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Risoluzione politica Comitato Centrale del PCL – luglio 2015

Il Comitato Centrale del dicembre 2014 prefigurava due scenari nella politica italiana: lo sviluppo del movimento di massa contro il Job Act, l’emersione di un nuovo campo per la sinistra politica, la possibile sconfitta del governo e conseguente crisi del progetto bonapartista renziano; il ripiegamento della mobilitazione, l'emarginazione della sinistra nel paese e una stabilizzazione reazionaria attorno a Renzi. In questi mesi si è configurato un terzo scenario, che intreccia in un incerto equilibrio queste due ipotesi: l'opposizione di massa sul Job Act ha conosciuto una sconfitta, ma il grande movimento della scuola ha ostacolato la pacificazione del fronte sociale; il renzismo mantiene il suo progetto bonapartista, ma ha conosciuto una severa sconfitta elettorale e un indebolimento della propria ambizione strategica (Partito della Nazione); la sinistra aggrava la propria crisi, ma si allarga il suo spazio politico potenziale. Una dinamica vischiosa e contraddittoria, aperta nuovamente a differenti sviluppi.


La crisi del renzismo.

Il governo ha pagato a caro il prezzo della vittoria sul Job Act e lo scontro imprevisto sulla scuola. Prima le elezioni in Emilia Romagna; poi quelle del 31 Maggio (coi relativi ballottaggi) hanno segnato una pesante sconfitta elettorale e politica del PD.
Una sconfitta elettorale: con due milioni di voti persi rispetto alle europee 2014 e un milione rispetto alle politiche del 2013. Ma soprattutto una sconfitta politica. Il Partito della Nazione mirava a integrare il blocco sociale del centrosinistra con la conquista di parte significativa del blocco sociale del centrodestra. Il voto fotografa una dinamica opposta. Il PD perde ampi settori di elettorato tradizionale, prevalentemente nell’astensione, e non conquista altri bacini: anzi disperde il bottino delle europee (vedi Veneto).
Questa sconfitta è resa grave da due fattori complementari. In primo luogo, nonostante la crisi del berlusconismo, il centrodestra si espande, sulla scia della Lega (vedi Centro Italia). Una ricomposizione del centrodestra, problematica ma possibile, lo candida a possibile vincitore. In secondo luogo: i ballottaggi mostrano che gli elettorati del centrodestra e del M5S possono sommarsi contro il PD e sconfiggerlo. Entrambi i fattori minacciano l'impianto della riforma elettorale e istituzionale di Renzi: la futura vittoria, con la concentrazione nelle sue mani del potere, è determinata dall’incompatibilità dei poli rivali.
Questa battuta d'arresto non comporta un accantonamento. Renzi mantiene la rotta puntando sul referendum confermativo del 2016, eventualmente combinato con la tornata amministrativa nelle principali città: il suo scopo è incassare un’investitura plebiscitaria contro l'insieme delle opposizioni, per aprire la via di una propria vittoria alle politiche. In questo quadro rilancia il profilo originario di “rottamatore” populista (v. sganciamento dall'immagine del sindaco Marino..) contro le “forze della palude e della conservazione”. Così come, su un altro piano, il rafforza le posizioni nel partito e nella struttura profonda del potere (nomine imprese pubbliche e controllo CDP).
Il rilancio populista ha però del piombo nelle ali. Pesa rottura a sinistra (Job Act e scuola). Pesano i limiti materiali crisi capitalista italiana ed europea, scarso spazio di mediazione in sede UE e debito pubblico, variazioni imprevedibili dei tassi d'interesse, confronto/scontro con la Corte istituzionale sulle politiche di bilancio, trascinamento di spesa delle operazioni populiste degli 80 euro e sull'Irap, impossibilità riduzione fiscale sulla proprietà immobiliare..).
La principale debolezza del populismo di governo a vocazione bonapartista è la fragilità della sue basi materiali, nel quadro della crisi capitalista italiana ed europea. Un ostacolo obiettivo ad una stabilizzazione reazionaria attorno a Renzi.


I due populismi reazionari d'opposizione.

Nel quadro della crisi del movimento operaio (sconfitta del movimento di lotta sul Job Act, isolamento della scuola, assenza di una ricomposizione di massa); e della sinistra (assenza di un baricentro su cui ricomporsi, disgregazione dei gruppi dirigenti, trascinamento dei ripetuti fallimenti), la crisi del populismo di governo tende ad essere capitalizzata dal populismo reazionario. In particolare dalla Lega.
La Lega è l'unica vincitrice del 31 Maggio, con un avanzamento ovunque di voti. Con un risultato plebiscitario in Veneto e uno sfondamento in Centro Italia. E' l'unico partito che recupera dall'astensione e che guadagna in tutte le direzioni (anche da elettorato M5S e PD).
E' un successo politico. Il nuovo corso di Salvini capitalizza la crisi del berlusconismo. Il target “Lepenista” è l'esatto opposto di un isolamento politico, fosse pure redditizia sul piano elettorale. E' la leva di accumulo per candidarsi alla guida di un polo di governo. In questo quadro si pone in una prospettiva nazionale: si apre il varco a Roma con le complicità di Casa Pound, cerca lo sbarco a Sud (per quanto faticoso), richiama bandiere abbandonate o tradite dalla sinistra (abolizione della Fornero). Soprattutto cavalca la battaglia “anti tasse” e contro i migranti: i due terreni di egemonia sul senso comune popolare, al di là del voto ottenuto.
Questo corso complica la ricomposizione nel centrodestra. Ma non lo pregiudica. Diversamente dal FN francese, la Lega mantiene una logica di coalizione: preserva le giunte (Lombardia, Veneto); e recede dalla presentazione indipendente laddove questo può favorire una vittoria del centrodestra (Liguria). La crisi del renzismo e una potenziale vittoria alle prossime politiche potranno allargare spazi e canali di compromesso nel centrodestra.
Parallelamente si consolida il populismo reazionario a 5 Stelle.
Contrariamente ad una rappresentazione diffusa, il M5S ha perso voti il 31 Maggio (meno 5% sulle europee), a beneficio dell'astensione e della Lega. In Centro Italia in particolare il travaso sulla Lega è stato massiccio. Tuttavia il grillismo consolida il proprio insediamento con una presenza assai più omogenea della Lega. La bandiera del “reddito di cittadinanza” (in contrapposizione al lavoro) e dell'”abolizione di Equitalia” hanno una su settori popolari e di piccola borghesia, in particolare nel Sud. La vittoria generalizzata nei ballottaggi comunali, sia pure in prove minori, rivela un'intatta capacità di raccolta di un voto trasversale “anticasta” da parte di M5S. “mafia Capitale” può costituire un tonico importante nella concorrenza interna al campo reazionario. Nel caso di una mancata ricomposizione del Centrodestra, un accesso del M5S al ballottaggio contro un Pd renziano indebolito potrebbe offrire una possibilità al grillismo, per il quale l'Italicum è paradossalmente la migliore legge elettorale possibile per ambire al potere.
Il primo renzismo (col 41% alle europee) si era rivelato capace di contenere l'avanzata populista, a vantaggio della governabilità borghese. Lo sgonfiamento del populismo di governo apre il varco alla ripresa del populismo di opposizione. Una minaccia di instabilità torna a gravare sullo scenario politico italiano, sullo sfondo della crisi dell'Unione Europea.


