♠ in 4 marzo,elezioni politiche 2018,federazione socialista d'Europa,governo dei lavoratori,per una sinistra rivoluzionaria,programma,vota comunista at 06:04
Siamo entrati nel decimo anno dall’inizio della crisi economica. Renzi, Gentiloni, Padoan e Draghi ci dicono che la crisi è oramai finita, ma le cose non stanno realmente così. La ripresa italiana è la più bassa in Europa, il nostro Pil è ancora ben lontano dai livelli pre-crisi e in questi anni è andato perduto il 25% della capacità produttiva del paese.La crisi però non ha colpito tutti allo stesso modo in questi dieci anni. Da una parte sono aumentati i disoccupati, i salari sono crollati, il lavoro si è precarizzato e molti piccoli commercianti sono stati costretti a chiudere; dall’altra le grandi aziende, le multinazionali e i gruppi finanziari hanno fatto profitti favolosi e i top manager hanno incassato compensi d’oro spropositati. Tutti i dati confermano che la disuguaglianza sociale non è mai stata così alta. Eppure tutte le forze dell’arco parlamentare italiano non fanno altro che tutelare gli interessi di questa elite economica. Basti pensare a come tutti i leader politici, Salvini e Di Maio compresi, sono andati a scodinzolare al convegno di Cernobbio, che riunisce ogni anno il gotha dell’alta finanza. Oppure basta ricordarsi di come tutti i governi dagli anni 90’ ad oggi non abbiano fatto altro che tagliare i finanziamenti ai servizi sociali che riguardano tutti (sanità, pensioni, scuola, ricerca…) per drenare quattrini a favore delle grandi imprese sotto le forme più svariate (incentivi economici, sgravi fiscali, investimenti pubblici, privatizzazioni…).
Tutto questo è inaccettabile ed è durato fin troppo. È ora di una rivoluzione, che rovesci completamente questo sistema politico-economico in cui i diritti, i bisogni e le aspirazioni dei tanti sono calpestati in nome dei super-profitti di pochi. Fino ad oggi hanno governato i banchieri, gli speculatori, i faccendieri… proprio quelli che la crisi l’hanno provocata. È ora che al governo vadano i lavoratori, che invece finora la crisi l’hanno pagata. Ci hanno sempre detto che non ci sono le risorse per una politica diversa, per una politica a favore delle classi popolari. Ma in realtà queste risorse ci sono, il problema è che sono concentrate nelle mani di una ristretta minoranza. È lì che dobbiamo andare a prenderle per metterle a disposizione della società nel suo complesso. Finché non faremo questo, non ci sarà mai un vero cambiamento.
NO AL PAGAMENTO DEL DEBITO
Qualsiasi governo voglia davvero prendere misure a sostegno dei lavoratori, dei disoccupati e dei pensionati si troverà innanzitutto di fronte all’ostacolo rappresentato dall’Unione Europea e dal pagamento degli interessi sul debito pubblico. Le istituzioni europee in questi anni non hanno fatto altro che imporre in modo inflessibile le più spietate politiche di austerità, proprio per far rispettare il pagamento del debito.
È bene ricordare che il debito dello Stato italiano è stato contratto solo in minima parte da famiglie e piccoli risparmiatori, mentre il grosso è nelle mani di banche, assicurazioni e fondi d’investimento, sia nazionali che internazionali. Di fatto ci hanno spremuto con le politiche di lacrime e sangue solo ed esclusivamente per garantire la remunerazione del grande capitale finanziario.
Di fronte a questa vergogna, tutte le forze politiche si limitano a parlare di “avviare trattative con le istituzioni europee”, ma il caso della Grecia ci ha insegnato che la Trojka non è disponibile a fare la minima concessione, a costo di trascinare un intero paese nella miseria più nera. Non è possibile fare politiche di spesa sociale e allo stesso tempo restare all’interno dei parametri di questa Unione Europea.
- Abolizione del pareggio di bilancio nella Costituzione.
- Rifiuto del pagamento del debito, tranne che ai piccoli risparmiatori.
