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Il marxismo rivoluzionario ed il riformismo di fronte alla prova della Catalogna

 Ogni precipitazione dello scontro politico e sociale mette alla prova gli orientamenti generali della sinistra e ne svela la natura profonda. La precipitazione dello scontro tra Spagna e Catalogna è sotto questo profilo un caso di scuola. 

Lo Stato spagnolo ha dichiarato guerra alla Repubblica di Catalogna. Rajoy ha definito la dichiarazione di indipendenza “un atto criminale”. Il PP invoca la “repressione della ribellione”. Il Psoe annuncia che “la legalità tornerà in Catalogna con ogni mezzo necessario”. Ciudadanos chiede “un immediato piano di intervento senza limitarsi alle parole”. La magistratura legittima l'arresto dei “responsabili della sedizione” con una imputazione di stampo franchista che prevede decenni di galera. La prima pagina di El Pais grida a titoli cubitali “ Il Parlamento di Catalogna consuma un golpe contro la democrazia, lo Stato si appresta a soffocare la insurrezione” ( testuale, 28/10). Intanto dieci mila militari della guardia civil, ormeggiati nel porto di Barcellona, attendono disposizioni.

A cosa si deve questa minacciosa isteria reazionaria? A un fatto semplice. La Catalogna ha rotto con la monarchia spagnola. Lo ha fatto col referendum del primo Ottobre, quando oltre due milioni di catalani hanno sfidato la repressione poliziesca per esprimere la volontà di indipendenza. Lo ha fatto con la continuità di una mobilitazione di massa, in particolare dei giovani, che ha retto alla paralisi e alle indecisioni del governo della Generalitat e ha finito con l'imporre la dichiarazione della Repubblica. Nulla chiarisce meglio la natura del sentimento nazionale catalano, le sue radici storiche nella rivoluzione repubblicana e nell'opposizione al franchismo, quanto il coraggio della resistenza popolare a Madrid. E nulla chiarisce meglio la contiguità culturale di tanta parte dello Stato spagnolo col passato franchista quanto la furia repressiva contro la Catalogna.

PODEMOS E IZQUIERDA UNIDA CONTRO LA REPUBBLICA DI CATALOGNA 


In questo quadro il dovere elementare di una avanguardia di classe è quello di difendere la Repubblica di Catalogna contro la repressione di Madrid, dal versante di una prospettiva socialista. Dunque dal versante di una aperta battaglia politica dentro il movimento indipendentista per una egemonia di classe alternativa : in direzione di una Repubblica socialista di Catalogna, nella prospettiva degli Stati Uniti Socialisti d'Europa.

Le sinistre riformiste di Spagna e Catalogna fanno l'opposto. La loro subalternità all'imperialismo spagnolo emerge in questi giorni in tutta la sua gravità. Prima hanno supplicato per mesi a mani giunte il “dialogo” tra la Spagna e la Catalogna, nel nome sempiterno della “democrazia”, del “reciproco rispetto”, della “ricerca di una soluzione concordata” tra lo Stato spagnolo e il movimento di massa catalano. Cioè tra oppressori e oppressi. Ora che la frattura annunciata si è definitivamente prodotta, non esitano a dissociarsi dalla dichiarazione di indipendenza. Naturalmente “criticano” l'adozione dell'articolo 155 da parte di Rajoy. Ma si affrettano a rassicurare l'opinione pubblica sciovinista sul fatto che sono assolutamente contrari alla Repubblica di Catalogna. Podemos dichiara che “ non c'è alcuna base di diritto per la dichiarazione di indipendenza” . La sindaca di Barcellona Ada Colau contesta la “scelta unilaterale del governo catalano”. Izquierda Unida afferma che la “dichiarazione di indipendenza è un atto di irresponsabilità e una oggettiva provocazione”..
La risultante di queste posizioni è una sola: la sinistra spagnola cosiddetta “radicale” volta le spalle alla Catalogna nel momento stesso in cui tutta la peggiore reazione spagnola affila le armi contro di essa.

L'INTERNAZIONALISMO DI ALBERTO GARZON 


Alberto Garzon, segretario di Izquierda Unida, cerca di razionalizzare questa posizione con una lunga dissertazione riportata dal quotidiano Il Manifesto.

Non è coerente essere comunista e indipendentista.... il comunismo è internazionalista” dichiara solennemente Garzon. Da qui una filippica interminabile contro una dichiarazione di indipendenza “priva di ogni legittimità”, “un gesto assolutamente antidemocratico” “un fatto di irresponsabilità”e via denunciando...

E' davvero una argomentazione rivelatrice. Il comunismo è internazionalista, non c'è alcun dubbio. Si batte (... a differenza di Garzon) per la rivoluzione socialista internazionale. Ma il programma del socialismo internazionale è chiamato a combattere assieme allo sfruttamento del lavoro ogni oppressione nazionale, ogni oppressione di una nazione dominante su una nazione dominata. Un popolo che opprime un altro popolo non può essere libero diceva Marx, rivendicando l'indipendenza repubblicana dell'Irlanda dalla corona britannica. La Repubblica sovietica di Lenin e di Trotsky, “libera unione di libere nazioni”, riconobbe perciò stesso il diritto di autodeterminazione, cioè di separazione,di tutte le nazionalità oppresse dalla vecchia Russia. Di più: la libera autodeterminazione delle nazionalità oppresse fu una delle bandiere della rivoluzione d'Ottobre e della Terza Internazionale Comunista: in polemica frontale con le posizioni scioviniste di quelle sinistre riformiste , che dopo aver votato i crediti di guerra dei propri imperialismi, rifiutavano di riconoscere i diritti nazionali dei popoli che i propri imperialismi opprimevano evocando.... il“rifiuto del nazionalismo” e i valori dell'Internazionalismo. Esattamente come oggi fa Izquierda Unida, che ai tempi di Zapatero sosteneva il governo dell'imperialismo spagnolo, ma oggi scopre...”l'internazionalismo comunista” per contrapporsi alla liberazione della Catalogna dalla Monarchia di Spagna.

A ognuno la sua coerenza. Nessuno certo contesta quella di Garzon. Ma lasciamo in pace...il comunismo.
Partito Comunista dei Lavoratori