♠ in CGIL,CISL,Coordinamento per il No sociale,Costituzione,FIOM,fronte del no,manifestazione 22 ottobre,Referendum,Renzi,Repubblica dei lavoratori,Riforma istituzionale,sovranismo at 01:28
Per un No di classe e anticapitalista al progetto bonapartista del renzismo
30 Settembre 2016
La nostra adesione alla manifestazione del 22 ottobre
Il PCL aderisce al "Coordinamento per il No sociale alla riforma costituzionale" del governo Renzi. E dunque partecipa alla manifestazione nazionale promossa dal Coordinamento per il 22 ottobre a Roma. Un appuntamento importante che impegna da subito tutte le strutture del nostro partito.
UNA RIFORMA ISTITUZIONALE CONTRO IL LAVORO
Il renzismo investe nel referendum istituzionale tutte le proprie forze. Il referendum istituzionale è un passaggio decisivo del progetto bonapartista del renzismo. Un progetto mirato all'"uomo solo al comando" dentro un netto rafforzamento dei poteri del governo e del suo Capo rispetto ad ogni altro potere istituzionale. Ma anche un progetto nitidamente di classe, che mira a tradurre sul piano istituzionale la vittoria sociale del capitale sul lavoro e a determinare un netto rafforzamento delle leve di aggressione sociale ai lavoratori e alle protezioni sociali. Questa è la ragione della convergenza attorno al Sì di tutti i poteri forti del grande capitale, ad ogni livello: italiano, europeo, internazionale.
La Confindustria in particolare sta sviluppando un livello inedito di proiezione attiva attorno al Sì con una campagna squisitamente classista e una pubblicizzazione delle proprie ragioni di classe: maggiore velocità d'attuazione delle misure governative a favore dei profitti, minori intralci parlamentari grazie alla corsia privilegiata per le misure filopadronali dell'esecutivo, eliminazione delle possibili resistenze regionali a vantaggio di grandi opere sventra-Italia. Da qui una mobilitazione straordinaria delle associazioni territoriali di Confindustria.
Il referendum del 4 dicembre è dunque, sotto ogni profilo, un appuntamento dello scontro di classe in Italia.
PASSIVITÀ E DEBOLEZZE NEL FRONTE DEL NO
Alla massima determinazione del fronte padronale non corrisponde una mobilitazione speculare del movimento operaio. Al contrario.
La CGIL ha impiegato mesi di imbarazzato silenzio per approdare finalmente alla indicazione del No. Ma un No in punta di piedi, senza partecipazione ai comitati, senza campagna di reale mobilitazione. Gli accordi con Confindustria attorno alla partita degli ammortizzatori, la ritrovata relazione negoziale col governo sul pessimo terreno delle pensioni (con copertura di fatto alla truffa dell'Ape), i rapporti unitari con la CISL salita sul carro di Renzi e del Sì, rafforzano la passività dell'apparato CGIL proprio nel momento del massimo affondo istituzionale del renzismo. Mentre la burocrazia dirigente della FIOM, impegnata a perseguire un pessimo accordo contrattuale con Federmeccanica, copre Susanna Camusso su tutta la linea. Il risultato è l'assenza di una mobilitazione sociale e di massa contro il governo nei mesi decisivi dello scontro referendario: che significa oltretutto lasciare campo libero a Renzi sul terreno delle mance e delle regalie avvelenate in fatto di Legge di stabilità, con tanto di televendita a reti unificate.
Ma non è tutto. Le sinistre riformiste impegnate sul No si affidano a una gestione del confronto referendario egemonizzata da professori liberalprogressisti, che resta tutta interna ad una dimensione esclusivamente accademico-istituzionale, senza riferimenti sociali e di classe, senza neppure una chiara e netta contrapposizione politica al governo, nel nome di un "confronto esclusivo sul merito": come se fosse possibile separare il merito reazionario della riforma istituzionale dalla natura reazionaria del governo che la promuove. La conseguenza è quella di un confronto tecnico-giuridico da addetti ai lavori, incapace di parlare ai lavoratori e alle grandi masse, proprio nel momento in cui il governo moltiplica annunci di regalie sociali e sventola i quesiti populisti della scheda referendaria sul “taglio di politici e poltrone”.