- Rottura unilaterale dei trattati europei, NO all’Unione europea capitalista.
PER LA NAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA BANCARIO
Mentre l’Istat ci dice che 18 milioni di italiani sono a rischio povertà, il governo ha stanziato la bellezza di 26 miliardi di euro per salvare le banche venete e il Monte dei Paschi di Siena. E questo potrebbe essere solo l’inizio, visto che l’intero sistema bancario italiano è in sofferenza a causa dell’alto numero di crediti deteriorati.
Anche la Banca Centrale Europea ha pompato liquidità a piene mani sui mercati finanziari per tenere a galla le banche. Il conto di questo fiume di denaro è stato presentato alle popolazioni dei vari paesi europei attraverso le politiche di austerità.
In pratica tutti i sacrifici che ci hanno imposto sono serviti per consentire alle banche di mantenere alto il livello dei profitti, proseguire nelle loro speculazioni azzardate e premiare i manager responsabili del dissesto con liquidazioni a sei zeri.
- Nazionalizzazione del sistema bancario, senza indennizzo per i grandi azionisti e con garanzia pubblica per i depositi dei piccoli risparmiatori.
- Creazione di un’unica grande banca pubblica nazionale, in grado di mettere in campo gli investimenti necessari a rilanciare l’economia.
LA LOTTA ALLA DISOCCUPAZIONE E LA DIFESA DEL SALARIO
I governi in questi anni hanno trovato un modo molto originale per combattere la disoccupazione: consentire alle aziende di licenziare più facilmente, sia con il Jobs Act che con i contratti precari. Il risultato è che i posti i lavoro non sono aumentati, ma sono diminuiti. In Italia ci sono oggi più di 3 milioni di disoccupati e tutti i nuovi contratti sono a termine.
Peraltro la disoccupazione è stata trasformata in un business: gli uffici pubblici di collocamento sono stati sostituiti da agenzie interinali private e i corsi di formazione per i disoccupati sono serviti solo per incassare i fondi europei.
Anche chi un lavoro ce l’ha, ha visto ridurre drasticamente il potere d’acquisto del suo stipendio. I salari italiani sono tra i più bassi d’Europa. Tanti, pur di lavorare, hanno accettato condizioni di lavoro sempre peggiori. Giornate di lavoro di 10-12 ore, lavoro domenicale, finte partite iva, corrieri pagati a consegna… fino al lavoro nero e al caporalato.
Siamo arrivati al paradosso del lavoro gratuito: il sociologo Domenico De Masi, tenuto in grande considerazione dal Movimento 5 Stelle, sostiene che per ridurre la disoccupazione, i disoccupati dovrebbero lavorare gratis…
Tutto questo deve essere completamente ribaltato. Per aumentare l’occupazione innanzitutto bisogna che chi ha un lavoro non lo perda; in secondo luogo il lavoro disponibile deve essere distribuito tra tutti attraverso la riduzione dell’orario di lavoro. Inoltre ai lavoratori e ai disoccupati devono essere riconosciuti i mezzi necessari per vivere dignitosamente.
- Abolizione del Jobs Act, ripristino dell’art. 18 e sua estensione a tutti i lavoratori dipendenti. Nessuno deve essere licenziato senza giusta causa.
- Trasformazione dei contratti precari in contratti a tempo indeterminato.
- Salario minimo intercategoriale fissato per legge, non inferiore ai 1.400 euro mensili.
- Una nuova scala mobile che indicizzi tutti i salari all’inflazione reale.
- Salario garantito ai disoccupati pari all’80% del salario minimo.
- Riduzione dell’orario di lavoro a un massimo di 32 ore settimanali a parità di salario.
- Abolizione delle agenzie interinali e ritorno al collocamento pubblico.
- Contrasto frontale al lavoro nero, le aziende che ne fanno uso devono essere espropriate.
