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Pfizer, AstraZeneca, Moderna... La vaccinazione di massa ostaggio del profitto

 


Il mercato e la concorrenza imperialistica non fanno eccezione per la produzione e la distribuzione di vaccini, e quindi per le vaccinazioni. Di fronte alla più grande pandemia degli ultimi cento anni, la vita dell'umanità è ridotta a variabile dipendente del profitto

La campagna europea per la vaccinazione di massa era partita con grande squillo di trombe. Non era e non è solamente una campagna propagandista tesa a celebrare il volto umanitario dell'Unione Europea di fronte al contagio. Era ed è anche un investimento strategico nella ripresa economica del capitalismo continentale dopo la grande recessione del 2020, un investimento decisivo sul terreno della competizione mondiale con l'imperialismo USA e l'imperialismo cinese.

Ma il diavolo fa le pentole dimenticandosi dei coperchi. I colossi capitalistici della farmaceutica, gli uni contro gli altri armati, hanno prima incassato le regalie pubbliche dei rispettivi Stati e ora tagliano la produzione del vaccino. È il caso dell'americana Pfizer, poi dell'anglo-svedese AstraZeneca, infine dell'americana Moderna. L'obiettivo è tanto cinico quanto semplice: sfruttare il proprio peso monopolista per alzare i prezzi pattuiti, vendere i vaccini a clienti più compiacenti (magari perché più ricchi o più ricattabili), privilegiare i propri stati nazionali di riferimento, usare in ogni caso senza pudore la segretezza dei contratti stipulati con UE, a tutela dei propri brevetti e dei relativi affari.

I governi imperialisti della UE e la loro Commissione protestano ora per le mancate consegne, e “chiedono” ai colossi farmaceutici di poter “pubblicare” i contratti. Il fatto stesso di dover chiedere ad azionisti privati il permesso di pubblicare contratti che riguardano l'interesse pubblico dell'umanità è già di per sé indicativo della natura della società capitalista. Oltretutto le case farmaceutiche hanno buon gioco nel rivendicare il sacro diritto della concorrenza a tutela dei propri brevetti: è la legge del mercato, bellezza! Quella stessa legge che i governi capitalisti di tutto il mondo invocano ogni giorno per giustificare la compressione dei salari, i licenziamenti di massa, la distruzione dei diritti, il taglio delle spese sociali... Si tratta dell'interesse mondiale dei capitalisti a continuare a scannarsi tra di loro sul mercato mondiale prendendo in ostaggio i propri salariati e arruolandoli nelle proprie guerre.

Ora l'esigenza di ripresa dell'economia capitalistica mondiale richiederebbe una gigantesca e rapida produzione di massa dei vaccini su scala planetaria. Ma la concorrenza sul mercato dei diversi Stati o poli imperialisti si riflette sui processi di vaccinazione, i loro tempi e le loro forme. Anche la vaccinazione è diseguale e combinata, come l'anarchia del capitalismo mondiale. Pfizer e Moderna privilegiano il proprio imperialismo USA, impegnato innanzitutto a contrastare la Cina. AstraZeneca tutela in primo luogo l'imperialismo inglese, impegnato nella complessa gestione della Brexit. Gli imperialismi continentali europei arrancano in salita sgomitando tra loro, in inferiorità di mezzi. Si pensi solo che l'Unione Europea ha previsto per il piano di vaccinazione due miliardi e settecento milioni, gli USA ne hanno investito diciotto. La disparità di potenza si occupa a modo suo della salute.

E ora? La Commissione Europea si divide sul da farsi, a seconda degli interessi nazionali in gioco. L'Italia minaccia ricorsi legali contro Pfizer e AstraZeneca. I governi nordici, a partire dalla Svezia, rimproverano alla Commissione di essersi mossa in ritardo e difendono i diritti contrattuali dei colossi. Germania e Francia dal canto loro si affidano alle soluzioni di outsourcing delle case farmaceutiche, auspicando liberi accordi tra interessi privati foraggiati da nuovi aiuti pubblici, come quello che vede la francese Sanofi produrre insieme a Pfizer e BioNTech (tedesca) 125 milioni di dosi del farmaco.
L'unico elemento certo è che di fronte alla più grande pandemia degli ultimi cento anni, la vita dell'umanità è ridotta a variabile dipendente del profitto, mentre le spese militari aumentano vertiginosamente a tutte le latitudini del mondo, assieme al volume d'affari delle Borse. Nel mondo dell'intelligenza artificiale e dei miracoli della scienza, la vita umana resta segnata dalla legge della giungla. «Genio tecnico e idiozia sociale», così Trotsky definì il capitalismo alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Una caratterizzazione perfetta anche per l'oggi.

La vaccinazione di massa, rapida e universalmente disponibile, è un'esigenza primaria dell'umanità.

Via il segreto commerciale sui contratti stipulati fra gli Stati e le case farmaceutiche: tutti hanno diritto di conoscere ciò che riguarda la loro vita!
Via i brevetti a tutela dei profitti: le conquiste della scienza medica vanno subito messe al servizio di tutto il genere umano!
Nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori dell'industria farmaceutica, in ogni paese e su scala mondiale, per sviluppare una produzione di massa pianificata dei vaccini e la loro distribuzione sull'intero pianeta in base ai bisogni di tutti e di tutte!


Liberare l'umanità del capitalismo è più che mai oggi una esigenza morale e vitale.
La lotta per un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, che riorganizzi la società da cima a fondo, si ripropone ovunque, oggi più di ieri, come l'unica vera soluzione alternativa.
Il socialismo è il solo ordine nuovo; la rivoluzione l'unica via per realizzarlo.

Partito Comunista dei Lavoratori

VIDEO - Livorno 1921: un partito per la rivoluzione

 








Domenica 31 gennaio, alle ore 10.30, è andato in onda in diretta streaming sulla pagina Facebook del Partito Comunista dei Lavoratori. l'iniziativa "Livorno 1921: un partito per la rivoluzione"

A cento anni dalla fondazione del Partito Comunista d'Italia, sezione della Terza Internazionale, ripercorriamo insieme le ragioni e gli insegnamenti di quel grandioso fatto storico, tanto importanti ancora oggi per lo sviluppo e l'azione del marxismo rivoluzionario.

sono intervenuti compagne e compagni del PCL, della Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria, della redazione di Pagine Marxiste e del Laboratorio Politico Iskra.

Introduce: Diego Ardissono, Segreteria PCL

Intervengono:
- Franco Grisolia, direttore Marxismo Rivoluzionario
- Pietro Basso, Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria
- Michela G., Commissione donne e altre oppressioni di genere PCL
- Graziano Giusti, Pagine Marxiste
- Eugenio Gemmo, Segreteria PCL
- Eduardo Sorge, Laboratorio Politico Iskra
- Marco Ferrando, portavoce nazionale PCL


Partito Comunista dei Lavoratori

VOLENTIERI PUBBLICHIAMO: Sosteniamo la giornata di mobilitazione del 29 gennaio

 


Appello a sostegno dello sciopero di venerdì 29 gennaio, sottoscritto da diversi militanti dell'area sindacale Riconquistiamo Tutto - opposizione in CGIL

Il percorso unitario partito il 27 settembre 2020 a Bologna con la prima Assemblea nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici combattive, a cui è seguita una seconda assemblea il 29 novembre e l’ultima del 16 gennaio, ha avuto il merito di dare l’avvio nel nostro paese alla costruzione di una proposta al tempo stesso conflittuale e unitaria, con l’intento di evitare logiche di autosufficienza e autocentratura che molto spesso hanno portato a proclamazioni di scioperi rituali da parte delle diverse organizzazioni del sindacalismo conflittuale in campo.

Un’esigenza sentita e ribadita dalle centinaia di lavoratrici e lavoratori, tra cui molti immigrati, provenienti dalle più svariate realtà sindacali e autorganizzate e da diversi settori di lavoro, come il metalmeccanico, la logistica, la sanità e l’istruzione, che stanno contribuendo alla sua costruzione.

