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Il 6° incontro della Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e Lotta

 


Dal 13 al 16 novembre scorsi si è svolto a Chianciano Terme il sesto incontro della Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e Lotta, nata nel 2013 con l’intento di costruire un fronte di lotta su scala globale.

La Rete raccoglie un gran numero di sindacati conflittuali di tutto il mondo, uniti da una piattaforma rivendicativa che va dalle rivendicazioni salariali e di miglioramento delle condizioni dei lavoratori e degli immigrati al contrasto della militarizzazione, dalla difesa dell’ambiente ai diritti delle donne e delle persone LGBTQI+.

In un’ottica di unione delle lotte, la Rete è aperta all’intesa con realtà che hanno gli stessi interessi del mondo del lavoro, come disoccupati, pensionati, studenti, attivisti per i diritti civili.

Per quattro giorni, più di 150 delegati provenienti da più di 30 organizzazioni hanno discusso appassionatamente per giungere ad una proposta organica di alternativa al capitalismo, un sistema decadente che, per sua natura, non può che basarsi sullo sfruttamento e sulla guerra.

Di fronte ad un capitalismo sempre più globalizzato, l’esigenza della costituzione di una Rete di questo tipo si palesa in tutta la sua evidenza, così come la necessità di elaborare nel dettaglio le rivendicazioni da contrapporre alla classe dominante e ai suoi governi.
In tal senso, non sono mancati i contributi da delegati provenienti da paesi che oggi sono il punto di precipitazione della crisi capitalistica: la Palestina, con il sindacato dei lavoratori dei servizi postali; il Venezuela, che è un nuovo terreno di scontro fra i diversi imperialismi e dove il governo Maduro non può essere considerato amico né tanto meno espressione del proletariato; l’Ucraina, con Yuri Samoilov, del sindacato dei minatori, che annovera fra i suoi iscritti molti reclutati dall’esercito per combattere i russi al fronte.
Yuri merita per noi un plauso per aver citato Trotsky in uno splendido intervento in cui ha magistralmente espresso la propria contrarietà alla guerra fra capitalisti (che mettono i popoli gli uni contro gli altri mandando a morire i lavoratori) spiegando come l’unica guerra che può avere senso sia quella del proletariato unito contro i capitalisti.

Contemporaneamente si svolgeva a Belem (Brasile) la COP30, la Conferenza mondiale sul clima. L'assemblea, su impulso della numerosa delegazione brasiliana, non ha mancato di evidenziare come essa, lungi dal perseguire soluzioni concrete, non sia altro che una vetrina propagandistica – ospitata da un paese governato dal riformista Lula – di cui si avvale la borghesia mondiale per legittimare la propria azione di devastazione ambientale in nome del proprio unico vero scopo: il profitto.

Il tema dell’inadeguatezza dei governi riformisti e della loro sostanziale contrapposizione agli interessi di classe è stato anche ripreso in una specifica sessione dedicata al contrasto all’avanzata delle destre nel mondo, analizzandone le cause e i possibili strumenti di contrapposizione.

I delegati hanno poi avuto un utile momento di confronto nelle riunioni raggruppate per settori professionali: logistica, scuola, sanità, trasporti, industria, commercio, call center, pensionati. Un’impostazione, tuttavia, che auspichiamo non sia controproducente dal punto di vista del consolidamento di una vertenza in ogni caso generale e di una piattaforma unificante e intercategoriale.

Un passaggio del documento finale è quello che secondo noi meglio esprime lo spirito che ha pervaso l’intera assemblea: «Il sindacalismo che rivendichiamo non può sostenere patti con i poteri di fatto per convalidare misure antisociali. Il sindacalismo ha la responsabilità di organizzare la resistenza su scala internazionale, per costruire attraverso le lotte la necessaria trasformazione sociale anticapitalista. Vogliamo costruire un sistema in cui sia vietato lo sfruttamento, basato sui beni comuni, su una redistribuzione equa della ricchezza tra tutti coloro che la producono (cioè le lavoratrici e i lavoratori), sui diritti di questi ultimi e su uno sviluppo ecologicamente sostenibile».

