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La capitolazione grottesca del nazionalismo borghese catalano

A tre soli giorni dalla dichiarazione formale di indipendenza della Repubblica di Catalogna, le forze nazionaliste borghesi hanno abbandonato in fretta e furia la propria creatura. Nessuna indicazione concreta sull'organizzazione della resistenza popolare alle misure di Madrid. Nessuna difesa fosse pure formale del governo della Generalitat. Nessuna prospettiva se non quella di partecipare alle elezioni convocate dalla monarchia spagnola contro la Repubblica catalana. Una resa grottesca. Perdipiù senza contropartite come mostra la continuità della stretta repressiva della magistratura spagnola contro la “sedizione” e i suoi “responsabili”.

Questa resa non è casuale. L'indipendentismo borghese ha avuto più paura della resistenza popolare contro Madrid che della repressione di Madrid contro l'indipendenza. I partiti borghesi indipendentisti sono stati strangolati dalle proprie illusioni, figlie della loro natura sociale. Prima del referendum del primo Ottobre avevano sperato nel negoziato con il governo spagnolo. Dopo il referendum avevano supplicato una mediazione europea. Una volta smentite ( inevitabilmente) tutte le loro aspettative, hanno sentito franare il terreno sotto i piedi, spaventati dal proprio coraggio. La fuga di 1800 imprese catalane ha trasformato il loro spavento in panico. Hanno cercato in extremis di concordare con Rajoy una sorta di salvacondotto che consentisse loro di salvare la faccia, ma invano. Alla fine, dopo infinite giravolte, hanno regalato alla base di massa del movimento indipendentista il feticcio di una dichiarazione di indipendenza in cui erano i primi a non credere, nel mentre già preparavano la propria fuga a Bruxelles. La fuga innanzitutto dalle proprie responsabilità.

I festeggiamenti di massa a sostegno dell'indipendenza sono rimasti dal mattino dopo senza guida e senza prospettiva, proprio nel momento del massimo dispiegamento dell'iniziativa politica di Rajoy. Una iniziativa intelligente. Rapida convocazione di nuove elezioni in Catalogna, costruzione di una contro mobilitazione unionista ( con tanto di gagliardetti franchisti), recupero del controllo diretto, morbidamente gestito, degli apparati statali catalani ( Mossos), volontà di evitare incidenti polizieschi che possano rianimare una massa indipendentista disorientata e stordita. L'obiettivo è l'annientamento dell'indipendenza e la ricostruzione del proprio dominio sulla Catalogna. Da consegnare alla futura memoria di baschi e galiziani, e al plauso dell'Unione Europea.

Le sinistre catalane e spagnole con ruoli diversi sono parte della deriva in atto: i vertici di Podemos e Izquierda Unida con il loro pronto rifiuto di riconoscere la Repubblica Catalana, e dunque la valenza democratica progressiva del movimento che l'ha sostenuta; la Cup catalana con le proprie illusioni sul “patto con Puidgemont” e il nazionalismo borghese, sino all'allineamento (probabile) alla partecipazione alle elezioni convocate da Rajoy. Su entrambi i lati il nazionalismo borghese non ha dovuto misurarsi con un progetto alternativo nel movimento independentista. Per questo ha potuto consumare un tradimento annunciato in modo relativamente indolore, a tutto vantaggio del governo reazionario di Madrid.

Vedremo se si produrranno nei prossimi giorni fatti nuovi. Ma la dinamica che oggi si sta dispiegando è la vittoria della reazione spagnola. E' la riprova, una volta di più, che le ragioni democratiche delle nazionalità oppresse non possono essere difese dal nazionalismo borghese. Ma solo dalla classe lavoratrice e da una direzione di classe alternativa.
Partito Comunista dei Lavoratori