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Whirlpool, tutti i nodi sono giunti al pettine

 


L'unica soluzione è la nazionalizzazione

25 Ottobre 2020

I nodi sono giunti al pettine nella vicenda Whirlpool.
Sullo sfondo della drammatica pandemia in pieno corso, i vertici dell'azienda americana hanno confermato la chiusura dello stabilimento campano. Quasi 400 operai licenziati, più 500 lavoratori dell'indotto. Una soluzione inaccettabile, tanto più a Napoli.

La conferma della chiusura non è una sorpresa. Gli azionisti Whirlpool hanno pianto miseria per un anno intero nonostante i bilanci dell'azienda siano tutti in attivo. Lo scopo era incassare centinaia di milioni di ulteriori regalie pubbliche da parte sia del governo che della regione. Cui si aggiungono, come per tutti i capitalisti, il taglio dell'IRAP a danno della sanità pubblica e le garanzie pubbliche sui crediti bancari. Tutti soldi pagati con la fiscalità generale, quindi dalle tasche dei lavoratori. Ora gli azionisti Whirlpool, incassato il malloppo, hanno dato agli operai il ben servito.

Questo epilogo prevedibile chiama in causa le responsabilità di tutti gli attori pubblici di questa vicenda. Per un anno tutti i partiti di governo, in compagnia degli amministratori regionali, hanno raccontato agli operai che sarebbe stata trovata una soluzione, o che addirittura il problema era già risolto. Si doveva solamente attendere, nutrire fiducia, e soprattutto votarli. In questo ha primeggiato su tutti Luigi Di Maio, che ha costruito su Whirlpool un pezzo delle proprie campagne elettorali in Campania, sino a recitare la parte in commedia delle parole "dure" contro la proprietà, ad uso delle telecamere.

Ora la commedia è finita, perché purtroppo parlano i fatti. E i fatti, a essere onesti, chiamano in causa anche la politica dei vertici sindacali. A cosa è servito alimentare illusioni su un possibile accordo con l'azienda, quando era chiaro che la decisione di chiudere era presa da tempo? A cosa è servito appoggiare le regalie finanziarie del governo agli azionisti Whirlpool in cambio di promesse finte? A nulla.

Ora è necessaria una svolta. Non c'è più nulla da negoziare con la Whirlpool. L'azienda va occupata e presidiata a oltranza dagli operai per impedirle di portar via i macchinari. Dalla fabbrica non deve uscire un bullone. La proprietà Whirlpool va nazionalizzata, senza un euro di indennizzo agli azionisti, e sotto il controllo degli operai. La produzione deve continuare in tutti gli stabilimenti, a salvaguardia dei posti di lavoro e degli stipendi. Questa è l'unica possibile soluzione della vicenda che non sia penalizzante per gli operai. Altre soluzioni, rispettose della produzione e del lavoro, non ne esistono. E infatti oggi nessuno sa indicarle.

Chiediamo a tutte le organizzazioni di fabbrica che fanno riferimento alle ragioni del lavoro di unire la propria azione a sostegno della nazionalizzazione della Whirlpool. Gli operai e le operaie hanno dato prova di una combattività e generosità straordinaria in tutta questa vicenda. Meritano una prova di unità, ma anche di determinazione. L'unica possibilità concreta di salvare il posto di lavoro passa per una svolta radicale dell'azione di lotta. Va costituita una cassa nazionale di resistenza a sostegno di una lotta prolungata e dell'occupazione della fabbrica.

Il governo ha fatto capire che l'unica cosa che teme è la turbativa dell'ordine sociale a Napoli. È la prova che solo un'azione di massa radicale degli operai può scuotere la controparte e strappare risultati. Le direzioni sindacali hanno annunciato formalmente lo «scontro sociale»? Chiediamo che prendano sul serio le proprie parole. Ma soprattutto che le prendano sul serio gli operai attraverso la propria azione.

Partito Comunista dei Lavoratori