Opposizione sociale e crisi della sinistra politica.

La concorrenza tra populismo di governo e populismi di opposizione si combina con l'emarginazione della sinistra, nonostante l'opposizione sociale (Job Act e scuola). Da un lato i limiti delle lotte hanno ostacolato la polarizzazione a sinistra. Dall'altro la crisi della sinistra ha indebolito l'espressione dell'opposizione sul terreno elettorale. Su entrambi i versanti è decisiva la responsabilità dei gruppi dirigenti del movimento operaio. A tutto vantaggio della polarizzazione populista reazionaria.
In autunno lo scontro sul Job Act configurava una ripresa del conflitto sociale con basi di massa. CGIL e FIOM si vedevano costrette a uscire dalla passività: un fronte unico di massa rompeva verticalmente, su una frontiera di classe riconoscibile, il blocco sociale del PD. Un raggruppamento del popolo della sinistra sul terreno della lotta di classe. Però le burocrazie sindacali non miravano alla sconfitta del governo sul terreno della lotta, ma ad una riammissione al tavolo negoziale. Un obiettivo oltretutto illusorio a fronte della natura reazionaria del renzismo. In ogni caso una logica che ha minato le potenzialità e compromesso la prospettiva del movimento: privato di una piattaforma e della continuità d'azione, infine condotto sul binario morto di uno sciopero generale simbolico (12 Dicembre). La scelta successiva di Camusso e Landini di non dare alcuna indicazione di lotta coronava di fatto la resa al governo. L'abolizione dell'articolo 18 per i nuovi assunti, il demansionamento, il controllo spionistico sui lavoratori, significavano non solo un ulteriore arretramento dei rapporti di forza tra le classi, ma perciò stesso un fattore di ulteriore demotivazione per vasti settori di massa. Tanto più a fronte di una battaglia avviata ma non combattuta. Al tempo stesso la dispersione del movimento vanificava l'occasione preziosa di una ricomposizione delle lotte sociali, riproponendo uno scenario di frammentazione.
Il quadro di isolamento e frammentazione delle lotte continua sui diversi fronti (vertenze aziendali, logistica, trasporto locale, casa..). Lo stesso movimento di massa nella scuola ne ha portato il segno.
Questa lotta nella scuola sviluppatosi a partire dalla seconda metà di aprile ed esploso con lo sciopero generale del 5 Maggio, ha riproposto, nel proprio settore, un fronte unico di massa. Una base amplissima (la più ampia storicamente nel settore scuola); una convergenza unitaria dell'insieme delle organizzazioni sindacali del settore; una forte spinta nell'innesco, con elementi di autorganizzazione, e con trascinamento sulle forme di lotta (Invalsi e scrutini); un forte carattere politico anti Renzi. Al tempo stesso un movimento tanto grande quanto isolato. Privo di una significativa sponda studentesca. Isolato dal resto della classe. La sua incidenza è stata indubbia, sovrapponendosi all'esperienza contro il Job Act, nel logoramento del renzismo e nella stessa sconfitta elettorale del PD. Ma non tale da invertire la tendenza generale. Il pronunciamento diffuso “sono un insegnante e non voto più PD” si è tradotto principalmente in astensione.
Parallelamente, la sinistra e cronicizza la propria crisi. Il movimento contro il Job Act sulla scuola hanno ampliato lo spazio a sinistra del renzismo, in quanto fenomeni di rottura col PD di ampi settori di massa. Ma lo spazio ad oggi non viene occupato. La gestazione di una ricomposizione politica della sinistra riformista è in atto da tempo. Ma è gravata da ripetuti fallimenti (Arcobaleno, Ingroia, Lista Tsipras), dalla rivalità di gruppi dirigenti, dalla moltiplicazione dei cantieri concorrenti (Civati con “possibile”, costituente di SEL; coalizione sociale di Landini). La “coalizione sociale” appare quella potenzialmente dotata di una leadership più riconoscibile e di un maggior richiamo sociale. Ma Landini la tiene sotto traccia, subordinandola ai propri calcoli burocratici per la successione alla Camusso e al calendario lungo della legislatura. La risultante d'insieme è l'impasse.
L'assenza di un soggetto di richiamo ha fortemente indebolito la possibile polarizzazione elettorale a sinistra, favorendo una dispersione passiva. Il 31 Maggio, con l'eccezione parziale del caso ligure, le liste della sinistra hanno registrato complessivamente un risultato inferiore a quello riportato dalla lista Tsipras nelle europee 2014. Nonostante i movimenti di lotta dell'autunno e della scuola. In una competizione politica il popolo della sinistra non ha trovato un soggetto di riferimento. L'astensione diffusa ne è il risvolto.


Lo scenario attuale e la nostra linea di massa. Il fronte unico di classe.

La nostra proposta generale resta il fronte unico di classe contro il governo.
Al precedente CC questa proposta aveva come sfondo lo scontro in atto tra governo e CGIL. La sua concretizzazione di conseguenza era quella di “concentrare tutte le energie sulle mobilitazioni e gli scioperi della CGIL e della FIOM.. nel comune interesse della sconfitta del governo Renzi”. Combattendo al tempo stesso la direzione della CGIL, avanzando una proposta di mobilitazione radicale e continuativa, proponendo lo sviluppo dell' autorganizzazione del movimento (“assemblea nazionale di delegati eletti nei luoghi di lavoro”).
Oggi non è in atto una mobilitazione generale contro il governo. E tuttavia non c'è né si profila una ricomposizione tra governo e CGIL, per via dell'immutato corso bonapartista del renzismo; il movimento di massa della scuola, al di là del suo esito immediato, ha riaperto un varco; il governo è obiettivamente più debole di un anno fa nella stessa percezione di massa.
Il fronte unico di lotta contro il governo conserva dunque tutto il suo significato. “Fare come la scuola” può essere una sua traduzione. “Fare come la scuola” significa non solo entrare nel varco aperto da quel movimento; significa anche estendere sul piano generale l'esempio del fronte unico di lotta come vero fronte di massa: unità delle organizzazioni di massa e lotta generale comune e continuativa contro il governo Renzi. Questo è il fronte unico. Non una unità d'azione tra forze di avanguardia, ma un largo fronte di massa sul terreno della lotta di classe.
Questa proposta si oppone all'immobilismo dell'apparato CGIL, oggi allo sbando e privo di tutte le sponde per una collaborazione di classe (Governo, PD, Confindustria). Si oppone alla logica passiva della “coalizione sociale” di Landini, ridotta a cartello di associazioni e post it senza alcuna iniziativa di mobilitazione reale. Traduce la coalizione sociale nella sua unica possibile espressione progressiva: la coalizione generale di lotta e di classe contro governo e padronato.
Perciò stesso la nostra proposta di fronte unico di massa contrasta ogni logica minoritaria di autocentratura separata tipica di diversi gruppi dirigenti del sindacalismo di base. E al tempo stesso pone la necessità di una direzione alternativa del movimento, di una piattaforma generale unificante, di una radicalizzazione delle forme di lotta (occupazione delle aziende che licenziano e casse di resistenza), autorganizzazione democratica di massa (assemblea nazionale di delegati eletti nei luoghi di lavoro, e ogni forma intermedia articolata che in qualche modo favorisca processi di organizzazione democratica, come comitati di lotta e coordinamenti RSU).
Sul piano politico la parola d'ordine “Via il governo Renzi, per un governo dei lavoratori” acquista, sul terreno propagandistico, una sua centralità. Nella prima fase del governo Renzi la confusione a livello di massa sulla natura del governo, anche per via di coperture (SEL e Landini), non ci consentiva di rivendicare la cacciata del governo: la nostra battaglia si concentrò sulla denuncia della sua vocazione bonapartista e sull'esigenza di una opposizione di classe. Oggi, a partire dallo scontro sul Job Act e sulla scuola, dentro la dinamica di ampia rottura col PD e col governo, la parola d'ordine della cacciata del governo Renzi acquista spazio e sintonia con una sensibilità diffusa. Al tempo stesso l'avanzata del populismo reazionario leghista e grillino pone l'esigenza della contrapposizione alle altre due destre. Da qui la presentazione del fronte di massa contro il governo Renzi come polo di classe contrapposto alle “tre destre” presenti (il populismo di governo e i due populismi di opposizione). In questo quadro la parola d'ordine complementare del governo dei lavoratori conserva tanto più oggi la sua centralità seppur sul piano necessariamente propagandistico.


