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La nota congiunta di Tajani e Weber. Corsa alle armi e lotta tra gli imperialismi

 


Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha annunciato la creazione di una riserva militare ausiliaria con «compiti di sicurezza interna ed esterna» di diecimila unità. Parallelamente il governo ha varato un decreto che accelera la procedura decisionale circa l'impiego estero di forze della Difesa «per il loro immediato impiego operativo». Non c'è ovviamente una connessione diretta tra le due decisioni, ma c'è sicuramente una relazione di fondo. Le nuove ambizioni della politica estera italiana si dotano di nuovi strumenti. Si tratta dell'effetto di trascinamento del nuovo contesto internazionale.


Un esercito e più investimenti strategici. Per l'Europa è l'ora della Difesa comune”: è il titolo della nota congiunta (28 gennaio) del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani e del Presidente del Partito Popolare Europeo Manfred Weber.

«La stella polare è la NATO... Ma gli alleati transatlantici saranno al nostro fianco solo se anche noi europei saremo disposti a fare la nostra parte. Negli ultimi dieci anni Paesi come Russia e Cina hanno aumentato i loro bilanci per la difesa rispettivamente di quasi il 300% e il 600%. Le forze armate statunitensi hanno speso oltre 800 miliardi di dollari nel 2022. Al contrario, la UE a 27 ha aumentato collettivamente la spesa per la difesa del 20%, arrivando a un livello di poco superiore ai 200 miliardi». Da qui la petizione a favore di un rapido sviluppo del militarismo per una «vera Difesa europea».

Tre sono i passi proposti: «aumentare la capacità di produzione di armamenti, attraverso iniziative militari congiunte. Razionalizzare e unire il più possibile la spesa per risparmiare, puntando a un mercato unico per la Difesa. [...] sviluppare [a lungo termine] una vera “Unione europea di difesa” con forze integrate di terra, mare e aria. [...] Abbiamo creato l'Euro: è stato un successo. Dobbiamo far nascere politica estera e Difesa comune: oggi è una necessità assoluta».

Naturalmente occorre sfrondare la nota delle ridondanze retoriche, tanto più alla vigilia delle elezioni europee: i paesi imperialisti dell'Unione Europea hanno interessi distinti e concorrenziali in molti campi, incluso quello dell'industria militare; si contendono le aree di influenza in diversi scacchieri internazionali (dal Nord Africa al Medio Oriente ai Balcani); non hanno la stessa postura nel rapporto con l'imperialismo egemone USA. La strada di un superimperialismo europeo è e resta dunque disseminata di mine. Un conto era unire gli stati americani in una unica federazione nell'epoca preimperialista, un altro è unire su basi federali Stati imperialisti del vecchio continente con tradizioni nazionali consolidate e rivali.

E tuttavia sarebbe sbagliato non cogliere il significato della nota congiunta. Stretti nella morsa tra il vecchio imperialismo dominante USA e le nuove potenze imperialiste di Cina e Russia, gli imperialismi nazionali europei cercano di recuperare un proprio spazio. Lo possono fare alla sola condizione di accrescere la propria potenza militare. E possono accrescerla a condizione di concertare le rispettive risorse ad un livello più avanzato dell'attuale. Non sappiamo se vi riusciranno, ma sappiamo che le forze politiche centrali dell'establishment continentale (il Partito Popolare Europeo in primis) rivendicano pubblicamente questo intento.

Si conferma una volta di più l'attualità di Lenin del 1915: su basi capitaliste gli Stati Uniti d'Europa o sono impossibili o sono reazionari. Proprio così. Potremmo anzi dire che l'attuale Unione Europea condensa già oggi entrambi gli aspetti. L'unificazione federale è impedita dalle contraddizioni nazionali, ma ogni passo unitario implica la crescita del militarismo. Le sciocchezze che circolano a sinistra su una possibile Unione Europea “di pace” sono contraddette sempre più dall'evidenza.

L'indebolimento dell'imperialismo USA sulla scena mondiale, unito alle ambizioni degli imperialismi rivali, rafforza la linea di tendenza degli imperialismi europei. Essi non hanno dubbi sulla propria collocazione nell'Alleanza Atlantica. Ma sanno e sentono che la vecchia rendita di posizione della tutela militare USA non è più garantita nel futuro storico come lo è stata nel passato.
La nuova lotta tra le potenze per la spartizione del mondo pone gli imperialismi europei di fronte a un bivio: o la rassegnazione al proprio declino o lo sviluppo della propria forza militare.

In questo quadro l'imperialismo tricolore cerca un ruolo. «L’Italia, che ha la Presidenza del G7 per il 2024, nei prossimi mesi avrà un ruolo chiave nel trovare con gli alleati risposte politiche alle richieste europee. E potrà imprimere un’accelerazione proprio sulla Difesa europea, da intendersi come pilastro europeo della Nato, anche avendo a mente l’appuntamento chiave del vertice dell’Alleanza di Washington in luglio». A buon intenditor poche parole.

Partito Comunista dei Lavoratori