♠ in ANPI,antifascismo,ARCI,CGIL,Di Maio,Gentiloni,Libera,M5S,Macerata,manifestazione nazionale,Minniti,PD,Salvini at 00:23
Contro le aggressioni fasciste, la necessità di una risposta classista
Il Partito Comunista dei Lavoratori aderisce e partecipa al corteo antifascista di Macerata del 10 febbraio
I fatti di Macerata vanno presi per quello che sono: una mano fascista, armata dal razzismo, ha sparato ferendo sei persone di nazionalità africana. A loro, in primo luogo, va tutta la nostra solidarietà classista e internazionalista.
La verità dietro ai fatti è che le politiche dominanti degli ultimi decenni hanno arato il terreno in favore della peggior destra, accumulando miseria e disperazione sociale a tutto vantaggio del profitto, dirottando la rabbia sociale contro i migranti, per impedire che venga invece rivolta contro i padroni, legittimando la xenofobia ed il razzismo, con politiche di segregazione e umiliazione dei migranti, dalla Turco-Napolitano alla Bossi-Fini, fino alle recenti imprese del ministro Minniti, che ha siglato accordi criminali con i tagliagole libici in nome della “sicurezza”.
Non è un caso che nel giro di poche ore nel panorama del dibattito pubblico sia passato dalle ipocrite parole di condanna di Gentiloni, Renzi e del Movimento 5 Stelle alla surreale discussione sulla “bomba sociale” dei migranti, attraverso cui tutti i principali partiti legittimano ulteriormente la visione distorta e razzista del migrante come nemico, problema, fastidio.
La prolungata crisi sociale che investe il nostro paese si è coniugata col riflusso drammatico del movimento operaio e della sua capacità di mobilitazione, per principale responsabilità delle sue direzioni politiche e sindacali e questo ha prodotto sulla lunga distanza contraccolpi politici gravi.
Lo scenario politico che ci apprestiamo a vivere a ridosso della tornata elettorale in cui le tre destre in competizione tra loro (renzismo, salvinismo, grillismo) è in fondo anche il risultato dell'arretramento della classe lavoratrice, della sua coscienza, della sua rappresentanza politica, della sua capacità d'azione indipendente.
Ciò ha prodotto la scomparsa nell'immaginario di massa dello scontro di classe e la sua sostituzione con le mitologie dell'opposizione alla casata, della sovranità nazionale, dell'invasione dei migranti da cui proteggere lavoro, risparmi, sicurezza. Su questi terreni gli opposti concorrenti al governo giocano buona parte della loro fortuna, ma è lo stesso terreno in cui pascolano le organizzazioni fasciste. Il fatto nuovo non sono le azioni fasciste in quanto tali, ma il vento di opinione pubblica reazionario, per quanto ancora principalmente passivo, in cui queste azioni operano e da cui traggono forza e giovamento.
I fascisti lavorano in fondo a capitalizzare a proprio vantaggio, in termini elettorali e militanti, la seminagione dei populismi reazionari. Se tutti gli attori politici (Minniti, Salvini, Di Maio) seminano l'idea dell'”invasione” dei migranti - chi sfoderando poteri di polizia, chi promettendo la loro cacciata una volta al governo - i fascisti montano a cavallo di questa idea passando alle vie di fatto, ossia contrapponendo l'azione esemplare di “liberazione dagli invasori” alla pura "propaganda dei politicanti". Su questa linea mirano a conquistare e organizzare la punta estrema del sentimento xenofobo, e dove possibile delle proteste. I partiti fascisti vanno ben al di là di un generico populismo reazionario a fini elettorali. Configurano vere e proprie organizzazioni di combattimento: oggi prevalentemente contro i migranti, domani contro il movimento operaio e le sue organizzazioni.
Il sentimento popolare di frustrazione sociale, sedimentato da decenni di crisi capitalista e privato di un riferimento a sinistra, diventa dunque il brodo di coltura della destra peggiore, il suo terreno di radicamento e reclutamento combattente.
