I dati che la cronaca sottolinea quotidianamente evidenziano l'enorme prezzo che il nostro paese sta pagando in termini di vite umane alla pandemia da coronavirus in atto, e con esso le pesanti ricadute sul piano economico e sociale. Ciò non è casuale, ma la diretta conseguenza della crisi del nostro Servizio Sanitario Nazionale, frutto delle politiche succedutesi negli ultimi decenni all'insegna del liberismo, dell'austerità, degli interessi del capitale finanziario. Politiche promosse peraltro in tutta Europa, da ogni governo.
Quanto emerso durante la prima fase ha reso palese tutto ciò ed evidenziato la necessità di intervenire con decisione sul terreno del contenimento della diffusione della pandemia, della cura. Ciò per tanta parte non è accaduto: le misure adottate si sono rivelate confuse, contrastanti, largamente inadeguate, e ciò che si temeva, ossia una seconda ondata di contagi, è divenuta realtà.
Un disastro annunciato, la cui responsabilità è da attribuire in egual misura al governo centrale ed ai vari governi regionali, accomunati dalla volontà di non rompere con la logica della regionalizzazione dell'organizzazione e gestione della sanità, della corsa alla privatizzazione del sistema, al punto che il vero soggetto vincente ad un anno dall'inizio della pandemia sembra essere paradossalmente la sanità privata.
Oggi, a fronte di quella che per molti è una terza ondata, l'attenzione si è giocoforza spostata sul terreno della somministrazione dei vaccini, finalmente disponibili, ed ancora una volta i limiti del sistema emergono con forza.
L'avere abbandonato la strada di un polo pubblico volto alla ricerca, alla produzione ed alla distribuzione degli stessi, come di altri farmaci e presidi medico sanitari, l'avere rispettato gli interessi delle multinazionali farmaceutiche ed il loro monopolio dei brevetti ha esposto il nostro paese, così come l'intera Unione Europea, alla quale ne è stato delegato l'acquisto e la distribuzione, ad un ricatto inaccettabile, dettato unicamente dalla volontà di profitto.
Ciò che ad oggi si evidenzia è una insufficiente trasparenza circa i termini degli accordi sottoscritti, una immotivata disparità di costi tra un vaccino e l'altro, ritardi consistenti sui tempi della consegna ai diversi stati, e quindi un allungamento dei tempi per il raggiungimento della “immunità di gregge” necessaria al superamento della pandemia, ed il rischio concreto è che a tanti paesi del mondo quei vaccini non arrivino affatto, e comunque con tempi assai diversi, evidenziando ancora una volta quanto il diritto alla salute continui ad essere subordinato alla ricchezza disponibile (ad oggi sono 130 i paesi che non hanno avviato la vaccinazione).
Ciò conferma che è il sistema a dovere essere ripensato alla radice. Noi riteniamo necessario che i vaccini siano considerati un bene comune globale, che si superi la logica imperante dei brevetti, che la sua somministrazione sia gratuita ed a disposizione dell'intera umanità, e ci sentiamo pertanto
impegnati a sostenere le iniziative che muovono in tal senso.
Per quanto concerne il nostro paese chiediamo che il governo e le regioni mettano in campo uno sforzo assai maggiore di quello in essere, affinché si stringano i tempi della vaccinazione di massa (ai ritmi odierni occorrerebbero almeno tre anni), garantendone sempre e comunque la gratuità, e per fare questo occorre utilizzare, nel rispetto delle procedure, ogni spazio e modalità disponibile, mettere a disposizione molto più personale di quello ad oggi utilizzato, garantire tutta la strumentazione necessaria.
Al di là della decisiva questione della vaccinazione, resta l'esigenza di una profonda riforma del Servizio Sanitario Nazionale nella direzione da noi indicata con la campagna “ Riconquistiamo il diritto alla salute”, a sostegno di proposte chiare, fattibili.
Oggi più che mai occorre rivendicare la ridefinizione dell'assetto dei servizi di prevenzione, cura, riabilitazione, ospedalieri e territoriali, anche attraverso la riapertura di ospedali soppressi, la definizione di strutture ad hoc, attuando processi di reinternalizzazione, etc.
Ciò che serve è un vero e proprio piano che muova in tale direzione, un piano pubblico, per strutture pubbliche, che rompa con la logica del ricorso al privato parassitario di questi anni, i cui risultati fallimentari sono sotto gli occhi di tutti.
La sanità deve essere interamente pubblica.
Ciò che occorre affermare è un piano straordinario di stabilizzazione di tutto il personale precario e di assunzioni di almeno 40000 unità di personale medico, di almeno 80000 unità di personale infermieristico, nonché di un congruo numero di personale ausiliario, con contratti a tempo indeterminato, che passa attraverso la definizione di idonei percorsi formativi, ed una politica davvero volta a riconoscere adeguatamente il lavoro dello stesso.
Tutto ciò deve e può essere finanziato: le risorse ci sono.
Qui si colloca la questione del recovery fund, che a fronte di una disponibilità complessiva di 209 miliardi di euro, ne prevede soltanto 19 per la sanità, nonostante lo stesso governo uscente abbia a più riprese parlato di un fabbisogno complessivo di almeno 40 miliardi, nonché dello stesso recovery plan, che allo stato si è soffermato soprattutto sul processo di digitalizzazione del sistema. Una scelta, quella del mettere in campo risorse attraverso il ricorso al recovery fund, che rappresenta nel suo complesso una operazione di indebitamento pubblico, che in prospettiva finirà con l'essere scaricato ancora una volta sulle masse popolari, sullo stesso sistema sanitario, che va ostacolata. Occorre che l'investimento nella sanità pubblica sia finanziato da una patrimoniale sulle grandi ricchezze.
Ciò che serve è mettere in campo un'azione di lotta, ampia ed articolata, in grado di imporre tale scelta, di sostenere le proposte formulate per il rilancio del Servizio Sanitario Nazionale; ciò è parte della necessaria opposizione al governo Draghi, espressione delle élite economico-finanziarie che in Italia come in Europa portano la responsabilità del progressivo smantellamento del sistema di welfare, segnatamente del sistema sanitario.
È necessario riconquistare il diritto alla salute, affermare una sanità pubblica, universale, laica, gratuita.
La campagna continua, noi ci siamo!
Marzo 2021