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La paralisi apoplettica del sistema politico francese e i compiti dei marxisti rivoluzionari

 


6 Dicembre 2024

Il 4 dicembre il governo Barnier è caduto sfiduciato da 331 deputati dell’Assemblea Nazionale.
Ciò è stato possibile per la convergenza dei deputati del Rassemblement National di Marine Le Pen e del Nouveau Front Populaire con a capo Jean-Luc Mélenchon sulla mozione di censura, dopo che Barnier, in un clima di impopolarità crescente, aveva cercato di imporre il bilancio detto di sicurezza sociale.

Nonostante le profferte e le aperture importanti del governo Barnier nei confronti di RN, ad esempio con una violenta stretta sull’immigrazione, Marine Le Pen ha deciso di appoggiare la mozione di censura. Ciò è stato dovuto probabilmente al crollo di popolarità del governo voluto dal presidente Macron, e di Macron stesso, oltre che probabilmente dalla volontà della stessa Le Pen di anticipare le elezioni presidenziali, dal momento che sulla sua testa pende la minaccia di una causa di ineleggibilità per aver orchestrato l’appropriazione indebita di fondi dei suoi rappresentanti eletti al Parlamento Europeo per finanziare il suo partito.

Ma al di là dei fatti contingenti, la motivazione principale della caduta del governo dopo solo tre mesi dal suo insediamento deve essere ricercata nella configurazione politica che si è venuta a determinare dopo le elezioni del 7 luglio.
Macron aveva sciolto l’Assemblea Nazionale e indetto nuove elezioni dopo le elezioni europee di giugno, allorché il trionfo del Rassemblement National di Le Pen aveva terremotato lo scenario politico. Le elezioni del 7 luglio hanno visto a sorpresa la vittoria relativa delle liste di sinistra raccolte nel Nouveau Front Populaire, ma di fatto hanno prodotto una configurazione parlamentare tripartita senza possibilità di una maggioranza da parte di ciascun raggruppamento.
Su questa scorta, Macron ha imposto il governo Barnier con un programma di austerità e di tagli allo stato sociale dovuti al gravissimo deficit di bilancio dello stato e alle difficolta dell’economia francese. Un programma capitalista, di aggressione alle condizioni di vita dei lavoratori, in un quadro che vede aperte innumerevoli vertenze sindacali come Auchan, Michelin, Vencorex, MA France, Valeo, Arcelor, Arkema, Stellantis con la seria prospettiva della perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Mentre il centro macroniano subisce una sconfitta elettorale, perdendo la maggioranza relativa, la destra lepeniana, pur non riuscendo a bissare l’exploit elle elezioni europee accresce i propri consensi.
La destra infatti riesce a capitalizzare i sentimenti xenofobi purtroppo molto diffusi a livello popolare, anche contro le seconde e terze generazioni di immigrati delle banlieue, nonché la paura per un attacco alle proprie condizioni di vita, paura a cui dare risposta con il ripiegamento nazionalista che il becero sovranismo di Le Pen vuole solleticare.
Insomma, la crescita elettorale del Rassemblement National rappresenta lo spettro di una deriva a destra dell’impasse politico francese.

