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La vittoria ultrareazionaria in Argentina

 


La nuova fase dello scontro sociale. Il ruolo della sinistra rivoluzionaria

Il candidato ultrareazionario Milei (La Liberad Avanza) ha ottenuto una vittoria travolgente al ballottaggio delle elezioni presidenziali argentine, con 11 punti di vantaggio sul candidato peronista Massa, espressione del governo uscente (55,7% contro il 44,3%). Tra il primo e il secondo turno Milei è passato da 8 milioni a 14,5 milioni di voti, vincendo in 21 circoscrizioni su 24. Determinante sicuramente il sostegno della coalizione di destra tradizionale guidata da Patricia Bullrich, Juntos por el Cambio (Insieme per il cambiamento), che ha largamente travasato su Milei i suoi 6 milioni di consensi.
In ogni caso Milei è riuscito a polarizzare un vasto blocco sociale interclassista attorno alla bandiera del “cambio”, unendo attorno a sé il grosso della piccola borghesia e ampi settori di popolazione povera: il classico blocco reazionario con base di massa che ha sorretto a suo tempo le fortune di Trump e Bolsonaro. La sua vittoria segna la crisi del vecchio bipolarismo tra il peronismo e la destra liberale. La profondità della crisi argentina ha rotto gli argini della tradizionale alternanza.

Il governo peronista di centrosinistra guidato da Alberto Fernandez è stato l'artefice della vittoria di Milei. Le sue politiche di collaborazione col Fondo Monetario Internazionale per pagare l'ingente debito estero hanno accompagnato una crescita abnorme della povertà, sino al 40% della popolazione. La ulteriori misure di precarizzazione del lavoro hanno colpito la condizione dei giovani. La progressiva svalutazione del peso ha aumentato a dismisura i costi delle importazioni producendo un'inflazione fuori controllo al 140%, che ha polverizzato salari e pensioni. La copertura delle burocrazie sindacali a questa politica d'austerità ha fatto il resto.
Milei ha dunque raccolto, purtroppo, una vasta pulsione di rigetto e disperazione sociale. La retorica “anticasta” e la sua recita mediatica – la motosega quale metafora della rottura col passato – ha sfondato nell'immaginario popolare. La Libertad Avanza è apparsa confusamente a suo modo un programma di liberazione alla maggioranza della società argentina.

Ma nella realtà il programma di Milei ha il profilo della reazione pura, persino della provocazione sfrontata: dalla privatizzazione integrale di sanità e istruzione, alla dollarizzazione dell'economia, all'abrogazione dei sussidi sociali, alla cancellazione di conquiste democratiche elementari (aborto), alla pubblica rivalutazione della dittatura militare e delle sue politiche assassine. Il sostegno a Milei di tante sue vittime annunciate segna il paradosso del voto argentino. Un paradosso certo non nuovo nella storia, ma che misura nella sua portata la profondità della disfatta peronista, e la serietà della sconfitta del movimento operaio.

Ora si apre in Argentina una fase nuova dello scontro politico e sociale. Milei ha riportato una vittoria elettorale schiacciante, ma non dispone di un potere istituzionale proporzionale. Dispone di 38 deputati su 257 e di 8 senatori su 72, in virtù dei risultati delle elezioni di ottobre. Non ha propri governatori nelle provincie. Ha pochissimi sindaci delle città. Sicuramente si avvarrà dell'appoggio parlamentare dichiarato, e negoziato, della destra tradizionale di Macri e di Bullrich, ma anche col loro sostegno non raggiungerà la maggioranza necessaria. Il divario tra il programma annunciato e i numeri parlamentari rappresenta dunque il suo primo problema. Non il solo.
Il Fondo monetario aspetta il pagamento nel prossimo mese di 44 miliardi di dollari, le riserve della Banca centrale sono a secco, l'incasso delle privatizzazioni annunciate, al netto di ogni altra considerazione, richiede tempi lunghi. Milei ha annunciato che farà dell'Argentina...“la prima potenza del mondo”, ma intanto deve misurarsi con la sua crisi verticale.