Fronte unico di classe e unità d'azione d'avanguardia.

La parola d'ordine del fronte unico di classe come parola d'ordine generale e nostra linea di massa non va confusa con la pratica di unità d'azione nell'ambito dell'avanguardia con soggetti e forze di estrema sinistra.
Relazioni unitarie nell'ambito dell'avanguardia possono assumere forme diverse: coordinamento di scopo per la preparazione di campagne (ad es. il No Expo), comitati e strutture segnati dalla centralità di una specifica battaglia (ad es. a suo tempo il comitato No Debito, i comitati/coordinamenti antifascisti, i comitati di lotta per la casa..), comuni iniziative di piazza (v Primo Maggio a Milano).
Tenere relazioni su questo terreno d'avanguardia è utile e necessario per il partito. Ma si tratta di non confondere questo ambito di relazioni come l'”applicazione del fronte unico”, assumendolo come terreno centrale della nostra vita politica, intervento, costruzione. Il terreno centrale del nostro intervento è il livello di classe e di massa. L'unità d'azione d'avanguardia non deve dunque sostituirsi all'intervento di massa. Nè a maggior ragione assumere i caratteri di blocco politico permanente con altri soggetti a scapito della nostra autonomia politica e riconoscibilità generale. Viceversa, anche negli ambiti di unità d'azione d'avanguardia legati a specifici obiettivi di scopo abbiamo la necessità di portare la nostra proposta generale di classe e di massa, a partire dalla logica del fronte unico di classe, e il nostro programma indipendente (come abbiamo fatto nel comitato No Debito).
In questo quadro è importante sviluppare nel partito un confronto sulle nostre esperienze di intervento di massa: sulle modalità concrete attraverso cui sezioni e nuclei costruiscono la propria propaganda (volantini nazionali, volantinaggi locali, diffusione giornale, social media e internet), sui settori e le realtà di intervento (quartieri, aziende, avanguardie politiche, luoghi di vita della classe, ecc), sugli interventi di agitazione e di partecipazione alle lotte e sulle occasioni reali di crescita del partito. In questa direzione, è importante non solo che ogni sezione discuta in un’apposita riunione il proprio progetto di intervento, ma anche favorire la stesura e la pubblicazione su INTERCOM (Bollettino di partito) di questi progetti di intervento, oltre che il ragionamento su esperienze concrete. In questo quadro, è fondamentale l’esperienza ed il confronto sulla costruzione della tendenza studentesca rivoluzionaria (sul piano nazionale e nelle realtà locali) e sull’intervento in ambito sindacale (Opposizione CGIL e sindacati di base).


Il ruolo della burocrazia sindacale e la necessità di costruire una tendenza sindacale classista rivoluzionaria.