La piena riuscita di queste assemblee denota la necessità e la giustezza di questo percorso.

L’appuntamento dello sciopero del 29 gennaio deciso dall’Assemblea nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici combattive si pone non come traguardo, ma come prima tappa significativa per rilanciare l’iniziativa di classe in Italia, e per ricercare la convergenza delle lotte contro governo e padronato.

Consapevoli delle tante difficoltà che ci sono, riteniamo che l’appuntamento dello sciopero del 29 gennaio e nel suo complesso il percorso di lotta segnato, debba essere il più possibile ampio e partecipato dalle lavoratrici e dai lavoratori e dalle organizzazioni e settori sindacali conflittuali di base e di classe.

Lo impone la grande crisi del movimento operaio dovuta al suo arretramento generale, in cui i momenti di ricomposizione su fronti e percorsi di lotta sono una vitale necessità di fronte alla quale nessun soggetto di classe in campo dovrebbe tirarsi indietro.

Oggi, di fronte all’aggravarsi di una crisi che si scaricherà sulla classe lavoratrice e alla necessità del risveglio del conflitto sociale che porti a una mobilitazione davvero generale e di massa nei luoghi di lavoro, bisogna lavorare per far emergere l’elemento soggettivo della classe.

Anche a partire da quei lavoratori e da quelle lavoratrici che si sono avvicinati al percorso dell’assemblea si può provare a indicare in modo adeguato la strada al resto della classe, in netto contrasto con le pratiche divisive e passive che hanno caratterizzato ampi settori del sindacalismo di base e al posizionamento di Landini e del gruppo dirigente Cgil che prevedono un sindacato istituzionale e collaborazionista.

Noi compagni e compagne militanti dell’area di opposizione in CGIL “Riconquistiamo tutto”, proprio per le considerazioni fatte, facciamo appello a tutti e tutte le militanti di RT e al suo gruppo dirigente affinché tutta l’area di opposizione sostenga e contribuisca, nel limite del possibile, alla riuscita dello sciopero nazionale del 29 gennaio. Auspicando allo stesso tempo che tutta RT sia impegnata in questo necessario percorso unitario.




Achille Zasso, Collegio di garanzia nazionale CGIL
Alberto Signifredi, SPI Parma
Alessia Isernia FLC CGIL Milano
Andrea Bartoli, CD FILCTEM Firenze
Andrea Camilli, CD FILCTEM Pisa
Andrea Domenici, FLC Pisa
Angelo Urgo FP Milano
Cristina Premoli, FP Milano
Diego Ardissono, CD NIDIL Padova
Diego D’Agostino, CD FIOM FCA Cassino
Domenico De Paola, AG GCIL Cosenza
Donatella Ascoli, AG CGIL Veneto, CD FILCAMS Veneto, Musei Civici Veneziani
Elder Rambaldi, AG FP Veneto, Vigili del fuoco Venezia
Elena Felicetti, FLC Pavia
Emilio Damico, CD CGIL Cosenza
Enrico Chiavacci, CD FISAC Toscana
Ercole Mastrocinque, NIDIL Torino
Fabrizio Giavina, FP Biella
Fabrizio Tognetti, FP Macerata Ospedale Civile di Macerata
Fausto Torri, AG CGIL La Spezia, CD FILCTEM La Spezia
Fidalba Zini, FLC Milano
Francesco De Simone, CD CGIL Calabria
Francesco Doro, FILCTEM Venezia
Francesco Monti, SLC Reggio Calabria
Franco Dreoni, SLC Firenze
Franco Grisolia, Commissione di verifica CGIL regionale Lombardia
Franco Panzarella, FLC, CD CGIL Prato
Gabriele Urban, FP Biella
Giovanni Ferraro, CD FP sanità privata, Napoli
Lorenzo Mortara, CD FIOM Vercelli
Luca Gagliano, NIDIL Padova
Luca Tremaliti, CD Nazionale FILT, Marina Mercantile
Luigi Sorge, CD FIOM FCA Cassino
Marco Di Pietrantonio, CD CGIL Pescara, RSU Provincia di Pescara
Massimo Mani, FLC Firenze
Mauro Goldoni, FILLEA Ancona
Natale Azzaretto, AG SPI Milano
Patrizia Pierattini, SPI Firenze
Renato Pomari, CD FIOM Milano, RSU IBM
Roberto Bonasegale, AG FIOM Ticino-Olona, rsu FIOM Bcs Abbiategrasso
Sergio Borsato, CD FLC Milano
Sergio Castiglione, CD FLC Caltanissetta
Stefano D’Intinosante, CD FIOM Treviso
Vincenzo Cimmino, AG Nazionale FLC
Vito Montrone, CD FILCTEM Bari



https://sindacatounaltracosa.org/2021/01/26/unappello-per-lo-sciopero-del-29-gennaio/

VOLENTIERI PUBBLICHIAMO: A tutte le organizzazioni sindacali: sottoscriviamo la cassa di resistenza della Whirlpool

 


Appello di lavoratori dei sindacati di base a sostegno della lotta delle lavoratrici e dei lavoratori della Whirlpool e della cassa di resistenza

Come compagni/e attivi nei sindacati di base invitiamo i lavoratori e le lavoratrici di questi sindacati, oltre che ovviamente i loro gruppi dirigenti, a sostenere concretamente la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici della Whirlpool, impegnati a difendere il loro lavoro, il loro reddito, il loro futuro.

Circa mille dipendenti, tra produzione e indotto licenziati in tronco dalla grande multinazionale con la complicità del governo, dopo che sono stati illusi che solo con le mediazioni istituzionali avrebbero salvato il loro posto di lavoro.
Questa solidarietà materiale dovrebbe essere pane quotidiano per tutti i proletari, a prescindere dalle loro collocazioni sindacali o meno. In un momento in cui la grande e prolungata crisi capitalistica si abbatte su tutto il mondo del lavoro sosteniamo e invitiamo a sostenere la cassa di resistenza pro-lavoratori Whirpool.

La vertenza Whirlpool deve essere simbolica ed esemplare per tutto il mondo del lavoro.
Simbolica in quanto grazie al recupero di questo classico strumento di lotta, la cassa di resistenza, si indica una strada di resistenza alla pesante offensiva padronale della Confindustria di Bonomi, che vorrebbe fare delle vite dei lavoratori e lavoratrici carne da macello.
Esemplare in quanto, potrebbe essere l’inizio di una ripresa dell'iniziativa operaia e della coscienza di classe: in un momento di forte arretramento del mondo del lavoro, dopo decenni di pacchetti Treu, legge 30, Jobs Act, cancellazione dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori, da parte dei governi di centrosinistra e di centrodestra, questa lotta potrebbe segnare l'inversione di una tendenza, l'inizio di una faticosa ma determinata resistenza e controffensiva per ricreare un tessuto di solidarietà di classe e sociale, che potrebbe essere seguita da altre decine di vertenze sparse e frammentate nel mondo del lavoro.

Unifichiamo le lotte, generalizzando anche la costruzione delle casse di resistenza .
Parafrasando la parola d'ordine dei lavoratori partenopei dobbiamo innalzare lo striscione "il proletariato non molla"!



