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DIRITTI, LOTTE, SINDACATO AI TEMPI DEL JOBS ACT

DIRITTI, LOTTE, SINDACATO


AI TEMPI DEL JOB ACT





LUNEDI’ 2 MAGGIO , ORE 20, 30
SALA DEL BARACCANO QUARTIERE S.STEFANO
VIA S. STEFANO 119

NE PARLIAMO CON:
MASSIMO BETTI
SGB BOLOGNA
MANFREDI STORACI
DIRETTIVO FILCAMS BOLOGNA
MARTA POSITÒ
CANDIDATA PCL AL CONSIGLIO COMUNALE
COORDINA:
ERMANNO LORENZONI

Rivoluzione, classe e partito

Testo del volantino distribuito dal PCL per il primo maggio 2016.
























Il capitalismo è sfruttamento. Da sempre e ovunque. La Grande Crisi ha portato alla luce ancora una volta l'irrazionalità di questo sistema. Montagne di miliardi a sostegno delle banche, per “salvare la (loro) economia”. Tagli, restrizioni, sacrifici sempre più insopportabili per finanziare questo soccorso pubblico al capitalismo in crisi. Si comprimono salari, si allunga l'orario di lavoro, si tagliano i diritti sindacali individuali e collettivi, per competere sui mercati, in una corsa infinita che “arruola” i salariati di ogni paese in una guerra permanente contro altri salariati. Mentre le stesse borghesie che predicano rigore e sacrifici ai “propri” operai nel nome del superiore “interesse nazionale”, imboscano il frutto della propria rapina nei paradisi fiscali (Panama papers).
Parallelamente la crisi alimenta nuovi venti di guerra. USA e Cina si contendono sempre più i mercati del mondo. Riprende la corsa agli armamenti, a partire dal Pacifico. Mentre la contesa per le grandi rotte del petrolio, tra potenze mondiali o regionali, concorre a trasformare il Medio Oriente in una carneficina senza fine. Che somma guerra imperialista e terrorismo reazionario fondamentalista (alimentato dall'imperialismo stesso). Che sospinge la fuga di enormi masse umane, prima colpite dalla guerra, poi respinte dal filo spinato della civile e democratica Europa. Un Europa partecipe di quella guerra, in complicità col boia Erdogan, mentre Italia e Francia si contendono Libia e Nord Africa, come un secolo fa.
Altro che “progresso”, come avevano promesso dopo il crollo del muro di Berlino! Ovunque regressione e barbarie.

IL FALLIMENTO DEL RIFORMISMO
Qui si misura tutta la miseria del riformismo. Il sogno di un capitalismo onesto e dal volto umano, di una Europa sociale , democratica e di pace, si è rivelato un’utopia, una truffa.
L'epoca breve delle “riforme sociali” fu consentita dal boom del dopoguerra (grazie ai suoi 50 milioni di morti) e all'esistenza dell'URSS, quale contrappeso al capitalismo. Prima la fine del boom, poi il crollo dell'URSS (per responsabilità dello stalinismo), infine la Grande Crisi, hanno chiuso quella parentesi. Oggi chiunque governi un capitalismo in crisi, dispensa sacrifici e miseria. Sono state proprie le socialdemocrazie, negli ultimi 30 anni, ad aprire la strada alle controriforme sociali: da Blair a Schroeder, da Prodi a Hollande... Altro che “il meno peggio”! Ed anche la nuova Sinistra Europea finisce sempre col gestire, una volta al governo, le stesse politiche antioperaie. Tsipras gestisce la stessa politica della Troika che aveva “denunciato” dall'opposizione. La Rifondazione di Bertinotti e Ferrero votò al governo
(Prodi) guerra e sacrifici, contro cui era nata, sino al suicidio.
La capitolazione riformista in epoca di crisi spiana la strada al populismo reazionario, che monta in larga parte d'Europa, nel segno della guerra ai migranti e della rottura dei vecchi
“patti costituzionali”. È forse un caso se in Italia il suicidio della sinistra (e sindacale) ha accompagnato l'avanzata del renzismo, del salvinismo, del grillismo, in una autentica gara per meglio colpire i diritti di lavoratori e sfruttati ?

