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ISRAELE E L’ISIS "PASSANDO" PER L'IRAN

 
Basta una piccola riflessione per chiedersi, in maniera del tutto legittima, perché Israele non abbia, in alcun modo, preso posizione contro l’ISIS dal momento che si parla di uno stato per il quale la lotta al terrorismo sia una delle priorità (nella tipica alterigia, che in Israele si fa verità incontrovertibile, di una nazione che invece non nasconde e giustifica, riguardo il proprio operato, tutte le azioni criminali e violente ai danni di un altro popolo, più debole e a questa sottomesso, come necessarie e difensive) e abbia scelto, in tutto quanto sta accadendo dalle sue parti, di mantenere un profilo basso.


Premesso che per il governo di Tel Aviv, non esistono arabi buoni, ma solo arabi cattivissimi, cattivi e forse qualcuno meno cattivo, il discorso parte da lontano e può esser chiaro se si considera quanto Benjamin Netanyahu ha detto a settembre del 2014 in occasione della riunione annuale dei capi di Stato e di governo. Il problema è e rimane l’Iran, unico stato, oggi, realmente in grado di impensierire Israele, anche perché una dichiarazione del tipo: “... questo regime occupante Gerusalemme è destinato a scomparire dalla pagina del tempo... “, fatta da Mahmoud Ahmadinejād, presidente iraniano prima dell’attuale Hassan Rouhani e più volte ripetuta nel corso del suo mandato, è difficile da dimenticare, anche se nel frattempo chi la ha detta non è più presidente.


Israele non si fida in alcun modo dell’Iran e Netanyahu ha più volte affermato che i “sorrisi” di Rouhani sono falsi, in effetti, il problema è piuttosto articolato: in uno dei suoi discorsi alla nazione Barack Obama ha lanciato una coalizione contro l’ISIS, ma in questo gioco delle alleanze, l’Iran, nella persona di Alì Khamenei, sua “Guida Suprema”, non ha accettato la richiesta fatta da John Kerry Segretario di Stato USA, di collaborazione nella lotta contro questo gruppo.


Netanyahu è convinto che il rifiuto sia dovuto all’intenzione iraniana “alzare il prezzo” per poter ottenere posizioni più morbide per quanto riguarda il programma nucleare, la cui ripresa dei negoziati 5+1 Israele guarda con timore, negoziati che si sono conclusi il 24 novembre e a questa si aggiunge la madre di tutte le paure di Israele: una eventuale corsa all’accaparramento dell’uranio da parte dell’Iran potrebbe mettere far sì che gruppi organizzati si impossessino di materiali per la costruzione di bombe radiologiche, definite comunemente, “bombe sporche”.


Per chiudere il quadro c’è la dichiarazione fatta dal presidente USA il quale è stato molto chiaro – in termini propagandistici che giustifichino la possibilità non remota di un proprio intervento - sul fatto che questa non sia assolutamente una guerra di religione, ma come anzi esista un Islam moderato da coinvolgere nel conflitto contro le frange estremiste, mentre, al contrario, Netanyahu che è convinto non esista un “Islam buono”, ha messo in un unico calderone l’Iran, l’ISIS e Hamas come elementi di una stessa consorteria e non diversi dai nazisti che durante la Seconda guerra, applicarono con ferocia e inenarrabile orrore, l’olocausto. “Come negli Anni 30 c’era una razza padrona che voleva dominare il mondo, ora c’è una fede che vuole essere padrona“ è la frase che ha usato per illustrare questa analogia.


Ragionando fuori dai denti, Gerusalemme, che pur non ha mai smesso di definire quello di Tehran il “regime più pericoloso al mondo, nella regione più pericolosa al mondo“, teme che Obama, che nel bombardamento allo Stato Islamico, a cui non vi si è sottratto, si sia infilato in un ginepraio difficile da districare al punto tale che per poterne venir fuori, sia costretto, prima o poi a chiedere l’appoggio dell’Iran e che, per ottenerlo, arrivi ad allentare la pressione e a fare concessioni in campo nucleare. È ovvio che gli USA non consentirebbero mai all’Iran la possibilità di annusare il nucleare per uso militare (anche se, notizia di ieri, pare che via sia un’accellerazione del negoziato: a Ginevra, si sono presentati: Lavrov, Kerry e i ministri francesi, tedeschi ed inglesi e quelli del Giappone e della Cina, con il rassicurante Mohammad Javad Zarif capo negziatore di Theran che vi dà un’aderenza almeno del 90% ai punti dell’accordo) ma potrebbero chiudere un occhio permettendo agli Ayatollah di avere tutti gli strumenti, per diventare in tempi brevi, una potenza nucleare di soglia.


