17 Dicembre 2024
Cosa rivelano le relazioni "segrete" dell'intelligence italiana con i servizi di Assad e il doppiogiochismo di governo e diplomazia
La caduta del regime dispotico di Assad e l'avvento al potere di un blocco politico islamista sostenuto dal regime reazionario di Erdogan hanno aperto la competizione tra gli stati imperialisti per guadagnare o preservare proprie entrature in Siria. Zone di influenza, equilibri militari, ricostruzione economica della Siria, tutto diventa terreno di sgomitamento tra interessi rivali per occupare il vuoto prodottosi.
L'imperialismo russo, grande protettore di Assad e ora dunque grande sconfitto, cerca di preservare le proprie basi militari costiere, Tartus e Lakatia, ma è costretto a una probabile ritirata, trasferendo forze e uomini nella vicina Libia. Sono invece gli imperialismi d'Occidente a farsi avanti. “Garantire e controllare una transizione democratica in Siria nell'interesse dell'integrità e della sovranità del Paese” recita la loro immancabile retorica di accompagnamento. Una ipocrisia rivoltante quando si vede che lo stato sionista non solo continua a massacrare i palestinesi con armi e copertura degli imperialismi “democratici” ma anche a bombardare impunemente la Siria e occupare parte del suo territorio nel sostanziale silenzio della diplomazia mondiale (imperialismo russo incluso); mentre Erdogan nel nord-est siriano stringe d'assedio i curdi, sperando in un via libera di Trump al loro massacro.
Ma c'è di più. Qualcosa che riguarda il nostro imperialismo tricolore. Dagli armadi spalancati del vecchio regime esce infatti la documentazione delle relazioni tra i servizi segreti italiani e i servizi di Assad, quelli che si occupavano ordinariamente di incarcerazioni, torture, assassini, fosse comuni. Tali relazioni sono continuate, a quanto pare, sino alla vigilia del crollo del regime. The Independent Arabia, versione digitale del britannico Indipendent, riporta infatti la testimonianza della telefonata del capo dell'agenzia italiana di intelligence per l'estero (AISE), Giovanni Caravelli, al suo omologo siriano Hassan Luqa due giorni prima del tracollo di Assad: «Ho ricevuto una telefonata dal generale Giovanni Caravelli, capo dei servizi segreti italiani, su sua richiesta, in cui ha sottolineato il sostegno del suo Paese alla Siria in questo momento difficile», riporta Hassan Luqa. In altri termini, il sostegno dell'Italia al boia Assad, sino vigilia della sua fuga.
Inverosimile? Niente affatto. L'imperialismo italiano nell'agosto scorso aveva riaperto l'ambasciata italiana a Damasco, unico tra gli imperialismi d'Occidente, in segno di normalizzazione delle relazioni col regime. «La Siria da tempo sembra essere stata relegata ai margini dell'agenda internazionale, e questo sarebbe un errore strategico» dichiarava pubblicamernte in quella occasione Antonio Tajani, ministro degli esteri del governo Meloni.
La verità è che l'Italia puntava a una propria entratura in Siria, a dispetto della concorrenza, nel mentre continuava formalmente a sostenere le sanzioni economiche contro la Siria degli imperialismi alleati. Normale doppiogiochismo tra banditi. Cosa c'è di più naturale in un contesto simile del messaggio di sostegno italiano ad Assad, seppur ormai fuori tempo massimo?
La Farnesina, non a caso, non ha commentato l'imbarazzante notizia, per il semplice fatto che non poteva smentirla. L'ha fatto invece la stampa borghese di casa nostra, in particolare quella che fa capo alla cosiddetta opposizione liberale, la stampa del gruppo GEDI (Elkann). Se non che, a fare scandalo ai suoi occhi non è il sostegno italiano a un massacratore, ma il fatto che a dare la notizia sia stata la stampa britannica. Cioè la stampa di un imperialismo concorrente. «Chi ha interesse in questo momento a far sì che l'Italia venga guardata con sospetto dai nuovi leader della Siria post-Assad? Non dimentichiamo quali sono i dossier più importanti delle relazioni bilaterali Italia-Siria: da un lato la gestione del flusso di profughi, dall'altra la ricostruzione del Paese, in cui aziende e compagnie italiane potrebbero essere coinvolte, visto che già da qualche mese, con la riapertura dell'ambasciata, avevano avuto modo di cominciare a tastare il terreno. Evidentemente non sono le sole, ed è questo che ieri ci hanno voluto ricordare». (La Stampa, 16 dicembre).
Chiaro, no? Il fatto che il governo Meloni avesse aperto al criminale Assad per tastare il terreno a vantaggio di aziende e compagnie italiane è ordinaria diplomazia, e anzi merita il plauso dei liberali. Ciò che invece indigna La Stampa è che imperialismi “democratici” alleati documentino questa verità al solo fine (indubbio) di compromettere agli occhi del nuovo governo siriano gli interessi e affari dei capitalisti italiani in Siria.
Questo è l'ambiente putrido della cosiddetta democrazia mondiale. Solo una rivoluzione può liberare il mondo da questa fogna.