Di seguito gli estremi bancari per la sottoscrizione:

Conto Cral - 106810, intestato a Cral aziendale Whirlpool Napoli
Codice IBAN IT81 N030 6909 6061 0000 0106 810



Preghiamo tutti i sottoscrittori di far pervenire la loro adesione scrivendo al seguente indirizzo:

appellocassaWhirlpool@gmail.com


Le compagne e i compagni (seguono le prime adesioni):

Maurizio Aprea – USB Marcegaglia
Federico Bacchiocchi – SGB Sanità - Bologna
Antonio Della Pietra – FLAICA CUB - Palermo
Giacomo Di Leo – CUB Scuola
Angela La Bella – USB Sanità - Potenza
Orazio Leotta – USB Pubblico Impiego - Messina
Isidoro Migliorati – SICobas
Luca Nanfria – USB Sanità - Genova
Crescenzo Papale – USB Pubblico Impiego - Marche
Giuseppe Ranieri – CUB Pensionati - Milano
Riccardo Spadano – SGB Pubblico Impiego
Antonio Tralongo – CUB Informazione e Spettacolo
CUB Venezia


Dopo aver inviato questo appello alla RSU della Whirlpool abbiamo ricevuto questa risposta, di cui siamo grati:

Cari compagni, la rsu e le lavoratrici ed i lavoratori della Whirlpool di Napoli vi ringraziano per il vostro nobile gesto. La nostra lotta è la lotta della resistenza operaia contro le angherie del padrone capitalista che schiaccia i diritti e toglie la dignità del lavoro. Combattiamo assieme a tutte le donne e gli uomini che uniti a noi cercano il riscatto sociale per riportare al centro i diritti, e l'eguaglianza sociale. Whirlpool Napoli non molla, uniti si vince.

appellocassawhirlpool@gmail.com

La lotta contro il Covid-19

 


Ordine del giorno approvato dal Comitato Centrale del PCL (22/23/24 gennaio 2021)

Il Covid-19 costituisce una gravissima pandemia, la più grave conosciuta dall’umanità contemporanea dopo la cosiddetta influenza spagnola del 1919/’20. In termini di morti reali ha probabilmente raggiunto i 3 milioni, e anche in percentuale sulla popolazione vivente ha presumibilmente superato le vittime della terribile influenza asiatica del 1957/’58. Tra l’altro ciò è stato possibile solo grazie alle sia pur limitate e parziali misure di contenimento prese nella maggioranza degli Stati. Altrimenti il numero di vittime sarebbe stato certamente moltiplicato per diverse volte.

Tuttavia, l’epidemia è lungi dall’essere terminata né si vede una riduzione reale delle curve di contagio. La terza ondata rischia di essere peggiore delle prime due. Solo i vaccini presentano una prospettiva di uscita a positivo da questa tragica situazione.

Come PCL abbiamo denunciato le basi oggettive dello sviluppo dell’epidemia: la devastazione ambientale prodotta dal capitalismo moderno, la distruzione della sanità pubblica da parte dei governi ad ogni latitudine, i ritardi e inefficienze del regime totalitario neocapitalista cinese, etc. Ma la lotta contro queste radici obiettive non può essere vincente nel brevissimo termine. Per questo il PCL sostiene fortemente la vaccinazione di massa. Allo stato attuale noi accettiamo la volontarietà della vaccinazione. Tuttavia, se alla fine dell’estate risultasse inferiore a soglia di garanzia (circa il 70% della popolazione) non escludiamo che sia necessario, e noi appoggeremmo, un obbligo vaccinale per determinate categorie di persone, fortemente a rischio o in contatto (come nelle RSA o nei reparti ospedalieri) con tali persone. In ogni caso, nel periodo da adesso alla conclusione della vaccinazione di massa, è necessario sviluppare le più prudenti regole di contenimento della pandemia.

Per questo il PCL appoggia le proposte che vengono dai migliori scienziati, come in primo luogo i professori Galli e Crisanti, di un lockdown totale per realizzare in sicurezza una vaccinazione di massa.

In ogni caso il PCL continua a difendere le posizioni già sostenute in questi mesi:

- apertura delle fabbriche solo con rigidi protocolli di garanzia sanitaria e sotto controllo delle lavoratrici e dei lavoratori;

- una tassa patrimoniale straordinaria di almeno il 10% sul 10% più ricco della popolazione;

- riduzione generale dell’orario di lavoro a parità di paga e blocco generale dei licenziamenti, contro ogni minaccia di sblocco;

- in ogni caso garanzia del 100% dei salari e stipendi. Copertura delle perdite di esercizi commerciali ed artigiani, sulla base del reddito (dichiarato) degli anni precedenti;

- chiusura di tutte le scuole medie inferiori e superiori, vista l’assenza di condizioni di sicurezza, innanzitutto, ma non solo, in fatto di trasporti. La didattica a distanza è certamente molto negativa ma la salute e la vita valgono di più. In questo senso come PCL ci dissociamo dalle mobilitazioni studentesche e dei genitori, spinte in particolare dal circuito Priorità alla Scuola e organizzazioni studentesche, per la riapertura “ad oltranza” delle scuole in presenza. Condanniamo pertanto le organizzazioni sindacali, come la Confederazione Cobas e la FLC-CGIL, che hanno dato sostegno a tali manifestazioni e alle loro rivendicazioni;

- permessi familiari a tempo parziale o pieno pagati al 100% del salario o stipendio per i familiari che debbano assistere bambini di età inferiore a quella di ingresso nella scuola media;

- per una distribuzione proporzionale e gratuita, a carico dei paesi più ricchi, dei vaccini tra i diversi paesi del mondo;

- centomila nuove assunzioni immediate a tempo indeterminato nel servizio sanitario nazionale (tracciatori, medici di base, personale di laboratorio, infermieri, anestesisti, pneumologi...) con l'immediato ingresso in servizio degli specializzandi del terzo, quarto e quinto anno;

- requisizione immediata delle strutture della sanità privata per metterle al servizio dell'emergenza, a partire dai pronto soccorso;

- requisizione immediata delle compagnie di trasporto private, sull'intero territorio nazionale, per riorganizzare il trasporto locale di pendolari e studenti in condizioni di sicurezza;

- riapertura immediata dei 200 ospedali che sono stati soppressi negli ultimi 15 anni per pagare il debito alle banche;

- controllo dei lavoratori e delle lavoratrici sulle condizioni del proprio lavoro e della propria sicurezza, anche negli ospedali. Via le norme punitive contro i lavoratori che denunciano il degrado della sanità;

- nazionalizzazione, senza indennizzo, della grande industria farmaceutica, e controllo pubblico sulla produzione dei dispositivi individuali (mascherine), dei test rapidi, dei vaccini antinfluenzali, tutti a somministrazione gratuita.

Partito Comunista dei Lavoratori - Comitato Centrale

Volentieri pubblichiamo: Facciamo pagare la crisi ai padroni!

 


Tutti e tutte in piazza il 29 e 30 gennaio

Testo del Patto d’azione anticapitalista - per un fronte unico di classe a sostegno dello sciopero del 29 gennaio e della giornata di mobilitazione del 30 gennaio


La crisi sanitaria ancora pienamente in atto a livello mondiale sta accelerando e rendendo ancora più evidenti le contraddizioni strutturali dell’attuale modo di produzione.

Un’emergenza pandemica che non è casuale ma al contrario è strettamente legata al sistema capitalistico e alla sua espansione vorace e predatoria, che non risparmia alcun ecosistema.

Sono infatti in progressivo e costante aumento la deforestazione e la desertificazione, l’incremento irreversibile della temperatura terrestre che produce ciclicamente catastrofi naturali, l’agribusiness e l’allevamento intensivo, l’inquinamento e l’urbanizzazione esasperata, la rapina di territori e i conseguenti fenomeni di migrazione alla ricerca di una vita dignitosa.

Un sistema fondato sulla massimizzazione del profitto, sul massiccio sfruttamento di vite e sul saccheggio di risorse su scala globale non poteva che provocare, tra i suoi rovinosi effetti sociali, anche questa crisi sanitaria mondiale.

Sebbene l’intero sistema produttivo e sociale sia stato travolto da questa crisi, governi e padroni si appellano alla retorica dell'unità nazionale: in realtà intendono scaricare i costi della crisi solo sulle classi subalterne per tutelare l'accumulazione di ricchezze dei capitalisti che non viene minimamente intaccata dalle misure governative, anzi il più delle volte continua a crescere.