LA VERA ALTERNATIVA È TRA SOCIALISMO E REAZIONE
La vera alternativa non è tra destra e sinistra, ma tra classe e borghesia. Tra rivoluzione e reazione. Questo è il grande bivio del nostro tempo. Solo il rovesciamento del capitalismo può liberare un orizzonte di progresso. Attraverso un'organizzazione socialista della società che metta nelle mani di chi lavora le leve fondamentali dell'economia, a partire dalla grande industria e dalle banche. Riducendo l'orario di lavoro per dare a tutti un lavoro. Riconvertendo le produzioni nocive, a difesa della salute e dell'ambiente. Ricostruendo e allargando le protezioni sociali. Finalizzando l'intera economia ai bisogni di tutti, non al profitto di pochi. Solo un governo dei lavoratori, basato sulla loro organizzazione e la loro forza, può realizzare queste misure. L'alternativa a questa prospettiva rivoluzionaria internazionale è l'imbarbarimento del mondo. Non una minaccia, ma un processo già in atto.

LA CLASSE OPERAIA È UNA POTENZA MONDIALE
La classe ha subito in larga parte del pianeta un arretramento pesante in questi decenni. Il sistematico tradimento dei propri partiti (e burocrazie sindacali) ha frantumato le sue lotte di resistenza, ha favorito disgregazione e sconfitte, ha trascinato un arretramento diffuso della coscienza di ampi settori di massa. A beneficio del padronato e del populismo reazionario.
Eppure resta l'unica forza che può costruire un ordine nuovo, ponendosi alla testa di tutte le domande di liberazione. I salariati nel mondo superano ormai i 2 miliardi. Le resistenze sociali continuano a percorrere il mondo. A partire dalle lotte dell'enorme proletariato cinese, che ha strappato in 10 anni la triplicazione del salario. O da quelle per il salario minimo negli USA. Nella stessa Europa la grande mobilitazione francese contro il Job Act d’oltralpe, nel segno dell'unità tra salariati e giovani, ha spezzato la morsa dello stato d'assedio e delle leggi eccezionali (votate vergognosamente dal Fronte de Gauche), riproponendo al centro dello scontro sfruttati e sfruttatori. La ribellione è possibile ed è l'unica via.

COSTRUIRE IL PARTITO, IN OGNI PAESE E INTERNAZIONALMENTE
Tutta l'esperienza di classe, passata e recente, ci dice una cosa: non basta il movimento di lotta, è essenziale la coscienza politica. La direzione del movimento. Le lotte più grandi possono persino rovesciare un regime oppressivo, come è accaduto in Tunisia o in Egitto. Ma se non si sviluppa la coscienza politica, congiungendosi a un progetto rivoluzionario, anche la lotta più grande è condannata prima o poi alla sconfitta. Costruire controcorrente tra gli sfruttati una coscienza di classe anticapitalista e rivoluzionaria, è il compito insostituibile di un partito comunista, in ogni paese e nel mondo intero.
Organizzare i lavoratori più coscienti attorno a un programma di rivoluzione; unire nella stessa organizzazione tutti coloro che condividono questo programma; radicare questa organizzazione tra i lavoratori e in ogni movimento di lotta; ricondurre ogni esperienza di lotta, nella propaganda e agitazione di ogni giorno, alla prospettiva della rivoluzione sociale e del potere dei lavoratori: questo è il lavoro di costruzione del Partito Comunista, in ogni paese e su scala mondiale. Questo è l'impegno del Partito Comunista dei Lavoratori. 
Partito Comunista dei Lavoratori

COMUNICATO STAMPA>: ANCORA UNA VOLTA...CI RISIAMO. SOLIDARIETÀ' AGLI OCCUPANTI DI VIA IRNERIO, 13 E ALLA LORO RESISTENZA CONTRO LO SGOMBERO

