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Ciao Mario

 


Pubblichiamo due ricordi di Mario Tommasi, militante per molti anni del nostro partito, scomparso ieri.


Nella vita spesso si vivono momenti di impotenza, che inducono stati di sofferenza improvvisa. Quando ci si confronta in particolare con il lutto e la morte, tutto diventa più difficile da affrontare e sembra impossibile.

Oggi ci ha lasciato il compagno Mario Tommasi, un bravo compagno e una bella persona. Per me è stata una vera e propria doccia fredda, avevo avuto modo di sentirlo circa un mese fa, mi aveva detto che non era stato bene ma mi aveva tenuto nascosto della sua malattia, che oggi ce lo ha portato via.

Militante e dirigente del PCL, compagno sempre disponibile e pronto a mettersi in discussione, dotato di spirito critico. Era stato sin dalla fondazione del PCL – all'epoca chiamato Movimento – il nostro punto di riferimento nella provincia di Rieti, un compagno appassionato e generoso. Negli ultimi anni aveva abbondonato la politica attiva, ma non aveva reciso i legami con la comunità del suo partito, e spesso sui social non mancava di far presente il suo punto di vista.

Non dimenticherò mai il tuo modo di stare in piazza, da manuale; la tua voce era così netta ed instancabile.

Mario non era solo un compagno eccezionale, ma anche un amico. Ci mancherai.

Condoglianze e un abbraccio a Nazzarena.


Eugenio Gemmo






Mario Tommasi, compagno esemplare


Mario Tommasi era un compagno dai grandi silenzi. Era attraverso i silenzi che parlava, più che con le parole. Il suo carattere affabile, semplice, di una mitezza che sconfinava in un'introversione inaccessibile, era il corrispettivo della concretezza e semplicità con cui concepiva la militanza.

Mario aveva un approccio essenzialmente pratico all'attività politica. Che non è mai stato per lui la negazione del lato teorico, ma lo sforzo costante di far vivere la teoria in ogni singolo atto in cui era possibile infonderla e trasmetterla. In ogni volantinaggio, corteo, assemblea, incontro.

Un'attitudine che forse gli derivava dal suo lavoro di programmatore e di informatico ante litteram. Fu attivo per lunghissimo tempo, fin da giovane tecnico (come allora venivano chiamati), nel Collettivo politico della Olivetti e nella "cellula Olivetti" del PCI, a Roma. Approdò a Rifondazione Comunista, e a Proposta (antesignana del PCL), quasi naturalmente. Ai tempi della nascita del PCL, nel 2006, fu tra i dirigenti locali di Rifondazione, a Rieti e nel Lazio, che più si spesero per far capire le ragioni della scissione e per organizzare una risposta collettiva che fosse all'altezza della situazione.

Per anni e anni, ha guidato esemplarmente la piccola e combattiva sezione di Rieti ovunque in prima linea.
Per molti anni non c'è stato corteo, manifestazione, iniziativa pubblica, appuntamento interno che non lo vedesse presente, defilato e instancabile, macinando decine di chilometri, con una puntualità che anticipava anche le circolari di convocazione, con la amata Nazzarena sempre al suo fianco.
Che fosse la presenza assidua ai cancelli delle fabbriche, la vendita del giornale, i volantinaggi, i tavolini, la raccolta firme, una conferenza stampa, non c'era niente che Mario non organizzasse fin nei dettagli. Quei dettagli ai quali prestava sempre attenzione, e che spesso erano per lui la chiave di volta per capire e spiegare questa o quella posizione, questa o quella dichiarazione, questo o quel disegno del nemico di classe.

Non era compagno di tante parole, Mario, non era compagno di convenevoli. Per lui le parole pesavano, ed erano da usare poco e indirizzare bene. I suoi interventi nelle riunioni locali e nazionali erano sempre calibratissimi, e centravano il sodo senza girarci intorno, all'occorrenza riportando tutti coi piedi per terra. A un congresso nazionale presentò degli emendamenti e un documento sul finanziamento (sua "fissazione" di sempre, per la quale era stato componente della commissione economica del partito), e negli interventi di presentazione fu approfondito fino alla pignoleria, non lasciò nulla al caso, facendo capire lo scrupolo affilato con cui aveva pensato e studiato prima di agire.

Non lasciare niente al caso era l'impronta del suo contributo, del suo leninismo. Era per questo che il suo tarlo organizzativistico non lo lasciava mai soddisfatto, mai assetato. Un tarlo che lo poteva portare a dissensi verticali ma non all'autocompiacimento della distruzione, dell'isolamento o della fuga. Sapeva bene che un partito rivoluzionario è imperfetto per definizione, e che la costruzione non è che un cammino incessante verso il miglioramento sempre possibile ma spesso non a portata di mano. Era consapevole di questo per intelligenza e per fatto generazionale, per atteggiamento e per comprensione politica. E non poteva che reagire con una delle sue tipiche alzate di spalle, o allargando sconfortato le sue enormi braccia, quando era alle prese con facilonerie e spacconaggini che gli era toccato di vedere anche dentro il suo partito.
Il suo proverbiale anti-ottimismo – che alla fine aveva e ha avuto la meglio – non era mai un motivo di ripiegamento ma semmai una molla per spingersi avanti, per trovare una soluzione, magari cambiando strada, insieme.

Ciao Mario, grazie del tuo esempio. Cercheremo di farlo vivere nel tuo ricordo.


OL