Durante il suo intervento all’ONU Netanyahu ha ribadito che per l’Iran, Israele è un male, per la precisione, un cancro che va estirpato, appena possibile, facendo presente che gli USA hanno compiuto un errore del genere, quando il presidente Reagan, in cambio dell’appoggio pakistano in Afghanistan contro l’URSS, finse di aver poco a cuore e anzi di non ricordare i programmi nucleari di Islamabad e che al contempo Israele basa la propria sicurezza sul monopolio nucleare che possiede in Medio Oriente, monopolio a cui ovviamente non intende affatto rinunciare, in quanto unica e ultima garanzia della propria sopravvivenza, con il timore che non è minaccia poi così remota, che una crescita dell’Iran, di una “capacità di soglia” possa innescare effetto domino nella regione.


A queste valutazioni, va aggiunta anche quella che una sua forte presenza e partecipazione, delegittimerebbe i governi arabi che gli USA si trovano sodali all’intervento in Iraq e in Siria e dunque, per ora, la scelta di mantenere un basso profilo, (si è sin qui limitato a interventi umanitari e di supporto alla Giordania e al Libano, di cui teme una eventuale instabilità, anche a causa delle centinaia di migliaia di rifugiati siriani) non gli ha comunque impedito di bombardare con i suoi aerei colonne di mezzi che trasferivano armi di sistemi contraerei e missili, dalla Siria agli Hezbollah libanesi, alleati di Assad contro gli insorti. Sempre all’Onu Netanyahu ha tenuto a far sapere che: “Una Repubblica islamica in possesso dell’arma nucleare rappresenterebbe la più grave minaccia per tutti noi.”, sottolineando che mettere in ginocchio lo Stato Islamico ma lasciare all’Iran la possibilità della bomba atomica, “sarebbe come vincere una battaglia e perdere la guerra.”.

NO ALL' INTERVENTO IMPERIALISTA IN LIBIA



Con l'annuncio di un intervento militare in Libia il governo trasformista di Matteo Renzi ritorna sulle orme del governo trasformista di Giolitti.

Allora la guerra di Libia fu presentata come “missione democratica e civilizzatrice”.
Oggi il “blocco dell'immigrazione”, la “sicurezza delle risorse energetiche”, il “contrasto dell'ISIS” sono e saranno le bandiere “popolari” con cui giustificare l'intervento. Ma sotto la confezione propagandistica si celano altri scopi. Renzi cerca in Libia una medaglia da esibire in Europa, nelle relazioni negoziali con la UE. Cerca la via per scalzare definitivamente le ambizioni concorrenti della Francia in Nord Africa in funzione del primato italiano. Cerca di consolidare le relazioni privilegiate dell'Italia col regime militare egiziano, anch'esso interessato alla “pacificazione” della Libia. Cerca un posto al sole nella diplomazia internazionale e nella Nato con cui compensare la freddezza italiana sulla partita ucraina. Cerca infine sul fronte interno una leva di “unità nazionale” con cui cementare il partito della Nazione.

E' necessaria una campagna di demistificazione dell'interventismo italiano in Libia.

Siamo nemici irriducibili del fascismo islamico dell'ISIS. Ma lo siamo dal versante dei combattenti kurdi, dei diritti palestinesi, dell'emancipazione della nazione araba contro l'imperialismo e il sionismo. Non certo dal versante imperialista delle vecchie potenze coloniali, oltretutto prime responsabili, dirette e indirette, dell' ascesa dell'ISIS in Medio Oriente.

Facciamo appello a tutte le sinistre per una mobilitazione unitaria contro l'intervento imperialista dell'Italia in Libia, che sia esso coperto o meno dall'ipocrisia dell'ONU.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

MIRROR, FERRARA: SERVE UNITA' DI CLASSE NELLE LOTTE!




Il Partito Comunista dei Lavoratori emiliano-romagnolo esprime la sua solidarietà alla lotta per il reintegro dei 14 lavoratori licenziati dalla cooperativa L. K. legata alla Mirror Levigature, in località Sant'Agostino, Ferrara.
Alla rescissione del contratto da parte della Mirror, la risposta immediata dei lavoratori, organizzati dal sindacato SI COBAS, aveva già strappato un accordo per la totale ricollocazione degli operai, ma l'azienda ha disatteso il patto, forte della campagna xenofoba e razzista dei reazionari della Lega Nord contro gli operai immigrati, e della condanna di molti ai metodi di lotta degli operai, che giustamente hanno messo in difficoltà padroni e crumiri vari con picchetti e blocchi stradali.
Il PCL invita tutte le forze operaie politiche e di movimento in regione a sostenere la lotta di questi operai e ad attivarsi per coordinarla e unirla alle altre lotte nel territorio, perché tutti i lavoratori sotto attacco agiscano insieme secondo i loro comuni interessi contro il comune nemico, i padroni.
Invitiamo anche a partecipare alla mobilitazione che si terrà a Ferrara il 7 marzo per ribadire che la lotta dei lavoratori della Mirror va avanti!  [https://www.facebook.com/events/635661033200218/]

SOLO CON LA LOTTA SI VINCE!

UNITA' DI CLASSE, ORGANIZZAZIONE AUTONOMA DI LOTTA DEI LAVORATORI