Nel contesto dell’attuale crisi capitalista, che non lascia spazio a soluzioni basate su concessioni alla classe operaia e alle masse sfruttate, malgrado le costanti, e anche significative, lotte di resistenza, in un quadro d’ininterrotta crisi politica e di consenso del ceto politico borghese dominante, la burocrazia sindacale ha costituito il principale fattore di contenimento e disarmo della risposta del movimento operaio. Con questa sua funzione ha finora garantito la precaria stabilità del sistema impedendo che precipitasse la crisi politica in corso. Parallelamente l’attuale direzione della sinistra sindacale sia interna alla CGIL, che esterna del sindacalismo di base e conflittuale, aldilà delle difficoltà oggettive, manca di una linea, di un programma e di una prospettiva rivoluzionarie. Si è quindi dimostrata sinora incapace di fornire una direzione politica e organizzativa alternativa alla burocrazia che fosse i grado di favorire la ricomposizione delle lotte in corso e il loro passaggio all’offensiva. Su queste organizzazioni pesa tra l’altro la deformazione sindacalista che tende a limitare la lotta sindacale esclusivamente al lato economico e contrattuale dei diritti, senza combinarla con la lotta politica per la conquista del potere da parte dei lavoratori. Da ciò è derivato sinora il rifiuto dell’agitazione nei luoghi di lavoro e tra le masse delle parole d’ordine del governo dei lavoratori, del controllo operaio e della nazionalizzazione senza indennizzo e sotto contro dei lavoratori di fabbriche e banche, proprio in uno dei momenti storici di maggiore crisi politica e di consenso delle classi dominanti dove, come conseguenza della profondità della crisi, non solo ogni rivendicazione transitoria, ma anche solo qualsiasi tentativo di difesa delle conquiste storiche del passato implica un urto violento e decisivo con il capitale e il suo ordinamento sociale, perché ogni vecchia conquista si è trasformata in un limite insopportabile alla ripresa dell’accumulazione e della sua valorizzazione.
Un altro aspetto del nostro intervento sindacale è quello del problema della costruzione nei luoghi di lavoro, a partire dalle fabbriche e dei centri produttivi principali o significativi per la concentrazione di salariati, per tradizione storica o per l’esperienza recente di lotte, di organismi dell’organizzazione politica dal basso di tutti i lavoratori, radicata sul posto di lavoro, indipendentemente dal tipo di adesione sindacale di ogni singolo lavoratore, e capace, in prospettiva, anche di esercitare una proiezione e un’attrazione verso l’esterno tra le larghe masse della società civile che gravitano intorno alla fabbrica, alle unità produttive e ai principali centri d’impiego di salariati. In sostanza costruire, o far evolvere, i comitati di lotta, le assemblee permanenti, gli organismi permanenti vari degli operai di fabbrica o dei salariati dei servizi, della scuola e del pubblico impiego che, magari inizialmente nati per le esigenze concrete di una lotta particolare possono divenire l’embrione di soviet, cioè di organi di contropotere a livello locale e in prospettiva nazionale. Il lavoro della direzione sindacale rivoluzionaria, deve essere quello di favorire il più possibile, con un’apposita agitazione nelle lotte in corso, la proliferazione e il coordinamento, attraverso le assemblee di delegati, coordinamenti per delegati locali e territoriali, o generali per categoria o specifiche fabbriche, unità produttive e gruppi aziendali, e infine nazionali, di questi organismi e lo sviluppo del loro contenuto embrionale consiliare. È questo un aspetto molto difficile e delicato della lotta sindacale ma è la chiave per cercare di aggirare il freno e di divisione esercitata dalla burocrazia sindacale e dal suo controllo sui tradizionali organismi di rappresentanza ufficiali, che oltre a consentirci di unificare le lotte e neutralizzare la funzione della burocrazia, può divenire il centro di attrazione e di coagulo, nel contesto di crisi economica e politica permanente del regime borghese, dell’intero malessere sociale sul piano locale e più generale, e lo strumento della sua organizzazione politica favorendo in questo modo l’affermazione del movimento operaio come direzione politica rivoluzionaria alternativa della società e contrapposta ai populismi reazionari.
Si tratta di un lavoro difficile i cui risultati non si potranno avere immediatamente, limitandosi in moltissime realtà, almeno all’inizio, ad un’opera di agitazione e propaganda. Si può però iniziare concentrando le forze nelle fabbriche e in quelle realtà più significative dove sono presenti nuclei o sezioni consistenti di militanti del partito e coinvolgendo quei militanti e organizzazioni sindacali classiste che, anche se non aderenti al partito, sono disponibili a questo tipo lavoro.
Infine tale lavoro per quanto difficile non è assolutamente impossibile, e la crisi stessa moltiplicherà le occasioni favorevoli a questo tipo di intervento. Si tratta di chiarire ai militanti sindacali classisti che il peggioramento delle condizioni di lavoro, l’intensificazione dei ritmi e dello sfruttamento, aumenteranno l’esasperazione e l’insofferenza degli operai e dei lavoratori salariati fino ad un punto di rottura della disciplina e degli attuali limiti legalisti sempre più ristretti della lotta sindacale moltiplicando le occasioni per agitazioni e forme di organizzazione spontanea, senza preavviso e fuori del controllo diretto della burocrazia sindacale. Bisogna chiarire all’area di militanti sindacali classisti che dovranno costituire la nostra massa critica, e nella polemica e critica alla linea politica dell’attuale direzione della sinistra sindacale, che costruire o favorire la nascita e il coordinamento di questi organismi, potenziali embrioni dei consigli, deve essere una delle priorità e delle rivendicazioni strategiche insieme alla rivendicazione delle nazionalizzazioni senza indennizzo e sotto contro dei salariati, dell’assemblea dei delegati, della casse di resistenza, e del governo dei lavoratori.”


Per una campagna di propaganda e riconoscibilità del PCL.

Parallelamente al compito ed alla proposta del fronte unico di classe, il nostro partito necessita di costruire una campagna di pubblicizzazione politica. Una diffusione e popolarizzazione del nostro programma, per esser riconosciuti e caratterizzati nel panorama della sinistra, e non solo.
Spesso il PCL è conosciuto come partito “ultra radicale”, “oppositore duro”, “fedele ai principi”, ma non è conosciuto per le sue proposte. Il nostro programma, programma transitorio di rivoluzione, in questa epoca di crisi è l'unico oggettivamente in grado di dare risposte ai bisogni reali della classe lavoratrice e delle masse popolari, ma fino ad ora questo programma non è riuscito a farsi conoscere in modo adeguato.
La sinistra riformista tradizionale ha posto come cavallo di battaglia il reddito di cittadinanza, proposta divenuta riconoscibile nella politica italiana. Il M5S ne fa una leva di rappresentanza dei disoccupati contro il lavoro e i lavoratori. Il PCL deve mirare ad esser caratterizzato in egual maniera con un'altra proposta semplice e diretta. Estrarre dal nostro lungo programma rivoluzionario gli elementi che ci consentono di essere riconoscibili ed avere presa immediata nei larghi strati della classe lavoratrice e nella sua avanguardia, per un periodo elevare queste rivendicazioni a cavallo di battaglia propagandistico centrale.
La ripartizione del lavoro esistente attraverso la riduzione dell'orario di lavoro a 30-32 ore a parità di salario; la cancellazione di tutte le leggi precarizzanti del lavoro; il salario garantito ai disoccupati che cercano il lavoro. Tre semplici ma centrali parole d'ordine che interessano lavoratori, disoccupati, giovani ed arrivano fino alle masse spoliticizzate. Rivendicazioni che oggi , nella loro connessione, pone solo il PCL.
Il compito sarà quindi quello di sviluppare una campagna (propriamente del partito) dentro e fuori i luoghi di lavoro, in ogni occasione e momento, con la raccolta di adesioni (anche attraverso una pagina web) ad una appello “per un atto nazionale”, “per imporre questi punti nell'agenda politica del movimento operaio”.
Competere con la proposta del reddito di cittadinanza, creare attenzione, attrazione e simpatia nei nostri confronti, e con questo canale avere minor difficoltà a propagandare il nostro intero programma e progetto. Una campagna pubblicitaria necessaria per la divulgazione delle nostre idee ed importante investimento in vista delle future tornate elettorali, lavoro che la sola parola d'ordine del fronte unico, o la semplice lunga enunciazione dei nostri punti programmatici non possono sopperire.


La nostra costruzione nel popolo della sinistra.