UN’ECONOMIA SOTTO IL CONTROLLO DEI LAVORATORI
Ci hanno sempre raccontato che “il privato funziona meglio”, eppure la crisi ha completamente sfatato questo mito. Guardiamo a cosa hanno portato le privatizzazioni: aumento generalizzato di prezzi e tariffe, peggioramento complessivo dei servizi ai cittadini e peggioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti delle aziende privatizzate. Le privatizzazioni e le esternalizzazioni hanno inoltre aperto la strada, attraverso il sistema degli appalti e dei sub-appalti, alle infiltrazioni della criminalità organizzata in una serie di settori, come quello dei rifiuti.
Ancora più desolante è il panorama delle infinite crisi industriali. Non si contano le imprese che, nonostante gli aiuti pubblici, hanno chiuso, licenziato e delocalizzato all’estero per risparmiare sulla manodopera.
Ancora più desolante è il panorama delle infinite crisi industriali. Non si contano le imprese che, nonostante gli aiuti pubblici, hanno chiuso, licenziato e delocalizzato all’estero per risparmiare sulla manodopera.
In questi casi la soluzione non può essere “l’intervento pubblico”, che in Italia va sempre a finire allo stesso modo: lo Stato ci mette i soldi, ma la gestione e i profitti rimangono nelle mani dei privati. È invece necessario rimettere in discussione la proprietà e la gestione private di una serie di attività economiche. Questo è ancor più vero nel campo dei servizi essenziali per la collettività (energia, acqua, trasporti, telecomunicazioni…), che per la loro stessa natura non possono essere impostati sulla logica del profitto.
Non si tratta solo di nazionalizzazioni, ma di controllo dei lavoratori sulla produzione. Nelle grandi aziende “la proprietà” non ha alcun ruolo attivo: si tratta di cordate di grandi azionisti, che si limitano a nominare il management e intascarsi i dividendi in modo totalmente parassitario. La gestione delle imprese deve essere affidata agli operai, agli impiegati e ai tecnici che ci lavorano ogni giorno, che le conoscono in modo approfondito e che le fanno funzionare concretamente.
Aziende dirette da un comitato democraticamente eletto da tutti i lavoratori, senza il fardello degli utili agli azionisti e dei bonus milionari ai manager, potranno funzionare molto meglio di prima.
- Esproprio di tutte le aziende che chiudono, licenziano e delocalizzano.
- Nazionalizzazione di tutte le aziende privatizzate.
- Nazionalizzazione dei grandi gruppi industriali, senza indennizzo eccetto che per i piccoli azionisti.
- Nazionalizzazione delle reti di trasporti, telecomunicazioni, energia, acqua e ciclo dei rifiuti.
- Tutte le azienda nazionalizzate siano poste sotto il controllo e la gestione dei lavoratori.
PENSIONI PUBBLICHE E DIGNITOSE PER TUTTI
Viviamo in un mondo paradossale, dove tutto funziona all’incontrario. Da una parte abbiamo la disoccupazione giovanile al 35% e dall’altra riforme che continuano ad alzare l’età pensionabile. Così ci sono i giovani che non trovano lavoro e allo stesso tempo gli anziani che sono costretti a continuare a lavorare.
Si dice che questo è necessario per i conti dell’Inps. In realtà le casse dei lavoratori dipendenti sono sostanzialmente in pareggio. Il problema è che sono a carico dell’Inps una gran quantità di spese che niente hanno a che fare con le pensioni. È il caso degli ammortizzatori sociali, ma anche della decontribuzione fiscale sulle nuove assunzioni regalata da Renzi agli imprenditori assieme al Jobs Act.
Se vogliamo creare lavoro per i giovani, cominciamo mandando in pensione chi ha già lavorato tutta una vita.
- Abolizione della legge Fornero.
- In pensione con 35 anni di lavoro o 60 anni di età.
- Pensione pari all’80% dell’ultimo salario e comunque non inferiore al salario minimo.
PER UN SISTEMA SANITARIO UNIVERSALE E GRATUITO
Anni di tagli hanno devastato il sistema sanitario nazionale. Negli ospedali mancano i fondi, c’è carenza di personale e le apparecchiature non sono adeguate.
