Una settimana di mobilitazioni contro la repressione e l'impunità della polizia, ora sancita dalla nuova legge sulla sicurezza
29 Novembre 2020
Nella notte tra lunedì e martedì scorsi la polizia francese ha caricato brutalmente a Parigi, in Place de la République, centinaia di immigrati richiedenti asilo, assieme a diversi giornalisti presenti. Il 21 novembre Michel Zecler, un uomo di colore, subisce ad opera della polizia un pestaggio della durata di un quarto d'ora, durante il quale viene anche insultato. Nella giornata di ieri, sabato 28, si sono contati cortei in tutto il paese, con 46 arresti a Parigi. Le immagini delle violenze poliziesche registrate negli ultimi giorni e settimane sono state talmente scioccanti per vasti settori di opinione pubblica che il Ministro degli Interni Gérald Darmanin ha dovuto dissociarsi e “chiedere spiegazioni” al prefetto.
Peccato che lo stesso ministro degli Interni sia, nelle stesse ore, il principale sostenitore di una legge chiamata “Per la sicurezza globale” che vieta la diffusione di immagini che «possano danneggiare l'integrità fisica o psichica di un poliziotto» (articolo 24). In altri termini vieta ai giornalisti e a chiunque di filmare o fotografare le violenze della polizia. Chi commettesse simile reato verrebbe colpito da un anno di galera o dalla multa di 45000 euro.
Questa legge forcaiola, applaudita naturalmente dalla polizia, è stata votata dall'Assemblea nazionale con 388 voti a favore, 104 voti contrari, 50 astenuti. Hanno votato a favore i deputati di LRM (La République en Marche), il partito di Macron, il gruppo gollista dei Repubblicani, l'estrema destra di Marine Le Pen. Contro, i deputati di centrosinistra (PS, Verdi, PCF, la LFI di Mélenchon). A gennaio la legge approderà al Senato per il suo varo definitivo, ma per il governo non sarà così semplice.
Il Presidente Macron e il primo ministro Jean Castex hanno investito apertamente su un'operazione securitaria. L'attentato terrorista di marca jihadista, settimane or sono, che ha orribilmente decapitato un insegnante reo di aver offeso l'Islam, è stata l'occasione pubblica dell'operazione “legge e ordine”. L'obiettivo cinico del governo era cavalcare la reazione di sdegno dell'opinione pubblica per recuperare consensi nel senso comune popolare, e rimontare la disfatta sul fronte sanitario e sociale. Il disegno ha esordito con una campagna islamofobica accompagnata dalla criminalizzazione pubblica della sinistra francese, accusata di complicità con l'integralismo islamico. Ma la legge poliziesca che doveva incoronarlo ha complicato le cose per Macron e Castex.
Il troppo stroppia, come dice un vecchio adagio. Il famigerato articolo 24, che vieta ogni documentazione delle violenze poliziesche, ha suscitato le proteste della stessa stampa borghese liberale, a partire da Le Monde. Gli ordini professionali dei giornalisti, i loro sindacati, l'intero associazionismo democratico si è schierato pubblicamente contro la legge chiedendo al primo ministro di ritirarla.
Ma soprattutto è in corso contro la legge un'importante mobilitazione in diverse città, a partire dalla capitale (nei termini consentiti dalla emergenza sanitaria).
La polizia non incontra in Francia il sostegno diffuso che conosce in Italia. Le mobilitazioni sociali degli ultimi anni hanno lasciato il segno. Le immagini delle violenze poliziesche nel corso delle mobilitazioni contro la Legge lavoro (il Jobs Act francese) e contro la riforma delle pensioni, ma anche durante il movimento spurio dei gilet gialli, hanno ripetutamente scosso l'opinione pubblica. Proteggere le violenza poliziesche dal reato di testimonianza è vissuto come la privazione di un diritto all'informazione. La coincidenza tra le violenze contro gli immigrati a Parigi e il varo di una legge che vieta di filmarle ha ulteriormente indebolito la credibilità del governo moltiplicando le proteste.
Chi si è mobilitato in Italia contro le leggi poliziesche di Minniti e Salvini ha dunque una ragione in più per sostenere la mobilitazione in Francia contro la legge di Macron e Castex. Nella consapevolezza che la battaglia per i diritti democratici è per noi inseparabile da quella contro i capitalisti e contro la loro “democrazia”. E che solo una società libera dallo sfruttamento sarà anche libera dalle violenze poliziesche.