Dunque una campagna del No estremamente debole nella sua impostazione, spesso ridotta sulla difensiva, impacciata e contorta nei suoi argomenti, esposta al fuoco concentrato della demagogia reazionaria del renzismo.
PER IL PIÙ AMPIO FRONTE UNICO DI CLASSE A SOSTEGNO DEL NO
Per queste ragioni la formazione del Coordinamento per il No sociale alla riforma Renzi è un fatto importante.
È più che mai necessario e urgente contrapporre alla campagna classista di Confindustria a favore del Sì una campagna di classe del movimento operaio a favore del No. Una campagna che dia una riconoscibilità sociale alle ragioni del No agli occhi di milioni di lavoratori e lavoratrici, precari, disoccupati che sono le vittime designate del disegno renziano. Una campagna che punti alla ripresa della mobilitazione sociale e di massa contro il governo e il padronato su una piattaforma indipendente dei lavoratori.
Per questo il Coordinamento per il No sociale non può e non deve ridursi a un cartello di nicchia di piccole forze d'avanguardia, politiche e sindacali. Deve invece investire in un allargamento del fronte di massa, battendosi per il fronte unico più largo di tutte le forze del movimento operaio in contrapposizione al fronte unico governativo padronale. Una proposta e iniziativa di massa che metta pubblicamente di fronte alle proprie responsabilità le direzioni maggioritarie del movimento operaio agli occhi di milioni di lavoratori e lavoratrici: CGIL e FIOM vengano chiamate pubblicamente a mobilitarsi, con una campagna mirata all'interlocuzione con la loro base di massa, che denunci silenzi, ambiguità, defilamenti opportunisti della burocrazia.
PER UN'ALTERNATIVA DI CLASSE ANTICAPITALISTA: L'UNICA CAPACE DI DARE SOVRANITÀ AI LAVORATORI
Parallelamente è necessaria la massima chiarezza e coerenza di merito della campagna di classe del No. Occorre rilanciare una battaglia democratica conseguente per una legge elettorale pienamente proporzionale, attaccando frontalmente quella cultura della governabilità a scapito della rappresentanza che per vent'anni ha pervaso la stessa sinistra cosiddetta radicale (PRC) dentro la logica bipolarista del centrosinistra. Si dica una volta per tutte che il movimento operaio non ha alcun interesse a stabilizzare i governi del padronato! Ha il solo interesse a combatterli con ogni mezzo in una prospettiva di alternativa vera.
Una prospettiva di alternativa vera è chiamata a liberarsi dei retaggi tradizionali della “difesa della Costituzione del 1948” e dell'evocazione del sovranismo nazionale, entrambi purtroppo richiamati nell'appello di convocazione del 22 ottobre.
Il mito della Repubblica fondata sul lavoro è servito a ingannare per sessant'anni il proletariato italiano subordinando alla democrazia borghese tutte le lotte più generose delle masse oppresse. Se oggi la crisi della Repubblica precipita a destra è anche per quella subordinazione costituzionale alla Repubblica borghese che ha rimosso per sessant'anni ogni possibile alternativa di classe a sinistra. Si riconosca finalmente la verità: l'unica possibile repubblica fondata sul lavoro è una Repubblica dei lavoratori, basata sulla loro forza e organizzazione! L'unica Repubblica che rovesciando il capitalismo può liberare i salariati dallo sfruttamento. L'unica che può dare loro la sovranità.
Il sovranismo nazionale evocato nell'appello per il 22 ottobre contro USA, Germania e Bruxelles è mal posto. La sovranità dei lavoratori va rivendicata contro tutti i capitalisti, a partire dai capitalisti tricolore di casa nostra, che come dice un vecchio adagio sono sempre il “nemico principale” da combattere e rovesciare. Tanto più in un paese imperialista come l'Italia, seconda potenza industriale d'Europa, impegnata in prima linea per gli interessi nazionali della propria borghesia nelle missioni di guerra, nelle operazioni in Libia, nel sostegno al sionismo in terra araba, nella crescente penetrazione in Africa (per bloccare le partenze dei migranti e allargare il proprio raggio d'affari). Lasciamo ad altri la bandiera del sovranismo nazionale, in ogni sua declinazione! La lotta contro gli sfruttatori di casa nostra per l'alternativa di potere degli sfruttati è il miglior sostegno alle lotte dei lavoratori degli altri paesi e di tutti i popoli oppressi contro le proprie borghesie e i propri imperialismi.
