♠ in 25 gennaio,adrica,Al-Saaj,al-Sisi,Erdogan,guerra,Haftar,imperialismo,Libia,migranti,NATO,pace,PRC,Putin,Regeni,rivoluzione,UE,UNIFIL at 02:03
Cosa c'entra la NATO con la pace? Cosa c'entra l'UE con i diritti dei popoli?
Perché Rifondazione firma un simile appello?
L'iniziativa contro la guerra è sempre centrale. Ma se si accompagna alla difesa dell'imperialismo può solo risolversi in un inganno, anche se quella difesa si circonda di argomenti democratici e umanitari. È il caso dell'appello “Spegniamo la guerra, accendiamo la pace”, promosso da un ampio arco di soggetti associativi, ed anche da Sinistra Italiana e (purtroppo) da Rifondazione Comunista.
Tralasciamo l'esaltazione della «drammatica attualità e il vero realismo dei ripetuti ma inascoltati appelli di Papa Francesco per l'avvio di un processo di disarmo internazionale equilibrato». Le preghiere dei papi non hanno mai impedito le guerre, semmai ne hanno benedette molte. Oggi tutti i paesi imperialisti, vecchi e nuovi, aumentano i bilanci militari (gli USA, l'Unione Europea, la Cina, la Russia) senza che la Chiesa abbia mai denunciato il bilancio nazionale di alcun paese, anche perché incassa, specie in Italia, regalie pubbliche e donazioni. Del resto, le banche cattoliche partecipano con propri pacchetti azionari ai colossi dell'industria bellica (vedi Banca Intesa Sanpaolo), verso cui spesso è rotolato peraltro persino l'obolo di San Pietro. Il «realismo» del Papa esiste, dunque, ma solo nel senso dell'accettazione della realtà. Nulla di più lontano dall'afflato mistico dell'appello.
L'UNIONE EUROPEA “NATA PER LA PACE”?
Ma il punto vero è un altro. L'appello presenta l'Unione Europea, cioè l'Unione degli imperialismi europei, come possibile fattore di pace. L'Unione sarebbe «nata per difendere la pace», e dovrebbe «assumere una forte iniziativa che – con azioni diplomatiche, economiche, commerciali e di sicurezza – miri ad interrompere la spirale di tensione e costruisca una soluzione politica, rispettosa dei diritti dei popoli, dell’insieme dei conflitti in corso in Medio Oriente e avviare una rapida implementazione del Piano Europeo per l’Africa (Africa Plan) accompagnandolo da un patto per una gestione condivisa dei flussi migratori».
Non c'è una riga di verità in tutto questo. C'è piuttosto il suo esatto capovolgimento.
L'Unione Europea non è affatto «nata per difendere la pace». È nata dopo il crollo dell'URSS per partecipare alla spartizione del bottino. Ha esteso ad est le frontiere militari della NATO, ha innescato la guerra in Jugoslavia, ha partecipato ai bombardamenti umanitari su Belgrado, ha preso parte alla guerre afghane e in Medio Oriente (Iraq, Libia, Siria). La UE nata “per la pace”? Non potrebbe esserci menzogna più grande.
Si chiedono a questa Unione imperialista «azioni diplomatiche, economiche, commerciali, di sicurezza» per «una soluzione politica rispettosa dei diritti dei popoli». Ma si può chiedere a dei briganti il rispetto dei rapinati? Il Piano Europeo per l'Africa è un piano di investimenti privati agevolato da risorse pubbliche che mira a contendere l'Africa ai concorrenti cinesi. Una massa di soldi offerti ai governi corrotti del continente perché aprano al capitale europeo materie prime (litio e cobalto in primis), manodopera a prezzi stracciati, nuove zone di influenza, ingrassando il debito pubblico degli Stati coinvolti e impiccandoli per decenni al suo pagamento con tanto di interessi. Le spese umanitarie per qualche ospedale sono solo la cartolina umanitaria che si affianca a questo sfruttamento, come in tutta la storia del colonialismo europeo.
