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La Francia di Macron come l'Italia sulla limitazione della libertà sindacale

Da Radio Città Fujiko

29 Settembre 2018
La mobilitazione contro la limitazione della libertà sindacale
di Alessandro Canella
venerdì 28 settembre 2018


I licenziamenti di delegati sindacali come strumento ritorsivo delle aziende non si moltiplicano solo in Italia. Anche la Francia di Emmanuel Macron reprime i lavoratori che fanno attività sindacale, come nel caso del responsabile del sindacato dei postini francesi, Gaël Quirante. Ma da marzo i suoi colleghi portano avanti uno sciopero ad oltranza. Oggi l'assemblea SGB verso lo sciopero del 26 ottobre.

Questo pomeriggio alle 17.30 il Sindacato Generale di Base (SGB) di Bologna organizza un'assemblea pubblica in Via dello Scalo 21 per iniziare a preparare lo sciopero generale del prossimo 26 ottobre indetto dal sindacalismo di base.
Uno dei temi portanti delle rivendicazioni che hanno portato all'indizione dello sciopero è quello della libertà sindacale, messa sempre più in discussione nel nostro Paese.
Da un lato l'inasprimento della lotta in settori dove lo sfruttamento si fa più sentire, come la logistica, dall'altro una sorta di libertà di licenziamento introdotta dal Jobs Act e l'esclusione dei sindacati non firmatari di accordi con la parte padronale, stanno portando ad un aumento di licenziamenti per motivi politici.

Ne sa qualcosa Elmahi Ayachi, delegato aziendale SGB SDA/Poste Italiane a Sala Bolognese, lasciato a casa per ragioni politiche. Per il sindacato il licenziamento ha lo scopo di lasciare le mani libere all'azienda per una ristrutturazione che porterà alla chiusura del magazzino.
Ma anche se non ci sono licenziamenti, i sindacati di base vengono esclusi. Come succede all'FLMU/CUB, l'unico sindacato a non aver firmato l'accordo dell'Ilva di Taranto, ed ora escluso dalle trattative. A rappresentarlo all'assemblea di oggi pomeriggio ci sarà Antonio Ferrari.

Quando si tratta di reprimere i lavoratori o limitare la libertà sindacale, però, tutto il mondo è Paese. Per questo, all'incontro di oggi parteciperà anche Gaël Quirante, segretario del sindacato Sud Ptt Solidares delle Poste Francesi, licenziato per impedire la sua attività sindacale.
Il suo licenziamento, però, ha scatenato la solidarietà dei colleghi, che dal marzo scorso (da più di 187 giorni) stanno dando vita ad uno sciopero ad oltranza.


QUI LE INTERVISTE A ROSELLA CHIRIZZI DI SGB E DI GAEL QUIRANTE
Partito Comunista dei Lavoratori

NO AI LICENZIAMENTI. NO ALLA DITTATURA DEL PADRONATO!

SOLIDARIETA' AI COMPAGNI LICENZIATI

Il Partito Comunista dei Lavoratori, sezione di Bologna, aderisce al presidio indetto da SGB il 1 maggio alle ore 10 davanti alla sede delle Poste di piazza Liber Paradisus per esprimere la sua massima solidarietà ai compagni sindacalisti Aiachi e Noureddine vittime di  licenziamento da parte della cooperativa Dedalog che lavora per  SDA,  per futili motivi, ma più probabilmente a causa del loro attivismo a favore dei lavoratori del settore.
E’ora che i lavoratori tornino a difendersi unitariamente e attivamente dai licenziamenti. E’ ora di ribellarsi  alla crescente arroganza padronale sui luoghi di lavoro, mascherate da presunte riorganizzazioni o ristrutturazioni aziendali.
Il PCL sostiene l’iniziativa di SGB per  l’immediato reintegro dei compagni licenziati quale momento di resistenza e di rilancio delle lotte contro il padronato e la sua dittatura.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI - SEZ. DI BOLOGNA

AMAZON:Ipersfruttamento, controllo pervasivo, precarietà e ricatto


L'azienda multinazionale agisce con i pieni poteri concessi dal JobsAct nella giungla del libero mercato.