Il Partito Comunista dei Lavoratori, con le sue militanti e i suoi militanti, auspica che questa Rete possa conoscere un ancora maggiore sviluppo e visibilità, con l’ingresso in essa di altre realtà del sindacalismo conflittuale e, in Italia, dell’opposizione CGIL, per rafforzare i concetti di unità dei lavoratori e di internazionalismo in questo momento storico, nel quale logiche burocratiche e di autocentratura sembrano a volte prendere il sopravvento sia nel sindacalismo di base che nella CGIL.

Partito Comunista dei Lavoratori - Commissione sindacale

La COP della distruzione e della farsa: il fallimento di Belém e il lascito delle ceneri

 


La COP30 di Belém non è stato un “punto di svolta” per l’azione climatica; è stato lo scenario di una resa vergognosa e un doloroso richiamo al fatto che la diplomazia climatica, dominata dagli interessi distruttivi del capitalismo, ha fallito una volta ancora.


La palese esclusione della «tabella di marcia» verso la fine dei combustibili fossili dal progetto finale è un atto di sabotaggio contro il futuro e uno schiaffo alle comunità vulnerabili.

Non possiamo accettare eufemismi: la COP30 è un fallimento. Gli scienziati impegnati a favore dell'umanità e gli attivisti hanno ragione a qualificare come «vergognoso» il risultato.

Nel momento più critico della crisi climatica, quando ogni tonnellata di CO2 conta, la conferenza ha dovuto soccombere alla pressione di più di ottanta paesi, gruppi di pressione del carbone, del petrolio e del gas.

Questa omissione non è un mero errore tecnico, è una prova irrefutabile che la cupidigia capitalista e la ricerca di benefici immediati continuano a dettare l’agenda mondiale, calpestando la vita, la scienza e la giustizia.

Il progetto finale, senza un impegno chiaro e soggetto a scadenze per la eliminazione progressiva dei combustibili fossili, è un documento innocuo che, nella pratica, è una licenza alla continuazione della distruzione planetaria.


IL GOVERNO BRASILIANO E LA SUA PERDITA DI CREDIBILITÀ

È impossibile parlare del fallimento della COP30 senza puntare il dito contro l’ipocrisia del governo brasiliano.

La sua credibilità sul tema è evaporata con la sua ambivalenza culminata con l’autorizzazione di prospezioni petrolifere nel Margine Equatoriale e alla foce del Rio delle Amazzoni.

Non si può predicare la conservazione globale mentre si apre la porta alla distruzione di biomasse essenziali come in Amazzonia.

Questa contraddizione priva il Brasile della posizione di paese leader sul tema ambientale, trasformando i suoi “discorsi infiorettati” in mere parole vuote.

La vera storia della COP30 non si trova nei saloni climatizzati di Belém, bensì nelle strade e nei villaggi. Il lascito di questa conferenza di facciata non sono le migliaia di milioni di reais sperperati, trasformati in cenere dal fallimento, né le rivendicazioni elettorali avanzate dai governi locali. Il vero lascito è l’esplosione di scontento e mobilitazione popolare.

La città di Belém, con le sue precarie infrastrutture e il suo inesistente risanamento di base, è stato il crudele specchio della crisi sociale che accompagna la crisi climatica.

Ciò che ha realmente convertito la COP30 nella “COP della verità” sono state le mobilitazioni storiche dei Munduruku, dei Tupinambà, degli Arupios e dei movimenti dei professori e dei lavoratori sanitari.

Sono scesi in strada in difesa del territorio, della gratuità dei servizi pubblici e della qualità della vita. Hanno dimostrato che:

• Solamente mediante l’organizzazione, la mobilitazione e la protesta popolare si potrà frenare la cupidigia dei pochi e difendere realmente l’ambiente e il futuro dell'umanità.
• La lotta continua in basso, dove si deciderà il futuro, e non ai tavoli negoziali cooptati dal capitale del fossile.

La lotta continuerà con maggiore intensità contro la privatizzazione dei fiumi Tapajòs, Tocantins e Madeira, contro il Ferrogrão (linea ferroviaria prevista di 933 km fra Sinop, Mato Grosso, e Miritituba, Parà, ndt), per la delimitazione e protezione dei territori indigeni e quilombolas (comunità di schiavi fuggiti durante il dominio coloniale portoghese, ndt) per servizi pubblici gratuiti e di qualità.

La Lega Internazionale Socialista si impegna ad appoggiare e a partecipare attivamente a questo processo.

Douglas Diniz (Revolución Socialista, LIS Brasile)