Il terreno decisivo del confronto che si prepara è quello della lotta di classe. La terapia d'urto che il nuovo Presidente ha annunciato rappresenta una dichiarazione di guerra contro il movimento operaio e sindacale e le organizzazioni di massa. L'onda euforica delle illusioni (e della confusione) lascerà presto il campo alla realtà di nuovi imponenti sacrifici. Le disponibilità compromissorie delle burocrazie sindacali peroniste dovranno confrontarsi con la resistenza della propria base. Le organizzazioni del movimento piquetero stanno organizzando una prima risposta. Le organizzazioni studentesche e il movimento di massa delle donne hanno annunciato la propria mobilitazione. Il fronte unico di classe e di massa contro il governo più reazionario dai tempi della dittatura è certo la prima necessità politica, in un contesto molto difficile.

In questo contesto la sinistra trotskista argentina (Frente de Izquierda - Unidad) è e sarà un punto di riferimento importante per l'avanguardia larga della classe operaia e dei settori oppressi della società. I quasi 800000 voti riportati nelle elezioni di ottobre su una politica di opposizione di classe e di alternativa di sistema (“obreros al poder”), la conferma di un'importante presenza parlamentare, il prestigio di un'ampia riconoscibilità operaia e popolare anche al di là dei voti ottenuti, candidano le organizzazioni del FIT a un ruolo importante nella costruzione dell'opposizione di massa al nuovo governo Milei, combinando la parola d'ordine del fronte unico contro la reazione con lo sviluppo di una direzione alternativa al peronismo. Un'indicazione tattica unitaria delle organizzazioni del FIT per un voto a Massa contro Milei al ballottaggio (ovviamente senza alcun sostegno politico a Massa) avrebbe rafforzato, e non indebolito, questa battaglia per l'egemonia alternativa presso la base operaia peronista. Non farlo è stato a nostro avviso un errore. In questo senso la posizione assunta da Izquierda Socialista ci è parsa corretta, a differenza di quella “astensionista” variamente declinata di PO, PTS, MST. Ma l'errore non toglie nulla al ruolo indispensabile che il FIT è oggi chiamato a svolgere. Ai compagni del FIT va tutto il nostro sostegno politico in questa importante battaglia nella fase difficile che si apre. La costruzione del partito rivoluzionario argentino, attraverso un'unificazione delle organizzazioni del FIT in un comune partito, ci pare più che mai un'esigenza posta dallo scenario politico. Non da oggi, ma tanto più oggi.

Partito Comunista dei Lavoratori

Viva la sconfitta del pinochetista Kast. Nessuna illusione in Boric

 


Per la costruzione del partito rivoluzionario in Cile

La vedova di Pinochet ha ricevuto la definitiva sepoltura domenica 19 dicembre, quando l'onda d'urto di cinque milioni di cileni ha abbattuto José Antonio Kast, erede dichiarato del pinochetismo, col 55% dei voti.
La dinamica del voto è significativa. Kast aveva riportato la maggioranza relativa al primo turno elettorale. Appariva pertanto il grande favorito. Proprio questa vittoria è stata la leva della sua disfatta. Per sbarrare la strada a Kast sono accorsi a votare milioni di cileni che al primo turno non avevano votato, nonostante le imprese del trasporto avessero ostacolato in ogni modo l'accesso alle urne. Operai, giovani, donne, popolazione povera delle periferie e della provincia sono il volto della vittoria di Boric. È la domanda del “cambio” che già si era affacciata nelle strade e nelle piazze del Cile nei giorni della grande ribellione popolare contro Piñera dell'autunno del 2019 e che aveva segnato lo stesso voto per l'Assemblea Costituente un anno dopo, quando il 78% dei cileni chiese di abrogare la Carta Magna di Pinochet.