Il processo di privatizzazione ha poi portato a una divisione di classe tra pazienti di serie A, che possono permettersi di pagare le prestazioni e hanno una corsa preferenziale, e pazienti di serie B, che invece devono aspettare mesi per un esame, spesso all’interno della stessa struttura.
- Raddoppio immediato dei fondi destinati alla sanità.
- Abolizione di ogni finanziamento alla sanità privata e della pratica privata all’interno delle strutture pubbliche. Per un unico sistema sanitario pubblico e gratuito.
- Abolizione dei ticket sui medicinali e sulle prestazioni specialistiche.
- Nazionalizzazione sotto controllo dei lavoratori dell’industria farmaceutica.
- Difesa dei piccoli presidi ospedalieri.
PER UN’ISTRUZIONE PUBBLICA, GRATUITA E DEMOCRATICA
Le scuole e le università italiane versano in uno stato pietoso, soprattutto per la mancanza di risorse adeguate. Tutti i costi vengono scaricati sulle famiglie: aumento delle tasse scolastiche e universitarie, contributi extra richiesti alle famiglie, riduzione delle borse di studio… In questo modo il diritto allo studio non è garantito per tutti, tanto più che aumentano i numeri chiusi e i test d’ingresso.
Il governo Renzi ha peggiorato una situazione già compromessa. Con la riforma della “Buona Scuola” le scuole sono state trasformate in aziende in concorrenza tra loro. Con l’alternanza scuola-lavoro, utilizzando la scusa di “formare i giovani”, gli studenti vanno a fornire manodopera gratuita alle aziende e l’unica cosa che imparano è ad essere sfruttati.
- Abolizione della Buona Scuola e dell’alternanza scuola-lavoro
- Raddoppio dei fondi destinati alla pubblica istruzione. No a qualsiasi finanziamento alle scuole private.
- Per un piano nazionale di edilizia scolastica.
- No al numero chiuso e ai test d’ingresso nelle università e nelle scuole.
- No ai contributi delle famiglie alle spese scolastiche. La scuola pubblica deve essere gratuita.
- Per una scuola pubblica, laica e gratuita per tutti.
PER L’UNITA’ TRA LAVORATORI ITALIANI E IMMIGRATI
Ci vogliono far credere che la colpa di tutti i mali – dalla disoccupazione ai tagli dei servizi sociali, dal degrado delle periferie al problema casa – sia degli immigrati. Tutti i partiti fanno a gara a chi adotta la posizione più razzista e repressiva sul tema dell’immigrazione. In questa competizione disgustosa il ministro Minniti si è aggiudicato il primo premio, appaltando la gestione dei profughi alle bande di tagliagole libici, in totale dispregio dei diritti umani.
Ogni menzogna è buona per alimentare il clima d’odio contro gli stranieri. La balla più clamorosa è quella per cui gli immigrati ricevono soldi dallo Stato, quando in realtà i fondi pubblici vengono intascati dai privati che gestiscono i centri di accoglienza, dove i migranti sono reclusi in condizioni disumane.
In realtà oggi in Italia gli immigrati rappresentano una parte importante della classe lavoratrice in molti settori, dall’edilizia alla logistica, dalla manifattura all’assistenza sanitaria. Ogni legge che discrimina gli immigrati non fa altro che indebolire i lavoratori nel loro complesso e alimentare una guerra tra poveri, utile solo a chi vuole mantenere l’attuale sistema di potere.
- Abolizione del decreto Minniti, della Bossi-Fini e di tutte le leggi che discriminano gli immigrati.
- Abolizione del reato di immigrazione clandestina.
- Diritto di voto per chi risiede in Italia da un anno.
- Cittadinanza dopo 3 anni per chi ne faccia richiesta.
- Cittadinanza italiana per tutti i nati in Italia.
