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Ischia: il profitto uccide come nel 1883

L'ideologia borghese del progresso conosce una nuova smentita. A Ischia si muore di terremoto come nel 1883. È passato quasi un secolo e mezzo, la scienza e la tecnica delle costruzioni edilizie ha fatto passi da gigante, ma a Ischia è sufficiente una scossa modesta di 4 gradi richter per produrre crolli, morti, feriti.
In una organizzazione capitalistica della società, dove domina la legge del profitto, si costruiscono case fatiscenti, su terreni improbabili, con materiali di sabbia. L'industria del cemento è in mano alla malavita. I costruttori sgomitano gli uni contro gli altri per assicurarsi gli appalti al massimo ribasso. Gli investimenti pubblici sulla prevenzione antisismica, annunciati solennemente ogni anno, restano al palo, al pari delle spese per la ricostruzione, come si vede in Centro Italia. “Non ci sono le risorse necessarie”, lamentano gli stessi ministri che destinano ogni anno 80 miliardi alle banche di soli interessi sul debito pubblico, mentre perpetuano le regalie fiscali ai padroni e ai loro profitti. Intanto le quotazioni di borsa delle azioni salgono a vette da capogiro e così i relativi dividendi, a fronte di milioni di disoccupati e della miseria dei salari.

Questa è la società borghese, e non c'è rimedio. La rivoluzione sociale è davvero l'unica possibile terapia.
Partito Comunista dei Lavoratori