Le politiche messe in atto dai governi nazionali, Conte in primis, segnano la subordinazione servile alle richieste e alle forti pressioni padronali che spingono per misure di tutela dei loro profitti e di socializzazione delle perdite sulle classi subalterne, le quali saranno costrette a pagare le inevitabili ristrutturazioni produttive. Le misure di emergenza sino ad ora messe in campo comporteranno l’aumento del debito (a partire dal Recovery Plan) e pertanto ulteriori stagioni di “sacrifici”, con tagli del welfare, sterilizzazione dei salari e sgretolamento di tutele e diritti acquisiti (tra cui anche il diritto di sciopero e di attività sindacale).

In questo quadro tendono ad inasprirsi il patriarcato e le discriminazioni di genere: l’atomizzazione e la segregazione generata dallo smart-working scaricano il peso del lavoro di cura e riproduttivo ancor più sulle spalle delle donne.

Lo stesso vale per la discriminazione degli e delle immigrate: il razzismo istituzionale che ricatta chi non è cittadino italiano, imponendo la subordinazione ad un documento e criminalizzando chi non ce l’ha, comporta un accesso differenziale alle cure, alla prevenzione e al welfare. La finta ‘sanatoria’ promossa dalla ministra Bellanova e il ritocco di facciata ai decreti Salvini sono la prova di quanto faccia comodo alla classe dominante mantenere gli immigrati in una condizione di subalternità legalizzata.

L’imminente termine della moratoria dei licenziamenti non potrà che aggravare la condizione di impoverimento già approfondita da anni di austerità: una moratoria peraltro più fittizia che reale, in quanto il mancato rinnovo dei contratti a termine, la chiusura totale di attività, i licenziamenti disciplinari fittizi, l’espulsione del lavoro sommerso e in nero, già ne hanno decretato la fine.

In definitiva, il padronato sta approfittando della crisi in atto per continuare la propria guerra di classe e regolare i conti con i lavoratori e i proletari: l’offensiva padronale sul versante dei salari, dei contratti e delle complessive condizioni di lavoro è ormai esplicita e palese a chiunque: l'annuncio di oltre 6000 licenziamenti in tutta Europa di lavoratori da parte di Fedex-TNT ne è la riprova.

La gestione dell’emergenza, anche in questa infinita seconda fase, segnala e conferma l’assoluta assenza di tutela della salute e della vita dei lavoratori e delle lavoratrici, subordinata anch’essa alle deroghe tese a tutelare gli interessi padronali e il profitto.

Questo, e non altri, è il principale motivo per cui l'Italia è il paese europeo col più alto numero di vittime per CoViD-19, alimentate ulteriormente da una gestione fallimentare dell'emergenza e da anni di tagli e di distruzione programmata del sistema sanitario nazionale: un sistema al collasso anche per il pressoché completo abbandono delle politiche di prevenzione e della medicina territoriale e del lavoro. L’inizio a dir poco zoppicante della campagna vaccinale ne è un’ulteriore dimostrazione.

Questo stato di cose richiama la necessità di porre con forza all’attenzione dei lavoratori e degli oppressi la necessità oggettiva del superamento del sistema di sfruttamento capitalistico, stante l’assoluta incompatibilità e contrapposizione degli interessi generali di classe con quelli della borghesia imperialista e dei suoi maggiordomi al governo.

Un’incompatibilità e una contrapposizione oggettiva e storicamente data che necessitano di una mobilitazione a livello di massa, di strumenti di lotta che diano realistiche e praticabili risposte alla materialità dei bisogni di classe immediati, per affrontare concretamente le difficoltà del proletariato soprattutto nell’attuale fase storica.

Ma ciò non è sufficiente: devono essere poste le basi per superare la mera difesa sul piano aziendale o di singola categoria per rispondere agli attacchi che subiscono tutti i proletari e per strutturare un fronte di azione e di lotta di massa, esteso, comprensivo dell’insieme dell’intera classe, superando i mille rivoli e le mille vertenze in cui è tutt’ora scomposta.

Un fronte di classe con un chiaro indirizzo anti-capitalista, che rilanci le parole d’ordine storiche e unificanti del movimento operaio, che sia capace di invertire una volta per tutte la tendenza al riflusso e alla passività, e che restituisca ai proletari quel protagonismo e quella fiducia nei propri mezzi che è il requisito fondamentale per resistere e per vincere.

In continuità con le mobilitazioni del 18 e 19 dicembre il Patto d'Azione anti-capitalista aderisce allo sciopero generale del 29 gennaio convocato dalla partecipata Assemblea dei Lavoratori e delle Lavoratrici Combattivi, ne condivide e ne fa proprie le parole d’ordine: riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, cassaintegrazione al 100% del salario, salario medio garantito a disoccupati e precari, imposizione di una Million tax del 10% sul 10% per far pagare la crisi ai suoi artefici, rispetto e potenziamento dei protocolli sanitari per l’autodifesa della salute sui luoghi di lavoro, regolarizzazione senza condizioni degli immigrati sprovvisti di documenti, e lancia una giornata di mobilitazione nei territori, ove possibile, nella giornata di sabato 30 gennaio per riaffermare la necessità della costruzione di un fronte unico di classe il più ampio possibile.

Facciamo quindi appello a tutte le realtà sociali, sindacali e politiche che condividono questa necessità, e ai singoli proletari stanchi di subire quotidianamente le politiche di sfruttamento e marginalità, a partecipare in massa alle giornate del 29 e 30 gennaio e ai prossimi appuntamenti del Patto d'azione.

Patto d’azione anticapitalista - per un fronte unico di classe

Perché sosteniamo l'azione di sciopero generale del 29 gennaio

 


Comunicato del Coordinamento nazionale delle sinistre di opposizione

Mentre imperversa la discussione sulla scampata crisi di governo, sui lavoratori e le lavoratrici continua a riversarsi tutto il peso della crisi capitalista e dell'offensiva padronale. In un anno 800000 lavoratori precari gettati per strada, 11 miliardi di reddito persi dai salariati per via della cassa integrazione, blocco dei principali rinnovi contrattuali, ed ora la minaccia incombente a fine marzo dello sblocco dei licenziamenti, per oltre un milione di lavoratori. Parallelamente, lo stesso padronato che ha beneficiato del ricorso alla cassa integrazione anche in assenza di crisi ha intascato l'abolizione della prima tranche dell'IRAP, la copertura pubblica dei crediti bancari, la liberalizzazione ulteriore del lavoro precario, nel mentre attende la manna annunciata dei fondi europei. Fondi girati in misura preponderante alle imprese ma caricate come debito pubblico sulla schiena dei lavoratori, per le generazioni a venire. Intanto, lo stesso governo che continua a ingrassare la sanità privata rifiuta nuove assunzioni stabili nella sanità pubblica. Trovano i miliardi per le commesse militari, non per assumere medici e infermieri, se non attraverso contratti interinali. Un'infamia.

Eppure le classi dominanti continuano a godere di una sostanziale pace sociale, riconducibile anche alle responsabilità dei gruppi dirigenti delle organizzazioni sindacali confederali. Di fronte all'autentica tragedia sociale e sanitaria in corso, di cui il capitalismo porta l'intera responsabilità, non una seria iniziativa di lotta, non una mobilitazione vera. E laddove lotte sono scoppiate, a difesa del lavoro e dei suoi diritti, si è lavorato al loro isolamento per impedire che potessero estendersi e generalizzarsi, come è accaduto a marzo 2020.

Purtroppo anche sul fronte del sindacalismo di classe, che pure respinge queste politiche, è spesso prevalsa una logica di auto recinzione, di frammentazione, di concorrenza di sigla, a scapito dell'esigenza di unire i lavoratori in un unico fronte di lotta. Col risultato di contribuire obiettivamente al disorientamento e alla passività.