LA LOTTA PER I DIRITTI DELLE DONNE
Tutte le forze politiche oggi fanno un gran parlare di violenza sulle donne, discriminazioni di genere, di abusi sessuali… ma nei fatti quale assistenza ricevono le donne in difficoltà dallo Stato? I consultori pubblici sono stati in gran parte smantellati. L’assistenza dei parenti anziani ricade interamente sulle famiglie. Persino il diritto all’aborto è messo in discussione dall’obiezione di coscienza dei medici, che raggiunge in media livelli tra il 70 e l’80%.
Dietro la retorica “rosa” a buon mercato la realtà è che, con il peggioramento della legislazione sul lavoro e i tagli ai servizi, è peggiorata anche la condizione delle donne. Di quale diritto alla maternità si può parlare per una lavoratrice precaria o assunta con il Jobs Act? Come potrà resistere alle molestie sessuali del suo datore di lavoro una lavoratrice che rischia di essere licenziata e lasciata in mezzo ad una strada? Come può una donna con figli emanciparsi davvero se non ci sono abbastanza posti negli asili nido pubblici e le rette degli asili privati sono proibitive?
- Applicazione del pieno diritto all’aborto. Abolizione dell’obiezione di coscienza del personale medico.
- Ripristino e potenziamento dei consultori pubblici.
- Rete capillare di asili nido e scuole materne, pubblici e gratuiti, che coprano l’effettivo orario lavorativo.
- Rete di strutture pubbliche per il sostegno ai parenti anziani.
PER IL RISCATTO DEL MEZZOGIORNO
Durante la crisi il divario tra Nord e Sud si è ulteriormente accentuato. Nel Mezzogiorno il 46% della popolazione è a rischio povertà e la disoccupazione giovanile in certe zone tocca punte del 60%. Nel giro di vent’anni sono emigrati due milioni e mezzo di persone dal Sud.
La presa della criminalità organizzata sul territorio diventa sempre più soffocante. La mafia, camorra e la ‘ndrangheta monopolizzano grandi fette dell’economia e spesso l’intreccio tra amministrazioni pubbliche, gruppi imprenditoriali e organizzazioni criminali è così fitto che è impossibile distinguere tra attività legali e illegali.
- Piano di investimenti pubblici per il potenziamento dell’industria, delle infrastrutture e dei servizi al Sud.
- Bonifica immediata dei territori inquinati da rifiuti tossici.
- Esproprio delle aziende legate alla criminalità organizzata e confisca dei beni dei mafiosi.
LA DIFESA DELL’AMBIENTE
A mettere in pericolo l’ambiente in cui viviamo è soprattutto la logica del profitto. Inquinamento, speculazione edilizia, trivellazioni stanno distruggendo il territorio e la qualità della vita.
Si investono miliardi in grandi opere, come la Tav, che hanno un alto impatto ambientale e sono utili solo per far guadagnare le imprese di costruzione. E intanto le reti periferiche e i trasporti per i pendolari sono in stato di abbandono.
Il territorio, devastato dalla cementificazione selvaggia, è allo stremo: ogni pioggia diventa un’alluvione e ogni scossa sismica una tragedia.
- Per un piano nazionale di riassetto idro-geologico del territorio.
- Abbattimento degli eco-mostri e riqualificazione delle aree degradate.
- Esproprio e riconversione delle aziende che inquinano.
- No alle grandi opere inutili, per un trasporto pubblico efficiente e gratuito.
RIPRENDIAMOCI I SINDACATI
Durante la crisi i sindacati si sono dimostrate incapaci di contrastare efficacemente l’offensiva padronale. Ogni accordo sindacale non ha fatto altro che ratificare i passi indietro del movimento operaio. La distanza tra le burocrazie sindacali e i lavoratori che dovrebbero rappresentare non è mai stata così forte.
A questo si aggiunga che sono state adottate leggi volte a limitare pesantemente il diritto di sciopero, soprattutto nel pubblico servizio. Anche sul terreno della rappresentanza sindacale, con il Testo Unico del 10 gennaio 2014, si è imposto un giro di vite aumentando il peso degli apparati sindacali a scapito del controllo dal basso da parte dei lavoratori.
