse: una maggioranza del cosiddetto “fronte repubblicano” che si fondi sulla coalizione tra macroniani, l'intero NFP e la destra gollista (che però oggi registra le opposte indisponibilità di Mélenchon e di un significativo settore macroniano); una maggioranza che punti sulla figura di Glucksmann (PS) per emarginare Mélenchon e LFI e liberare un'alleanza tra macroniani, socialisti, ecologisti e PCF, con l'aggiunta di un settore gollista (che però non avrebbe la maggioranza assoluta); una soluzione di governo tecnico basato sulla raccolta di tecnocrati del grande capitale e maggioranze parlamentari variabili (che però, essendo priva di una maggioranza definita, sarebbe esposta a tutte le incognite del caso).
L'unico fatto certo è che qualsiasi ipotesi di governabilità borghese si contrappone agli interessi dei lavoratori: il suo unico fine è garantire la continuità delle politiche di tagli sociali, di spese militari, di attacco ai diritti, dentro il quadro delle compatibilità dell'imperialismo francese e dell'Unione Europea. Non a caso la preoccupazione attorno alla prossima legge di bilancio è al centro del commentario politico dei circoli dominanti del paese.

L'opposizione ad ogni soluzione di governabilità borghese è dunque il primo compito dell'avanguardia classista del movimento operaio francese. È innanzitutto il terreno della mobilitazione attorno alle rivendicazioni centrali dei movimenti di questi anni, sul terreno del più ampio fronte unico di classe e di massa. Ma è anche il terreno di lotta per una prospettiva politica alternativa alla borghesia francese e ai suoi partiti.

I partiti del Nuovo Fronte Popolare si sono assunti negli anni pesanti responsabilità. Hanno governato ciclicamente contro il lavoro. Hanno coperto la burocrazia sindacale e la sua rinuncia a uno sciopero generale. Hanno contribuito non solo alle sconfitte della propria base sociale a tutto vantaggio dei capitalisti, ma hanno perciò stesso aratro il campo dell'espansione dell'estrema destra tra i salariati e in ampi settori di popolazione povera. La costruzione di un'alternativa di direzione del movimento operaio e dei movimenti di lotta resta più che mai una necessità centrale.

Ma la costruzione di un'egemonia alternativa non può prescindere dalla relazione viva con i sentimenti e le domande delle masse che lottano e che hanno lottato. Il Nuovo Fronte Popolare è oggi di fatto il riferimento largamente maggioritario di queste masse. I nove milioni di voti raccolti il 30 giugno non sono solamente voti antifascisti. Sono anche la misura di quella domanda di cambiamento e di svolta che in questi anni si è espressa nelle mobilitazioni contro la legge lavoro, contro l'aumento dell'età pensionabile, contro le leggi razziste, contro le misure e pratiche poliziesche, contro il sostegno allo stato sionista in solidarietà con la Palestina...

Si tratta allora di chiedere pubblicamente ai partiti del Nuovo Fronte Popolare non solo il rifiuto di ogni compromissione con i macroniani e con ogni forza borghese, ma l'intrapresa di una lotta vera per l'unica alternativa politica possibile: quella di un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, basato sulla loro forza e sulla loro organizzazione. Un governo che realizzi tutte le domande di svolta, ben oltre le rivendicazioni minime del NFP. Un governo che rompa con la borghesia francese, i suoi partiti, le sue istituzioni. Che trasferisca nelle mani dei lavoratori le redini della società. Che imponga il controllo operaio, cancelli il debito pubblico verso le banche, nazionalizzi senza indennizzo le banche e le grandi aziende, sciolga i corpi repressivi dello Stato usati contro i lavoratori, dia l'immediata indipendenza alle colonie d'Oltremare.

La crisi profonda della governabilità borghese, e della Quinta Repubblica francese, pone del resto oggettivamente l'attualità della lotta per una prospettiva politica alternativa. Una alternativa di governo che può essere imposta solo dalla forza della mobilitazione, al di là del puro ambito parlamentare e istituzionale.

Saldare l'impegno immediato di mobilitazione a questo appello di lotta per la prospettiva di un governo dei lavoratori significa mettere alla prova i partiti del NFP agli occhi della loro base di massa, ampliare l'ascolto per un programma anticapitalista, allargare l'influenza politica dell'avanguardia di classe, lavorare alla costruzione del partito rivoluzionario.
Oggi come ieri la questione decisiva.

Partito Comunista dei Lavoratori