Ma se la sconfitta di Kast è ragione di sacrosanta soddisfazione non solo per i lavoratori e i giovani del Cile ma per le masse oppresse di tutta l'America Latina, non è e non sarà il Presidente Boric la risposta alla domanda del cambio. “Hanno vinto i comunisti, la sinistra-sinistra, la sinistra unita” si sono affrettati a dichiarare i dirigenti riformisti della sinistra cosiddetta radicale a tutte le latitudini del mondo, con l'intento di beneficiare della vittoria di Boric in casa propria riscattando le proprie magre fortune. Ma alimentano così una illusione senza futuro. Guardiamo in faccia la realtà.

La coalizione di Apruebo Dignidad rappresentata da Boric tiene insieme il Frente Amplio e il Partito Comunista del Cile (di estrazione stalinista), assieme a una costellazione di formazioni minori (Convergencia Social, Revolución Democrática, Comunes, Federación Regionalista Verde Social, Fuerza Comun, Movimiento Unir, Acción Humanista, sinistra cristiana, Izquierda Libertaria...). Una coalizione della sinistra riformista. Alle primarie di coalizione Boric aveva prevalso come candidato moderato sul candidato del PC grazie al sostegno del Frente Amplio. PC e Frente Amplio hanno partecipato alla lunga stagione di governo di centrosinistra a guida Bachelet, che col suo fallimento aveva spianato la strada nel 2018 alla vittoria reazionaria di Piñera.

Quando nel 2019 si levò la grande ascesa del movimento operaio e popolare cileno contro il governo Piñera, PC e Frente Amplio, con Boric in testa, furono determinanti nel disinnescare la mobilitazione di strada e incanalarla su binari istituzionali. L'accordo di pacificazione del novembre 2019 (“Accordo per la pace sociale e la nuova Costituzione”) salvò la pelle a Piñera e gli garantì l'impunità in cambio di un'assemblea costituente, mentre decine di migliaia di operai e giovani protagonisti della rivolta stanno ancora a marcire nelle galere del Cile, sottoposti a vessazioni e torture.

Oggi Boric è presidente, beneficiando di quella stessa spinta del cambiamento che ha lavorato a contenere. La promessa di superare il sistema previdenziale pinochetista e di investire nella sanità e nella scuola è stata la bandiera del suo successo. Ma tutta la sua campagna elettorale è stata indirizzata a garantire la borghesia cilena, gli investimenti imperialisti, la stessa destra politica, circa la propria volontà di collaborazione sociale e di unità nazionale.
Sarò il presidente di tutti, sapremo costruire ponti, il progresso richiederà ampi accordi” ha immediatamente esclamato, con un occhio alle Borse e alle ambasciate. “Avanzare richiederà ampie intese, non vogliamo fare passi falsi” ha ribadito (Corriere della Sera, 21 dicembre). È del resto sulla base di tali rassicurazioni che al ballottaggio ha ottenuto l'appoggio della Concertacion, la coalizione di centrosinistra tra Partito Socialista e Democrazia Cristiana a guida Bachelet che assieme al PC ha governato il Cile per due lunghe legislature. Ed è con la Concertation che oggi Boric sta cercando l'intesa di governo per coprirsi le spalle nel rapporto con la borghesia. Persino la destra, sconfitta nelle urne, diventa oggetto di attenzioni da parte del vincitore: “È importante che la destra conservatrice, fondamentalmente la destra economica di questo paese, comprenda che la pace sociale si costruisce attraverso la trasformazione e che deve appoggiare tale processo. Altrimenti non ci saranno vantaggi nemmeno per loro” dichiara Alejandra Sepulveda, portavoce di Boric. Madame Rios, altra esponente di primo piano dello staff, conferma: "Il dialogo col centrosinistra, ma anche con l'opposizione di destra, è necessario. Non sarà possibile avanzare nello stesso tempo su tutte le riforme” (Le Monde, 21 dicembre).