Ancora una volta...ci risiamo. 
Uno stabile occupato da famiglie di lavoratori rischia di essere sgomberato perché la proprietà, rappresentata dall'ASL di Bologna, lo reclama, probabilmente per lasciarlo vuoto o forse per venderlo. 
Magistratura, questore e Sindaco sono tutti d'accordo: la "legalità" va tutelata ad ogni costo.
Naturalmente è la legalità dei poteri forti che va salvaguardata,mai invece quella di chi non ce la fa a tirare avanti, di chi non ha un tetto sopra la testa ed è costretto ad occupare per non far dormire i propri bambini sotto i portici. 
Il Sindaco si rifiuta di trattare con il sindacato ASIA-USB, che tutela gli occupanti:evidentemente è certo della sua rielezione, tutti i poteri forti di questa città stanno con lui,dai banchieri alla dirigenza di Legacoop, dalla CNA all'ANCE.  Tutti si sperticano in elogi alla Giunta Merola, con qualche critica al "massimalismo" della Frascaroli, che, per farsi "perdonare", appoggerà Merola anche a queste elezioni. 
Il problema casa però è sempre lì,non è stato risolto e anzi si aggrava sempre più.

Il Partito Comunista dei Lavoratori è solidale con gli occupanti dello stabile di via Irnerio 13 ed appoggia la loro resistenza allo sgombero. Perché ogni famiglia abbia un tetto sulla testa noi proponiamo l'utilizzazione di tutto il patrimonio edilizio pubblico per alloggi a canone convenzionato per lavoratori, disoccupati e pensionati, il recupero delle aree in disuso(come le ex caserme), la requisizione delle case sfitte di proprietà delle società immobiliari e l'esproprio degli edifici ecclesiastici (tranne i luoghi di culto), per utilizzarli come edilizia residenziale pubblica.

Ermanno Lorenzoni
candidato sindaco per il  

Partito Comunista dei Lavoratori

25 aprile 2016: Una rivoluzione per vendicare la resistenza tradita


Nel 1943/45, la resistenza partigiana e la rivolta operaia presentarono il conto alla dittatura fascista. in quella rivolta, di cui fu prima protagonista la giovane generazione di allora, non viveva però solamente un'aspirazione democratica. Viveva la volontà di farla finita con la borghesia italiana che si era servita del fascismo. Viveva la volontà di rovesciare il capitalismo e di imporre il potere dei lavoratori. Era la speranza della “rossa primavera” delle canzoni partigiane.




UNA RESISTENZA TRADITA DA STALIN E TOGLIATTI

Quella volontà fu tradita. Stalin aveva pattuito con gli imperialismi vincitori una spartizione in zone d'influenza. L'Italia doveva restare nel campo capitalista, in Occidente, per il quieto vivere della burocrazia del Kremlino. Il PCI di Togliatti fu fedele esecutore della volontà di Mosca. La Resistenza partigiana fu dunque subordinata alla collaborazione con la DC e coi partiti borghesi dando a questi poteri di veto (CLN). I governi di unità nazionale tra DC e PCI nell'immediato dopoguerra furono lo sbocco di questa linea e la proseguirono: disarmarono i partigiani, restituirono le fabbriche ai capitalisti Valletta), re-insediarono i vecchi prefetti, amnistiarono persino gli sgherri fascisti (amnistia del Ministro di Grazia e Giustizia Palmiro Togliatti del 1947). Fu il tradimento della Resistenza. La Costituzione del 1948, pattuita tra DC e PCI, declamando principi progressisti, serviva a mascherare questo tradimento. Come disse Piero Calamandrei: Una rivoluzione promessa in cambio di una rivoluzione mancata. Intanto le classi capitaliste, restaurato il proprio potere, cacciarono il PCI all'opposizione (perchè non ne avevano più bisogno) e passarono all'offensiva contro i lavoratori, le lavoratrici, i comunisti: reparti confino nelle fabbriche, repressione sanguinosa di manifestazioni sindacali, la lunga reazione degli anni '50.

L'AUTUNNO CALDO SVENDUTO AL COMPROMESSO STORICO

Quando vent'anni dopo la Resistenza una nuova generazione operaia rialzò la testa, con la grande ascesa dell'autunno caldo e le sue conquiste sociali e democratiche (69/76), fu nuovamente il PCI a sbarrarle la via con una seconda edizione del compromesso storico governativo con la DC (76/78): svolta sindacale di austerità e sacrifici (congresso dell'Eur della CGIL di Lama), subordinazione delle richieste operaie alle compatibilità del capitalismo, identificazione con lo Stato borghese. Il risultato fu una demoralizzazione di massa, un lungo ripiegamento, una diffusa passivizzazione. Cui seguì l'offensiva frontale della Fiat e del padronato contro il movimento operaio sul piano sociale (ottobre 1980) e l'ascesa del craxismo sul piano politico. La seconda Repubblica nata dal crollo del Muro di Berlino e dalle ceneri di Tangentopoli, sarà lo sbocco di questa deriva reazionaria. Nel segno della progressiva cancellazione delle conquiste operaie.