Sosteniamo tutte le lotte reali promosse dalle forze sindacali di classe, dentro una battaglia più generale per l’unificazione del movimento operaio.
I lavoratori devono riprendersi i loro sindacati e trasformarli nuovamente in organizzazioni democratiche di lotta, che siano in grado di difendere davvero i loro diritti.
- Abolizione di tutte le leggi anti-sciopero.
- Rappresentanze sindacali democratiche, con i soli delegati eletti dai lavoratori.
- Piena agibilità per tutte le organizzazioni sindacali.
- I rappresentanti sindacali devono essere revocabili in qualsiasi momento dell’assemblea che li ha eletti.
- Salario operaio per i funzionari sindacali.
ROVESCIARE UN FISCO CLASSISTA
Si fa un gran parlare di lotta all’evasione, ma senza il minimo risultato concreto. Questo perché il sistema fiscale italiano è strutturato in modo da intrappolare i piccoli e lasciar passare i grandi. Mentre i lavoratori dipendenti vedono una fetta troppo grande della loro busta paga svanire in tasse e i piccoli commercianti sono letteralmente strangolati dalla pressione fiscale, i grandi patrimoni vengono messi al sicuro nei paradisi fiscali.
Tutti i governi si sono ben guardati da andare a toccare le rendite più alte e invece hanno spostato il peso del carico fiscale sui redditi bassi, anche attraverso il continuo innalzamento delle imposte indirette come l’Iva che, essendo slegate dal reddito, colpiscono soprattutto i ceti meno abbienti.
- Abolizione delle imposte indirette.
- Tassazione fortemente progressiva, che vada a colpire soprattutto i grandi patrimoni.
- Esproprio del patrimonio dei grandi evasori fiscali.
LA LOTTA PER I DIRITTI CIVILI E DEMOCRATICI
Non solo siamo costretti ad una quotidianità di disoccupazione, precariato e sfruttamento, ma lo Stato pretende di regolamentare e reprimere in modo bigotto tutti gli altri aspetti della nostra vita, dalle preferenze sessuali alla gestione del tempo libero.
- Estensione del matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso.
- La possibilità di adozione deve essere indipendente dalla composizione del nucleo famigliare.
- Abolizione delle leggi repressive del consumo di stupefacenti e di tutte le misure liberticide sia legali che amministrative (daspo, coprifuoco ecc.) rivolte in particolare contro le forme di socialità libere e non commerciali.
PER IL DIRITTO ALLA CASA
Il problema della casa riguarda un numero di persone sempre più grande. Prezzi, affitti e mutui sono al di fuori della portata di disoccupati e lavoratori precari. Il numero di case popolari è ridotto ai minimi termini e crescono ogni anno gli sfratti, i pignoramenti e le esecuzioni immobiliari. Allo stesso tempo le città sono sempre più cementificate a causa della speculazione edilizia e in tutta Italia ci sono ben 7 milioni di case sfitte, molte di queste appartenenti alle grandi immobiliari.
- Censimento e riutilizzo di tutte le case sfitte.
- Esproprio del patrimonio delle grandi immobiliari.
- Per un piano nazionale di edilizia popolare.
PER LA LAICITA’ DELLO STATO
È inaccettabile che in Italia la Chiesa cattolica eserciti continue ingerenze sui diritti e sulle libertà delle persone. D’altro canto la Chiesa non assolve solo ai suoi compiti “spirituali”, ma è una vera e propria potenza economica, che controlla uno sterminato patrimonio immobiliare, banche e grandi consorzi imprenditoriali come la Compagnia delle Opere. Come se tutto questo non bastasse, la Chiesa gode ancora di consistenti privilegi statali e finanziamenti pubblici.
- Per la separazione tra Stato e Chiesa.
- Abolizione del Concordato e dell’8 per mille. Nessun finanziamento pubblico o regime fiscale di favore per le confessioni religiose.
- Esproprio del patrimonio immobiliare e finanziario della Chiesa e delle sue organizzazioni collaterali.