Le elezioni di luglio vedono però anche e soprattutto l’affermazione delle sinistre dell’NFP, con un risultato sorprendente dopo quelli deludenti conseguiti dalle liste di sinistra alle lezioni europee.
Il NFP è costituito dalle principali forze della sinistra francese: La France Insumise (LFI), il Partito Socialista (PS), Il Partito Comunista Francese (PCF) e gli ecologisti. Come si vede, un accordo tra la sinistra riformista (LFI e PCF) e la sinistra borghese (PS ed ecologisti).
Il suo successo elettorale ha diverse spiegazioni. Nella contingenza dell’appuntamento elettorale è molto probabile che l’unitarietà della lista abbia incontrato il favore dell’elettorato di sinistra, che ha visto nel NFP un argine possibile all’apparente crescita irresistibile di RN. Da questo punto di vista è stato forte il richiamo a una mobilitazione antifascista e antiautoritaria. Insieme a questo, però, l’elettorato di sinistra ha cercato di dare un segnale di svolta anche sul piano sociale ed economico.
In definitiva, anche se in maniera distorta, NFP raccoglie il vento delle manifestazioni di massa del 2023 contro la legge per l’allungamento dell’età pensionabile imposta da Macron. Un movimento di massa, quello per la difesa delle pensioni, che pur sconfitto, nello scontro diretto con la presidenza della repubblica, aveva squarciato il velo della dittatura borghese nascosta dietro le paludate istituzioni democratico-borghesi e seppur confusamente era alla ricerca di un’alternativa.

È del tutto improbabile che NFP possa dare soddisfazione a queste aspirazioni. In queste ore, in cui il Presidente della repubblica cerca di formare un nuovo governo, parte delle forze che lo compongono, come il PS, è tentato per senso repubblicano, e in un farsesco regime di “reciproche concessioni”, di addivenire a un accordo con Macron, sacrificando anche l’opposizione alla legge sulle pensioni.

Il governo borghese che sortirà da queste trattative da basso impero non potrà che umiliare le aspirazioni del popolo della sinistra francese e tornare a imporre un programma di austerità lacrime e sangue per la classe operaia e le classi popolari.
Ciò favorirà la destra lepeniana, che opporrà al governo dei tagli la retorica della difesa dei veri francesi e capitalizzerà la divisione di NFP e la capitolazione della sinistra borghese.

Tuttavia, questo non è un esito scontato. Se lo scontro si risolve completamente nella bolla elettorale del sistema politico borghese, la sua soluzione non potrà che essere un governo sempre più spietatamente borghese ed autoritario. Ma se questa bolla venisse rotta potrebbe aprirsi uno scenario completamente diverso.
Se il popolo della sinistra francese fosse chiamato alla mobilitazione contro i tagli alla spesa sociale, i la controriforma delle pensioni, i licenziamenti, contro l’autoritarismo ed il razzismo, perché a pagare sia il grande padronato e non la classe operaia e le classi popolari, si potrebbe aprire un varco verso un’alternativa di società.

La sinistra trotskista, NPA-R, Lutte Ouvrière e Revolution Permanente, chiama allo sciopero, alla mobilitazione di classe per piegare governo e padronato e ottenere le dimissioni di Macron. È giusto. Lo sciopero dimostrerebbe la forza di milioni di salariati, e sarebbe capace di costringere le direzioni dei sindacati all’unità e a una coerente lotta contro governo e padronato senza capitolazioni, come invece è purtroppo avvenuto nel 2023, con il risultato del drammatico riflusso di quel grande movimento popolare.
Di più, potrebbe produrre quelle forme di autorganizzazione della classe lavoratrice che sarebbero altrettanti strumenti di autogoverno, di formazione della classe al compito di dirigere tutta la società.
Purtroppo, però, anche da parte della sinistra trotskista è proprio la prospettiva della presa del potere da parte delle organizzazioni delle lavoratrici e dei lavoratori che non viene avanzata, venendo meno, così, al compito fondamentale che si impone oggi al movimento operaio in una Francia il cui sistema politico è incorso in una paralisi apoplettica che non sembra avere possibilità reali di soluzione a lungo termine.

Questo compito, il compito dei marxisti rivoluzionari, è l’indicazione di una prospettiva di rivolgimento politico. Basta con il governo dei padroni mascherato da governo democratico di “interesse generale”. Il movimento operaio deve rivendicare non un governo di sinistra, che finisca per fare le stesse cose di qualsiasi governo borghese, ma un governo di tipo nuovo: il governo delle lavoratrici e dei lavoratori basato sulle proprie organizzazioni di massa!

Partito Comunista dei Lavoratori