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SCIOPERARE OGGI PER RIVOLTARSI DOMANI!

 


Testo del volantino che distribuiremo alle manifestazioni in concomitanza con lo sciopero generale di venerdì 29 novembre

È sicuramente positivo che Cgil-Uil e buona parte dei sindacati di base, scioperino oggi nella giornata internazionale della solidarietà al popolo palestinese massacrato a Gaza dal sionismo colonizzatore e dagli imperialismi occidentali che lo coprono nonostante i mandati d’arresto per criminali impuniti come Netanyahu. La prima considerazione elementare, quindi, è che la mobilitazione di oggi non sia solo una fortuita coincidenza ma continui domani nelle piazze di Roma e Milano, per ribadire che la lotta dei lavoratori e quella del popolo palestinese sono una cosa sola!

 Avremmo preferito un solo luogo e un’unica piazza, non due, una per sindacati confederali e una per sindacati di base, ma vogliamo pensare in positivo e lottiamo perché quello di oggi sia solo il preludio a scioperi unitari e di massa di tutto il variopinto arco sindacale. Inoltre crediamo che gli scioperi non debbano ridursi a meri rituali. Anche quest’anno lo sciopero Cgil-Uil contro la manovra del governo arriva senza un bilancio del precedente. L’anno scorso si disse “adesso basta”, oggi si incita giustamente alla “rivolta sociale” per fermare la Meloni, ma oggi come allora non la fermeremo con uno sciopero testimoniale. Analogo discorso si può fare per lo sciopero dei sindacati di base, sempre più simile a quello dei confederali, ma ancora più dispersivo (Usb sciopererà tristemente da sola il 13 Dicembre).

 L’annuale rito dello sciopero conferma però l’estrema gravità della situazione della nostra classe. 6 i milioni di poveri assoluti in Italia. 3 milioni, invece, i precari ufficiali, ma non fidatevi troppo delle statistiche borghesi, sono molti di più. Ci sono soldi per le armi (record di oltre 30 miliardi), per i soliti sgravi alla Chiesa, per sanità e scuola privata, e di conseguenza c’è n’è sempre meno per quella pubblica. Meno ancora ce n’è per lavoratori e lavoratrici che devono accontentarsi sempre dello sgravio del cuneo fiscale… per i padroni, unico modo che il capitalismo ha per dare con una mano pochi spicci ai salariati, per poi riprenderseli attraverso tagli a servizi e pensioni (confermata la Legge Fornero, con buona pace di chi ha creduto alla propaganda elettorale di Salvini). Lavoratrici e lavoratori che hanno tenuto il Tfr in azienda devono anche stare attenti al nuovo tentativo di scippo tramite silenzio assenso. 

 il nuovo attacco di Salvini, che con un ignobile provvedimento ha precettato i lavoratori dei trasporti riducendo il loro sciopero a sole 4 ore nonostante lo scorso anno il TAR del Lazio avesse dichiarato illegittima un’analoga ordinanza, dà ancor più la misura, se mai ce ne fosse bisogno, della torsione autoritaria di questo governo e della necessità di una risposta di massa da parte della classe lavoratrice.

 Purtroppo, invece, Lo sciopero avviene col solito metodo di una generica protesta, con rivendicazioni vaghe la Cgil e appena più precise il sindacalismo di base. Nessuna piattaforma è stata veramente discussa, condivisa e approvata dai lavoratori. La Cgil parla di inflazione da profitti e di perdita di potere d’acquisto dei salari per i rinnovi dei contratti, come nel pubblico, che coprono appena 1/3 dell’inflazione. Ma nel privato non va tanto meglio. L’elogiato rinnovo dei tessili, al massimo copre 2/3 di inflazione, cioè 2/3 del minimo sindacale. L’obbiettivo minimo dovrebbe essere fuori dalla contrattazione, infatti quando c’era la scala mobile si contrattava per ripartire la ricchezza prodotta, non per ridurre soltanto la miseria accumulata.