Il nostro terzo Congresso indicava nel “popolo della sinistra”, a livello politico, il referente principale del nostro intervento e costruzione: Il nostro riferimento centrale dev'essere il settore di massa del mondo del lavoro e della sua avanguardia larga che cerca “a sinistra” una rappresentanza delle proprie ragioni di classe e che per questo può entrare in collisione con i gruppi dirigenti delle sinistre. I nostri volantini, la nostra propaganda, deve cercare di parlare a questo mondo. Facendo leva sul suo embrione di coscienza per svilupparlo in direzione rivoluzionaria. Questo approccio va articolato nell'intervento sulle diverse sinistre e sulla loro crisi” (Documento politico del 3° Congresso del PCL, pagina 38, 4 gennaio 2014).
Questa indicazione rimane valida e va perseguita. Il “popolo della sinistra” è un’entità multiforme e differenziata, ma reale. Abbraccia milioni di persone segnate, con mille confusioni, deformazioni e illusioni, da memorie e immaginari classisti, da una diffusa domanda di rappresentanza che oggi non trova risposta. Comprende una crescente astensione e la base elettorale delle cosiddette sinistre “radicali”. Coinvolge l'insediamento di massa di Cgil e Fiom. La gestazione tormentata e irrisolta della ricomposizione di una sinistra riformista guarda all'insieme di questo mondo.
Questo mondo è il terreno principale (non l'unico) della nostra costruzione politica. Il nostro stesso corpo elettorale è parte, sia pure infinitesima, del popolo della sinistra. Non a caso la composizione del nostro voto segue nelle sue variazioni la mappa elettorale di questo mondo. Abbiamo la necessità di presentare il PCL e la sua costruzione come l'unica risposta reale, non illusoria, alla sua domanda di riferimento .
Sul terreno elettorale, a determinate condizioni (impossibilità di una nostra presentazione, presenza di polarizzazione attorno a una sinistra indipendente) può essere praticata la tattica leninista dell'appoggio elettorale critico: quale forma di fronte unico con la base popolare e di classe della sinistra contro le forze borghesi ai fini della presentazione del nostro programma e della nostra prospettiva. Nei termini richiamati dal nostro Congresso e dalla risoluzione del CC di Dicembre.
Sul piano politico dobbiamo far leva sul fallimento e sulle responsabilità dei gruppi dirigenti della sinistra, ma anche sull'inconcludenza opportunista degli attuali infiniti tentativi di ricomposizione di una sinistra italiana. Nel corso della prossima estate e in autunno dobbiamo sviluppare una campagna di intervento del PCL, delle sue sezioni e dei suoi nuclei, nei confronti della sinistra. Una realtà che, al di là del logoramento in corso, coinvolge ancora decine di migliaia di militanti politici e sociali. Due gli elementi su cui concentrare l’iniziativa, sia nei momenti informali di confronto, sia in interventi e volantinaggi, sia con apposite iniziative delle nostre strutture territoriali: la critica a Landini ed alla FIOM, la crisi del PRC.
La coalizione sociale, al di là del suo reale contenuto e delle sue ambiguità, ha attirato attenzione e speranza in vaste aree di questi settori, proprio per l’aspettativa di un processo costituente di una forza politica confusamente classista. E’ utile per noi interloquire con questo sentimento di massa, seppur vago, quanto avanzare esplicitamente una critica alle ambiguità di Landini, agli opportunismi FIOM, ad una gestione autoritaria ed autocentrata (espulsione Bellavita dalla Segreteria FIOM; attacco ai delegati di Melfi che hanno proclamato sciopero; rifiuto di inserire in CC uno di questi delegati, secondo le prassi e le regole CGIL rispettate persino da Camusso). Un'attenzione particolare deve esser inoltre riservata al cupio dissolvi di Rifondazione, che oggi conosce un vero salto di qualità (frantumazione interna delle componenti storiche del partito, dissolvenza di federazioni e circoli, divaricazione di scelte elettorali nelle regioni e città): già oggi in alcuni casi, piccole realtà di militanti hanno guardato e guardano al PCL come possibile approdo: realtà che si tratta di formare e incorporare senza incertezze nel nostro processo di costruzione.
Lo sviluppo di un'area politica attorno a noi è un lato importante della nostra costruzione. Sotto questo profilo è importantissimo il lavoro in atto di costruzione della tendenza studentesca rivoluzionaria sul piano nazionale, e in qualche caso i successi riportati nell'intervento studentesco di alcune realtà metropolitane. Così come importante è il lavoro condotto in ambito sindacale, a partire dal ruolo svolto nell'opposizione CGIL. Più in generale vanno intensificate le iniziative pubbliche e pubblicizzate delle nostre strutture territoriali di partito tese a presentare le nostre posizioni e proposte e dunque a intercettare nuovi avvicinamenti, disponibilità, interlocuzioni. Lo sviluppo e il consolidamento di un'area di simpatizzanti attorno a noi è anche in relazione, in qualche misura, all'attività pubblica delle nostre sezioni.


Sviluppare la sinistra rivoluzionaria nelle realtà metropolitane: il PCL e le prossime elezioni amministrative.

In questo quadro, a partire dalla necessità di sviluppare un confronto sulle proprie esperienze di intervento, il CC del PCL ritiene fondamentale concentrare l’attenzione del partito, le risorse centrali e quelle dei diversi territori sulle principali realtà metropolitane del paese nel corso del prossimo anno. Nella prossima primavera è infatti prevista una vasta tornata elettorale in importanti capoluoghi, a partire da Torino, Milano, Bologna, Napoli e forse Roma. Queste elezioni avranno in ogni caso un carattere spiccatamente politico. Ancor più se dovesse coincidere col referendum confermativo sulle riforme istituzionali. L'esperienza in genere ha mostrato l'importanza della nostra presentazione elettorale, ovunque possibile, ai fini della costruzione del nostro partito: salto di riconoscibilità, estensione di contatti e relazioni in ambienti di classe, ingresso di nuovi compagni nel partito. La nostra recente presentazione elettorale in Liguria e in Umbria conferma questa indicazione. Proprio le elezioni comunali sono il terreno più facile di una nostra presentazione (dal punto di vista delle procedure elettorali), sebbene molto impegnativo. Il profilo nazionale di questo appuntamento ci offre un terreno privilegiato di intervento.
Per questo il CC del PCL impegna da subito tutte le nostre sezioni interessate a predisporre le condizioni della presentazione al voto del nostro partito. In tutte queste realtà metropolitane sono presenti molteplici realtà antagoniste, di sinistra e dell’estrema sinistra. Molte di queste realtà potrebbero pensare e stanno probabilmente pensando a sviluppare un proprio intervento elettorale. Molte di queste, nel quadro delle condizioni della sinistra, saranno tentate dall’ipotesi di costruzione di cartelli, rassemblement o liste della sinistra rivoluzionaria, anticapitalista, classista o conflittuale. Non solo il nostro progetto politico, ma anche l’esperienza concreta, rende per noi inaccettabile tale prospettiva: in un quadro di confusione politica e di classe, tutte le sperimentazioni di liste e raggruppamenti senza basi programmatiche e progettuali sono tracollate dopo pochi mesi, con risultati elettorali sempre modesti, più modesti ancora di quelli del PCL (da Ross@ alla lista Bruno in Liguria). In questo quadro, è importante costruire e pubblicizzare sin da subito la presentazione del PCL come forza classista e rivoluzionaria. In questo quadro, vanno definite al più presto le candidature a sindaco. Una nostra presentazione in tutte le principali città darebbe il profilo di una nostra presenza politica nazionale e sarebbe un ponte importante in vista delle successive elezioni politiche (2018 o eventualmente anticipate).
Comitato Centrale del PCL
Bologna, 11 luglio 2015

I lavori della Terza conferenza euromediterranea

La Terza conferenza euromediterranea si è tenuta con successo ad Atene, in Grecia, tra il 18 e il 20 luglio, sotto le straordinarie condizioni di una perdurante crisi politica nel paese e in Europa.

