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I nodi al pettine della vaccinazione

 


La crisi sanitaria si aggrava

26 Febbraio 2021

La nuova ascesa del contagio, aggravata dalle varianti, si incrocia con la battuta d'arresto dei piani di vaccinazione. La risultante è un peggioramento netto dello scenario generale.

Sino a poche settimane fa i governi europei erano impegnati a spiegare il dovere di vaccinarsi a un'opinione pubblica in parte diffidente o scettica. Ora debbono confessare clamorosamente la penuria dei vaccini. Non è uno spiacevole disguido, ma il riflesso della logica capitalista. Dove entra il profitto tutto si complica maledettamente. Come sempre.

L'Unione Europea ha cercato di colmare il ritardo accumulato rispetto ai poli capitalisti concorrenti attraverso un negoziato sui vaccini coi diversi colossi farmaceutici. Pur di procurarsi sulla carta il maggior numero di vaccini possibile, per poterli sbandierare come proprio successo, ha concesso alle case farmaceutiche tutto quello che loro chiedevano. Non solo la segretezza dei contratti dal punto di vista economico e giuridico, già di per sé uno scandalo, ma la rinuncia ad ogni clausola di garanzia in caso di inadempimento o ritardo nelle forniture.
Due sono state le conseguenze. Da un lato, grazie alla segretezza dei prezzi d'acquisto pattuiti, le case farmaceutiche hanno potuto negoziare prezzi più alti con altri clienti, privilegiando la loro fornitura perché più vantaggiosa. È ad esempio il caso del rifornimento di Israele. Dall'altro, al riparo (persino) da ogni sanzione contrattuale, hanno potuto bluffare tranquillamente con la UE con promesse gratuite di forniture irrealistiche.

Il risultato è che i governi europei si trovano ora in braghe di tela. Gli USA hanno coperto con la vaccinazione il 16% della popolazione, grazie alla presenza delle americane Pfizer e Moderna. La Gran Bretagna ha coperto il 26% grazie alla presenza dell'anglo-svedese AstraZeneca. L'Unione Europea appena il 6,6%, l'Italia il 6%.

Il forte rallentamento delle vaccinazioni genera a sua volta effetti multipli.
In primo luogo fioriscono ovunque trattative sottobanco di entità substatali (regione Veneto in primis, ma anche Länder tedeschi o regioni spagnole) con ignoti intermediari che dichiarano grandi disponibilità di vaccini, non si capisce se contraffatti con grave danno per la salute o invece autentici, a riprova che i colossi farmaceutici giocano sporco e su più tavoli pur di massimizzare i profitti.
In secondo luogo si cerca di approntare improvvisate conversioni della propria industria nazionale in direzione della produzione di vaccini, in una sorta di sovranismo sanitario; ma ci si imbatte in uno spiacevole inconveniente, non solo e non tanto per i tempi tecnici della conversione (sei mesi) ma per la dubbia convenienza di mercato: perché i capitalisti del farmaco dovrebbero investire tutto sui vaccini, quando tra sei mesi rischiano di trovarsi un mercato già saturato dai colossi internazionali?
In terzo luogo si accredita improvvisamente la tesi per cui non è necessario doppiare la dose di vaccinazione, basta una dose sola. Come dire che nell'impossibilità di seguire tempestivamente le disposizioni scientifiche, si decide di ignorarle all'insegna dell'avventurismo sanitario.

Da qualunque parte si giri il problema, la sua natura è semplice: si chiama capitalismo.

Via i brevetti e la cosiddetta proprietà privata intellettuale!
Via il segreto industriale e commerciale su farmaci e vaccini!
Nazionalizzazione dell'industria farmaceutica senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori!
Solo drastiche misure anticapitaliste possono consentire una svolta vera nella lotta contro la pandemia.

Partito Comunista dei Lavoratori