In questo quadro è gravissima, scellerata, la scelta di ANPI, ARCI, CGIL e Libera di ritirarsi dalla mobilitazione di sabato su richiesta del sindaco di Macerata. È la rinuncia in partenza ad una possibile dinamica di massa, l'ennesima subordinazione al PD e alle sue amministrazioni, in nome di una pace sociale che pace non è, ma è la guerra dei padroni contro i lavoratori e dei fascisti contro gli ultimi di questa società. Non può nemmeno stupire l'intervento repressivo del Ministro Minniti, sempre più calato nel suo ruolo di sceriffo. Di fronte a tutto questo non può esserci alcun passo indietro, anzi la risposta deve essere ancor più determinata e di massa.
Il rilancio dell'antifascismo richiede, innanzitutto, il recupero di una politica di classe e anticapitalista. Liberare i lavoratori dai veleni populisti è un compito centrale di questa politica.
Solo una classe che recupera la coscienza dei propri interessi, che ricostruisce e unifica la propria forza, che sviluppa la propria opposizione sociale e di massa alla classe sociale dominante, può scrollarsi di dosso i pregiudizi reazionari che hanno attecchito nella lunga stagione del riflusso, imporre un'altra agenda pubblica, e approfondire per questa via le contraddizioni interne dei blocchi sociali populisti.
Solo un programma d'azione che metta in discussione la dittatura dei capitalisti (a partire dalla ripartizione del lavoro, dall'abolizione del debito pubblico, dalla nazionalizzazione delle banche senza indennizzo per i grandi azionisti, dall'esproprio delle aziende che licenziano...) può ricomporre attorno alla classe lavoratrice l'unità di tutti gli sfruttati, recidendo alla radice le suggestioni xenofobe figlie della solitudine e della divisione.
La battaglia antirazzista e antifascista deve unire più che mai la campagna per la difesa dei migranti alla battaglia contro il capitalismo e tutti i partiti che lo governano, o che ambiscono a governarlo. Il capitalismo è miseria sociale e morale. Solo un governo dei lavoratori può fare pulizia.
Saremo a Macerata, sabato 10 febbraio, per portare questa prospettiva nella battaglia antifascista.
La verità dietro ai fatti è che le politiche dominanti degli ultimi decenni hanno arato il terreno in favore della peggior destra, accumulando miseria e disperazione sociale a tutto vantaggio del profitto, dirottando la rabbia sociale contro i migranti, per impedire che venga invece rivolta contro i padroni, legittimando la xenofobia ed il razzismo, con politiche di segregazione e umiliazione dei migranti, dalla Turco-Napolitano alla Bossi-Fini, fino alle recenti imprese del ministro Minniti, che ha siglato accordi criminali con i tagliagole libici in nome della “sicurezza”.
Non è un caso che nel giro di poche ore nel panorama del dibattito pubblico sia passato dalle ipocrite parole di condanna di Gentiloni, Renzi e del Movimento 5 Stelle alla surreale discussione sulla “bomba sociale” dei migranti, attraverso cui tutti i principali partiti legittimano ulteriormente la visione distorta e razzista del migrante come nemico, problema, fastidio.
La prolungata crisi sociale che investe il nostro paese si è coniugata col riflusso drammatico del movimento operaio e della sua capacità di mobilitazione, per principale responsabilità delle sue direzioni politiche e sindacali e questo ha prodotto sulla lunga distanza contraccolpi politici gravi.
Lo scenario politico che ci apprestiamo a vivere a ridosso della tornata elettorale in cui le tre destre in competizione tra loro (renzismo, salvinismo, grillismo) è in fondo anche il risultato dell'arretramento della classe lavoratrice, della sua coscienza, della sua rappresentanza politica, della sua capacità d'azione indipendente.