E' ormai noto a tutti coloro che non vogliono chiudere gli occhi davanti all'evidenza cosa significhi lavorare nei settori della logistica e affini nell'era della precarietà assoluta, dello smantellamento dei diritti sindacali, del logoramento delle condizioni salariali, dell'aumento dei carichi di lavoro accompagnato dai tagli al personale e dall'aumento della disoccupazione, del sindacalismo addomesticato e neutralizzato a semplice gestore del malcontento nei processi di aggressione frontale da parte di padronato e amministrazioni.

Turni massacranti e ritmi alienanti e pericolosi per la salute; continue pressioni ad uscire al di fuori dell'orario di lavoro ordinario per sopperire ad una organica e voluta carenza di personale per poter aumentare le quote di profitto estrapolate dal lavoro dei dipendenti; precarietà in crescita che aumenta masse di lavoratori ricattabili a cui è possibile chiedere ogni tipo di prestazione extra e, perchè no, illegittima, non retribuita o in nero; controllo pervasivo dei movimenti, dei ritmi, dei minimi errori, del livello di produttività e degli obiettivi senza la minima considerazione delle variabili umane (stanchezza, malattia, genitorialità, distrazione, fatica etc); pause negate e criminalizzate.

Così, da varie inchieste, emergono dati sconcertanti: turni fino a 55 ore settimanali e fino a 10 ore consecutive; dai 6 ai 9 secondi per imballaggio a disposizione per raggiungere obiettivi di 300 articoli all'ora, non più di 30 secondi per l'impacchettamento; lavorazioni a cottimo che possono portare il pagamento a 8 centesimi a "pezzo"; ritorsioni, sanzioni disciplinari e mobbing contro chi non garantisce piena disponibilità ad ogni tipo di pressione o richiesta.

A documentare questi dati sono le testate giornalistiche più importanti, alcune sicuramente interessate a colpire un concorrente dei propri finanziatori, semplicemente perchè questi ultimi vorrebbero poter accedere e raggiungere lo stesso livello di aggressione, temendo però l'eccessiva spudoratezza del nuovo magnate del settore. Le inchieste perciò arrivano dal NewYorkTimes, dal Mirror, dal Guardian, da Linkiesta, da LaStampa, dall'Espresso etc.

L'altro dato, non meno importante, riguarda le relazioni sindacali. L'azienda regolarmente rifiuta, nega o rimanda gli incontri con i sindacati, anche i concertativi ed "affidabili" CGIL-CISL-UIL, tentando di delegittimare lo strumento della contrattazione collettiva e del confronto con i lavoratori in quanto classe, ricercando il diretto contatto e "dialogo" con il singolo lavoratore, per "accoglierne" le esigenze riconducendole e corregendole entro la logica aziendale, per farlo ragionare su quanto i disegni siano più grandi e di come la grande famiglia possa sopravvivere solo con i sacrifici e gli sforzi di tutti. Poco importa se questi "sforzi" ricadano esclusivamente su lavoratori da 1.000 euro netti al mese, i benefici si concentrano tutti nel patrimonio di Jeff Bezos che si stima tra i 105 (stima Bloomberg) e i 125 (Stima Forbes) miliardi di dollari.

Tutto ciò non è nulla di nuovo, e non è nemmeno patrimonio esclusivo di Amazon e del patron Jeff Bezos, che su questo impero di sfruttamento di avanguardia si è costruito il patrimonio e la ricchezza che lo ha portato al primo posto nella classifica degli uomini più ricchi del mondo. Condizioni e tendenze simili, in alcuni casi anche peggiori, sono registrabili in tutte le aziende di logistica in cui la giungla delle cooperative rende il tutto anche più intricato e continuamente spinto oltre ogni parvenza di distinzione tra legalità e illegalità, con vere e proprie truffe ai danni dei lavoratori e della previdenza pubblica. E' così quindi in TNT, DHL, BRT, SDA, FedEx, FERCAM etc. Lo sta diventando anche nella più grande azienda italiana, al momento ancora sotto controllo pubblico, il Gruppo PosteItaliane (proprietario al 100%, peraltro, di SDA).