IL TRASFORMISMO A SINISTRA NELLA SECONDA REPUBBLICA

Molta acqua è passata sotto i ponti dalla Resistenza ad oggi, anche e soprattutto a sinistra. Ma in continuità, purtroppo, con l'opportunismo di allora.

Il gruppo dirigente del PCI, che aveva tradito prima la Resistenza e poi l'autunno caldo, sciolse il proprio partito a ridosso del crollo dell'URSS per coronare in forma compiuta il proprio sogno proibito: entrare a pieno titolo nel governo del capitalismo italiano e gestirne le misure antioperaie. Fu ciò che avvenne, lungo una interminabile stagione trasformista - dal PCI al PDS ai DS sino al PD- che oggi ha conosciuto il suo epilogo: quel Renzismo che apertamente persegue un disegno reazionario bonapartista di uomo solo al comando al servizio di Marchionne, nel segno della rottura più clamorosa dello stesso patto costituzionale.

Parallelamente Rifondazione comunista, nata nei primi anni 90 in reazione allo scioglimento del PCI come “il cuore dell'opposizione”, è stata condotta dai propri gruppi dirigenti nel compromesso di governo con DS/PD, sia nelle giunte locali , sia ripetutamente nei governi nazionali (governi Prodi): finendo col votare la precarizzazione del lavoro, le missioni di guerra, i tagli sociali. Tutto ciò contro cui formalmente era nata. Col conseguente suicidio.

La risultante di tutto questo è molto semplice: la classe lavoratrice si trova priva di una propria rappresentanza politica proprio nel momento della più grande crisi capitalistica degli ultimi ottanta anni. Proprio nel momento della peggiore offensiva padronale nei luoghi di lavoro, e della peggiore aggressione reazionaria sul piano politico e istituzionale. Il dilagare, anche tra i lavoratori, delle forme più deteriori di populismo reazionario (Salvini, Grillo), è un effetto di questa deriva generale.

L'UNICO MODO DI ONORARE LA RESISTENZA: COSTRUIRE LA SINISTRA CHE NON TRADISCE

Se tutto questo è vero, la conclusione è una sola. Va ricostruito, controcorrente, un partito indipendente della classe lavoratrice . Ma può essere costruito solo attorno a un programma anticapitalista, fuori e contro quel trasformismo governista che ha corrotto la lunga storia della sinistra italiana. I lavoratori non hanno bisogno dell'ennesimo partito che chiede i voti operai per poi tradirli. Non hanno bisogno dell'ennesimo partito “riformista”, la cui unica ambizione sia governare il capitalismo, salvo poi una volta al governo gestire regolarmente le controriforme sociali che la crisi capitalista dispensa (Tsipras). Hanno bisogno finalmente di una sinistra che non tradisca: che riconduca ogni lotta di resistenza ad una prospettiva alternativa di società e di potere. L'unica reale alternativa al fallimento del capitalismo: una alternativa rivoluzionaria e socialista, in Italia e nel mondo.

Per questo, costruire il Partito Comunista dei Lavoratori è il modo migliore di onorare la memoria delle domande rivoluzionarie della Resistenza.
Partito Comunista dei Lavoratori

Oltre questo sciopero: per una lotta determinata!

Volantino del PCL sullo sciopero dei metalmeccanici del 20 aprile

 

20 aprile. In piazza per lo sciopero indetto da FIOM, FIM, e UILM. 
Contro Federmeccanica.

Il padronato, infatti, sta tentando di smantellare definitivamente il CCNL: vogliono un salario minimo di garanzia (comprensivo di tutte le voci e di tutte le sue componenti, solo per il 5% dei lavoratori e delle lavoratrici), per concentrare stipendio e controllo del lavoro negli accordi aziendali; vogliono generalizzare il modello Marchionne, introducendo pure un tetto, per frenare anche la possibilità (dove possibile) di conquistare qualcosa in più nelle fabbriche.