La conferenza è stata organizzata dal Centro Socialista dei Balcani "Christian Rakovsky" e da RedMed, ed è stata ospitata dall'EEK, Partito Rivoluzionario dei Lavoratori di Grecia.

L'interesse e l'attrazione manifestati nei confronti dalla conferenza riflettono certamente l'enorme interesse suscitato dalla crisi greca e dell'eurozona. Allo stesso tempo, riflettono l'autorità politica del principale promotore e organizzatore della conferenza, l'EEK, crescente in Grecia e all'estero prima e dopo l'inizio della crisi attuale.

Ai lavori della conferenza hanno partecipato partiti, organizzazioni e singoli militanti da Grecia, Turchia, Italia, Finlandia, Danimarca, Regno Unito, Portogallo, Austria, Polonia, Macedonia, Bulgaria, Cipro, Kurdistan, Ucraina, Russia, Stati Uniti, Sud Africa, India e Brasile, per un totale di 19 paesi, ai quali vanno aggiunti compagni dall'Iran, dalla Tunisia e dalla Bosnia, che non hanno potuto essere presenti per ragioni indipendenti dalla loro volontà (compresi problemi relativi ai visti). I compagni dell'Iran e della Bosnia hanno tuttavia inviato loro contributi scritti alla conferenza.

Dalla Grecia, oltre all'EEK, sono intervenute le organizzazioni di Antarsya NAR e OKDE-Spartakos, e i lavoratori della "Carovana di lotta e solidarietà" della fabbrica VIO.ME e della tv-radio ERT3, entrambe sotto controllo dei lavoratori.
Dalla Turchia ha partecipato attivamente il DIP, in quanto co-organizzatore. Ha partecipato alla conferenza anche lo SDP (partito affiliato all'HDP, formazione che ha recentemente riscosso una importante vittoria elettorale ed è divenuta il principale obbiettivo degli attacchi terroristi dell'IS e del regime di Erdogan), ed era presente il "Comitato di solidarietà con i prigionieri politici in Turchia e in Kurdistan", che ha portato i suoi saluti insieme ad altri militanti e attivisti da tutto il Kurdistan.
Dall'Italia ha partecipato una delegazione del PCL.
Dalla regione balcanica erano presenti compagni dell'Autonomous Workers Union della Bulgaria e il movimento "Lenka" della Macedonia. Un documento è stato inviato dai lavoratori della fabbrica occupata DITA di Tuzla, Bosnia-Erzegovina. Presente anche un compagno di Cipro.
Dalla Federazione Russa hanno preso parte alla conferenza delegati del RPK (Partito Russo dei Comunisti), del RKP-KPSS (Partito Comunista Russo-CPSU), dell'OKP (Partito Comunista Unificato) e del movimento "Alternativi" (Alternativa).
Dall'Ucraina hanno partecipato alla conferenza le organizzazioni Controcorrente, Borotba, il Partito Comunista della Repubblica Popolare di Donetsk e l'Unione dei prigionieri e dei rifugiati politici del Donbass (via skype).
Dalla Polonia era presente una militante della sinistra anticapitalista.
Dalla Finlandia una delegazione del MTL (Marxist Workers' League).
Dalla Danimarca era presente Jette Kromann, militante del SAP.
Dal Regno Unito Hillel Ticktin, direttore della rivista marxista Critique.
Dal Portogallo Raquel Varela, della rivista Rubra.
Dall'Austria una rappresentanza della Revolutionary Communist International Tendency.
Dagli USA Alex Steiner, del blog permanent-revolution.org.
Dal Sud Africa Latief Parker, del comitato editoriale di Critique.
Presenti anche, a titolo personale, osservatori dall'India e dal Brasile, la maggior parte dei quali del PSTU.
Un messaggio di saluti è stato inviato alla conferenza dal PT (Partido de los Trabajadores) dell'Uruguay.

L'ultimo giorno della conferenza, lunedì 20 luglio, speciali commissioni hanno preparato e presentato alla conferenza una risoluzione finale e diverse dichiarazioni sul massacro di Suruç, sul Medio Oriente, sui Balcani e sull'Ucraina.
La risoluzione finale è stata votata all'unanimità dai presenti (ai compagni che sono dovuti partire domenica sera il documento è stato inviato per le loro considerazioni). Sempre all'unanimità sono state votate le dichiarazioni su Medio Oriente, su Suruç e sui Balcani.
La dichiarazione sull'Ucraina ha provocato, come in occasione della seconda conferenza, un intenso dibattito, ed è stata votata - emendata - da una larga maggioranza, con due astensioni (PCL e Hillel Ticktin) e nessun voto contrario.
Tutto il materiale sarà pubblicato nelle rispettive lingue dei partecipanti e largamente distribuito.
Comitato organizzativo della conferenza

Sulla battaglia per il referendum in Grecia

Cronaca e analisi della battaglia politica che ha portato alla vittoria del NO al piano d'austerità proposto dalla Troika (UE, BCE, FMI) come ultimatum alla Grecia. Riportiamo gli interventi dei compagni del Partito Rivoluzionario dei Lavoratori di Grecia (EEK, Ergatiko Epanastatiko Komma), ed un'analisi a cura del Partito Comunista dei Lavoratori.
Per un'uscita rivoluzionaria, per mano dei lavoratori, dalla crisi capitalistica e dai ricatti degli strozzini del proletariato in Grecia e in tutta Europa!

 La raccolta degli scritti del PCL e dell'EEK è liberamente scaricabile cliccando sul link sottostante.

Opuscolo sulla battaglia per il referendum greco

Condannare il massacro di Suruç! Trovare, perseguire e punire i colpevoli! Abbasso l'ISIS e i suoi alleati in Turchia! Riteniamo Erdoganan e il governo dell'AKP responsabili!