Il messaggio di entrambi è chiarissimo: “cari industriali, agrari, banchieri, cileni e stranieri, noi vogliamo la pace sociale con voi. Voi lasciateci realizzare qualche misura riformatrice senza mettervi di traverso. Altrimenti la pressione sociale dei lavoratori e della popolazione povera rischia di travolgere non solo noi ma anche voi. Nel vostro stesso interesse, aiutateci”. In altre parole, lasciateci fare qualche misurata riforma per evitare il rischio di una rivoluzione, nell'interesse comune.

Non sarà semplice. Il nuovo Parlamento eletto il 21 novembre è molto frammentato, non definisce una maggioranza chiara, né Boric sembra intenzionato a forzare verso nuove elezioni per incassare una maggioranza più ampia. Ma soprattutto l'economia capitalistica cilena è in stagnazione, e non si prevede una ripresa in tempi brevi. Il debito estero con le banche e i paesi imperialisti è gigantesco, mentre la domanda di una svolta vera è incoraggiata proprio dalla sconfitta del pinochetismo.

L'esultanza popolare per la vittoria non è solo un omaggio al vincitore ma anche una ipoteca sulla vittoria. Tutte le domande della sollevazione di ottobre 2019 sono risuonate una dopo l'altra nella piazza festante: via i fondi pensione, salario minimo, istruzione pubblica e gratuita, scala mobile dei salari, privati e pubblici, indulto per tutti i prigionieri politici, diritto all'aborto libero e gratuito. Nessuna di queste rivendicazioni può essere soddisfatta senza una rottura anticapitalista, che cancelli il debito pubblico, espropri il capitale finanziario, colpisca i santuari storici della reazione cilena (le gerarchie militari, l'apparato repressivo, i privilegi clericali).
La collaborazione di classe e l'intesa politica con la destra dispongono dunque di una base materiale assai esile e instabile, esposta al rischio di nuove possibili esplosioni sociali. Di certo solo un governo dei lavoratori, basato sulla loro forza e la loro organizzazione può realizzare le misure di svolta necessarie.

La costruzione di un partito rivoluzionario della classe operaia del Cile è dunque più che mai all'ordine del giorno. Un partito irriducibile nemico della reazione pinochetista, forte ancora di un ampio consenso, e al tempo stesso un partito di opposizione classista al nuovo governo annunciato del centrosinistra cileno, che deluderà le attese popolari, come sempre è avvenuto nella storia del Cile. Con incognite serie, potenzialmente drammatiche.

Vayan a sus casas con la alegria sana de la limpia victoria alcanzada”: con queste parole Salvador Allende nel 1970 salutò la folla accorsa ad acclamare la sua vittoria elettorale. Fu l'inizio di una esperienza di governo che cercò di combinare riforme parziali e progressive con la ricerca affannosa di un accordo con la borghesia, con l'imperialismo, con la stessa casta militare. Augusto Pinochet fu ministro di Allende, prima di diventare il suo boia. Il dirigente stalinista Corvalan fu il principale ispiratore di questa politica suicida. Il prezzo lo pagò la classe operaia con un bagno di sangue e decenni di infame dittatura.

Oggi Boric ha voluto, nel giorno stesso del suo trionfo, ripetere alla folla quella frase di Allende, per rievocare il suo mito: “Tornate nelle vostre case con l'allegria sana della limpida vittoria ottenuta”. È comprensibile nella logica rassicurante della pacificazione nazionale e della smobilitazione. Ma la parola d'ordine dei marxisti rivoluzionari cileni è opposta: “Tornate nelle strade e nelle piazze del Cile, avanzate tutte le vostre rivendicazioni senza arretrare di un passo, chiedete la liberazione dei detenuti della rivolta del 2019 e la punizione dei loro aguzzini, sviluppate la vostra organizzazione indipendente nelle fabbriche, nelle scuole, nei quartieri, abbiate fiducia solamente nella vostra forza”. È la prospettiva di una rivoluzione, la sola prospettiva che può regolare i conti, fino in fondo, con la reazione pinochetista. La sola prospettiva che può liberare il Cile dalla dittatura dei capitalisti e dal saccheggio dell'imperialismo.