Scioperare è giusto, ma oggi non è chiara la piattaforma. Su che base infatti è costruita questa nuova unità tra FIOM, FIM, e UILM? Nessuno sa più quali sono le richieste per cui si sciopera e i vertici sindacali stanno già trattando, senza mandato, sulla piattaforma di Federmeccanica.

Non è allora con queste 4 ore di lotta, senza obbiettivi, che si può fermare questo attacco ai diritti ed ai salari di lavoratori e lavoratrici. Un attacco che parte dai nuovi rapporti di forza creati dal Jobs Act (libertà di licenziamento, telecontrollo e demansionamento), su cui tutti i sindacati hanno ceduto lo scorso anno, compresa la stessa FIOM che ha interrotto nel vuoto la mobilitazione. Un attacco che prepara il terreno alla revisione del sistema contrattuale, grazie ai poteri che Renzi spera di conquistare con il plebiscito Costituzionale in autunno.

Eppure in questi mesi le lotte nelle fabbriche si sono moltiplicate: Ilva, Gela, Castelfrigo, UPS, SAME, ecc. Lotte talvolta sotto il segno della divisione, talvolta sotto quello dell’unità. Troppo spesso, comunque, lotte disperse. La resistenza può avvenire solo con la ricomposizione, come sta succedendo in Francia in questi settimane contro il Job Act di Hollande.

Per questo serve ricostruire un vasto fronte contro governo e padronato, che inneschi un movimento di lotta determinato e prolungato.

Per questo bisogna però esser conseguenti. La FIOM oggi non lo è. Mentre chiama allo sciopero, infatti, ha smobilitato la lotta contro il modello Marchionne in FCA (sostenuto da FIM e UILM, oggi in piazza tutti insieme). Ha smobilitato il conflitto sull’organizzazione del lavoro, su turni, straordinari, sfruttamento. Infatti, Landini ha promosso un procedimento disciplinare contro i delegati FIOM degli stabilimenti del centro sud, che per mesi hanno lottato contro gli straordinari comandati. Non perché questi scioperi non funzionassero. Ma proprio perché davano fastidio. Ad esempio a Termoli, un corteo interno ha costretto FCA a sospendere i sabati comandati. Nello stesso tempo, per rivalsa, ha tolto il distacco a Sergio Bellavita, coordinatore della minoranza FIOM e CGIL, reprimendo pluralismo e dissenso interno.

Riprendere la lotta è giusto, ma questa lotta deve essere chiara e determinata. Le piattaforme presentate da FIOM, FIM, e UILM sono insufficienti: bisogna superare questa disastrosa unità al ribasso. Si devono quindi mettere in campo tutte le forze per sviluppare un programma adeguato allo scontro in atto contro padronato e governo.


RICOMPONIAMO UN GRANDE FRONTE DI INIZIATIVA
CONTRO MARCHIONNE FEDERMECCANICA E RENZI!
Partito Comunista dei Lavoratori

 

Sergio Bellavita licenziato dalla FIOM

Difendiamo il pluralismo sindacale e una linea classista in CGIL, contro le due facce di Landini

 

Questa mattina la segreteria FIOM ha comunicato a Sergio Bellavita, coordinatore nazionale dell’area congressuale "Il sindacato è un'altra cosa - Opposizione CGIL" il suo improvviso “licenziamento” dalla stessa FIOM. Sergio infatti è in distacco, e da maggio dovrà tornare nel proprio posto di lavoro. È l’ennesimo atto autoritario di una segreteria, e di un segretario generale, incapace di gestire il confronto, oramai abituato a reprimere il dissenso e le linee alternative. Una faccia di Maurizio Landini che non è conosciuta.