Il 20 giugno 2015 decine di persone, più di 50 da alcuni conteggi, hanno perso la vita a causa dell'attacco di un kamikaze nella città di Suruç, nella provincia di Urfa in Turchia, appena oltre il confine dal cantone di Rojava - Kobane, l'entità politica autonoma del Kurdistan occidentale fondata nel 2012, nel nord della Siria.
Questo attacco è stato portato al gruppo giovanile della ESP, una delle forze che compongono il partito ombrello HDP (Partito democratico del popolo), che ha raggiunto il 13 % del voto popolare nelle elezioni del 7 giugno e ha causato al partito di Erdogan, l'AKP al potere, una grave battuta d'arresto. Da questo punto di vista, questo attacco appare l'ennesimo episodio di una lunga lista di attacchi attentamente pianificati all'HDP già durante la campagna elettorale, che si è conclusa nel segno dell'esplosione di una bomba durante la manifestazione nella città di Diyarbakir, che si è tenuta due giorni prima delle elezioni e che ha causato quattro morti.
La 3 ° Conferenza Euromediterranea, che riunisce partiti, organizzazioni e militanti provenienti da 19 paesi di quattro continenti in una riunione internazionalista ad Atene,  il 18-20 luglio 2015, condanna duramente l'attacco e chiede che sia fatto tutto il possibile per perseguire e punire gli esecutori e i mandanti. La conferenza prende atto che questo attacco alla HDP è anche inequivocabilmente un attacco contro il popolo curdo e coloro che agiscono in solidarietà con esso. Questi fatti ricordano l'orribile attacco lanciato a Kobane dalle forze dello Stato Islamico dell'Iraq e il Levante (ISIS) solo un mese fa, il 25 giugno, e che ha visto 146 vittime tra i civili, mentre contemporaneamente un'altra potente bomba esplodeva lo stesso giorno, come questo recente massacro in Suruç. Si  può affermare senza rischio di errore che la forza alla base di questo nuovo massacro è di nuovo l' SIL, direttamente o tramite i suoi alleati takfiri in Turchia. Questa organizzazione barbara, a sua volta, è stata utilizzato da Erdogan e il suo governo AKP, come leva nella loro lotta per avere maggior potere in Medio Oriente e anche per perseguire l'obiettivo di porre fine all'esperienza di autonomia curda a Kobane.
La conferenza dichiara che è incondizionatamente dalla parte della nazione curda, oppressa nella sua lotta per i propri diritti nazionali nel contesto di una partizione del Kurdistan in quattro parti (Turchia, Iran, Iraq e Siria)che risale a quasi un secolo fa. Dichiara inoltre il suo sostegno a tutte le forze rivoluzionarie e progressiste in Turchia, Siria e Iraq che si battono contro il barbaro ISIS. Dichiara  inoltre in modo inequivocabile la convinzione che a meno che Erdogan e il governo dell'AKP siano sconfitti in Turchia, l'ISIScontinuerà a godere  del sostegno della Turchia, con la quale la Siria condivide una lunga frontiera di 900 chilometri, oltre che dell'Arabia Saudita e del Qatar, in termini di: logistica, finanza, armi, assistenza sanitaria per i suoi combattenti e un flusso di militanti oltre il confine. Erdogan e il governo dell'AKP sono stati colti in flagrante in ripetuti casi di incursioni da parte delle forze di sicurezza della Turchia stessa sui camion TIR del MIT, l'organizzazione di intelligence turca, nei cui depositi sono state scoperte  armi dirette all’ISIS o altrigruppi armati settari. Tutti questi casi sono stati successivamente coperti attraverso le decisioni arbitrarie della magistratura turca sotto il controllo di Erdogan, ma l'evidenza è incontrovertibile.
La Conferenza estende il proprio supporto a tutte le forze che si battono contro Erdogan e il governo dispotico dell'AKP in modo coerente, in particolare al Partito Rivoluzionario dei Lavoratori (DIP), e mette in guardia contro le terribili conseguenze che possono derivare da ogni tipo di esitazione sulla questione della lotta contro queste forze.
La nostra solidarietà va in primo luogo, naturalmente, al popolo curdo che si batte valorosamente per la sua libertà e dignità.
Battere l’ISIS signore della guerra e la sua politica reazionaria!
Abbattere Erdogan e al governo dell'AKP!
Riconoscere incondizionatamente il diritto all'autodeterminazione dei Curdi!
Avanti per una federazione socialista del Medio Oriente e dell’ Africa del Nord!

Risoluzione della Terza Conferenza Euromediterranea di Atene

La barbarie del capitalismo europeo. Il fallimento del riformismo di Tsipras. La rivoluzione socialista: unica soluzione!

Testo del volantino nazionale distribuito dal PCL, luglio 2015.


I creditori strozzini dell'Unione Europea, della BCE, del FMI ( la famigerata Troika) hanno stretto il cappio al collo della Grecia.
Un paese già condannato alla catastrofe umanitaria viene nuovamente messo a saccheggio: ulteriore taglio alle pensioni, nuove tasse sui beni alimentari, nuova svendita dei beni nazionali ai creditori, ulteriore distruzione dei diritti sindacali. Il tutto sotto il commissariamento diretto degli strozzini. Il NO di massa del popolo greco ai creditori è stato svenduto da Tsipras in sette giorni ai nemici dei lavoratori greci.

Il capitalismo tedesco a guida Merkel è il capofila degli strozzini europei. Gli stessi capitalisti tedeschi che precarizzano il lavoro in Germania (mini job) puntano a garantire le proprie banche e la cassaforte del proprio Stato con il saccheggio della Grecia. Ma gli altri capitalismi europei non sono da meno. Il governo Renzi e i suoi amici capitalisti, gli stessi che tagliano i diritti sindacali ai lavoratori italiani, plaudono alla svendita dei lavoratori greci. Lo stesso vale per il governo Hollande, grande architetto dietro le quinte dell'intesa greca. Tutti i capitalismi creditori sono complici della rapina, quale che sia il colore del proprio governo. Se Renzi e Hollande “criticano” sottovoce la Merkel è solo perchè vorrebbero avere più ampi spazi nelle proprie manovre di bilancio per tagliare le tasse ai propri capitalisti e poter fare qualche altra concessione elettorale truffa. La campagna “per lo sviluppo e la crescita” riguarda solo crescita e sviluppo dei profitti.

I populismi reazionari di Grillo e Salvini non sono meno ipocriti. Le loro grida sul “colpo di Stato della Germania” in Grecia serve solo a dirottare contro il nemico esterno lo sguardo dei lavoratori italiani, distogliendolo dalla lotta contro i propri capitalisti e il proprio Stato. Come se un capitalismo nazionale, con propria moneta nazionale, non fosse ugualmente sfruttatore dei propri lavoratori, e creditore strozzino di altri popoli. La Gran Bretagna della sovrana sterlina non è quella che vara in casa i contratti a zero ore e le peggiori leggi anti sindacali, mentre conserva diritti para coloniali su altre nazioni?

La verità che emerge una volta di più dai fatti di Grecia è la crudeltà e il fallimento del capitalismo, in ogni paese e su scala continentale. Il sogno di riformarlo è una utopia. La pretesa di Tsipras di un “compromesso onorevole” con il capitalismo strozzino della Troika (e con gli armatori greci) si è risolta in una capitolazione vergognosa. Che tradisce la lotta e le speranze di un popolo.
I partiti della sinistra italiana (Sel, Prc) già suicidatisi in passato nei governi di centrosinistra- votando precarietà del lavoro , tagli sociali, missioni di guerra- si sono aggrappati all'immagine di Tsipras per cercare di risorgere. Ma hanno impugnato la bandiera di Tsipras proprio mentre Tsipras la ammainava. E oggi arrivano a dire che se fossero nel Parlamento greco... voterebbero l'accordo di capitolazione. Non dubitiamo. Chi tradisce una volta tradisce sempre: è la coerenza del suicidio politico.