Ora sconcerta l'ultima grande invenzione e brevetto che in casa Amazon vogliono far proprio: il braccialetto per il controllo dei movimenti, dei ritmi e delle azioni del dipendente, un braccialetto che possa inviare anche vibrazioni e messaggi al lavoratore non appena commetta un errore o faccia qualcosa di non permesso dall'azienda. Insomma si passa dal lavoro schiavizzato al lavoro del controllo pervasivo e totalitario, la robotizzazione dell'essere umano trasformato in un carcerato controllato sul lavoro e, perchè no, attraverso social e tecnologie, nel privato (non sono rari i casi di regolamenti interni aziendali in cui si avvertono i dipendenti di sanzioni in caso di diffusione di informazioni o commenti che possano danneggiare l'immagine dell'azienda sui social – per cui non solo non è possibile scioperare e sindacalizzarsi ma addirittura nemmeno lamentarsi delle condizioni di lavoro).

l' ipocrisia peggiore si registra nel coro dei vari esponenti dei partiti confindustriali e padronali, nella maggior parte dei casi gli stessi che si sono fatti promotori e sostenitori di politiche e decreti sul lavoro che hanno incentivato e permesso tutto questo, dando mano libera e carta bianca alla costante tendenza del mercato e dei capitali di schiacciare e schiavizzare il mondo del lavoro per poter estrapolare quote sempre maggiori di profitto e sfruttamento. A partire proprio dagli esponenti del Partito Democratico il cui Jobs Act, assieme al decreto Poletti, ha aperto alla totale precarizzazione del lavoro trasformando in precario anche il contratto a tempo indeterminato grazie alle "tutele crescenti", ha cancellato la possibilità di vedere un reintegro in caso di licenziamenti illegittimi con la cancellazione dell'art.18 e ha allargato la platea di giustificazioni aziendali con cui coprire tagli e licenziamenti, prima illegittimi, rendendo quasi incontestabili legalmente gli esuberi di massa e lo scarico sui lavoratori dei rischi aziendali. Infine, proprio il JobsAct, ha aperto alla possibilità per le aziende di controllare il lavoratore a 360°, dagli spostamenti alle comunicazioni private.

Non per nulla già un primo sciopero su questo tema si registrò il 24 Marzo 2015 in Fincantieri, sciopero che coinvolse i cantieri di Muggiano (La Spezia), di Riva Trigoso e di Sestri Ponente, perchè l'azienda voleva installare dei microchip negli scarponi dei lavoratori per controllarne spostamenti e ritmi.

Non solo. Questi governi, con il consenso bipartisan, hanno neutralizzato legalmente il ruolo del sindacato relegandolo a semplice sottoscrittore delle scelte padronali, accolto ai tavoli di trattativa solo se accetta la condizione di ricoprire il ruolo ritagliato nel teatrino delle trattative per smussare alcuni angoli, far fare qualche sfogo illusorio ai propri iscritti con qualche ora di sciopero isolata e portare a compimento i progetti aziendali e governativi. Tutte le sigle che non stanno a questa logica saranno escluse aprioristicamente dai salotti delle chiacchere concertative, tutti i lavoratori che esprimono risentimento e conflittualità che possono mettere in discussione questo copione devono essere prima di tutto "ricondotti a ragione" dai sindacati e, se questo non bastasse, isolati, sanzionati o lasciati a casa.

Oggi però tutti, in campagna elettorale, si indignano ed esprimono parole di sconcerto per le condizioni di quei lavoratori e di quelle lavoratrici eppure tutti sono responsabili delle politche di aggressione al mondo del lavoro di questi ultimi 40 anni, da Liberi&Uguali fino a Fratelli d'Italia. A questi si aggiungono coloro che si sono presentati alle porte della politica come movimento "antisistema" e i cui esponenti, oggi per domani, corrono nei principali salotti e club della borghesia nazionale e internazionale ad assicurare la propria affidabilità nel guardare agli interessi del profitto, delle speculazioni e dello sfruttamento, proprio come sta dimostrando DiMaio per il Movimento5Stelle e Salvini per la LegaNord (ormai non più Nord e già ampiamente organica alle politiche di aggresione del lavoro portate avanti dai governi di Centrodestra).