Per tutte queste ragioni salutiamo come positiva e importante la scelta dell'Assemblea nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi di promuovere l'iniziativa di sciopero intercategoriale del 29 gennaio. Non ci nascondiamo limiti e difficoltà oggettive, in un quadro generale segnato dal peso della pandemia e dall'arretramento dei livelli di mobilitazione e coscienza di ampi settori di massa. Ma l'iniziativa controcorrente di un importante settore di classe dell'avanguardia può svolgere un ruolo positivo per affermare una presenza di lotta, mettere al centro una piattaforma di mobilitazione generale, e investire nella prospettiva futura.

Sosteniamo pienamente la piattaforma di sciopero del 29 gennaio, a partire dallo stipendio pieno per i cassaintegrati, dalla cancellazione delle leggi di precarizzazione del lavoro, dalla riduzione generale dell'orario a parità di paga, da una effettiva sicurezza sanitaria nei luoghi di lavoro sotto il controllo dei lavoratori stessi, da un piano massiccio di assunzioni stabili nella sanità pubblica, da una patrimoniale del 10% sul 10% più ricco. Il senso è “paghi chi non ha mai pagato”, non la classe operaia e le masse lavoratrici. Sono rivendicazioni convergenti col documento “Una classe, una lotta” espresso dal nostro coordinamento.

È importante che l'azione di sciopero del 29 gennaio agisca da volano di questa piattaforma generale, la diffonda, la faccia emergere quale punto di riferimento alternativo in più ampi settori di lavoratori anche come investimento nella lotta futura. Perché il 29 gennaio sia il punto di partenza di una prospettiva più ampia.

Soprattutto ci pare importante segnalare la novità di un'azione generale di lotta, per quanto difficile, che è espressione di un percorso unitario dell'avanguardia di classe attorno all'Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi. Un percorso che mette insieme finalmente, su una piattaforma di lotta comune, lavoratori e attivisti di diversa collocazione sindacale. Un percorso controcorrente rispetto alle dinamiche di frammentazione, tanto più importante in una situazione di arretramento del movimento operaio in cui è decisivo costruire le premesse di una svolta unitaria di lotta. Un percorso che pensiamo importante lavorare ad allargare contro ogni logica settaria o pregiudiziale di sigla, e investire in una prospettiva di massa. Un percorso cui vogliamo dare il nostro contributo, a partire dalla presenza attiva nelle iniziative di lotta del 29 gennaio.

Coordinamento nazionale delle sinistre di opposizione
(Comunisti in movimento, Fronte Popolare, La Città Futura, Partito Comunista Italiano, Partito Comunista dei Lavoratori, Partito Marxista-Leninista Italiano)

A cento anni dalla fondazione del Partito Comunista d’Italia

 


Livorno 1921: un partito per la rivoluzione

21 Gennaio 2021

#Livorno21

Esattamente cento anni fa, il 21 gennaio 1921, i delegati della frazione comunista abbandonavano il congresso del Partito Socialista Italiano che si svolgeva al teatro Goldoni di Livorno per raggiungere il vicino teatro San Marco, già utilizzato dall’esercito nel corso della precedente guerra e quindi privo di sedie, senza impiantito e con il tetto che lasciava passare la pioggia.

Qui, nel corso della stessa giornata i delegati, che rappresentano circa cinquantottomila votanti nei congressi di base del PSI, proclamavano il nuovo partito con il nome di Partito Comunista d’Italia. Si staccavano da novantottomila massimalisti della cosiddetta mozione “comunista unitaria” (rappresentati in primis da Giacinto Menotti Serrati) che pur richiamandosi alla Terza Internazionale e alle sue posizioni si erano rifiutati, dando espressione alle loro posizioni centriste, di rompere con i quattordicimila riformisti di sinistra della mozione “concentrazione socialista”, capeggiati da Filippo Turati, come chiedeva loro l’Internazionale, al pari quanto chiesto e realizzato in Germania e Francia.

Come scriverà più tardi uno dei delegati presenti, Pietro Tresso (che diventerà dirigente della Quarta Internazionale e sarà assassinato dagli stalinisti nella Resistenza francese nel 1943), i due nomi principali di riferimento sono Antonio Gramsci e soprattutto Amadeo Bordiga, agli occhi di tutti, e nella realtà, il massimo dirigente del partito.

Il PCL ricorderà la fondazione del Partito Comunista d’Italia con un’assemblea in diretta Facebook domenica 31 alle 10.30. E questa sarà nei fatti l’unica degna iniziativa in memoria di quell’evento fondamentale. Come spesso succede nella storia, gli eredi di avversari e traditori del PCd’I si sono impegnati a ricordarlo per ingannare i militanti soggettivamente comunisti.

Il centenario del PCd’I è infatti oggetto in questi giorni di iniziative di commemorazione, per lo più di matrice stalinista e/o nazional popolare, in omaggio alla tradizione del PCI nelle sue diverse declinazioni. Il PCd'I è tristemente celebrato dagli eredi di chi lo distrusse come partito rivoluzionario; di chi fece appello ai «fratelli in camicia nera»; di chi tradì la Resistenza e ricostruì lo Stato borghese alla fine della guerra, con annessa amnistia ai boia fascisti; di chi imprigionò la lotta del movimento operaio attorno alla bandiera dell'unità nazionale e del compromesso storico con la borghesia. A noi è sembrato invece importante che organizzazioni che possono a ragione richiamarsi, al di là delle loro differenze, al PCd’I delle origini – e dunque all’internazionalismo rivoluzionario e alla rivoluzione proletaria – possano trovarsi insieme in una iniziativa sul centenario. Nella quale intrecciare verità storica, rivendicazione programmatica, lezioni per il presente e il futuro del movimento operaio.

In nessuna di queste iniziative, oltre a ricordare abusivamente Gramsci, si ricorderanno i meriti di Amadeo Bordiga, rinviato all’oblio eterno da stalinismo e riformismo. Non sarà così per noi. Non perché condividiamo, come PCL, la politica da lui sviluppata, né quando era dirigente del PCd’I né successivamente, anzi ne siamo fermi critici. Ma da un lato ricordare la nascita del PCd’I senza ricordare il suo principale artefice sarebbe come parlare della nascita del comunismo tedesco senza ricordare Rosa Luxemburg (cosa che gli stalinisti qualche volta riuscirono a fare); dall’altro Bordiga rimase comunista fino alla morte, a differenza dei voltagabbana come Togliatti. Per questo lo ricorderemo, nei suoi meriti come nei suoi errori, al pari di Gramsci, e forse qualcuno dei partecipanti sarà più positivo di noi nel giudizio su Bordiga.

Perché infatti la nostra iniziativa, come detto unica legittima, vedrà la partecipazione di compagni di altre organizzazioni rivoluzionarie, accomunate al nostro partito dal fatto di potersi richiamare alla tradizione comunista rivoluzionaria del PCd’I del 1921.
Invitando tutte e tutti a seguire l’iniziativa, per chiarire la natura marxista rivoluzionaria del PCd’I delle origini pubblichiamo qui il suo programma originario.



Programma del Partito Comunista d’Italia

Il Partito Comunista d’Italia (Sezione dell’Internazionale comunista) è costituito sulla base dei seguenti principii:

1. Nell’attuale regime sociale capitalistico si sviluppa un sempre crescente contrasto fra le forze produttive ed i rapporti di produzione, dando origine all’antitesi ed alla lotta di classe tra il proletariato e la borghesia dominante.

2. Gli attuali rapporti di produzione sono protetti dal potere dello Stato borghese, che, fondato sul sistema rappresentativo della democrazia, costituisce l’organo per la difesa degli interessi della classe capitalistica.

3. Il proletariato non può infrangere né modificare il sistema dei rapporti capitalistici di produzione, da cui deriva il suo sfruttamento, senza l’abbattimento violento del potere borghese.