Maurizio Landini si è infatti legittimato come dirigente sindacale con la battaglia contro il modello Marchionne, contro la repressione dei diritti sindacali in FIAT: con i referendum a Pomigliano e Mirafiori, con i cortei nazionali dell’ottobre 2010 e del marzo 2012. Maurizio Landini è inoltre conosciuto nella sinistra e tra i lavoratori per alcune aspre discussioni con la Camusso, come per gli interventi in dissenso ed i voti contrari espressi negli ultimi congressi CGIL.
Ma dentro la sua organizzazione, Maurizio Landini ha una faccia ben diversa. Già in passato, infatti, ha represso chi dissentiva da lui. Lo ha fatto nel 2012 con lo stesso Sergio Bellavita, “espulso” dalla segreteria con un artificio statutariamente illegittimo (le dimissioni di tutti gli altri componenti, per eleggerne una nuova). Lo ha fatto con Eliana Como, cacciandola da Bergamo, perché era troppo forte il rapporto che quella compagna “dissidente” aveva stretto con i lavoratori e le lavoratrici, troppo il consenso che l’opposizione CGIL stava conquistando nel territorio (tanto che ancora oggi il direttivo FIOM di Bergamo si convoca una volta ogni… cento e rotti giorni, per evitare il confronto). Lo ha fatto nel 2011 persino con Augustin Breda, dirigente nazionale FIOM, coordinatore nazionale di "Lavoro Società - Cambiare rotta" in FIOM (allora una componente della maggioranza CGIL, vicina a Camusso ed in dissenso con Landini), “licenziato” dall’apparato nazionale e rimandato in fabbrica, all’Electrolux di Treviso.

Maurizio Landini ha tentato di reprimere negli scorsi mesi, ancor più gravemente, alcuni delegati e delegate FCA. Lavoratori e lavoratici che non si piegavano, ed intendevano continuare una lotta per il controllo dell’organizzazione del lavoro nei propri stabilimenti. Questi delegati e delegate, a Melfi ed a Termoli in particolare, hanno infatti continuato ad indire lo sciopero ogniqualvolta la FCA imponeva uno straordinario comandato (in genere il sabato), per garantire il diritto a non lavorare nelle festività e contrastare l’intensificazione dello sfruttamento in fabbrica. Una lotta talvolta anche vittoriosa, visto che a Termoli dopo molti scioperi e persino un partecipato corteo interno, i sabati comandati sono stati sospesi. Questa lotta dei delegati e delle delegate dava però fastidio alla nuova linea FIOM di riaccreditamento verso Marchionne (1) e di riconquistata unità con FIM e UILM (contratto nazionale metalmeccanici).

Come al solito, allora, Maurizio Landini ha provato ad eliminare il dissenso. Prima i suoi segretari territoriali hanno “denunciato” questi delegati al collegio statutario CGIL, con un pretesto (l’adesione un anno fa ad un coordinamento, riunitosi una sola volta, come ce ne sono tanti nelle aziende e nel paese, dalle diverse esperienze di autoconvocati all’"associazione primo maggio" in UPS, sino alla stesa coalizione sociale promossa dalla FIOM). Il collegio statutario, meschinamente, ha sancito la loro incompatibilità con l’organizzazione ascoltando solo le argomentazioni avanzate da queste strutture (senza possibilità di difesa degli interessati). Poi il Comitato Centrale della FIOM ha deciso di farli decadere dai ruoli di direzione (direttivi e assemblee generali) e di rappresentanza (RSA o RLS), con una prassi inedita e illegittima (come può un organismo dirigente politico limitare i diritti di un iscritto alla CGIL?). Nel contesto FCA e delle sue ripetute pratiche antisindacali, un atto che rischia di lasciare senza copertura lavoratori e lavoratrici che stanno conducendo un’aspra lotta contro il modello Marchionne e le direzioni aziendali.

La resistenza contro questo gravissimo atto politico è stata però significativa. Il direttivo FIOM della Basilicata, pur riunitosi per prender atto di questi provvedimenti, si è concluso con un nulla di fatto per la difficoltà a far passare un atto di tale pesantezza (tra i delegati minacciati dal provvedimento, anche alcuni di quelli licenziati dalla FIAT nel 2010). I direttivi degli altri territori interessati sono poi stati “sconvocati”. Nei giorni successivi è cresciuta la solidarietà verso questi lavoratori e lavoratrici, con appelli firmati da centinaia di dirigenti CGIL, con una richiesta pubblica «a fare un passo indietro, a riaprire un confronto politico e di merito con questi delegati e con questi lavoratori», firmata da docenti universitari conosciuti nel movimento operaio (Bellofiore, Vertova, Sacchetto, Rivera, ecc.), esponenti politici e di movimento (Marco Ferrando, Franco Turigliatto, Eleonora Forenza, Nicoletta Dosio, Franco Russo, ecc.), ex sindacalisti (Dino Greco, Fulvio Perini, Giorgio Cremaschi) e giornalisti (Fabio Sebastiani, Checchino Antonini, Carlo Formenti, Fausto Pellegrini, ecc.).