Nella vicina Argentina, le organizzazioni della sinistra rivoluzionaria trotskista (Frente de Izquierda) rappresentano ormai la terza forza politica del paese col 6-7% dei voti, una propria rappresentanza parlamentare di opposizione al governo di centrosinistra peronista di Fernandez, e soprattutto un vasto insediamento nella classe operaia, nelle organizzazioni sindacali, nei quartieri popolari, nelle università e nelle scuole, nel movimento delle donne. L'unificazione di queste organizzazioni in Argentina in un comune partito rivoluzionario darebbe una enorme spinta alla costruzione del partito rivoluzionario della classe operaia cilena. Di certo il Partito Comunista dei Lavoratori augura ai marxisti rivoluzionari del Cile una prospettiva di crescita, di radicamento, di organizzazione pari a quella argentina.

La sinistra di casa nostra si balocchi pure con il successo effimero di Boric come già di Fernandez, nel mentre tace scandalosamente sul trotskismo argentino. La realtà presenterà il conto alle illusioni. La vecchia talpa della rivoluzione continua, nonostante tutto, a scavare. Ha bisogno di un partito internazionale, quello che siamo impegnati a costruire, con i marxisti rivoluzionari di tutto il mondo.

Partito Comunista dei Lavoratori

Grande successo elettorale del trotskismo argentino

 


Le lezioni di un'esperienza straordinaria

15 Novembre 2021

Il risultato delle elezioni legislative in Argentina del 14 novembre racchiude un grande significato politico.

Il governo peronista di Fernandez-Kirchner (Frente de Todos), dopo due anni di politiche antioperaie, perde 5.200.000 voti. Il centrodestra macrista (Juntos por el Cambio), oggi all'opposizione, si avvantaggia del crollo peronista, ma perde rispetto al 2019 1.700.000 voti (500.000 a Buenos Aires). Il vero vincitore politico delle elezioni è il Frente de Izquierda (FIT), che consegue il 6% su scala nazionale con 1.400.000 voti (di cui oltre 500.000 nella grande Buenos Aires), quarantamila voti in più di quelli riportati nelle elezioni primarie (PASO), con punte del 25% in Jujuy, del 8,19 in Nequen, del 8,53 in Chubut. A questo va aggiunto il risultato riportato in alcune circoscrizioni regionali da due altre organizzazioni trotskiste, Politica Obrera e Nuevo MAS. Complessivamente si può dire che il trotskismo conseguente argentino riporta un risultato storico attorno al 7% dei voti, affermandosi come terza forza su scala nazionale in contrapposizione ai peronisti e alle destre liberali, ed eleggendo quattro deputati nel Parlamento, nonostante il sistema elettorale non realmente proporzionale.

Partito Obrero (PO), Partido de los Trabajadores Socialistas (PTS), Izquierda Socialista (IS), compongono nel loro insieme la larga maggioranza del FIT (80 percento dei voti nelle elezioni primarie) quali organizzazioni marxiste rivoluzionarie fondatrici del FIT nel 2011. Ad esse si è aggregato elettoralmente il Movimento Socialista de los Trabajadores (MST), su posizioni centriste, dando vita a FIT-U (Unidad). Nelle elezioni del 2019, dopo anni del governo di destra di Macri, il FIT aveva subito un arretramento a vantaggio dell'opposizione peronista. L'esperienza di due anni di governo antioperaio dei peronisti ha ampliato considerevolmente lo spazio e la capacità di attrazione delle organizzazioni del FIT. Ma decisivo è stato l'intervento di massa delle organizzazioni rivoluzionarie, in un paese che ha visto aumentare del 50 percento la povertà assoluta.