 Gli altri rinnovi non si scostano più di tanto dal rinnovo dei tessili. Ottenuti con poche o addirittura nessuna giornata di sciopero come negli alimentaristi, non cambiano l’impianto degli attuali contratti nazionali, il cui asse è il continuo spostamento dei soldi veri e reali, verso il welfare e i fondi pensione e salute che continuano a non essere messi in discussione da Cgil e Uil, con buona pace della richiesta di finanziamento straordinario per la sanità. Il sindacalismo di base lo denuncia, ma deve riflettere sul fatto che a tutt’oggi la sua coscienza è pari alla sua debolezza, incapace di fermare l’andazzo. 

 Rispetto all’anno scorso, quest’anno lo sciopero va in scena pressoché in concomitanza con la rottura delle trattative nel settore nevralgico della nostra storia: quello dei metalmeccanici. I metalmeccanici raddoppieranno lo sciopero – verosimilmente a gennaio – ma è evidente che da questo settore dipenderà lo sviluppo o meno della mobilitazione. E poiché in questo settore, pure nell’automotive si è scioperato, le condizioni ci sono tutte per una riunificazione dei metalmeccanici in un unico contratto. Anzi sarebbe ora che tutte le categorie venissero riunite in tre soli contratti: dell’industria, del pubblico e dei servizi.

 Niente come l’automotive e nella fattispecie Stellantis mette a nudo il vero volto della crisi. Sono praticamente due anni di calo consecutivo della produzione industriale, ma mentre il padronato piange, aumentano i profitti e gli stipendi dei manager. Tavares che sta cercando di dare il benservito ad altri 3000 operai, si è aumentato lo stipendio in due anni del 55%. E così gli altri dirigenti che a luglio hanno preso un bonus per l’efficienza con cui spremono i lavoratori. 

 È ora di una piattaforma di rivendicazioni vere: aumenti molto più consistenti per tutti che recuperino la reale inflazione, grosso modo il doppio di quella segnata dall’indice IPCA, quindi 400-500 euro; ripristino della scala mobile e riduzione dell’orario a 30-32 ore settimanali a parità di salario; abolizione di tutte le leggi sul precariato dal Jobs Act fino al pacchetto Treu; abolizione della Legge Fornero e di tutti i suoi predecessori: in pensione con 35 anni di contributi, 60 di età e con minima almeno a 1500 euro, quindi abolizione di tutti i fondi pensione e salute che smantellano i diritti pubblici; abolizione dell’autonomia differenziata, che è solo il modo per ridurre salari e diritti, in maniera indifferenziata, dal nord al sud; abolizione di tutte le leggi antisciopero e del decreto sicurezza solo per il profitto (DdL 1660) che criminalizza le lotte. È incredibile che ci siano più sindacalisti indagati che padroni!

 Queste rivendicazioni possono essere portate avanti da un’assemblea di delegati e delegate che guidi la lotta da Stellantis alla Gkn, dalla Beko (ex Whirpool) a tutte le altre mille vertenze sparse per lo Stivale, e che istituisca casse di resistenza adeguate allo scopo. Solo una massa enorme di lavoratori e lavoratrici con uno scopo comune può piegare governo e padronato.

 Non si dica che queste rivendicazioni sono impossibili. In altre parti del mondo, pensiamo all’IG Metall in Germania o al sindacato UAW negli Stati Uniti proprio contro Stellantis, sono stati in grado di ottenere importanti vittorie, nettamente superiori ai rinnovi che vediamo in Italia. E le hanno ottenute innanzitutto perché hanno proprio le casse di resistenza a supportare gli scioperi. Le hanno ottenute, inoltre, perché hanno usato un altro metodo di lotta: si sono date un obbiettivo e l’hanno perseguito fino in fondo bloccando il profitto.

 Gli obbiettivi sindacali vanno però unificati agli obbiettivi politici e questo dovrebbe capirlo innanzitutto il sindacalismo di base, cioè di classe. Il capitalismo italiano ha mille partiti e un unico sindacato: la Confindustria; Gli operai hanno cento sindacati di classe e nessuno di loro che pensi al partito. Non comprendere la necessità di unire la battaglia sindacale alla costruzione del partito rivoluzionario, significa non avere la testa per colpire al cuore il capitalismo. Se leggi e sei d’accordo con questa necessità, sei perfetto per il nostro Partito Comunista dei Lavoratori, l’unico che vuole tenere insieme questi due aspetti, senza i quali semplicemente non si può vincere. Iscriviti al PCL!