17 Gennaio 2021
Il titolo dell’appello non lascia margini al dubbio: “Uniamoci per salvare l’Italia”. Seguono le firme di CGIL, CISL e UIL, dell’ANPI, di ARCI, del PD, del M5S, di Articolo Uno, di Sinistra Italiana, delle Sardine. Tutti i partiti di governo, tutte le burocrazie sindacali e le associazioni che lo sorreggono. Ma anche il Partito della Rifondazione Comunista. Avete capito bene, il PRC.
LA NATURA PATRIOTTICA DELL’APPELLO
L’appello si nutre della consueta retorica del nulla. Un patriottismo liberal progressista condito col catalogo di buoni sentimenti e di valori civici. Una retorica interclassista per mascherare lo sfruttamento. Una retorica pacifista per mascherare l’imperialismo. Una retorica democratica per coprire la democrazia dei padroni. Una retorica europeista per difendere l’Unione dei capitalisti. Sono gli ingredienti di ogni logica di “unità nazionale”. Quella che chiede agli operai di subordinare i propri interessi di classe all’interesse superiore della propria borghesia.
Non solo. L’appello è oggi anche una evidente operazione politica di difesa del governo attuale e al tempo stesso del possibile governo futuro. PD e M5S ne sono, non a caso, i firmatari. Gli stessi partiti di governo che ricoprono di miliardi le banche, le grandi imprese, la sanità privata, ma non trovano i soldi per assumere infermieri, se non col contagocce, con contratti interinali e a debito. Gli stessi partiti di governo che vendono fregate militari all’Egitto di Al-Sisi, per tutelare gli interessi dell’Eni in Nord Africa. Alla faccia della “democrazia” e della “pace”. E non si dica che il governo fa argine contro le destre. Se le destre peggiori di Salvini e Meloni mantengono inalterato il proprio blocco sociale è grazie all’assenza di una opposizione di classe a questo governo e alle sue politiche.
PERCHÉ IL PRC HA FIRMATO?
La domanda allora è: perché il PRC ha firmato tutto questo? Pace per le burocrazie di CGIL, CISL e UIL, sostenitrici organiche del governo e del patto col padronato. Pace per Articolo Uno e per Sinistra Italiana, che difendono i propri scranni ministeriali e para ministeriali. Ma il PRC, dopo prolungate contorsioni, non aveva giurato di essere all’opposizione?
Il segretario del PRC Maurizio Acerbo, per rispondere al disorientamento del proprio partito, ha scritto un lunghissimo articolo, tutto sulla difensiva, in cui si affanna a spiegare che la firma del PRC, accanto a quella di PD e M5S, non annulla “le differenze”. Grazie tante. Ma la.. “differenza” non sta nel fatto che PD e M5S gestiscono al governo gli interessi del capitale contro il lavoro?
“Uniamoci per salvare l’Italia” significa uniamoci in un fronte comune con gli avversari dei lavoratori. Nessuna acrobazia dialettica può nascondere questo fatto obiettivo. Il richiamo che Acerbo fa alla politica del PCI nella Resistenza è un tappo peggiore del buco. Fu la politica che preparò il governo di unità nazionale tra De Gasperi e Togliatti stroncando le potenzialità rivoluzionarie del movimento partigiano (amnistia per i fascisti inclusa). È questo il riferimento strategico?
La verità è che l’opposizione del PRC in tutta la sua storia politica è stata sempre in funzione della ricomposizione di governo. Il PRC sostenne il primo governo Prodi (1996/1998), che fece il record delle privatizzazioni in Europa, introdusse il lavoro interinale, varò i campi di detenzione per i migranti. Entrò nel secondo governo Prodi (2006/2008), votando la più grande detassazione dei profitti del dopoguerra (Ires dal 34% al 27,5%), l’aumento delle spese militari, il rilancio delle missioni di guerra. Ogni volta dopo aver giurato di essere “il cuore dell’opposizione”. Ogni volta finendo al governo a braccetto dei nemici del lavoro.
IL CODICE ANTICO DEL GOVERNISMO
Certo, la firma dell’appello non è ovviamente l’ingresso del PRC nel Governo (anche perché a differenza che in passato non avrebbe la forza per conseguire quello sbocco). Ma la firma di “Uniamoci per salvare l’Italia”, assieme a PD e M5S, è in fondo la fotografia del proprio immaginario, di un’aspirazione talmente radicata da non poter essere nascosta, di un codice politico governista sopravvissuto a tutti i propri sfracelli. Lo stesso che in anni recenti ha condotto il PRC a sostenere il governo antioperaio di Tsipras in Grecia, e che lo porta oggi ad applaudire il governo Sanchez-Podemos in Spagna. Lo stesso che un anno fa lo portò a rompere col Coordinamento unitario delle sinistre di opposizione (7 dicembre) per non perdere i rapporti con Sinistra Italiana e con la burocrazia sindacale.
Chi non fa il bilancio del passato è destinato a ripeterlo. Se si respinge una prospettiva di rivoluzione, prima o poi si finisce col rimuovere l’opposizione. Oggi platonicamente, domani materialmente. Il riformismo torna sempre sul luogo del delitto, come mostra la lunga storia del movimento operaio.
Ai tanti compagni e alle tante compagne del PRC che sono contro l’unità nazionale con PD e M5S l’onere di una riflessione di fondo. Se non ora, quando?