Solo un programma rivoluzionario e anticapitalista può dare una prospettiva di miglioramento a questi lavoratori. Solo la prospettiva di un fronte unico di classe e di massa, che riunisca tutto il mondo dei lavoratori e delle lavoratrici contro il blocco delle borghesie e della finanza, sopra la spinta di uno sciopero generale ad oltranza, può rispondere a questi attacchi con una forza in grado di far indietreggiare la classe padronale e rilanciare la conquista di diritti e condizioni dignitose.
Solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici può garantire l'applicazione di misure efficaci come le nazionalizzazioni senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori, la riduzione dell'orario di lavoro con l'istituzione di un salario minimo garantito, la cancellazione della precarietà e della disoccupazione. Solo una Sinistra Rivoluzionaria può farsi portavoce di queste istanze, e il PCL è in prima linea nell'affermare questa necessità e nel darle concretezza programmatica in questa prossima campagna elettorale, come in ogni terreno d'intervento del nostro partito.
Partito Comunista dei Lavoratori

Aggressione fascista contro una militante del Partito Comunista dei Lavoratori

1 ottobre
A Genova oggi pomeriggio, durante lo svolgimento della festa cittadina del Partito Comunista dei Lavoratori, un gruppo di fascisti ha prima strappato una bandiera del partito, poi ha aggredito Cinzia Ronzitti, candidata a sindaco del PCL in occasione delle ultime elezioni comunali cittadine, buttandola a terra, colpendola, costringendola a recarsi al pronto soccorso.

Quanto accaduto è sintomatico di una situazione più generale che il nostro partito denuncia da tempo. Le organizzazioni fasciste, sempre più legittimate dall'attenzione mediatica, si stanno ritagliando un ruolo crescente. Lavorano a capitalizzare a proprio vantaggio la campagna xenofoba moltiplicando le iniziative squadriste contro i migranti, e quando occorre attaccano direttamente le lotte dei lavoratori, come accaduto in questi giorni con l'aggressione ai picchetti di sciopero di SDA.

Intanto l'ipocrita legge Fiano, del tutto innocua contro i fascisti, viene tradotta in chiave reazionaria e provocatoria da giunte locali di centrodestra (vedi Soragna), che invocano la messa fuori legge di ogni forma di “propaganda comunista”, naturalmente col plauso dei fascisti.

Il Partito Comunista dei Lavoratori ritiene una volta di più che contro aggressioni e intimidazioni fasciste sia necessaria e legittima l'autodifesa; e che solo il rilancio di una mobilitazione unitaria e di massa del movimento operaio contro il capitalismo, per un'alternativa di società, possa chiudere davvero gli spazi d'azione del fascismo.
Partito Comunista dei Lavoratori

Solidarietà ai lavoratori aggrediti da una banda fascista

Il Partito Comunista dei Lavoratori esprime tutta la propria solidarietà ai lavoratori della SDA di Carpiano (Mi) che durante un picchetto del SI.Cobas sono stati aggrediti da una squadraccia fascista e padronale. Siamo vicini ai compagni feriti, a cui auguriamo una pronta guarigione.
Il fatto in sé è gravissimo: una banda fascista di padroncini collegati a SDA, alcuni addirittura in tuta da lavoro con il logo dell'azienda come riportato dalla stampa, ha aggredito gli scioperanti che da alcuni giorni bloccano l'hub SDA di Carpiano nella zona sud-est di Milano, esibendo tra l'altro immagini di Benito Mussolini.
Tutto ciò non deve finire nel dimenticatoio o essere vissuto come un fatto di cronaca isolato, proprio mentre fascisti e nazisti in Italia, e non solo, rialzano la testa contro i lavoratori, in particolar modo contro il proletariato migrante.
Nell'autodifesa e nelle lotte sindacali deve essere perseguita la massima unità.
Per quel che concerne il sindacalismo di base assume una sua importanza lo sciopero del prossimo 27 ottobre, che il PCL sostiene.
Parallelamente il PCL continuerà a battersi per una svolta complessiva, unitaria e radicale, del movimento operaio nella prospettiva di uno sciopero generale di massa attorno ad un programma di lotta unificante, condizione decisiva per alzare un argine contro la reazione e aprire il varco di una alternativa di classe.

Partito Comunista dei Lavoratori