Il “licenziamento” di oggi nei confronti di Sergio è allora innanzitutto un atto vile e prepotente, un tentativo infantile e bambinesco di compensare una propria difficoltà, una vendetta per non esser riusciti a normalizzare la FIOM. Per questo, in primo luogo, ci stringiamo a Sergio, contro questa soperchieria nei suoi confronti. Questo “licenziamento” colpisce però anche il principale esponente di un’area sindacale, che ha democraticamente conquistato un consenso tra lavoratori e lavoratrici della CGIL. Certo, un consenso piccolo. In realtà molto più ampio di quello riconosciuto da una burocrazia arrogante, che ha falsificato decine e decine di migliaia di voti nel congresso del 2014. Un consenso, in ogni caso, che questi dati falsi riconoscono al 2,7% in CGIL, al 7% in FIOM. Ma che si traduce in tutto in meno di una decina di funzionari, a fronte dei più di quindicimila nel complesso dell’organizzazione. Evidentemente, comunque, troppi. Dei due funzionari della minoranza presenti nell‘apparato centrale FIOM (pur avendo ottenuto ufficialmente, come detto, almeno il 7% dei voti), si vuole mandarne a casa uno, il coordinatore nazionale dell’area, semplicemente per marcare il proprio potere nell’organizzazione.

Il “licenziamento” di Sergio è allora anche qualcosa di altro. È un atto di repressione politica nei confronti del dissenso e del pluralismo, nel sindacato e nella sinistra. È il tentativo di ridurre a uno le articolazioni che in ogni organizzazione di classe sono sempre esistite. È il tentativo di imporre l’idea che l’unica linea di un’organizzazione sia quella di maggioranza, o meglio quella del capo (almeno, quando il capo è Maurizio Landini; in CGIL, dove il capo è Susanna Camusso, si continua a rivendicare pluralismo e diritto al dissenso).
Si cancella oggi il distacco di Sergio in sindacato, allora, per cancellare l’agibilità politica di questo dissenso, per togliere legittimità e consistenza all’unica area di minoranza in FIOM. Si riportano in auge pratiche di centralismo burocratico che sembravano tramontati in CGIL, importando nel sindacato quella logica di pulizia politica oramai imperante in molti partiti della sinistra. Ma è questa l’idea di pluralità che Maurizio Landini pensa di costruire, in CGIL e nella sinistra?

Contro questa scelta gravemente antidemocratica riteniamo che debba intervenire subito la CGIL. Ma non solo: pensiamo che tutte le organizzazioni e le personalità della sinistra debbano denunciare questa scelta. Non solo e non tanto per solidarietà con Sergio, o con la minoranza dell’opposizione CGIL. Ma soprattutto per salvaguardare un principio, nel sindacato e nella sinistra: quello del libero confronto tra diverse linee e prospettive. Per salvaguardare cioè, in questo momento di pesante arretramento politico e sociale, un patrimonio democratico della sinistra.

Come PCL, in ogni caso, ci batteremo per una sinistra sindacale classista nella CGIL. Nel principale sindacato italiano, in un’organizzazione che ha profonde radici storiche e sociali nel movimento operaio del nostro paese, è infatti importante continuare a condurre una lotta contro le derive burocratiche e le linee concertative di accomodamento con il padronato. Proprio come dimostra l’esperienza in FCA, come quella di tante altre realtà, è la presenza in CGIL e nel contempo la coerenza di una linea classista che permette di sostenere, pur con difficoltà e fatica, un conflitto oggi disperso.
Per difendere e sviluppare questa esperienza, questa presenza e questa coerenza, ci stringiamo oggi a Sergio e con tutti i compagni e le compagne dell’opposizione CGIL.



(1) http://nuvola.corriere.it/2016/03/08/la-fiom-a-sorpresa-riabilita-marchionne/
Partito Comunista dei Lavoratori - Segreteria nazionale