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Ucraina. Dove va la guerra

  La corsa alle armi degli imperialismi in Europa e la piega della guerra. La crisi del fronte ucraino. Il posizionamento dei marxisti rivol...

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Gli "onesti" arraffatori del M5S

Apprendiamo da un articolo di giornale che i consiglieri regionali del Movimento Cinque Stelle si trovano in questi giorni a incassare, durante varie assemblee con i loro simpatizzanti, duri attacchi contro la mancata riconsegna dello stipendio da consiglieri oltre la quota sbandierata in campagna elettorale, 2.500 euro.
Non siamo sorpresi: una volta assicurato lo scranno, i rappresentanti del M5S confermano la natura sociale del loro partito, che non manca di girare le spalle ai lavoratori e alla povera gente che li ha votati illudendosi di aver trovato finalmente l'alternativa ai partiti dominanti, servi di banchieri e industriali e marci fino al midollo. Il populismo reazionario, razzista, legalitario quando conviene di Grillo e dei suoi non è alternativo al populismo di Renzi e alle politiche del PD. Lo conferma, senza ombra di dubbio, l'amministrazione comunale grillina a Parma.
Il nostro partito ha sempre rivendicato, al contrario, uno stipendio per qualsiasi carica politica che non vada oltre il salario di un buon operaio. Sarà questo lo stipendio massimo che tratterranno i nostri compagni se eletti alle comunali di Bologna. Un livello che molti militanti del PCL, al contrario dei consiglieri grillini e del loro capo milionario, faticano a raggiungere pur lavorando tutti i giorni.
Al contrario dei parlamentari grillini, mai verseremo alcun fondo alle imprese, grandi o piccole che siano: come già facciamo oggi coi nostri scarsi mezzi, investiremo ogni fondo possibile per sostenere la lotta e l'autorganizzazione dei lavoratori, in primis nelle casse di resistenza, contro i licenziamenti e per portare avanti gli scioperi.
Come comunisti, rivendichiamo un governo a buon mercato, che non sia una mangiatoria senza fondo per corruzione, arricchimento personale e favori ai capitalisti. Ma l'unico governo a buon mercato potrà essere quello dei lavoratori, il governo della maggioranza della società, e non l'attuale dittatura “democratica” di industriali e banchieri, alla quale i grillini si piegano come tutti gli altri partiti presenti in consiglio regionale e in parlamento.


Partito Comunista dei Lavoratori - Coordinamento regionale Emilia-Romagna

La vergognosa capitolazione del Front de Gauche


Il governo dell'imperialismo francese ha non solo varato un piano di estensione dei bombardamenti in Siria e di rilancio della presenza francese in Africa. Ha anche imposto una pesante restrizione delle libertà democratiche all'interno del paese.

Tra il 19 e il 20 novembre il Parlamento francese è stato chiamato a votare un prolungamento di tre mesi dello stato di emergenza, che recupera misure reazionarie varate durante la guerra coloniale d'Algeria. Vengono proibite le manifestazioni pubbliche. Si ampliano i poteri di polizia in fatto di “domicilio coatto extragiudiziale” per tutti coloro che vengono giudicati “pericolosi” in base a “comportamento, frequentazioni, affermazioni o progetti”. Si sancisce il potere di “proibizione” di “associazioni o gruppi che incitano ad azioni di turbamento dell'ordine pubblico”.
Un piano di misure che fa leva sulla paura provocata dalla strage terrorista di Parigi per colpire le libertà e gli spazi dell'opposizione di classe e di massa, intimidire le avanguardie politiche e sociali, imporre un riflesso d'ordine più generale nella società.
Un piano di misure talmente reazionario da incassare non solo il plauso (significativo) della Confindustria francese (Medef) ma il voto di tutta la destra. Non solamente di Sarkozy e dei gollisti, ma anche di Marine Le Pen e del blocco più forcaiolo di estrazione fascista (Front National). Il quale si è limitato a rimproverare il governo per aver tardato ad attuare misure tanto importanti, rigorose e patriottiche.