4. L’organo indispensabile della lotta rivoluzionaria è il partito politico di classe. Il Partito comunista, riunendo in sé la parte più avanzata e cosciente del proletariato, unifica gli sforzi delle masse lavoratrici, volgendoli dalle lotte per gli interessi di gruppi e per risultati contingenti alla lotta per la emancipazione rivoluzionaria del proletariato; esso ha il compito di diffondere nelle masse la coscienza rivoluzionaria, di organizzare i mezzi materiali d’azione e di dirigere nello svolgimento della lotta il proletariato.

5. La guerra mondiale, causata dalle intime insanabili contraddizioni del sistema capitalistico, le quali produssero l’imperialismo moderno, ha aperto la crisi di disgregazione del capitalismo in cui la lotta di classe non può che risolversi in conflitto armato tra le masse lavoratrici ed il potere degli Stati borghesi.

6. Dopo l’abbattimento del potere borghese, il proletariato non può organizzarsi in classe dominante che con la distruzione dell’apparato statale borghese e con la instaurazione dello Stato basato sulla sola classe produttiva ed escludendo da ogni diritto politico la classe borghese.

7. La forma di rappresentanza politica nello Stato proletario è il sistema dei Consigli dei lavoratori (operai e contadini), già in atto nella rivoluzione russa, inizio della rivoluzione proletaria mondiale e prima stabile realizzazione della dittatura proletaria.

8. La necessaria difesa dello Stato proletario, contro tutti i tentativi contro-rivoluzionari, può essere assicurata solo col togliere alla borghesia ed ai partiti avversi alla dittatura proletaria ogni mezzo di agitazione e di propaganda politica, e con l’organizzazione armata del proletariato per respingere gli attacchi interni ed esterni.

9. Solo lo Stato proletario potrà sistematicamente attuare tutte quelle successive misure d’intervento nei rapporti dell’economia sociale con le quali si effettuerà la sostituzione del sistema capitalistico con la gestione collettiva della produzione e della distribuzione.

10. Per effetto di questa trasformazione economica e delle conseguenti trasformazioni di tutte le attività della vita sociale eliminandosi la divisione della società in classi, andrà anche eliminandosi la necessità dello Stato politico, il cui ingranaggio si ridurrà progressivamente a quello della razionale amministrazione delle attività umane.

Partito Comunista dei Lavoratori

Volentieri pubblichiamo: Avanti verso lo sciopero generale del 29 gennaio

 


Report della terza assemblea nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi

Quasi duecento lavoratori collegati su zoom: circa cinquanta interventi; oltre 7 ore di dibattito serrato: questi semplici numeri danno il senso della piena riuscita della terza assemblea nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi, convocata in vista dello sciopero generale del prossimo 29 gennaio.

Pur con differenti toni e sfumature, l'assemblea è stata praticamente unanime nel giudicare l'appuntamento del 29 gennaio come una tappa importante per lo sviluppo e il rilancio del movimento di classe e del sindacalismo conflittuale nei mesi a venire.

Il sostegno convinto allo sciopero anche da quei lavoratori che il 29 novembre, pur sostenendone con forza la necessità ma preoccupati della sua riuscita avevano proposto di individuare una data diversa, è la prova tangibile che al di là delle diverse valutazioni tattiche, l'insieme dell'assemblea è concorde sulla necessità di lanciare, nonostante tutte le difficoltà, un primo, forte segnale a governo e padroni, con la consapevolezza della necessità che questo percorso di lotta sia quanto più possibile ampio e partecipato dalle lavoratrici e dai lavoratori, da organizzazioni e militanti sindacali, compresi coloro che, a nostro giudizio danneggiando il bisogno e la necessità di convergenza e di unità della classe lavoratrice, hanno scelto finora di non farne o di chiamarsi fuori.
Al contrario, l'assemblea di ieri ha mostrato come la chiarezza del confronto alla luce del sole, lungi dal depotenziare il percorso, lo ha nei fatti rafforzato.

Sabato scorso il dibattito si è arricchito grazie al contributo attivo e propositivo di numerose esperienze e realtà di lotta: dal coordinamento operaio FCA che proprio in queste ore è impegnato nella denuncia degli effetti nefasti della fusione con PSA e della nascita del colosso Stellantis ai compagni impegnati all'Ilva di Taranto nella denuncia degli effetti nefasti degli accordi tra Arcelor Mittal e sindacati complici, dal comitato per la difesa della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro di Sesto San Giovanni protagonista di ampie e partecipate manifestazioni contro l'uso capitalistico della pandemia ai lavoratori del pubblico impiego che in queste settimane stanno denunciando l'assurdo licenziamento di Mauro Gennari da parte dell'Inps, fino ad arrivare agli studenti medi, i quali hanno lanciato una mobilitazione nazionale per il 29 gennaio a sostegno dei lavoratori in sciopero.

Se è vero che i tempi non sono ancora maturi per una mobilitazione davvero generale e di massa sui luoghi di lavoro, è altrettanto vero che quelle migliaia di proletari che in questi mesi si sono avvicinati al percorso dell'assemblea hanno il dovere di indicare la strada al resto della classe, contrastando nella pratica quella tendenza alla stasi e alla passività che negli ultimi mesi domina il panorama dello stesso sindacalismo di base e combattivo.

L'ampia introduzione ha evidenziato come la crisi pandemica, nel rendere oramai permanente lo stato di emergenza sanitaria con annessi divieti e/o forti limitazioni agli spostamenti, impedisce di fatto lo svolgimento della manifestazione nazionale a Roma così com'era stata annunciata dalla seconda assemblea lo scorso 29 novembre.

Alla luce di quanto stato di cose, l'assemblea è stata concorde nel recepire la proposta della presidenza di concentrare tutte le forze sullo sciopero del 29, e di rinviare la manifestazione a Roma (Covid permettendo) al prossimo 17 aprile.

Se da un lato non è prevedibile quale sarà lo scenario e la curva pandemica ad aprile, alcune realtà (Sesto San Giovanni e disoccupati 7 novembre, ma anche SI Cobas e Slai Cobas per il sindacato di classe) hanno posto l'accento sull'urgenza di un appuntamento di piazza nazionale che individui nel governo la controparte effettiva delle nostre rivendicazioni. Lo slogan principale veicolato in questi mesi dalle realtà aderenti al percorso comune è stato: "se dobbiamo lavorare, possiamo anche scioperare"; ora si tratta di declinare quello slogan in una forma nuova: "se dobbiamo lavorare possiamo anche manifestare".

Sia l'introduzione che numerosi interventi (lavoratori della logistica, della scuola, dello spettacolo, metalmeccanici, telecomunicazioni, ecc.) si sono soffermati sulla crisi istituzionale e di governo esplosa nelle ultime ore, rispetto alla quale da un lato sono evidenti i tentativi e le manovre per imporre un ennesimo governo tecnico, dall'altro è altrettanto evidente il sostegno a Conte da parte di una fetta consistente della grande borghesia, verso a quale l'attuale esecutivo ha rappresentato un garante senza eguali della pace sociale durante la fase pandemica: a differenza di altre aggregazioni sociali e della quasi totalità del sindacalismo (confederale e non) l'assemblea ha ribadito la sua totale autonomia da ogni partito e schieramento dell’arco istituzionale borghese, e la ferma opposizione alle misure finora adottate dal governo Conte, sia in relazione al mancato contenimento della pandemia, sia riguardo alle politiche sul lavoro e sui salari, prone agli interessi di Confindustria e del grande padronato. In quest'ottica, lo sciopero del 29 gennaio rappresenterà un banco di prova fondamentale per rilanciare la lotta per strappare dei protocolli davvero vincolanti per la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, per porre con forza il tema delle tutele salariali e dei rinnovi dei CCNL scaduti, della riduzione d'orario a parità di salario al fine di arginare l'ondata di licenziamenti e rilanciare la rivendicazione di una patrimoniale del 10% sul 10% affinché la crisi sia pagata dai padroni.

Le lotte in corso nella logistica, foriere di accordi a livello aziendale sulla sicurezza e di una trattativa tuttora in corso con alcune associazioni datoriali per strappare migliori condizioni salariali, dimostrano che anche su questi temi è possibile agire e ottenere risultati concreti solo attraverso il protagonismo e la mobilitazione reale dei lavoratori.