Ciò ha prodotto la scomparsa nell'immaginario di massa dello scontro di classe e la sua sostituzione con le mitologie dell'opposizione alla casata, della sovranità nazionale, dell'invasione dei migranti da cui proteggere lavoro, risparmi, sicurezza. Su questi terreni gli opposti concorrenti al governo giocano buona parte della loro fortuna, ma è lo stesso terreno in cui pascolano le organizzazioni fasciste. Il fatto nuovo non sono le azioni fasciste in quanto tali, ma il vento di opinione pubblica reazionario, per quanto ancora principalmente passivo, in cui queste azioni operano e da cui traggono forza e giovamento.
I fascisti lavorano in fondo a capitalizzare a proprio vantaggio, in termini elettorali e militanti, la seminagione dei populismi reazionari. Se tutti gli attori politici (Minniti, Salvini, Di Maio) seminano l'idea dell'”invasione” dei migranti - chi sfoderando poteri di polizia, chi promettendo la loro cacciata una volta al governo - i fascisti montano a cavallo di questa idea passando alle vie di fatto, ossia contrapponendo l'azione esemplare di “liberazione dagli invasori” alla pura "propaganda dei politicanti". Su questa linea mirano a conquistare e organizzare la punta estrema del sentimento xenofobo, e dove possibile delle proteste. I partiti fascisti vanno ben al di là di un generico populismo reazionario a fini elettorali. Configurano vere e proprie organizzazioni di combattimento: oggi prevalentemente contro i migranti, domani contro il movimento operaio e le sue organizzazioni.
Il sentimento popolare di frustrazione sociale, sedimentato da decenni di crisi capitalista e privato di un riferimento a sinistra, diventa dunque il brodo di coltura della destra peggiore, il suo terreno di radicamento e reclutamento combattente.
In questo quadro è gravissima, scellerata, la scelta di ANPI, ARCI, CGIL e Libera di ritirarsi dalla mobilitazione di sabato su richiesta del sindaco di Macerata. È la rinuncia in partenza ad una possibile dinamica di massa, l'ennesima subordinazione al PD e alle sue amministrazioni, in nome di una pace sociale che pace non è, ma è la guerra dei padroni contro i lavoratori e dei fascisti contro gli ultimi di questa società. Non può nemmeno stupire l'intervento repressivo del Ministro Minniti, sempre più calato nel suo ruolo di sceriffo. Di fronte a tutto questo non può esserci alcun passo indietro, anzi la risposta deve essere ancor più determinata e di massa.
Il rilancio dell'antifascismo richiede, innanzitutto, il recupero di una politica di classe e anticapitalista. Liberare i lavoratori dai veleni populisti è un compito centrale di questa politica.
Solo una classe che recupera la coscienza dei propri interessi, che ricostruisce e unifica la propria forza, che sviluppa la propria opposizione sociale e di massa alla classe sociale dominante, può scrollarsi di dosso i pregiudizi reazionari che hanno attecchito nella lunga stagione del riflusso, imporre un'altra agenda pubblica, e approfondire per questa via le contraddizioni interne dei blocchi sociali populisti.
Solo un programma d'azione che metta in discussione la dittatura dei capitalisti (a partire dalla ripartizione del lavoro, dall'abolizione del debito pubblico, dalla nazionalizzazione delle banche senza indennizzo per i grandi azionisti, dall'esproprio delle aziende che licenziano...) può ricomporre attorno alla classe lavoratrice l'unità di tutti gli sfruttati, recidendo alla radice le suggestioni xenofobe figlie della solitudine e della divisione.
La battaglia antirazzista e antifascista deve unire più che mai la campagna per la difesa dei migranti alla battaglia contro il capitalismo e tutti i partiti che lo governano, o che ambiscono a governarlo. Il capitalismo è miseria sociale e morale. Solo un governo dei lavoratori può fare pulizia.
Saremo a Macerata, sabato 10 febbraio, per portare questa prospettiva nella battaglia antifascista.