Ebbene: il Front de Gauche - espressione francese della Sinistra Europea “di Tsipras” - ha votato all'unanimità il piano reazionario del governo Hollande, al fianco della destre e di Marine Le Pen. Solo tre parlamentari della sinistra interna del Partito Socialista e tre parlamentari dei Verdi hanno votato contro. I parlamentari della sinistra cosiddetta... “radicale” hanno compattamente votato a favore, in tutte le loro articolazioni interne. Così hanno fatto deputati e senatori del PCF. Così hanno fatto deputati e senatori del Parti de Gauche. Il cui segretario Mélenchon ha sentito il bisogno di accompagnare il voto con un pubblico richiamo all'“unità della Francia e dei francesi, al di sopra delle classi e delle parti politiche”.
L'“Union Sacrée” ha dunque fatto il proprio ritorno a Parigi. Gli amici francesi di Tsipras, solidali col governo greco nella sua capitolazione alla troika, hanno capitolato a loro volta al proprio imperialismo e al suo attacco a libertà e diritti. Una vergogna.

È la conferma di una verità elementare: solo una sinistra rivoluzionaria e anticapitalista è capace di tenere la schiena dritta nella difesa di libertà e diritti. Mentre la sinistra “democratica” del capitalismo finisce col capitolare sullo stesso terreno della democrazia, inchinandosi alla bandiera del proprio imperialismo.
Partito Comunista dei Lavoratori


Contro reazionari e terroristi. Contro l'imperialismo e il fascismo islamico. Per un nuovo internazionalismo

La guerra vigliacca di questi giorni e di questi anni ha contagiato l'Europa. IS e fondamentalismo islamico sono il prodotto dei macelli dell'Occidente imperialista in Medioriente e in Africa. Gli interessi dei lavoratori non stanno da nessuna parte che non sia quella della loro unità e della loro organizzazione, oltre ogni frontiera e religione. L'unico argine contro il capitalismo e i mostri che genera.


La guerra è arrivata nelle strade, nelle piazze e nei teatri d’Europa. La guerra vigliacca di questi giorni e di questi anni. La guerra che colpisce civili e innocenti: a caso, senza fronti e senza confini. La guerra che da troppo tempo si combatte in Siria, in Iraq, in Afghanistan, in Libia ed in Egitto, in molti paesi africani ed asiatici. Una guerra che travolge città, famiglie e popolazioni.

Questa guerra l'ha iniziata l'Occidente capitalista e imperialista. IS e fondamentalismo islamico sono stati rilanciati, se non prodotti, dai ripetuti interventi militari in Medioriente: dai bombardamenti e delle missioni “di pace”. Americane. Francesi. E italiane. Interventi che negli anni hanno sostenuto dittatori e repressioni sanguinarie, hanno abbattuto resistenze popolari e forze progressiste, hanno distrutto paesi e tessuti sociali, hanno aperto la strada alla crescita dell’integralismo religioso. La competizione per la conquista dell'egemonia all'interno del campo integralista ha sospinto la corsa al rialzo verso le barbarie. Ha creato un nuovo “fascismo islamico”, un movimento reazionario armato che si è dotato di un suo progetto totalitario fondamentalista (il grande Califfato), con pratiche sanguinarie di terrore che pratica verso ogni opposizione e resistenza, interna ed esterna.

In questa guerra, le linee del fronte si frammentano e si confondono. IS e fondamentalisti sono stati supportati e protetti dalle monarchie del Golfo e servizi occidentali. Probabilmente lo sono ancora. Perché reazionari, fondamentalisti, dittatori e terroristi combattono da entrambe la parti. Al centro di questa guerra non c’è alcun principio, alcuna civiltà, alcuna religione. Ci sono solo interessi economici e politiche di potenza, che polarizzano identità ed appartenenze per utilizzarle come strumenti dei loro giochi d’interesse.

In questa guerra, invece, gli interessi e le identità della classe lavoratrice e di quelle popolari sono travolti. Da tutti. Schiacciati dalla militarizzazione, dall’imbarbarimento crescente, dalle miserie della guerra, dalla distruzione delle strutture economiche e dall’esplosione dei fanatismi identitari. Annullati anche dalla confusione dei fronti: dalla costruzione di larghe alleanze, a base etnica o religiosa o nazionale. Fronti popolari o nazionali nei quali gli interessi e le identità dei lavoratori e delle lavoratrici sono sempre retrocesse, scolorite e poi annullate. In nome di altre priorità, immaginari e progetti politici. Quelli delle proprie borghesie, dei propri apparati militari, o delle potenze imperialiste.

