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La Catalogna ad un passaggio decisivo: o rivoluzione o reazione

Lo scontro tra il governo di Madrid e il popolo catalano è giunto a un passaggio decisivo.
Il primo ottobre il popolo di Catalogna ha sfidato la repressione della Guardia Civil esprimendo in termini inequivocabili la propria volontà di indipendenza dalla Spagna. Due giorni dopo, lo sciopero generale plebiscitario in tutta la Catalogna univa la rivendicazione indipendentista alla protesta indignata contro la violenza di Madrid. Il governo Rajoy subiva una sconfitta politica e d'immagine clamorosa agli occhi del mondo. Mentre il pronto intervento del Re di Spagna a fianco di Rajoy e della repressione poliziesca radicalizzava il sentimento di massa repubblicano in Catalogna. La parola d'ordine “Via la Guardia Civil, via le truppe di occupazione!” rimbalzava in tutta la regione. La ribellione di massa di una nazionalità politicamente oppressa contro l'imperialismo spagnolo ha aperto così una frattura profonda, con un possibile effetto di richiamo sulle aspirazioni indipendentiste della nazione basca e galiziana, mentre la dinamica rivoluzionaria in Catalogna minaccia di trasformarsi in un riferimento esemplare per altre nazionalità oppresse in Europa.

Ma contro tutte le illusioni movimentiste vecchie e nuove, proprio l'innalzamento del livello di scontro pone la questione decisiva della direzione politica del movimento. Tanto più a fronte della sfida frontale di Madrid.


L'ATTACCO FRONTALE DI GOVERNO SPAGNOLO E BORGHESIA

Monarchia e governo spagnolo, il loro apparato giudiziario e poliziesco, hanno scelto l'unica via possibile per la salvezza dell'imperialismo spagnolo: quello dell'isolamento, della divisione, della repressione della ribellione catalana. Solo la sconfitta esemplare della ribellione può infatti disarmare ogni effetto di richiamo. Il principale giornale borghese di Spagna, El Pais, noto per la sua tradizione liberale, ha titolato ieri a quattro colonne: “Ripristinare l'ordine, ristabilire la legge in Catalogna”. È la parola d'ordine di tutta la borghesia spagnola, senza defezioni o riserve. La sentenza della Corte Costituzionale di Spagna che vieta la sessione del Parlamento catalano il prossimo lunedì, i procedimenti giudiziari contro i vertici della polizia catalana (i Mossos) con l'accusa di sedizione, le minacce di un "intervento risolutivo" a Barcellona, ne sono la traduzione quotidiana.

Ma la repressione non è l'unica leva. La pressione economica è uno strumento potenzialmente ancor più efficace. Le grandi banche catalane (Caixabank e Sabadell) trasferiscono la propria sede legale fuori dalla Catalogna. Le grandi aziende del gas (Gas Natural), delle telecomunicazioni (Eurona), dell'industria tessile (Dogi), del biotech (Oryzon), seguono a ruota. La grande borghesia della Catalogna non vuole mettere a rischio i propri interessi e profitti dorati, legati al mercato finanziario spagnolo ed europeo, per subordinarsi all'indipendenza. Il governo spagnolo, per incoraggiare il processo, ha disposto condizioni agevolate per il rapido trasferimento dalla Catalogna alla Spagna di tutte le imprese che lo desiderano. L'obiettivo politico è evidente: spaventare la popolazione catalana, innanzitutto la piccola borghesia legata al risparmio, con lo spettro del collasso economico e della rovina. Non a caso, nelle stesse ore, i partiti dominanti di Spagna, a partire dal postfranchista PP di Rajoy, annunciano manifestazioni in Catalogna contro l'indipendenza. È il tentativo di aprire un fronte interno alla Catalogna, accerchiando il movimento indipendentista.


LE CONTRADDIZIONI DEL NAZIONALISMO BORGHESE CATALANO

In questa situazione la direzione politica del movimento indipendentista, di natura nazionalista borghese, rivela tutta la sua inadeguatezza.

