«Renzi è un irresponsabile avventuriero» che ha scelto «il tanto peggio tanto meglio». «Il nostro giudizio assai critico verso M5S non ci impedisce di giudicare come gravissimo che il PD abbia operato per spingere il partito di Di Maio e Casaleggio a destra con una logica cinica e miope. Il contrario di quello che ha fatto la sinistra durante tutta la storia repubblicana.»
Questo concetto (testuale) non è stato espresso da Bruno Tabacci, Cesare Damiano, Pier Luigi Bersani, come sarebbe naturale pensare. E neppure da Nicola Fratoianni. No, è stato espresso in un comunicato ufficiale da Maurizio Acerbo, segretario del Partito della Rifondazione Comunista, colonna portante di Potere al Popolo.
Il concetto è notevole, per la densità di significati e implicazioni. Misura in poche righe tutto l'"equivoco rifondazione": l'assenza di una chiara demarcazione di classe, la continuità rivendicata con la storia del riformismo italiano, la natura reale della prospettiva che si persegue.
DIRE LA VERITÀ SUL M5S
Potremmo intanto osservare, en passant, che criticare Renzi per “irresponsabilità” verso la “sinistra” è una contraddizione politica e logica: il renzismo è l'erede di una lunga parabola che già da tempo (prima coi DS e poi col PD) aveva rotto con la sinistra e il movimento operaio. Renzi vi ha aggiunto la propria vocazione bonapartista e una contrapposizione frontale al lavoro. Perché si dovrebbe chiedergli “responsabilità” per una sinistra che ha puntato ad annientare?
Ma non è questo il punto. Si rimprovera a Renzi di aver spinto a destra il M5S. Cioè, se le parole hanno un senso, di non aver lavorato per spostare il M5S a sinistra, negoziando con Di Maio. Ma a parte il fatto che difficilmente si poteva chiedere a Renzi di spostare a sinistra alcunché, cosa significa “spostare a sinistra Di Maio e Casaleggio”?
Significa continuare a rimuovere la natura reazionaria del M5S: cultura plebiscitaria, campagne di respingimento dei migranti, contrapposizione del reddito al lavoro, sostegno alle riforme fiscali di Trump... Certo, il M5S non è la Lega. Ma la sua convergenza con Salvini non ha forse la propria radice nel sottofondo di una cultura politica? Oggi il nuovo corso di Luigi Di Maio trapianta semplicemente questa radice genetica nella ricerca di una rappresentanza diretta dell'establishment (fedeltà alla UE, alla NATO, al capitale finanziario) per fare del M5S l'architrave della Terza Repubblica. Ne consegue la natura anfibia del M5S attuale: metà reazionario e metà confindustriale, in ogni caso di destra con taglio populista. Si può pensare di “spostare a sinistra” una diversa declinazione della destra?
Il fatto che il M5S abbia una larga base elettorale tra i lavoratori e i disoccupati è naturalmente un fatto vero (e drammatico). Ma lavorare a separare i lavoratori da quel partito significa innanzitutto spiegare loro cos'è, non limitarsi alla “critica” (che in sé non vuol dir nulla). Significa segnare una demarcazione di classe tra gli interessi del lavoro e quelli che il M5S rappresenta, e ancor più si candida a rappresentare. L'esatto opposto dell'illusione di poter spostare a sinistra il M5S.
Ma c'è di più. Proprio la soluzione di governo M5S-PD che Acerbo implicitamente avalla (“il meno peggio”) è stata a lungo la soluzione preferita dal grande capitale dopo il 4 marzo. La logica era lineare: un M5S col 33%, attorno al “responsabile” Di Maio, va definitivamente "costituzionalizzato" e trasformato in baricentro politico; la funzione del PD è quella di consolidare e sospingere questa normalizzazione del M5S. Il fatto che Renzi si sia messo di traverso a questo disegno in funzione del proprio controllo autocentrato sul PD è altra questione. Non a caso la stampa borghese e il Quirinale hanno criticato la scelta di Renzi perché ha anteposto i propri interessi all'interesse generale di sistema.