In questi mesi, di pari passo con lo sviluppo delle iniziative nazionali, abbiamo assistito alla costituzione in alcune città (su tutte Roma) delle assemblee provinciali dei lavoratori combattivi, capaci di interfacciarsi a 360 gradi con le vertenze e le mobilitazioni locali: si tratta di un segnale positivo nella direzione di un reale radicamento del percorso sui territori e nei luoghi di lavoro, che va sostenuto e incoraggiato.

L'assemblea, nel rinnovare l'invito a concentrare tutte le sue forze per la riuscita dello sciopero del 29 gennaio, ha indicato un primo calendario di iniziative nazionali successive a quella data:

- 8 marzo, partecipazione alle mobilitazioni per la giornata di lotta internazionale della donna;

- 17 aprile: assemblea nazionale tematica sui temi della salute e della sicurezza dei lavoratori, coinvolgendo esperti in materia sanitaria e medicina del lavoro;

- 1 maggio, giornata di lotta internazionale dei lavoratori;

Sì è infine lanciata la proposta di dar vita, nella giornata del 2 maggio, ad un iniziativa tesa a costruire collegamenti su scala internazionale, coinvolgendo esperienze di lotta e sindacali di altri paesi.

Nelle settimane successive allo sciopero del 29 l'assemblea sarà riconvocata al fine di definire e organizzare in maniera dettagliata questo calendario di lotta per la primavera.

Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi

Le balle insultanti della Stampa sui rider

 


Spudorata propaganda dei giornali al servizio (come sempre) dei padroni

È di giorni fa la notizia di un rider che riesce a guadagnare 2000 euro al mese (Da commercialista a rider felice, La Stampa, 15 gennaio). Notizia di per sé ampiamente criticata, poi smentita da diverse testate, fino al giornale stesso che l'ha pubblicata.
Senza entrare nel vivo della polemica, che poco ci interessa poiché sappiamo bene quali sono le condizioni dei rider, e dei rider abbiamo già scritto molto, se è vero che il rider Emiliano Zappalà (persino il nome è risultato essere falso) di cui parla l'articolo della Stampa guadagna 2000 euro (ma a volte fino a 4000) al mese, questo non può essere preso come caso tipo.
La Stampa aggiunge alla fine dell’articolo una nota, dove smentisce parte dell’articolo. In particolare, che un rider guadagna mediamente 7.50€ l’ora, e in media 839€ al mese.

Quello che ci interessa però è il messaggio di fondo trasmesso da questa notizia. Un messaggio che delinea perfettamente il pensiero medio della borghesia, della nostra classe dominante: lavora sodo, lavora molto, non lamentarti e i risultati arrivano! I risultati non arrivano? Allora vuol dire che sei tu lavoratore il problema. Evidentemente sei tu stesso la causa del fatto che non trovi lavoro o che invece di guadagnare 2000 euro al mese ne guadagni a malapena 600. Chiaro, no?

Nell’epoca del CoViD molti si sono dedicati al lavoro di rider, ed è molto aumentata la richiesta di consegne. Molti di essi lamentano di essere sottopagati, spesso di fare consegne per pareggiare i costi, dipendenti spesso da una app controllata da un sistema con dietro una multinazionale che rifiuta qualunque tipo di trattativa. Una nuova falange di classe operaia sottoposta ad uno sfruttamento devastante, e chi si lamenta viene immediatamente allontanato e prontamente sostituito.
Ora la notizia di Zappalà, che riesce a guadagnare oltre 2000 euro al mese facendo 100 km al giorno in bicicletta (quasi una tappa del Giro d’Italia, con il borsone sulla schiena a consegnare roba). Uno schiaffo a tutti i riders.

Non ci stupisce la complicità della stampa borghese, che nonostante l'evidenza dei fatti non cede di un millimetro nel diffondere queste fantasticherie, per portare avanti il sogno liberale dello sfruttamento giocando sulla crisi di migliaia di lavoratori che oggi più che mai sono sotto la ghigliottina padronale.

Riproponiamo quindi l’unità di tutti i lavoratori con la lotta dei rider, proprio ora che sono diventati una categoria fondamentale per buona parte del commercio, insieme ai lavoratori della logistica.

Partito Comunista dei Lavoratori

È uscito il nuovo numero di Unità di Classe

 


Questo numero di Unità di Classe esce in formato digitale (allegato in fondo a questa pagina)

19 Gennaio 2021

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In questo numero:


Crisi borghese, soluzione operaia. Editoriale - Marco Ferrando

La crisi e la necessaria unità del mondo del lavoro - Federico Bacchiocchi

Scuola: quale rientro senza vaccini e sicurezza? - Vincenzo Cimmino

La salute ai tempi del Covid: il caso Toscana - Lavoratori e lavoratrici della sanità - a cura del PCL Arezzo

Patrick Zaki. Il fiore di una primavera che non deve tornare - Salvo Lo Galbo

1921 - 2021. La fondazione del PCd’I, sezione italiana della Terza Internazionale - Antonino Marceca

Scarica qui Unità di Classe n. 8 - gennaio 2021

Partito Comunista dei Lavoratori

Sosteniamo la lotta delle lavoratrici dell’Hotel Gallia e di tutte le donne oppresse!

 


Venerdì 15 gennaio 2021 si è tenuto un presidio davanti alla prefettura di Milano per quanto riguarda la vertenza dei lavoratori e delle lavoratrici dell'Hotel Gallia.

Condividiamo e diffondiamo il comunicato del Comitato 23 settembre, che ha espresso la propria solidarietà a questa lotta contro l'attacco dell'arroganza padronale.
Vorremmo sottolineare che per le donne questa fase di crisi aggravata dalla pandemia si manifesta con la drammatica situazione dell'attacco al lavoro e al salario.
Come se non bastasse, tante donne sono alle prese con una difficile ricollocazione nel mondo del lavoro, sia per motivi legati al lavoro di cura, caricato sulle loro spalle all'interno delle mura domestiche, sia per la repressione in atto da parte dei padroni. A questa poi si aggiunge un particolare e diffuso clima repressivo nei confronti delle donne che si espongono e rischiano per difendere il proprio posto di lavoro: quello di una certa collettività silente o addirittura contraria a queste lotte, che pensa di tacciare come “problematici” gli atteggiamenti di chi sta compiendo delle scelte giuste e inopinabili, lasciandole ai margini come soggetti scomodi.

Il Partito Comunista dei Lavoratori sostiene qualsiasi lotta progressiva che miri alla difesa del salario, all'abbattimento del sistema degli appalti e delle esternalizzazioni, che rivendichi un salario di disoccupazione per chi il lavoro non ce l'ha. Appoggia ogni lotta per l'emancipazione delle lavoratrici e di tutte le donne oppresse, per la loro completa autodeterminazione e liberazione dalle catene del capitalismo e del patriarcato.


Partito Comunista dei Lavoratori – Commissione donne e altre oppressioni di genere




Solidarietà alla lotta delle lavoratrici dell’Hotel Gallia


Piovono pietre sulle lavoratrici dell’Hotel Gallia.
Gli alberghi di lusso, ecco un settore che negli anni ha avuto nella Milano capitale della moda una inarrestabile espansione, un settore in cui si lucrano ingenti profitti grazie alla clientela di super ricchi e soprattutto al supersfruttamento dei lavoratori che vi operano e, ultimo anello della catena, delle lavoratrici delle pulizie. Le condizioni di lavoro, quando il lavoro c’era, erano una sintesi del peggio: grazie al sistema degli appalti, paghe da fame e lavoro a cottimo! Con il cambiamento continuo delle ditte appaltatrici, malattie e maternità non pagate, mancati rimborsi del 730 e la perdita di ogni diritto al mantenimento del posto di lavoro.