- Abolizione dell’ora di insegnamento della religione cattolica nelle scuole.
NO ALL’IMPERIALISMO
Lo Stato italiano non ha i fondi per le scuole e gli ospedali, ma spende miliardi di euro in armamenti e missioni militari all’estero. Le truppe italiane in Iraq, in Libano, etc. non sono lì per portare la pace, ma per tutelare gli interessi economici delle imprese italiane. La proiezione estera delle imprese italiane, a partire dall’Europa dell’Est e dall’Africa, a caccia di materie prime ei di lavoro a basso costo ha un carattere classicamente imperialista.
Mentre Trump apre un focolaio di guerra dopo l’altro dalla Corea alla Palestina, è semplicemente scandaloso ma significativo che l’Italia sia ancora parte della coalizione militare della Nato guidata dall’imperialismo Usa.
- Drastica riduzione delle spese militari.
- Ritiro delle missioni militari all’estero.
- Fuori l’Italia dalla Nato. Chiusura delle basi Nato e americane sul territorio italiano.
PER IL GOVERNO DEI LAVORATORI
Il sistema di democrazia parlamentare in Italia è marcio. Il parlamento non è più simbolo di “sovranità e rappresentanza popolare”, ma sinonimo di privilegi, scandali e corruzione.
Tutto si riduce ad una finzione. Ogni cinque anni ci chiamano a votare, ma tanto il programma di governo è già scritto dalle banche, dalla Confindustria e dalle istituzione europee. Tutte le decisioni fondamentali vengono prese da una potente burocrazia statale che nessuno ha eletto: banche centrali, dirigenti dei ministeri, enti amministrativi, commissioni di esperti, garanti, magistrati, prefetti…
La risposta a questa crisi politica non è quella di “riavvicinare i cittadini” a queste vecchie istituzioni screditate in nome di una falsa democrazia. Bisogna invece creare nuove istituzioni, in grado di rappresentare davvero i giovani, i lavoratori, i disoccupati e i pensionati.
Serve una democrazia dei lavoratori, fatta di consigli di delegati eletti nei luoghi di lavoro e di studio, di comitati nei quartieri popolari, di assemblee popolari cittadine. La vecchia burocrazia statale deve essere smantellata e il controllo dei lavoratori deve essere esteso a tutti i rami della vita pubblica.
- Eleggibilità e revocabilità di tutte le cariche pubbliche.
- Un tetto alla retribuzione delle cariche pubbliche, che corrisponda allo stipendio medio di un lavoratore qualificato.
- Controllo dei lavoratori a tutti i livelli della pubblica amministrazione.
UNA PROSPETTIVA INTERNAZIONALISTA
Questo programma entra apertamente in contrasto con tutte le compatibilità del sistema capitalista. D’altronde il capitalismo ha dimostrato di essere un sistema che funziona solo per una ristretta minoranza, ma non è in grado di risolvere i problemi delle grandi masse.
Il nostro modello non è certo il “socialismo reale” che esisteva nei paesi dell’est, dove tutto era deciso dall’alto da un’onnipotente burocrazia statale e i diritti politici dei lavoratori erano calpestati. Il socialismo per cui ci battiamo è quello in cui le principali leve dell’economia non sono nelle mani di un’oligarchia parassitaria, ma appartengono a tutti e il loro utilizzo viene pianificato democraticamente attraverso il controllo dei lavoratori.
Questo programma non può essere realizzato su scala nazionale, non vogliamo isolare l’Italia dal resto del mondo. Siamo anzi convinti che se ci mettessimo con decisione su questa strada rivoluzionaria, offrendo finalmente un’alternativa all’austerità senza fine dell’Unione Europea, saremmo seguiti dalle classi lavoratrici di un paese europeo dopo l’altro.
Solo così si potrebbe ricreare la base per un’unità genuina tra le nazioni europee, attraverso una federazione volontaria costruita su basi economiche completamente nuove.
- Per la federazione socialista d’Europa