Dunque rimproverare il PD per non aver spinto a sinistra il M5S (cioè, detto in prosa, di non aver negoziato il governo con Di Maio) significa mettersi a rimorchio del Corriere della Sera, di Repubblica, di Mattarella. Può essere che questo favorisca migliori relazioni del PRC con la cosiddetta sinistra del PD e le truppe disperse di Liberi e Uguali (che già si erano iscritte non a caso nel governo M5S-PD). Ma a questo si riduce la rifondazione del comunismo?
"LA SINISTRA DI TUTTA LA STORIA REPUBBLICANA"
In realtà nulla di nuovo sotto il sole.
Quando Acerbo rivendica, in contrapposizione a Renzi, «quello che ha fatto la sinistra durante tutta la storia repubblicana» afferma una volta tanto una verità. Sì, la sinistra riformista italiana in tutta la storia repubblicana ha perseguito la politica del meno peggio, a rimorchio della borghesia italiana.
Nella storia della Prima Repubblica fu la politica del PCI verso la DC, nel nome della famigerata anima popolare della Democrazia Cristiana, che si doveva strappare alla destra e costringere al compromesso storico. Una formula sponsorizzata dal grande capitale tra il 1976 e il 1978 per imbrigliare e disperdere la grande avanzata del movimento operaio.
Nella storia della Seconda Repubblica fu la politica di Bertinotti (e di Cossutta, Diliberto, Rizzo, Ferrero) nei confronti del PDS, poi DS, infine PD, nel nome del condizionamento a sinistra del centrosinistra in contrapposizione al centrodestra. Un centrosinistra a lungo sostenuto dalla grande borghesia, italiana ed europea, per smantellare le conquiste del lavoro.
In entrambi i casi si invocava il meno peggio. In entrambi i casi quella politica preparò il peggio. Se oggi ci ritroviamo un probabile governo M5S-Lega, una sinistra politica irriconoscibile, un movimento operaio piegato, non lo dobbiamo alla scelta di Renzi... di non corteggiare Di Maio. Lo dobbiamo al fallimento di una politica di lungo corso del riformismo italiano, che in nome del realismo ha organizzato disastri.
Purtroppo è la stessa logica di fondo che oggi ripropone, in forma indiretta, il segretario di Rifondazione. Il fatto che la riproponga in rapporto a Luigi Di Maio ricorda solo il vecchio detto: ”...dalla tragedia alla farsa”.
Questo concetto (testuale) non è stato espresso da Bruno Tabacci, Cesare Damiano, Pier Luigi Bersani, come sarebbe naturale pensare. E neppure da Nicola Fratoianni. No, è stato espresso in un comunicato ufficiale da Maurizio Acerbo, segretario del Partito della Rifondazione Comunista, colonna portante di Potere al Popolo.
Il concetto è notevole, per la densità di significati e implicazioni. Misura in poche righe tutto l'"equivoco rifondazione": l'assenza di una chiara demarcazione di classe, la continuità rivendicata con la storia del riformismo italiano, la natura reale della prospettiva che si persegue.
DIRE LA VERITÀ SUL M5S
Potremmo intanto osservare, en passant, che criticare Renzi per “irresponsabilità” verso la “sinistra” è una contraddizione politica e logica: il renzismo è l'erede di una lunga parabola che già da tempo (prima coi DS e poi col PD) aveva rotto con la sinistra e il movimento operaio. Renzi vi ha aggiunto la propria vocazione bonapartista e una contrapposizione frontale al lavoro. Perché si dovrebbe chiedergli “responsabilità” per una sinistra che ha puntato ad annientare?
Ma non è questo il punto. Si rimprovera a Renzi di aver spinto a destra il M5S. Cioè, se le parole hanno un senso, di non aver lavorato per spostare il M5S a sinistra, negoziando con Di Maio. Ma a parte il fatto che difficilmente si poteva chiedere a Renzi di spostare a sinistra alcunché, cosa significa “spostare a sinistra Di Maio e Casaleggio”?
