A difesa del popolo palestinese e della sua resistenza
«Una missione navale per salvare il commercio. Previsto l'uso della forza.» Così il Corriere della Sera (22 gennaio) presenta e magnifica l'annunciata spedizione militare nel Mar Rosso, Aspides, da parte di Italia, Francia, Germania.
I relativi ministri degli Esteri si preoccupano di sottolineare “il carattere difensivo” della missione, distinguendola dall'operazione Prosperity Guardian promossa da USA e Gran Bretagna. In realtà, quali che siano le regole di ingaggio, si tratta di un intervento militare in zona di guerra a difesa dello stato sionista. La minaccia e gli attacchi degli houthi riguardano le navi dirette in Israele o in commercio con Israele. Ogni missione militare anti-houthi è a difesa dello stato d'Israele e della sua guerra di sterminio contro il popolo palestinese.
USA e Gran Bretagna hanno attaccato lo Yemen con ripetuti bombardamenti, con oltre cento morti. Italia, Francia, Germania inviano proprie navi da guerra (almeno tre cacciatorpediniere o fregate) per segnare la propria presenza deterrente. L'obiettivo è anche quello di non lasciare a USA e Gran Bretagna il monopolio di gestione della partita medio-orientale.
Ogni imperialismo vuole prenotare il proprio ruolo in partita. La “libertà dei mari e del commercio” è la comune bandiera propagandistica. Ma la prima libertà che viene tutelata è quella di Israele di massacrare i palestinesi.
La missione ha il patrocinio dell'Unione Europea. L'articolo 44 del Trattato dell'Unione prevede che il Consiglio Europeo possa affidare la realizzazione di una missione militare «a un gruppo di Stati membri che lo desiderano e dispongono delle capacità necessarie» per tale missione, in coordinamento con l'Alto rappresentante UE. Francia e Italia sono già presenti nella regione del Mar Rosso e del Canale di Suez con propri bastimenti militari, ufficialmente svincolati dalla presenza americana. La Germania si aggiunge di buon grado nel segno del suo nuovo protagonismo militare e filosionista. Gli ambasciatori dei paesi UE, presenti alla riunione del Comitato politico e di sicurezza del 16 gennaio scorso, hanno anticipato l'appoggio corale alla missione. La Spagna ha dichiarato che non partecipa ma non si oppone: il governo Sanchez-Podemos non vuole intralciare l'azione di guerra, cercando solo di salvare la faccia.
L'Italia si candida a paese guida dell'operazione. Il ministro degli Esteri Tajani ha spiegato che «Aspides non è solo una missione di polizia internazionale, è un importantissimo segnale politico della UE: siamo sulla direzione della difesa comune europea, che è il vero tassello necessario per la politica estera comune».
Tutta la retorica un tanto al chilo su una Europa autonoma dagli Stati Uniti, naturalmente nel nome della pace, si scontra con una realtà ben diversa: ogni passo autonomo degli imperialismi europei richiama lo sviluppo del loro militarismo. Separato o congiunto.
Il governo italiano, a differenza di quello tedesco, olandese, danese, non ha firmato il documento di appoggio agli attacchi di USA e Regno Unito. Vuole minimizzare il rischio di ritorsioni. Punta a coinvolgere nella missione europea i regni del Golfo e i paesi costieri africani più interessati (Gibuti, Eritrea, Egitto), sia per avere la più ampia copertura, sia in funzione della logica generale del cosiddetto Piano Mattei, che candida l'Italia al ruolo di pivot in Africa e Medio Oriente.
È significativo che le opposizioni liberali (PD, Azione, M5S) coprano e sostengano la missione militare italiana ed europea, con la benedizione del Quirinale. Il quotidiano liberalsionista La Repubblica invoca pubblicamente «la più ampia convergenza in Parlamento» (23 gennaio). È l'unità nazionale tricolore. Il governo a guida postfascista ha le spalle coperte quando si tratta dell'interesse superiore dell'imperialismo italiano (e del sionismo).
È una ragione in più perché tutte le sinistre politiche, sindacali, associative, di movimento, si mobilitino unitariamente contro la missione militare imperialista, facendo dell'opposizione alla missione una parte integrante della difesa del popolo palestinese e della sua resistenza. È questa la proposta del Partito Comunista dei Lavoratori.