La «gestione condivisa dei flussi migratori» che l'appello rivendica è solo un risvolto di questa politica di rapina. Si offrono prestiti a debito agli Stati del Sahel in cambio della gestione del blocco delle partenze (come in Niger) e dell'accettazione dei rimpatri degli immigrati “che non hanno diritto”... a cercare una vita migliore in Europa. La cosiddetta gestione “condivisa” è estorta con la corruzione e col ricatto. I “diritti dei popoli” che l'appello rivendica ne sono le vittime.
LA UE E L'ITALIA NELLA SPARTIZIONE DELLA LIBIA
Ma c'è di più. L'Unione Europea è in questi giorni impegnata a gestire la spartizione delle zone di influenza in Libia, assieme al macellaio Erdogan, fresco del massacro dei curdi siriani (e non solo), al boia al-Sisi, cui si è venduta persino la verità su Regeni, al bonaparte Putin che copre sia Erdogan che al-Sisi, cercando di ricavarne un utile sul Mediterraneo. Al-Sarraj e Haftar sono solo figuranti (in particolare il primo) di una guerra per procura, e ora di una spartizione per procura. Se un accordo tra questi banditi sarà trovato, l'Unione ci metterà il sigillo con una missione militare per poter partecipare alla divisione della torta, non senza sgomitamenti tra Francia, Italia, Germania sulla spartizione di questa quota del bottino. Dove sarebbe, di grazia, il diritto del popolo libico in questo mercimonio tra delinquenti? Il silenzio dell'appello su tutto questo è una copertura della politica di rapina.
L'appello chiede al governo italiano di «porre all’interno dell’Unione Europea la questione dei rapporti USA-UE nella NATO». Ma nella NATO è già in corso il negoziato sui rapporti tra UE e USA. Gli USA chiedono ai paesi UE di allargare le proprie spese militari, sino al 4% del Pil, mentre alcuni ambienti UE sventolano l'idea di un passo avanti verso l'esercito integrato europeo. Altro che politiche di pace! In una banda internazionale dedita al brigantaggio, i soci fondatori discutono della distribuzione delle armi. In ogni caso lavorano per lo sviluppo del militarismo.
Rivendicare un negoziato immaginario di pace all'interno della NATO significa coprire il reale negoziato militare che si sta svolgendo. Cosa c'entrano i popoli con tutto questo? Cosa c'entra la NATO con la pace?
Infine l'appello tace splendidamente sul governo italiano, sul consiglio di amministrazione dell'imperialismo di casa nostra. E tace proprio nel momento in cui il ministro degli esteri e il Presidente del Consiglio annunciano la partecipazione italiana a una possibile missione in Libia, antica colonia tricolore, sotto la pressione dell'ENI, la più grande impresa che opera in Africa.
In compenso l'appello rivendica la «sicurezza del contingente italiano e internazionale in missione UNIFIL in Libano». Cioè la continuità della presenza militare dell'Italia a difesa dei confini della potenza sionista e di un regime confessionale libanese oggetto di una rivolta di massa. Insomma, se c'è il marchio UNIFIL l'imperialismo cessa di essere tale e diventa peacekeeping, a maggior ragione se tricolore. La stessa missione peacekeeping che non a caso l'appello rivendica per Iraq e Afghanistan.
IL 25 GENNAIO IN PIAZZA NELLA CHIAREZZA
Proprio perché rispettiamo i genuini sentimenti democratici e pacifisti di tanta parte del mondo cattolico, diciamo che il contenuto obiettivo di questo appello ha poco da spartire con essi. Il rilancio di un movimento unitario di massa contro la guerra non passa per la subordinazione all'imperialismo democratico. Passa per il rilancio di una denuncia dell'imperialismo e dei suoi governi, a partire dal proprio. Capiamo che Sinistra Italiana, oggi al governo, abbia firmato un appello che copre l'imperialismo italiano ed europeo. Ma Rifondazione Comunista non ci aveva detto che si era collocata all'opposizione?