Per questo siamo a fianco dei morti e delle famiglie. A Parigi. Come a Beirut, a Sinjar, ad Aleppo o a Kobane. In Africa ed in Asia. Le centinaia di migliaia di morti di questa lunga guerra.
Per questo NON siamo nelle piazze di queste ore. Quelle piazze unitarie e tricolori, in solidarietà dei “fratelli francesi”. Il silenzio, la commozione e l’unità di queste ore, come quella dopo l’attentato di Charlie Ebdo, permette solo alla canea reazionaria di crescere ed imporsi anche nei nostri territori. Proponendo ancora identità e polarizzazioni, cristiane ed europee, umane o civili. Appartenenze utili solo a continuare questa guerra, a rilanciare gli interessi imperialisti di questa o quella potenza.

Per fermare la guerra, invece, dobbiamo colpirne gli interessi che la muovono. Dobbiamo opporci agli interventi imperialisti. Di pace e di guerra. Anche quelli italiani. Dobbiamo denunciare gli interessi particolari, come quello della nostra ENI che non casualmente è presente in tutti questi fronti di guerra. Dobbiamo combattere le politiche di grande e di piccola potenza, sorrette dalla competizione capitalista e dalla necessità di rafforzare i propri apparati produttivi capitalisti.

La sola risposta alle guerre e al terrorismo è l’unità dei lavoratori e dei popoli. Al di là delle rispettive origini, del colore della pelle, della religione, delle frontiere. Ritrovare i propri interessi e le proprie identità di classe, per battersi insieme contro chi li sfrutta e li sottomette. Per farla finita con questo sistema capitalista, che crea la barbarie. Per una rivoluzione socialista, che superi confini e conflitti nazionali.

Partito Comunista dei Lavoratori

Contro Buonascuola e governo Renzi: il 13 novembre in sciopero per riprendere la lotta!

A MAGGIO ABBIAMO COSTRUITO UN MOVIMENTO, spinto dal protagonismo di lavoratori e lavoratrici: volantini fai-da-te, flash-mob, grande adesione agli scioperi ed ai boicottaggi Invalsi. Un grande movimento, su obbiettivi chiari: stabilizzazione dei precari; no alla chiamata diretta; contro la valutazione. Una critica di massa all'autonomia scolastica.

MA IL DDL È STATO APPROVATO. Renzi ha vacillato, ma poi ha forzato e vinto. Anche per due nostri limiti. Siamo partiti tardi. Si è così impedito il coinvolgimento degli studenti e si è imposto una scadenza ravvicinata alla lotta (il governo ha imposto il suo testo a scuole chiuse). Ci siamo trovati isolati. Pur in presenza di tanti conflitti, è stato l'unico movimento di massa contro il governo. Renzi ha quindi potuto tenere e imporsi.

ORA BISOGNA RIPRENDERE LA LOTTA. Possiamo boicottare la legge, nelle scuole e nelle piazze. Anche il concorsone, la Moratti o il portfolio furono approvati, ma non fecero strada. Non limitiamoci a risparmiare alla scuola gli effetti più deleteri della legge 107 (come dicono CGIL CISL UIL). Non limitiamoci ad una resistenza scuola per scuola che, da sola, inevitabilmente produrrà differenze (tra istituti e tra docenti). La CGIL però non si muove! Aspetta CISL e UIL e illusori spazi di ricomposizione con il PD. Ha lasciato le scuole nella confusione e nell’ambiguità: senza indicazioni di lotta, senza prospettiva, senza proporre né un ora di sciopero, né un corteo nazionale che dia un segnale di ripresa.

13 NOVEMBRE: SCIOPERO!! Diversi sindacati di base (Cobas, Unicobas, Cub, Usi,..) hanno trovato una convergenza, anche se non tutti (USB ha mantenuto la sua iniziativa di organizzazione). È un segnale importante per riprendere la lotta, sostenuto e appoggiato da tanti soggetti del movimento della scuola (dalla LIP all’OpposizioneCGIL, passando per autoconvocati e autorganizzati). Il PCL sostiene con determinazione questa iniziativa e questa lotta, contro il governo, contro la legge 107 e contro il vergognoso immobilismo della CGIL!!!