Con l’emergenza Covid, le lavoratrici dell’Hotel Gallia sono in cassa integrazione con uno stipendio da fame: essendo tutte a part time, la cassa per alcune è di 300 euro al mese. Da mesi lottano per il riconoscimento dei loro diritti e prima di tutto per la conferma del posto di lavoro. Presidi, manifestazioni e interminabili trattative sindacali non hanno finora evitato la beffa dell’ennesimo cambiamento della ditta che avrebbe dovuto rilevare l’appalto e quindi riassumerle.

La ripresa della lotta a questo punto è una via obbligata, come è necessario attivare una campagna di solidarietà verso tutti i lavoratori e le lavoratrici del settore (più di 30.000 nel milanese) che dovranno affrontare lo stesso destino, nella prospettiva della costruzione di una mobilitazione generale prolungata, che preveda, tra i diversi punti rivendicativi, la cancellazione di tutte le esternalizzazioni e privatizzazioni.

Come ogni crisi, anche questa sarà usata dalle grandi imprese (fra cui quelle del turismo di lusso) per ricevere dallo stato più aiuti del solito e ristrutturare, allontanando ulteriormente quella che dovrebbe essere la naturale collocazione delle lavoratrici, e cioè la loro assunzione da parte della struttura in cui si svolge il loro lavoro e il riconoscimento di tutte le garanzie, tra cui la stabilità del posto di lavoro, la garanzia di un salario dignitoso e in particolare, nell’emergenza sanitaria, oltre alla copertura del 100% del salario, il rispetto delle norme di protezione dal contagio.

Il nostro comitato vuole contribuire a rompere il silenzio sulle lotte delle lavoratrici, e di tutte quelle donne, molte delle quali immigrate, che dopo anni di crisi saranno le prime a dover affrontare nei prossimi mesi il licenziamento e la mancanza di servizi programmata per affrontare l’emergenza.

Una situazione difficile che rischia di diventare insostenibile, che non può certo essere risolta a livello individuale.

Denunciando questa situazione, i veri responsabili dello sfruttamento del lavoro, e il carattere sessista e razzista di questo sistema sociale, vogliamo dare voce a tutte le realtà di lotta sui vari fronti dell’oppressione femminile e batterci per creare collegamenti e lotte sempre più estese e unitarie.

Con questo spirito partecipiamo al presidio che si terrà venerdì 15/1, davanti alla prefettura di Milano.



comitato23settembre@gmail.com

Comitato 23 settembr

Il PRC si associa a PD e M5S su un appello di salvezza nazionale

 


Sull’appello “Uniamoci per salvare l’Italia”

17 Gennaio 2021

Il titolo dell’appello non lascia margini al dubbio: “Uniamoci per salvare l’Italia”. Seguono le firme di CGIL, CISL e UIL, dell’ANPI, di ARCI, del PD, del M5S, di Articolo Uno, di Sinistra Italiana, delle Sardine. Tutti i partiti di governo, tutte le burocrazie sindacali e le associazioni che lo sorreggono. Ma anche il Partito della Rifondazione Comunista. Avete capito bene, il PRC.


LA NATURA PATRIOTTICA DELL’APPELLO

L’appello si nutre della consueta retorica del nulla. Un patriottismo liberal progressista condito col catalogo di buoni sentimenti e di valori civici. Una retorica interclassista per mascherare lo sfruttamento. Una retorica pacifista per mascherare l’imperialismo. Una retorica democratica per coprire la democrazia dei padroni. Una retorica europeista per difendere l’Unione dei capitalisti. Sono gli ingredienti di ogni logica di “unità nazionale”. Quella che chiede agli operai di subordinare i propri interessi di classe all’interesse superiore della propria borghesia.

Non solo. L’appello è oggi anche una evidente operazione politica di difesa del governo attuale e al tempo stesso del possibile governo futuro. PD e M5S ne sono, non a caso, i firmatari. Gli stessi partiti di governo che ricoprono di miliardi le banche, le grandi imprese, la sanità privata, ma non trovano i soldi per assumere infermieri, se non col contagocce, con contratti interinali e a debito. Gli stessi partiti di governo che vendono fregate militari all’Egitto di Al-Sisi, per tutelare gli interessi dell’Eni in Nord Africa. Alla faccia della “democrazia” e della “pace”. E non si dica che il governo fa argine contro le destre. Se le destre peggiori di Salvini e Meloni mantengono inalterato il proprio blocco sociale è grazie all’assenza di una opposizione di classe a questo governo e alle sue politiche.


PERCHÉ IL PRC HA FIRMATO?

La domanda allora è: perché il PRC ha firmato tutto questo? Pace per le burocrazie di CGIL, CISL e UIL, sostenitrici organiche del governo e del patto col padronato. Pace per Articolo Uno e per Sinistra Italiana, che difendono i propri scranni ministeriali e para ministeriali. Ma il PRC, dopo prolungate contorsioni, non aveva giurato di essere all’opposizione?

Il segretario del PRC Maurizio Acerbo, per rispondere al disorientamento del proprio partito, ha scritto un lunghissimo articolo, tutto sulla difensiva, in cui si affanna a spiegare che la firma del PRC, accanto a quella di PD e M5S, non annulla “le differenze”. Grazie tante. Ma la.. “differenza” non sta nel fatto che PD e M5S gestiscono al governo gli interessi del capitale contro il lavoro?

“Uniamoci per salvare l’Italia” significa uniamoci in un fronte comune con gli avversari dei lavoratori. Nessuna acrobazia dialettica può nascondere questo fatto obiettivo. Il richiamo che Acerbo fa alla politica del PCI nella Resistenza è un tappo peggiore del buco. Fu la politica che preparò il governo di unità nazionale tra De Gasperi e Togliatti stroncando le potenzialità rivoluzionarie del movimento partigiano (amnistia per i fascisti inclusa). È questo il riferimento strategico?

La verità è che l’opposizione del PRC in tutta la sua storia politica è stata sempre in funzione della ricomposizione di governo. Il PRC sostenne il primo governo Prodi (1996/1998), che fece il record delle privatizzazioni in Europa, introdusse il lavoro interinale, varò i campi di detenzione per i migranti. Entrò nel secondo governo Prodi (2006/2008), votando la più grande detassazione dei profitti del dopoguerra (Ires dal 34% al 27,5%), l’aumento delle spese militari, il rilancio delle missioni di guerra. Ogni volta dopo aver giurato di essere “il cuore dell’opposizione”. Ogni volta finendo al governo a braccetto dei nemici del lavoro.


IL CODICE ANTICO DEL GOVERNISMO

Certo, la firma dell’appello non è ovviamente l’ingresso del PRC nel Governo (anche perché a differenza che in passato non avrebbe la forza per conseguire quello sbocco). Ma la firma di “Uniamoci per salvare l’Italia”, assieme a PD e M5S, è in fondo la fotografia del proprio immaginario, di un’aspirazione talmente radicata da non poter essere nascosta, di un codice politico governista sopravvissuto a tutti i propri sfracelli. Lo stesso che in anni recenti ha condotto il PRC a sostenere il governo antioperaio di Tsipras in Grecia, e che lo porta oggi ad applaudire il governo Sanchez-Podemos in Spagna. Lo stesso che un anno fa lo portò a rompere col Coordinamento unitario delle sinistre di opposizione (7 dicembre) per non perdere i rapporti con Sinistra Italiana e con la burocrazia sindacale.

Chi non fa il bilancio del passato è destinato a ripeterlo. Se si respinge una prospettiva di rivoluzione, prima o poi si finisce col rimuovere l’opposizione. Oggi platonicamente, domani materialmente. Il riformismo torna sempre sul luogo del delitto, come mostra la lunga storia del movimento operaio.

Ai tanti compagni e alle tante compagne del PRC che sono contro l’unità nazionale con PD e M5S l’onere di una riflessione di fondo. Se non ora, quando?

Partito Comunista dei Lavoratori