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Le donazioni a cinque stelle

 La discussione mediatica sulla vicenda delle mancate donazioni di parlamentari Cinque Stelle ha un carattere tanto grottesco quanto rivelatore.

L'aspetto più interessante non sta nella rivelazione della doppia morale o dell'ipocrisia delle persone coinvolte, che peraltro riflette come la punta di un iceberg la pasta mediocre del reclutamento istituzionale grillino. Sta invece nel sottotraccia implicito del confronto pubblico sulla questione.
Il sottotraccia comune sembra essere quello per cui le donazioni di un politico sono di per sé meritorie, misurano la sua autenticità, la sua lontananza dalla politica come mestiere. Da qui la rivendicazione da parte del M5S della propria diversità dagli altri partiti, a parte le fisiologiche mele marce.

Noi, che partiamo sempre da un'angolazione di classe, non populista, ci poniamo invece la domanda seguente: qual è il significato sociale del gesto politico delle donazioni?
La risposta è semplice. Le donazioni del M5S al fondo della piccola impresa segnalano il principale referente di classe del grillismo. Non conta l'importo irrisorio e simbolico della donazione. Conta la segnalazione del piccolo e medio padronato come base sociale prescelta dal M5S, come blocco di interessi su cui far leva. È lo stesso piccolo e medio padronato cui Di Maio sta promettendo peraltro ben più sostanziose “donazioni”, una volta al governo: abolizione di ciò che resta dell'Irap (che oggi finanzia la sanità pubblica), una ulteriore riduzione dell'Ires. Il tutto a carico dei salariati. Del resto, se Di Maio assume come esempio la riforma fiscale di Trump perché meravigliarsi?

E non si tratta solo di “piccolo” padronato. Se vuoi governare il sistema capitalista, tanto più in un paese a maturità imperialista come l'Italia, devi andare alla corte del grande capitale finanziario, cercare le sue benemerenze, guadagnarti il suo riconoscimento. È ciò che fa il buon Di Maio. Alla City di Londra non è andato a incontrare i piccoli padroni italiani, ma la grande finanza internazionale, i vertici delle grandi banche (anche italiane), il rapace mondo degli affari che gioca ogni giorno in Borsa. Offrendo tra l'altro alle banche l'impegno a incassare in tempi più celeri l'esproprio dei beni dei debitori insolventi. Il piccolo e medio padronato è dunque il bacino di relazioni e consenso che si vuol portare in dote al capitale finanziario, la classe che comanda davvero. La classe cui il M5S si prostra.

Lo scandalo non sta allora nelle mancate donazioni di qualche parlamentare ipocrita. Lo scandalo sta nella natura borghese di un M5S che chiede il voto ai salariati per continuare a donare ai loro padroni. Come gli altri partiti dominanti.

È la riprova che solo una sinistra rivoluzionaria può combattere da un versante di classe tutti i partiti padronali e i loro capi: Renzi, Berlusconi, Salvini, Di Maio. Solo un governo dei lavoratori può cambiare le cose.

Partito Comunista dei Lavoratori