La campagna del coordinamento delle sinistre di opposizione muove in ogni caso dalla chiarezza. No alla guerra, via le truppe italiane da tutte le missioni, rottura con la NATO. Queste sono le parole d'ordine che animeranno la giornata di mobilitazione del 24/25 gennaio promossa dal coordinamento unitario. È la forma con cui il coordinamento aderisce all'iniziativa internazionale promossa dal movimento pacifista americano. Il Partito Comunista dei Lavoratori, pienamente impegnato nel coordinamento unitario, ricorderà in queste iniziative la vecchia parola d'ordine internazionalista e anticapitalista: “Se vuoi la pace prepara la rivoluzione”.
Tralasciamo l'esaltazione della «drammatica attualità e il vero realismo dei ripetuti ma inascoltati appelli di Papa Francesco per l'avvio di un processo di disarmo internazionale equilibrato». Le preghiere dei papi non hanno mai impedito le guerre, semmai ne hanno benedette molte. Oggi tutti i paesi imperialisti, vecchi e nuovi, aumentano i bilanci militari (gli USA, l'Unione Europea, la Cina, la Russia) senza che la Chiesa abbia mai denunciato il bilancio nazionale di alcun paese, anche perché incassa, specie in Italia, regalie pubbliche e donazioni. Del resto, le banche cattoliche partecipano con propri pacchetti azionari ai colossi dell'industria bellica (vedi Banca Intesa Sanpaolo), verso cui spesso è rotolato peraltro persino l'obolo di San Pietro. Il «realismo» del Papa esiste, dunque, ma solo nel senso dell'accettazione della realtà. Nulla di più lontano dall'afflato mistico dell'appello.
L'UNIONE EUROPEA “NATA PER LA PACE”?
Ma il punto vero è un altro. L'appello presenta l'Unione Europea, cioè l'Unione degli imperialismi europei, come possibile fattore di pace. L'Unione sarebbe «nata per difendere la pace», e dovrebbe «assumere una forte iniziativa che – con azioni diplomatiche, economiche, commerciali e di sicurezza – miri ad interrompere la spirale di tensione e costruisca una soluzione politica, rispettosa dei diritti dei popoli, dell’insieme dei conflitti in corso in Medio Oriente e avviare una rapida implementazione del Piano Europeo per l’Africa (Africa Plan) accompagnandolo da un patto per una gestione condivisa dei flussi migratori».
Non c'è una riga di verità in tutto questo. C'è piuttosto il suo esatto capovolgimento.
L'Unione Europea non è affatto «nata per difendere la pace». È nata dopo il crollo dell'URSS per partecipare alla spartizione del bottino. Ha esteso ad est le frontiere militari della NATO, ha innescato la guerra in Jugoslavia, ha partecipato ai bombardamenti umanitari su Belgrado, ha preso parte alla guerre afghane e in Medio Oriente (Iraq, Libia, Siria). La UE nata “per la pace”? Non potrebbe esserci menzogna più grande.
Si chiedono a questa Unione imperialista «azioni diplomatiche, economiche, commerciali, di sicurezza» per «una soluzione politica rispettosa dei diritti dei popoli». Ma si può chiedere a dei briganti il rispetto dei rapinati? Il Piano Europeo per l'Africa è un piano di investimenti privati agevolato da risorse pubbliche che mira a contendere l'Africa ai concorrenti cinesi. Una massa di soldi offerti ai governi corrotti del continente perché aprano al capitale europeo materie prime (litio e cobalto in primis), manodopera a prezzi stracciati, nuove zone di influenza, ingrassando il debito pubblico degli Stati coinvolti e impiccandoli per decenni al suo pagamento con tanto di interessi. Le spese umanitarie per qualche ospedale sono solo la cartolina umanitaria che si affianca a questo sfruttamento, come in tutta la storia del colonialismo europeo.
La «gestione condivisa dei flussi migratori» che l'appello rivendica è solo un risvolto di questa politica di rapina. Si offrono prestiti a debito agli Stati del Sahel in cambio della gestione del blocco delle partenze (come in Niger) e dell'accettazione dei rimpatri degli immigrati “che non hanno diritto”... a cercare una vita migliore in Europa. La cosiddetta gestione “condivisa” è estorta con la corruzione e col ricatto. I “diritti dei popoli” che l'appello rivendica ne sono le vittime.