RENZI NON COLPISCE SOLO LA SCUOLA: impone il Job Act (licenziamenti, demansionamenti e controllo); limita il diritto di sciopero; vuole disfare i contratti nazionali; taglia la sanità a tutti e le tasse ad i ricchi (TASI e IRPEG); riforma la Costituzione in senso autoritario, con una risicata maggioranza parlamentare. Come abbiamo visto nella primavera, per vincere bisogna allargare la lotta, riunire i diversi fronti di resistenza.
QUESTO GOVERNO PUÒ ESSER SCONFITTO SOLO DA UN MOVIMENTO GENERALE!!

SOSTENIAMO LO SCIOPERO DEL 13 NOVEMBRE
PER UN GRANDE MOVIMENTO GENERALE,
PER MANDARE A CASA RENZI e QUESTO GOVERNO AUTORITARIO E PADRONALE

Partito Comunista dei Lavoratori

DOMENICA 8 NOVEMBRE CONTESTIAMO SALVINI, LA LEGA E I NEOFASCISTI

PER L’UNITA’ DEI LAVORATORI, DELLE CLASSI POPOLARI, DEI MOVIMENTI CONTRO TUTTE LE DESTRE: DA RENZI A SALVINI PASSANDO PER GRILLO

Ci troviamo doverosamente nelle strade della nostra città per contestare il comizio di Salvini e la sua variegata corte razzista e neofascista.

Il successo elettorale di Salvini e della Lega è in parte dovuto al declino di Berlusconi e del PDL/Forza italia, e in parte ad un enorme investimento mediatico da parte di un sistema politico che ha assoluta necessità di un polo che rappresenti il popolo di destra e i suoi umori reazionari ai fini dell’alternanza di governo così eternamente confinata entro le compatibilità borghesi (che per inciso fa comodo anche a Renzi); in parte, ancora, alla crisi e al tradimento delle ragioni dei lavoratori e delle classi popolari da parte della sinistra politica e sindacale che lascia campo libero alle truffe comiziesche populiste dello stesso Salvini o di Grillo.

Intuendo questo spazio di consenso Salvini ha completamente convertito la Lega dal federalismo al nazionalismo (non più “Roma ladrona” ma “prima gli italiani”) ha imbarcato i neofascisti di Casa Pound che all’occasione vengono bene per sortite squadristiche contro i militanti di sinistra, e ha sviluppato la più becera retorica xenofoba e razzista contro i migranti, costruendo su questo un momento importante del suo messaggio politico costellato di continue provocazioni (ad es. esempio le ruspe contro i campi rom).

Tutte le ragioni di ordine democratico, sociale, e soprattutto di classe sostengono la necessità che al leghismo/neofascismo venga sbarrata la strada. Per fare questo è assolutamente necessario coinvolgere la classe lavoratrice, gli strati popolari della cittadinanza, dagli indigeni ai migranti, i movimenti di rivendicazione di diritti civili e sociali e gli attori delle mille vertenze sparsi sul territorio.
Ossia, è necessario proporre una risposta determinata e unitaria all’avanzare del leghismo e del neofascismo, a partire dall’organizzazione di momenti unitari di lotta e contestazione, senza che ciò sia ostacolato dalle pur legittime differenze tra ideologie, progetti politici e sindacali.
Solo una risposta di questo tipo può porsi l’obbiettivo di coinvolgere larghe masse e di non rimanere confinato ai cosiddetti “addetti ai lavori”.
Purtroppo dobbiamo constatare che le cose oggi vanno diversamente.
Non condividiamo infatti l’indizione di due appuntamenti diversi, di due piazze, per contestare il comizio di Salvini.
Il rischio reale è non solo quello della divisione, ma anche quello di cadere ineluttabilmente in una logica minoritaria che non solo non danneggia Salvini e il suo progetto politico, ma addirittura gli offre un proscenio mediatico più favorevole e gli consente di presentarsi come un campione di democrazia.

Ovviamente, i compagni del PCL sono in piazza oggi per fare il loro dovere rivoluzionario contro la destra leghista e fascista, ma questo non ci esime dal criticare severamente le modalità che hanno caratterizzato l’organizzazione della giornata odierna e auspichiamo per il futuro di un necessario confronto unitario sul terreno del contrasto alla destra cosi come nel sostegno alle mille vertenze che insistono sul nostro territorio (dalla rivendicazione del diritto alla casa, alle lotte contro i licenziamenti e per un contratto migliore, alla lotta contro la ”buona scuola” e i provvedimenti governativi dai stampo apertamente reazionario e antisociale).