Significa continuare a rimuovere la natura reazionaria del M5S: cultura plebiscitaria, campagne di respingimento dei migranti, contrapposizione del reddito al lavoro, sostegno alle riforme fiscali di Trump... Certo, il M5S non è la Lega. Ma la sua convergenza con Salvini non ha forse la propria radice nel sottofondo di una cultura politica? Oggi il nuovo corso di Luigi Di Maio trapianta semplicemente questa radice genetica nella ricerca di una rappresentanza diretta dell'establishment (fedeltà alla UE, alla NATO, al capitale finanziario) per fare del M5S l'architrave della Terza Repubblica. Ne consegue la natura anfibia del M5S attuale: metà reazionario e metà confindustriale, in ogni caso di destra con taglio populista. Si può pensare di “spostare a sinistra” una diversa declinazione della destra?
Il fatto che il M5S abbia una larga base elettorale tra i lavoratori e i disoccupati è naturalmente un fatto vero (e drammatico). Ma lavorare a separare i lavoratori da quel partito significa innanzitutto spiegare loro cos'è, non limitarsi alla “critica” (che in sé non vuol dir nulla). Significa segnare una demarcazione di classe tra gli interessi del lavoro e quelli che il M5S rappresenta, e ancor più si candida a rappresentare. L'esatto opposto dell'illusione di poter spostare a sinistra il M5S.
Ma c'è di più. Proprio la soluzione di governo M5S-PD che Acerbo implicitamente avalla (“il meno peggio”) è stata a lungo la soluzione preferita dal grande capitale dopo il 4 marzo. La logica era lineare: un M5S col 33%, attorno al “responsabile” Di Maio, va definitivamente "costituzionalizzato" e trasformato in baricentro politico; la funzione del PD è quella di consolidare e sospingere questa normalizzazione del M5S. Il fatto che Renzi si sia messo di traverso a questo disegno in funzione del proprio controllo autocentrato sul PD è altra questione. Non a caso la stampa borghese e il Quirinale hanno criticato la scelta di Renzi perché ha anteposto i propri interessi all'interesse generale di sistema.
Dunque rimproverare il PD per non aver spinto a sinistra il M5S (cioè, detto in prosa, di non aver negoziato il governo con Di Maio) significa mettersi a rimorchio del Corriere della Sera, di Repubblica, di Mattarella. Può essere che questo favorisca migliori relazioni del PRC con la cosiddetta sinistra del PD e le truppe disperse di Liberi e Uguali (che già si erano iscritte non a caso nel governo M5S-PD). Ma a questo si riduce la rifondazione del comunismo?
"LA SINISTRA DI TUTTA LA STORIA REPUBBLICANA"
In realtà nulla di nuovo sotto il sole.
Quando Acerbo rivendica, in contrapposizione a Renzi, «quello che ha fatto la sinistra durante tutta la storia repubblicana» afferma una volta tanto una verità. Sì, la sinistra riformista italiana in tutta la storia repubblicana ha perseguito la politica del meno peggio, a rimorchio della borghesia italiana.
Nella storia della Prima Repubblica fu la politica del PCI verso la DC, nel nome della famigerata anima popolare della Democrazia Cristiana, che si doveva strappare alla destra e costringere al compromesso storico. Una formula sponsorizzata dal grande capitale tra il 1976 e il 1978 per imbrigliare e disperdere la grande avanzata del movimento operaio.
Nella storia della Seconda Repubblica fu la politica di Bertinotti (e di Cossutta, Diliberto, Rizzo, Ferrero) nei confronti del PDS, poi DS, infine PD, nel nome del condizionamento a sinistra del centrosinistra in contrapposizione al centrodestra. Un centrosinistra a lungo sostenuto dalla grande borghesia, italiana ed europea, per smantellare le conquiste del lavoro.
In entrambi i casi si invocava il meno peggio. In entrambi i casi quella politica preparò il peggio. Se oggi ci ritroviamo un probabile governo M5S-Lega, una sinistra politica irriconoscibile, un movimento operaio piegato, non lo dobbiamo alla scelta di Renzi... di non corteggiare Di Maio. Lo dobbiamo al fallimento di una politica di lungo corso del riformismo italiano, che in nome del realismo ha organizzato disastri.
Purtroppo è la stessa logica di fondo che oggi ripropone, in forma indiretta, il segretario di Rifondazione. Il fatto che la riproponga in rapporto a Luigi Di Maio ricorda solo il vecchio detto: ”...dalla tragedia alla farsa”.