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Italia e Qatar, armi e schiavitù operaia. Le confessioni di Corriere e Sole 24 Ore

 


Ci sono giorni in cui la stampa borghese documenta involontariamente la natura del capitalismo. Nello specifico, del proprio capitalismo, quello da cui è finanziata e da cui dipende. Oggi è uno di questi giorni.



UNA CLASSE OPERAIA IN SCHIAVITÙ

Il Corriere della Sera del 24 febbraio nella sua pagina esteri titola: «Qatar, il censimento della vergogna: 6750 morti nei cantieri dei mondiali». L'articolo riprende la documentazione del britannico Guardian circa la condizione di centinaia di migliaia di lavoratori in Qatar, impiegati nel piano gigantesco di infrastrutture promosso dal regime in vista dei campionati mondiali di calcio (novembre-dicembre 2022). Si tratta nella grande maggioranza di operai immigrati di provenienza asiatica o africana, che cercano di fuggire dalla miseria dei propri paesi, raggranellare un gruzzolo e girarlo come rimessa a sostegno delle rispettive famiglie. India, Pakistan, Nepal, Bangladesh, Sri Lanka, ma soprattutto le Filippine e il Kenya: sono questi i paesi che offrono braccia al Qatar. Più precisamente ai colossi mondiali delle costruzioni, in particolare europei e cinesi, intrecciati con la borghesia locale in una fitta rete di interessi. Il gruppo italiano Salini Impregilo è in prima fila nella costruzione dello stadio e della metropolitana di Doha. Renzi come Presidente del Consiglio, e poi il Ministro degli Esteri Di Maio, hanno trattato direttamente questo e altri affari con Sua Altezza lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, l'emiro onnipotente del Qatar.

Il trattamento riservato ai lavoratori è disumano: gli operai vengono letteralmente sequestrati; giunti in Qatar vengono privati del passaporto e dunque resi prigionieri; gli orari di lavoro raggiungono le 12 ore giornaliere, per salari di pura sussistenza. Manca naturalmente ogni normativa sindacale e di sicurezza. In queste condizioni sono morti in dieci anni seimilasettecentocinquanta lavoratori, per lo più rimasti sepolti sotto il crollo delle impalcature. Le loro famiglie hanno dovuto tribolare per ottenere il ritorno delle salme, e non sempre con successo.
Le abitazioni operaie sono baracche di lamiera e tuguri malsani dove si ammassano in un paio di stanze gli uni sugli altri decine di lavoratori. La sola periferia di Doha, capitale del Qatar, concentra la maggioranza di questi tuguri, spesso lontani dai luoghi di lavoro. L'assistenza sanitaria, inutile a dirsi, è praticamente assente.

Domanda: come è possibile che in queste condizioni la FIFA abbia potuto assegnare al Qatar nel 2010 i campionati mondiali del 2022? La risposta, scontata, è che il calcio in quanto sport ha ben poco a che fare col Qatar, mentre vi hanno molto a che fare le potenze imperialiste di diverso segno interessate al grande gioco del Medio Oriente.


L'ITALIA ARMA IL QATAR

Ora capita che proprio nello stesso giorno, 24 febbraio, il quotidiano di Confindustria titoli: «Qatar, secondo mercato per l'Italia». Si parla di esportazione delle armi. Armi tricolori, di cui l'Italia mena gran vanto.

Si apprende che nell'ultimo quinquennio il Qatar si sia affermato, subito dopo il Kuwait, come il principale destinatario di armi italiane, per oltre sette miliardi di commesse. Fincantieri ha ottenuto in semimonopolio la costruzione della Marina di guerra del Qatar. Il gruppo Leonardo lo rifornisce di elicotteri militari. Il gruppo MBDA si occupa della sua difesa costiera e del rifornimento di batterie di missili per le navi. Queste attrezzature, diciamo così, non riguardano direttamente i mondiali del pallone. Ma certo riguardano lo sviluppo della potenza qatarina e il suo peso specifico in Medio Oriente. La rotta di collisione tra Arabia Saudita e Iran, in lotta tra loro per l'egemonia regionale, chiede al Qatar di tenersi pronto ad ogni evenienza. Missili e navi da guerra servono esattamente a questo.

Domanda: perché il “democratico” imperialismo italiano arma fino ai denti un paese che schiavizza milioni di operai? Per la stessa ragione per cui arma l'Egitto di al-Sisi, che ha massacrato Regeni, vendendogli fregate militari. Per rafforzare una propria area di influenza in Medio Oriente e partecipare al banchetto della sua spartizione, evitando che qualche boccone di troppo finisca magari alla Francia.

Altro che difesa della sovranità italiana contro il commissariamento della UE, come dicono i sovranisti di sinistra in casa nostra. L'imperialismo italiano è già sovranamente impegnato a tutelare i propri interessi in casa d'altri. Ha subito la perdita di controllo sulla Libia a vantaggio di Erdogan e dell'imperialismo russo. Ora intende rifarsi. Se arma il Qatar è anche per questo.
Del resto: non è proprio il Corriere della Sera a insistere da un paio d'anni sul necessario recupero della presenza italiana nei teatri che contano, con lo sguardo rivolto alla concorrenza francese? È la linea editoriale di Banca San Paolo, grande azionista del Corriere, sicuramente sensibile ai “sovrani” interessi di ENI. Il «censimento della vergogna» con riferimento al Qatar va dunque fatto innanzitutto su Via Solferino.

Partito Comunista dei Lavoratori