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Grande successo elettorale del trotskismo argentino

 


Le lezioni di un'esperienza straordinaria

15 Novembre 2021

Il risultato delle elezioni legislative in Argentina del 14 novembre racchiude un grande significato politico.

Il governo peronista di Fernandez-Kirchner (Frente de Todos), dopo due anni di politiche antioperaie, perde 5.200.000 voti. Il centrodestra macrista (Juntos por el Cambio), oggi all'opposizione, si avvantaggia del crollo peronista, ma perde rispetto al 2019 1.700.000 voti (500.000 a Buenos Aires). Il vero vincitore politico delle elezioni è il Frente de Izquierda (FIT), che consegue il 6% su scala nazionale con 1.400.000 voti (di cui oltre 500.000 nella grande Buenos Aires), quarantamila voti in più di quelli riportati nelle elezioni primarie (PASO), con punte del 25% in Jujuy, del 8,19 in Nequen, del 8,53 in Chubut. A questo va aggiunto il risultato riportato in alcune circoscrizioni regionali da due altre organizzazioni trotskiste, Politica Obrera e Nuevo MAS. Complessivamente si può dire che il trotskismo conseguente argentino riporta un risultato storico attorno al 7% dei voti, affermandosi come terza forza su scala nazionale in contrapposizione ai peronisti e alle destre liberali, ed eleggendo quattro deputati nel Parlamento, nonostante il sistema elettorale non realmente proporzionale.

Partito Obrero (PO), Partido de los Trabajadores Socialistas (PTS), Izquierda Socialista (IS), compongono nel loro insieme la larga maggioranza del FIT (80 percento dei voti nelle elezioni primarie) quali organizzazioni marxiste rivoluzionarie fondatrici del FIT nel 2011. Ad esse si è aggregato elettoralmente il Movimento Socialista de los Trabajadores (MST), su posizioni centriste, dando vita a FIT-U (Unidad). Nelle elezioni del 2019, dopo anni del governo di destra di Macri, il FIT aveva subito un arretramento a vantaggio dell'opposizione peronista. L'esperienza di due anni di governo antioperaio dei peronisti ha ampliato considerevolmente lo spazio e la capacità di attrazione delle organizzazioni del FIT. Ma decisivo è stato l'intervento di massa delle organizzazioni rivoluzionarie, in un paese che ha visto aumentare del 50 percento la povertà assoluta.

Il FIT non è un generico blocco elettorale di sinistra, ma un polo marxista rivoluzionario che si batte per il governo dei lavoratori, sulla base di un programma classista, anticapitalista, internazionalista. La sua campagna elettorale è stata la proiezione del suo intervento politico. Una campagna per il rifiuto di pagare il debito pubblico al capitale finanziario e al FMI, contro una riforma del lavoro mirata ad estendere ulteriormente la precarietà di massa, per l'esproprio sotto controllo operaio delle aziende che licenziano, per la drastica riduzione dell'orario di lavoro a parità di paga, per un forte aumento generalizzato dei salari a fronte della massiccia svalutazione in corso, per la nazionalizzazione delle banche. Non un programma “per la redistribuzione della ricchezza” ma per il potere dei lavoratori.

Questo programma anticapitalista ha conquistato il voto di un settore crescente della classe operaia, che ha rotto col peronismo e il suo governo per sostenere il trotskismo. Non un “trotskismo” sbiadito e simulato, quale eredità bibliografica e storica, come vediamo anche in Italia in alcune organizzazioni qui presenti. Ma il trotskismo autentico, cioè il programma della rivoluzione socialista. Un trotskismo che si è demarcato rigorosamente in tutta l'America Latina non solo dalla socialdemocrazia (PT brasiliano) e dalle sue succursali del Forum di San Paolo, ma anche dal nazionalismo piccolo-borghese (Chavez, Maduro, Morales) e dal castrismo.

Il risultato elettorale riflette una crescita delle organizzazioni marxiste rivoluzionarie che compongono il FIT sullo sfondo di una stagione di lotte radicali che hanno attraversato l'Argentina. Lotte operaie, come nell'industria della gomma, che hanno visto i trotskisti conquistare sindacati aziendali e di settore sconfiggendo la burocrazia sindacale. Ma anche grandi lotte delle donne per il diritto all'aborto, dei giovani contro la devastazione dell'ambiente, del movimento LGBTQI... Il risultato delle urne non è l'effetto del blocco elettorale in quanto tale, ma il portato di una crescita del radicamento di massa delle organizzazioni trotskiste, a partire dal Partito Obrero, che da solo ha portato in piazza a Buenos Aires trentacinquemila persone: lavoratori, lavoratrici, giovani, disoccupati e gente povera dei comuni della periferia della capitale.

Le sinistre riformiste e centriste di casa nostra, come la loro stampa di riferimento, continueranno a tacere con ogni probabilità sul voto argentino, e magari si lamenteranno della sconfitta del loro amato governo peronista cosiddetto progressista. Ma lo sviluppo del trotskismo conseguente in Argentina è una realtà che parla a tutta l'America Latina e alle avanguardie classiste di tutto il mondo. Dimostra che si può crescere e avanzare in un contesto di radicalizzazione sociale restando sé stessi. Senza annacquare il proprio profilo politico, senza pasticci trasformisti, senza edulcorare la propria battaglia programmatica rivoluzionaria, ma al contrario rivendicandola e presentandola sempre a livello di massa e di avanguardia per quello che è: la lotta per il potere della classe operaia. Come ha dichiarato Romina Del Plá, compagna dirigente del PO eletta nella circoscrizione di Buenos Aires, si tratta ora di investire il risultato elettorale nella lotta per un governo dei lavoratori.

Noi pensiamo che il programma del governo dei lavoratori – lo stesso programma del PCL – possa e debba condurre PO, PTS, IS all'unificazione centralista democratica delle proprie forze in un medesimo partito rivoluzionario in Argentina, al servizio della rifondazione della Quarta Internazionale nel mondo.
Di certo come PCL porteremo l''esperienza straordinaria del trotskismo argentino nella riflessione dell'avanguardia di classe del nostro paese e nel duro lavoro di ricostruzione dell'Internazionale rivoluzionaria.



Partito Comunista dei Lavoratori