Vaticano S.p.A.: populismo papalino e capitalismo ecclesiastico

L'arresto dell'”economo del Papa” Vallejo Balda da parte della Gendarmeria vaticana con l'accusa di “divulgazione di notizie riservate” rivela la lotta interna ai sacri palazzi di Oltretevere. L'intero commentario della stampa borghese parla dell'eroica lotta di “Santo Padre Francesco” per “ripulire il Vaticano” e della sorda resistenza degli ambienti vaticani a questa operazione di pulizia. Ma i conti non tornano, e anche la logica ha i suoi diritti.

Balda viene arrestato, su diretto mandato del Papa, per aver reso pubbliche informazioni riservate sulle sterminate proprietà vaticane, sulla continuità dei traffici IOR, sulla amministrazione truffaldina dei fondi pubblici e degli oboli privati da parte della macchina statale pontificia. L'arresto è scattato solo dopo la notizia della uscita imminente di due libri dedicati alle rivelazioni. Domanda: perché il Vaticano pretende che le informazioni sul suo stato patrimoniale e sulla sua gestione debbano restare “riservate”? Non era stata annunciata l'operazione trasparenza? Perché si ricorre addirittura all'arresto (con la minaccia di 8 anni di carcere) del responsabile, reale o presunto, delle rivelazioni? Perché si minaccia, come già in passato, di chiedere il blocco delle pubblicazioni editoriali annunciate?

La stampa borghese tace su questi interrogativi elementari. Ha paura anche solo a formularli. Si diffonde in pagine e pagine di retroscena, più o meno scandalistici, sulla figura di Balda e della sua collaboratrice, e sulle motivazioni interessate delle rivelazioni fatte (vendetta per una nomina mancata). Ma sul contenuto delle rivelazioni, e soprattutto sulla ragione delle pretese censorie del Vaticano, nessun commento. Anzi, là dove si balbetta qualcosa, si ripete a pappagallo, per paura di sbagliare, la velina ufficiale vaticana: «Un tentativo di infangare l'azione di rinnovamento condotta da Papa», ecc ecc. Amen. Ma come? Un'azione di “pulizia” e “rinnovamento morale” non dovrebbe denunciare i mercimoni affaristici della macchina vaticana anziché arrestare chi li rivela?


UN PAPA PERONISTA A CACCIA DI CONSENSO. IL POPULISMO ECCLESIASTICO COME LEVA DI POTERE 

La verità è più semplice, in una cornice più complicata e generale.

Papa Francesco, come ogni Papa, è il monarca assoluto di uno Stato teocratico che in tutto il mondo è parte organica del capitalismo, con possedimenti finanziari e immobiliari giganteschi. Come ogni stato capitalista, ma con una presenza mondiale ineguagliabile, lo Stato Vaticano è attraversato da guerre per bande e cordate in lotta per il potere. La novità dell'attuale Papa Bergoglio - non a caso di estrazione peronista - è che egli tenta di coprire la realtà dello Stato Vaticano con la promozione di un'immagine pubblica misericordiosa, attenta alla condizione dei poveri, meno dottrinaria, più comunicativa nei confronti del senso comune popolare. Siamo in presenza di un Papa “populista”, mirato alla conquista del consenso pubblico, che fa leva sul consenso pubblico per accrescere il proprio potere assoluto nella Chiesa: modificando a proprio vantaggio i rapporti di forza con la Curia romana, con la Conferenza Episcopale, con la Segreteria di Stato vaticana, e più in generale con l'insieme delle strutture tradizionali dirette e indirette dell'istituzione ecclesiastica. Il braccio di ferro sotterraneo nel recente Sinodo è la cartina di tornasole della lotta in corso.