Con questa impostazione - classista, rivoluzionaria, internazionalista - il PCL sarà parte della manifestazione del 22 ottobre e lavorerà ovunque per la sua massima riuscita.
UNA RIFORMA ISTITUZIONALE CONTRO IL LAVORO
Il renzismo investe nel referendum istituzionale tutte le proprie forze. Il referendum istituzionale è un passaggio decisivo del progetto bonapartista del renzismo. Un progetto mirato all'"uomo solo al comando" dentro un netto rafforzamento dei poteri del governo e del suo Capo rispetto ad ogni altro potere istituzionale. Ma anche un progetto nitidamente di classe, che mira a tradurre sul piano istituzionale la vittoria sociale del capitale sul lavoro e a determinare un netto rafforzamento delle leve di aggressione sociale ai lavoratori e alle protezioni sociali. Questa è la ragione della convergenza attorno al Sì di tutti i poteri forti del grande capitale, ad ogni livello: italiano, europeo, internazionale.
La Confindustria in particolare sta sviluppando un livello inedito di proiezione attiva attorno al Sì con una campagna squisitamente classista e una pubblicizzazione delle proprie ragioni di classe: maggiore velocità d'attuazione delle misure governative a favore dei profitti, minori intralci parlamentari grazie alla corsia privilegiata per le misure filopadronali dell'esecutivo, eliminazione delle possibili resistenze regionali a vantaggio di grandi opere sventra-Italia. Da qui una mobilitazione straordinaria delle associazioni territoriali di Confindustria.
Il referendum del 4 dicembre è dunque, sotto ogni profilo, un appuntamento dello scontro di classe in Italia.
PASSIVITÀ E DEBOLEZZE NEL FRONTE DEL NO
Alla massima determinazione del fronte padronale non corrisponde una mobilitazione speculare del movimento operaio. Al contrario.
La CGIL ha impiegato mesi di imbarazzato silenzio per approdare finalmente alla indicazione del No. Ma un No in punta di piedi, senza partecipazione ai comitati, senza campagna di reale mobilitazione. Gli accordi con Confindustria attorno alla partita degli ammortizzatori, la ritrovata relazione negoziale col governo sul pessimo terreno delle pensioni (con copertura di fatto alla truffa dell'Ape), i rapporti unitari con la CISL salita sul carro di Renzi e del Sì, rafforzano la passività dell'apparato CGIL proprio nel momento del massimo affondo istituzionale del renzismo. Mentre la burocrazia dirigente della FIOM, impegnata a perseguire un pessimo accordo contrattuale con Federmeccanica, copre Susanna Camusso su tutta la linea. Il risultato è l'assenza di una mobilitazione sociale e di massa contro il governo nei mesi decisivi dello scontro referendario: che significa oltretutto lasciare campo libero a Renzi sul terreno delle mance e delle regalie avvelenate in fatto di Legge di stabilità, con tanto di televendita a reti unificate.
Ma non è tutto. Le sinistre riformiste impegnate sul No si affidano a una gestione del confronto referendario egemonizzata da professori liberalprogressisti, che resta tutta interna ad una dimensione esclusivamente accademico-istituzionale, senza riferimenti sociali e di classe, senza neppure una chiara e netta contrapposizione politica al governo, nel nome di un "confronto esclusivo sul merito": come se fosse possibile separare il merito reazionario della riforma istituzionale dalla natura reazionaria del governo che la promuove. La conseguenza è quella di un confronto tecnico-giuridico da addetti ai lavori, incapace di parlare ai lavoratori e alle grandi masse, proprio nel momento in cui il governo moltiplica annunci di regalie sociali e sventola i quesiti populisti della scheda referendaria sul “taglio di politici e poltrone”.
Dunque una campagna del No estremamente debole nella sua impostazione, spesso ridotta sulla difensiva, impacciata e contorta nei suoi argomenti, esposta al fuoco concentrato della demagogia reazionaria del renzismo.
PER IL PIÙ AMPIO FRONTE UNICO DI CLASSE A SOSTEGNO DEL NO
Per queste ragioni la formazione del Coordinamento per il No sociale alla riforma Renzi è un fatto importante.