Il FIT non è un generico blocco elettorale di sinistra, ma un polo marxista rivoluzionario che si batte per il governo dei lavoratori, sulla base di un programma classista, anticapitalista, internazionalista. La sua campagna elettorale è stata la proiezione del suo intervento politico. Una campagna per il rifiuto di pagare il debito pubblico al capitale finanziario e al FMI, contro una riforma del lavoro mirata ad estendere ulteriormente la precarietà di massa, per l'esproprio sotto controllo operaio delle aziende che licenziano, per la drastica riduzione dell'orario di lavoro a parità di paga, per un forte aumento generalizzato dei salari a fronte della massiccia svalutazione in corso, per la nazionalizzazione delle banche. Non un programma “per la redistribuzione della ricchezza” ma per il potere dei lavoratori.

Questo programma anticapitalista ha conquistato il voto di un settore crescente della classe operaia, che ha rotto col peronismo e il suo governo per sostenere il trotskismo. Non un “trotskismo” sbiadito e simulato, quale eredità bibliografica e storica, come vediamo anche in Italia in alcune organizzazioni qui presenti. Ma il trotskismo autentico, cioè il programma della rivoluzione socialista. Un trotskismo che si è demarcato rigorosamente in tutta l'America Latina non solo dalla socialdemocrazia (PT brasiliano) e dalle sue succursali del Forum di San Paolo, ma anche dal nazionalismo piccolo-borghese (Chavez, Maduro, Morales) e dal castrismo.

Il risultato elettorale riflette una crescita delle organizzazioni marxiste rivoluzionarie che compongono il FIT sullo sfondo di una stagione di lotte radicali che hanno attraversato l'Argentina. Lotte operaie, come nell'industria della gomma, che hanno visto i trotskisti conquistare sindacati aziendali e di settore sconfiggendo la burocrazia sindacale. Ma anche grandi lotte delle donne per il diritto all'aborto, dei giovani contro la devastazione dell'ambiente, del movimento LGBTQI... Il risultato delle urne non è l'effetto del blocco elettorale in quanto tale, ma il portato di una crescita del radicamento di massa delle organizzazioni trotskiste, a partire dal Partito Obrero, che da solo ha portato in piazza a Buenos Aires trentacinquemila persone: lavoratori, lavoratrici, giovani, disoccupati e gente povera dei comuni della periferia della capitale.

Le sinistre riformiste e centriste di casa nostra, come la loro stampa di riferimento, continueranno a tacere con ogni probabilità sul voto argentino, e magari si lamenteranno della sconfitta del loro amato governo peronista cosiddetto progressista. Ma lo sviluppo del trotskismo conseguente in Argentina è una realtà che parla a tutta l'America Latina e alle avanguardie classiste di tutto il mondo. Dimostra che si può crescere e avanzare in un contesto di radicalizzazione sociale restando sé stessi. Senza annacquare il proprio profilo politico, senza pasticci trasformisti, senza edulcorare la propria battaglia programmatica rivoluzionaria, ma al contrario rivendicandola e presentandola sempre a livello di massa e di avanguardia per quello che è: la lotta per il potere della classe operaia. Come ha dichiarato Romina Del Plá, compagna dirigente del PO eletta nella circoscrizione di Buenos Aires, si tratta ora di investire il risultato elettorale nella lotta per un governo dei lavoratori.

Noi pensiamo che il programma del governo dei lavoratori – lo stesso programma del PCL – possa e debba condurre PO, PTS, IS all'unificazione centralista democratica delle proprie forze in un medesimo partito rivoluzionario in Argentina, al servizio della rifondazione della Quarta Internazionale nel mondo.
Di certo come PCL porteremo l''esperienza straordinaria del trotskismo argentino nella riflessione dell'avanguardia di classe del nostro paese e nel duro lavoro di ricostruzione dell'Internazionale rivoluzionaria.



Partito Comunista dei Lavoratori