Un Papa dunque più “democratico”, più rispettoso della laicità dello Stato? Al contrario. Il Papa populista usa la propria ritrovata credibilità pubblica per allargare oltre misura il raggio d'intervento della propria Chiesa.
Ricerca e ottiene pubblica udienza presso le camere congiunte del Parlamento italiano, presso il Parlamento europeo, presso lo stesso Congresso americano, per avere su di sé i riflettori del mondo, carpire nuovi consensi e dunque maggiore forza politica.
Si fa diretto protagonista sulla scena internazionale intervenendo come intermediario del negoziato tra USA e Cuba per la restaurazione del capitalismo a Cuba; e persino del negoziato tra Stato colombiano e FARC per la loro integrazione nel capitalismo colombiano.
Promuove una politica di “pacificazione” ecumenica con le altre chiese e autorità religiose (ebraiche, greche ortodosse, islamiche...) per allargare la propria influenza presso le basi di massa delle altre fedi, e dunque estendere il proprio peso politico internazionale.
Infine invade Roma con un Giubileo di venti milioni annunciati di fedeli, pretendendo dallo Stato e dal Comune di Roma una rapida funzione di servizio, pagata con risorse pubbliche: anche per questo scarica il sindaco delle nozze gay, a favore di un commissario prefettizio in grado di amministrare la grande torta del nuovo business capitolino e di lustrare a dovere l'immagine pubblica del Papa nell'anno della Misericordia. Nel frattempo attiva tutti i canali di interlocuzione possibili col mondo laico, dalle telefonate con Scalfari sino all'incredibile lettera di riconoscimento... al consigliere romano Alzetta (detto Tarzan): cercando dal primo lo sdoganamento della cultura laica, e dal secondo forse un'attenzione di riguardo alle proprietà vaticane nella gestione dell'occupazione delle case a Roma.
Un Papa, dunque, “totale”, pervasivo di ogni campo a 360 gradi, proiettato quotidianamente nella sfera temporale come mai in precedenza, determinato a risollevare la forza della Chiesa ad ogni latitudine istituzionale, dopo anni di crisi e decadenza della sua pubblica credibilità (corruzione, pedofilia, crimini dello IOR...).


LA REALTÀ DEL CAPITALISMO ECCLESIASTICO CHE BERGOGLIO VORREBBE COPRIRE 

Ecco allora il perché della reazione poliziesca del Pontefice “misericordioso” alle rivelazioni di un prelato infedele. Perché proprio quelle rivelazioni mostrano lo scarto abnorme tra l'immagine pauperistica della Chiesa che il Papa populista vuole accreditare, e la intatta miseria morale della Chiesa reale, quale parte inseparabile del capitalismo italiano e mondiale. La Chiesa che detiene quasi 5 miliardi in sole proprietà immobiliari, spesso facendosele valutare “un euro” per evadere il fisco. Che fa 60 milioni ogni anno vendendo benzina, sigarette, vestiti pregiati a basso costo, attraverso 41.000 tessere a raccomandati vip e amici degli amici nella sola città di Roma. Che imbosca i 380 milioni annui dell'Obolo di San Pietro, destinandoli a ben altri usi dalla “carità evangelica”. Che truffa sull'8 per mille con la complicità dello Stato italiano, come confessa la stessa Corte dei Conti. Che, contro la sbandierata moralizzazione, continua a proteggere attraverso lo IOR i conti bancari di grandi costruttori coinvolti nella ristrutturazione a prezzi stracciati di proprietà vaticane. Per citare solamente alcune anticipazioni pubbliche delle rivelazioni annunciate.
Qualcuno si può stupire, se il populista Papa Francesco si sente minacciato dalla verità e preferisce arrestarla? Il solo aspetto comico è che gli autori dei libri incriminati invece di rivendicare le proprie rivelazioni come demistificazione del nuovo corso papalino e denunciare le minacce ricevute, si affrettano a presentare il proprio lavoro “come un aiuto fornito al Santo Padre” (Nuzzi). La potenza del nuovo Pontefice strappa reverenze insospettabili.

La sinistra riformista italiana, anch'essa succube del nuovo Pontificato (perché succube dell'ordine capitalista) si chiude non a caso in un ermetico silenzio di fronte alle nuove rivelazioni. Vendola e Ferrero non si sono forse sperticati per due anni nel lodare Papa Francesco come campione della lotta al “liberismo” e nuova autorità morale di riferimento, coprendo su tutta la linea il nuovo corso populista del papato? La “nuova cosa rossa” in gestazione cerca la benedizione del Papa. Avallando le sue mistificazioni tra i lavoratori.

Il PCL, in quanto partito di classe e anticapitalista, rilancerà una forte campagna pubblica anticlericale ed antipapalina, in occasione del Giubileo e delle elezioni comunali a Roma. E chiama tutte le organizzazioni del movimento operaio e tutte le associazioni coerentemente laiche ad una azione comune di controinformazione e denuncia su questo terreno elementare.
Partito Comunista dei Lavoratori