È più che mai necessario e urgente contrapporre alla campagna classista di Confindustria a favore del Sì una campagna di classe del movimento operaio a favore del No. Una campagna che dia una riconoscibilità sociale alle ragioni del No agli occhi di milioni di lavoratori e lavoratrici, precari, disoccupati che sono le vittime designate del disegno renziano. Una campagna che punti alla ripresa della mobilitazione sociale e di massa contro il governo e il padronato su una piattaforma indipendente dei lavoratori.
Per questo il Coordinamento per il No sociale non può e non deve ridursi a un cartello di nicchia di piccole forze d'avanguardia, politiche e sindacali. Deve invece investire in un allargamento del fronte di massa, battendosi per il fronte unico più largo di tutte le forze del movimento operaio in contrapposizione al fronte unico governativo padronale. Una proposta e iniziativa di massa che metta pubblicamente di fronte alle proprie responsabilità le direzioni maggioritarie del movimento operaio agli occhi di milioni di lavoratori e lavoratrici: CGIL e FIOM vengano chiamate pubblicamente a mobilitarsi, con una campagna mirata all'interlocuzione con la loro base di massa, che denunci silenzi, ambiguità, defilamenti opportunisti della burocrazia.
PER UN'ALTERNATIVA DI CLASSE ANTICAPITALISTA: L'UNICA CAPACE DI DARE SOVRANITÀ AI LAVORATORI
Parallelamente è necessaria la massima chiarezza e coerenza di merito della campagna di classe del No. Occorre rilanciare una battaglia democratica conseguente per una legge elettorale pienamente proporzionale, attaccando frontalmente quella cultura della governabilità a scapito della rappresentanza che per vent'anni ha pervaso la stessa sinistra cosiddetta radicale (PRC) dentro la logica bipolarista del centrosinistra. Si dica una volta per tutte che il movimento operaio non ha alcun interesse a stabilizzare i governi del padronato! Ha il solo interesse a combatterli con ogni mezzo in una prospettiva di alternativa vera.
Una prospettiva di alternativa vera è chiamata a liberarsi dei retaggi tradizionali della “difesa della Costituzione del 1948” e dell'evocazione del sovranismo nazionale, entrambi purtroppo richiamati nell'appello di convocazione del 22 ottobre.
Il mito della Repubblica fondata sul lavoro è servito a ingannare per sessant'anni il proletariato italiano subordinando alla democrazia borghese tutte le lotte più generose delle masse oppresse. Se oggi la crisi della Repubblica precipita a destra è anche per quella subordinazione costituzionale alla Repubblica borghese che ha rimosso per sessant'anni ogni possibile alternativa di classe a sinistra. Si riconosca finalmente la verità: l'unica possibile repubblica fondata sul lavoro è una Repubblica dei lavoratori, basata sulla loro forza e organizzazione! L'unica Repubblica che rovesciando il capitalismo può liberare i salariati dallo sfruttamento. L'unica che può dare loro la sovranità.
Il sovranismo nazionale evocato nell'appello per il 22 ottobre contro USA, Germania e Bruxelles è mal posto. La sovranità dei lavoratori va rivendicata contro tutti i capitalisti, a partire dai capitalisti tricolore di casa nostra, che come dice un vecchio adagio sono sempre il “nemico principale” da combattere e rovesciare. Tanto più in un paese imperialista come l'Italia, seconda potenza industriale d'Europa, impegnata in prima linea per gli interessi nazionali della propria borghesia nelle missioni di guerra, nelle operazioni in Libia, nel sostegno al sionismo in terra araba, nella crescente penetrazione in Africa (per bloccare le partenze dei migranti e allargare il proprio raggio d'affari). Lasciamo ad altri la bandiera del sovranismo nazionale, in ogni sua declinazione! La lotta contro gli sfruttatori di casa nostra per l'alternativa di potere degli sfruttati è il miglior sostegno alle lotte dei lavoratori degli altri paesi e di tutti i popoli oppressi contro le proprie borghesie e i propri imperialismi.
Con questa impostazione - classista, rivoluzionaria, internazionalista - il PCL sarà parte della manifestazione del 22 ottobre e lavorerà ovunque per la sua massima riuscita.