Dopo la vittoria del primo ottobre, il governo della Generalitat si è di fatto eclissato. Lunghi interminabili giorni di attesa prima di proclamare formalmente persino il risultato del referendum. Invocazione di una improbabile mediazione istituzionale a livello europeo, immediatamente respinta. Rilancio di una proposta di dialogo istituzionale con quello stesso governo di Madrid che ha scagliato la Guardia Civil contro il diritto di voto, naturalmente senza alcun esito. Nessuna iniziativa sul fronte economico di fronte alla fuga di banche e imprese. In pratica, il nulla. Mentre il padre putativo di Convergencia Democratica (il principale partito di governo in Catalogna) dichiara candidamente al Financial Times che «la Catalogna non è ancora pronta per l'indipendenza», il portavoce del presidente Carles Puigdemont afferma che per la dichiarazione d'indipendenza... «c'è tempo», un settore dei Mossos in via di pentimento chiede il passaggio alla polizia di Spagna.

La verità è che il nazionalismo borghese catalano si è spaventato del proprio coraggio. Non è un caso. Di fronte alla minaccia di Madrid e soprattutto al panico della borghesia catalana, il nazionalismo borghese catalano rivela semplicemente la propria natura e ne è prigioniero. A tutto vantaggio dell'imperialismo spagnolo.


PER LA REPUBBLICA SOCIALISTA DI CATALOGNA

Solo la classe lavoratrice catalana e la gioventù di Catalogna possono prendere in mano e portare sino in fondo la battaglia democratica dell'indipendenza. Ma solo rompendo col nazionalismo borghese catalano. Solo riconducendo la rivendicazione dell'indipendenza alla prospettiva anticapitalista e socialista.

Immediata proclamazione della Repubblica di Catalogna, rispettando la volontà del popolo. Nazionalizzazione delle banche catalane, senza indennizzo per i grandi azionisti, a protezione dei piccoli risparmiatori. Requisizione delle imprese che spostano altrove la loro sede legale, ponendole sotto il controllo dei lavoratori. Appello alla classe lavoratrice spagnola per una lotta unitaria contro il governo di Rajoy, sulla base di un comune programma di mobilitazione sociale. Organizzazione di massa dell'autodifesa della Catalogna contro le minacce di Madrid. Sviluppo di strutture di autorganizzazione democratica di massa nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nei quartieri, e loro progressivo coordinamento e centralizzazione.
È la costruzione di un altro potere, contrapposto allo Stato spagnolo, basato su un'altra classe sociale. È la soluzione della Repubblica socialista della Catalogna, nella prospettiva storica degli Stati uniti socialisti d'Europa.

Solo la mobilitazione per questa prospettiva, solo questi metodi di lotta, sono oggi in grado di fronteggiare la minaccia che grava sulla Catalogna e di garantire il rispetto del referendum del primo ottobre. Fuori da questa prospettiva c'è solo il serio rischio di una disfatta.


PER UNA SINISTRA RIVOLUZIONARIA IN CATALOGNA E IN SPAGNA

Di certo questa prospettiva richiede una svolta radicale della sinistra catalana e spagnola.
La subordinazione della CUP al nazionalismo borghese catalano e al suo governo, nel nome del fronte popolare indipendentista, non solo le impedisce ogni ruolo alternativo di direzione, ma la corresponsabilizza ad una linea disastrosa.
Le pietose manifestazioni di Podemos, Izquierda Unida, Ada Colau, a favore del “dialogo” e della “pace” tra Barcellona e Madrid, in dichiarata contrapposizione alla proclamazione unilaterale della Repubblica catalana, sono qualcosa di molto più grave: un tradimento della rivoluzione catalana, un aiuto prezioso alla controrivoluzione spagnola. Il fatto che abbiano la benedizione di Sinistra Italiana e del PRC, assieme naturalmente al plauso del Manifesto, dimostra una volta di più la natura subalterna della sinistra riformista, che per la propria subalternità al capitalismo volta le spalle persino alla rivendicazione della Repubblica.

Organizzazioni rivoluzionarie come Izquierda Anticapitalista Revolucionaria e Corriente Revolucionaria de Trabajadores stanno difendendo in Spagna e Catalogna la prospettiva classista e rivoluzionaria. Lo sviluppo della sinistra rivoluzionaria in Catalogna e Spagna, il suo radicamento di massa, la sua organizzazione, sono l'unica via per una egemonia di classe alternativa nel movimento indipendentista catalano e nel movimento operaio spagnolo.

Partito Comunista dei Lavoratori