LA UE E L'ITALIA NELLA SPARTIZIONE DELLA LIBIA
Ma c'è di più. L'Unione Europea è in questi giorni impegnata a gestire la spartizione delle zone di influenza in Libia, assieme al macellaio Erdogan, fresco del massacro dei curdi siriani (e non solo), al boia al-Sisi, cui si è venduta persino la verità su Regeni, al bonaparte Putin che copre sia Erdogan che al-Sisi, cercando di ricavarne un utile sul Mediterraneo. Al-Sarraj e Haftar sono solo figuranti (in particolare il primo) di una guerra per procura, e ora di una spartizione per procura. Se un accordo tra questi banditi sarà trovato, l'Unione ci metterà il sigillo con una missione militare per poter partecipare alla divisione della torta, non senza sgomitamenti tra Francia, Italia, Germania sulla spartizione di questa quota del bottino. Dove sarebbe, di grazia, il diritto del popolo libico in questo mercimonio tra delinquenti? Il silenzio dell'appello su tutto questo è una copertura della politica di rapina.
L'appello chiede al governo italiano di «porre all’interno dell’Unione Europea la questione dei rapporti USA-UE nella NATO». Ma nella NATO è già in corso il negoziato sui rapporti tra UE e USA. Gli USA chiedono ai paesi UE di allargare le proprie spese militari, sino al 4% del Pil, mentre alcuni ambienti UE sventolano l'idea di un passo avanti verso l'esercito integrato europeo. Altro che politiche di pace! In una banda internazionale dedita al brigantaggio, i soci fondatori discutono della distribuzione delle armi. In ogni caso lavorano per lo sviluppo del militarismo.
Rivendicare un negoziato immaginario di pace all'interno della NATO significa coprire il reale negoziato militare che si sta svolgendo. Cosa c'entrano i popoli con tutto questo? Cosa c'entra la NATO con la pace?
Infine l'appello tace splendidamente sul governo italiano, sul consiglio di amministrazione dell'imperialismo di casa nostra. E tace proprio nel momento in cui il ministro degli esteri e il Presidente del Consiglio annunciano la partecipazione italiana a una possibile missione in Libia, antica colonia tricolore, sotto la pressione dell'ENI, la più grande impresa che opera in Africa.
In compenso l'appello rivendica la «sicurezza del contingente italiano e internazionale in missione UNIFIL in Libano». Cioè la continuità della presenza militare dell'Italia a difesa dei confini della potenza sionista e di un regime confessionale libanese oggetto di una rivolta di massa. Insomma, se c'è il marchio UNIFIL l'imperialismo cessa di essere tale e diventa peacekeeping, a maggior ragione se tricolore. La stessa missione peacekeeping che non a caso l'appello rivendica per Iraq e Afghanistan.
IL 25 GENNAIO IN PIAZZA NELLA CHIAREZZA
Proprio perché rispettiamo i genuini sentimenti democratici e pacifisti di tanta parte del mondo cattolico, diciamo che il contenuto obiettivo di questo appello ha poco da spartire con essi. Il rilancio di un movimento unitario di massa contro la guerra non passa per la subordinazione all'imperialismo democratico. Passa per il rilancio di una denuncia dell'imperialismo e dei suoi governi, a partire dal proprio. Capiamo che Sinistra Italiana, oggi al governo, abbia firmato un appello che copre l'imperialismo italiano ed europeo. Ma Rifondazione Comunista non ci aveva detto che si era collocata all'opposizione?
La campagna del coordinamento delle sinistre di opposizione muove in ogni caso dalla chiarezza. No alla guerra, via le truppe italiane da tutte le missioni, rottura con la NATO. Queste sono le parole d'ordine che animeranno la giornata di mobilitazione del 24/25 gennaio promossa dal coordinamento unitario. È la forma con cui il coordinamento aderisce all'iniziativa internazionale promossa dal movimento pacifista americano. Il Partito Comunista dei Lavoratori, pienamente impegnato nel coordinamento unitario, ricorderà in queste iniziative la vecchia parola d'ordine internazionalista e anticapitalista: “Se vuoi la pace prepara la rivoluzione”.