I lavoratori italiani, come i lavoratori greci, come tutti i lavoratori europei hanno bisogno di un'altra sinistra. Non la sinistra del capitalismo, ma una sinistra rivoluzionaria. Che unisca i lavoratori al di là delle frontiere. Che avanzi un programma di ripudio del debito verso gli strozzini, di nazionalizzazione delle banche, di esproprio dei capitalisti, a favore di un governo dei lavoratori. L'unico governo che possa liberare il lavoro, nella prospettiva storica degli Stati uniti socialisti di Europa.

Il capitalismo o lo si rovescia o lo si subisce. Una volta di più, questo ci insegna la Grecia. Dare un partito a questa verità è l'impegno del Partito Comunista dei Lavoratori in Italia, e del Partito operaio rivoluzionario ( EEK) in Grecia.
Partito Comunista dei Lavoratori

LA CRISI GRECA DI FRONTE A UN PASSAGGIO CRUCIALE

LA CRISI GRECA DI FRONTE A UN PASSAGGIO CRUCIALE.

IL NO PLEBISCITARIO ALLA TROIKA APRE UNO SCENARIO NUOVO NESSUN “COMPROMESSO ONOREVOLE” CON GLI STROZZINI E' POSSIBILE IL POTERE DEI LAVORATORI E' L' UNICA SOLUZIONE PROGRESSIVA

7 Luglio 2015
La vittoria referendaria del NO alla Troika, straordinaria nella sua ampiezza, apre una nuova fase della crisi greca. Una fase cruciale per il futuro del movimento operaio, non solo in Grecia ma nell'intera Europa. 
E' utile dunque ricostruire una dinamica degli avvenimenti che ha spiazzato più volte tutti gli attori politici. 


COME E PERCHE' SI E' GIUNTI AL REFERENDUM 

A fine Giugno ( 25 Giugno) il governo Syriza/ Anel era a un passo dall'accordo con i creditori: un accordo ben poco “onorevole”, che prevedeva l'aumento dell'età pensionabile, la cancellazione delle pensioni di anzianità, l'aumento dell'Iva anche su una fascia di consumi alimentari, l'aumento pesante della contribuzione pensionistica e sanitaria per i lavoratori. Quando Tsipras si preparava a gestire un difficilissimo passaggio interno e parlamentare su questa ipotesi di accordo, già di fatto accettata, ecco il colpo di scena. I creditori buttano all'aria l'accordo. La svolta dei creditori è dovuta all'effetto combinato di pressioni convergenti: l'irrigidimento improvviso della Lagarde capo del FMI, che per puntare ad ottenere i voti degli azionisti BRICS per la propria riconferma alla presidenza del fondo, avanzava nuove richieste ultimative; la sponda immediatamente trovata nella Spagna a guida PP, timorosa dell'ascesa di Podemos e interessata alla umiliazione di Tsipras; la corsa del blocco nordico ad appoggiare l'intransigenza FMI; le difficoltà crescenti della Merkel- sino al giorno prima impegnata nella mediazione col governo greco- di fronte alla differenziazione interna al proprio gruppo parlamentare. La corda dell'accordo ufficioso già scritto veniva dunque spezzata . 

Il ricorso di Tsipras al referendum del 5 Luglio è stata la risposta alla rottura dei creditori. Non l'effetto di una diretta pressione di massa sul governo, quanto un calcolo politico del suo premier. Tsipras, già in difficoltà, non aveva lo spazio politico per aprire una nuova negoziazione al ribasso sull'ultimatum della Troika . Avrebbe significato la rottura interna di Syriza , la disgregazione della base parlamentare del governo, la rottura dello stesso asse con Anel. La convocazione del referendum, esclusa pubblicamente pochi giorni prima, diventava nella nuova situazione l'unico modo di cercare di salvare Syriza e il proprio governo; l'unico modo per cercare di ottenere con la vittoria del No il rilancio del negoziato conclusivo con i creditori. La pubblica promessa di Tsipras di “un accordo in 48 ore” dopo la vittoria del No significava esattamente questo: l'accordo ufficioso pre referendum era già stato raggiunto, si trattava solo di recuperarlo e siglarlo. 


LA VITTORIA PLEBISCITARIA DEL NO SPIAZZA TUTTI GLI ATTORI 

Tuttavia lo scontro sul referendum ha complicato il gioco di tutti gli attori politici. 

La mancata estensione della copertura finanziaria della BCE alle banche greche ( ELA) determinava la chiusura delle banche e una drammatizzazione brutale dello scontro. 
Un vasto fronte imperialista, economico e politico, puntava apertamente alla vittoria del Si attraverso la pressione drammatizzata del ricatto. L'obiettivo diventava la crisi politica del governo Syriza/ Anel, pur nella difficoltà di individuare con chiarezza una soluzione parlamentare di ricambio. La Merkel si schierava apertamente per questa prospettiva. Sull'altro versante lo stesso Tsipras dopo la chiusura delle banche ha temuto il rischio di una sconfitta e ha cercato, con la sponda francese, una riapertura negoziale a pochi giorni dal voto. Un varco rapidamente chiuso dal veto tedesco. 

La vittoria del NO, per la sua ampiezza plebiscitaria, ha dunque sorpreso tutti i protagonisti del braccio di ferro. In Europa e nella stessa Grecia. 
La vittoria ha avuto un ampiezza straordinaria nelle città e nella gioventù, con percentuali superiori all' 80%. Ha sancito il rifiuto di massa della continuità della rapina da parte dei lavoratori, dei disoccupati, della popolazione povera di Grecia. L' enorme manifestazione di massa in piazza Syntagma a conclusione della campagna del No ( 4 Luglio) era il preannuncio della vittoria nelle urne. Una sua fotografia anticipata. In questo senso la grande vittoria del NO è stata il sottoprodotto di una ripresa di radicalizzazione politica dei sentimenti di massa e della mobilitazione popolare. Per cinque mesi la negoziazione estenuante del governo Tsipras con i creditori strozzini, col continuo preannuncio di nuovi possibili sacrifici, aveva agito come fattore di congelamento e demotivazione della mobilitazione . La rottura degli accordi da parte dei creditori, e il conseguente scontro referendario, ha costituito viceversa il principale catalizzatore della ribellione. Non è la prima volta nella storia che la reazione diventa l'involontaria levatrice di una possibile rivoluzione. 


TSIPRAS PROMUOVE L'UNITA' NAZIONALE COI PARTITI BORGHESI SCONFITTI 

Il quadro è ora assai complicato, anche per Tsipras. 

Tsipras ha mantenuto fede al copione. Un minuto dopo la vittoria referendaria contro i creditori , il governo ha subito riproposto... ai creditori strozzini l'accordo già ipotizzato, secondo il piano preventivamente deciso. Non solo. Tsipras ha invocato l'unità nazionale di tutti i partiti e di tutte le classi. Ha chiesto e ottenuto la benedizione del Presidente ( reazionario) della Repubblica già a suo tempo designato in funzione della politica di distensione a destra. Ha promosso l'incontro di caminetto con i capi dei partiti borghesi battuti e umiliati dal voto, chiedendo a tutti la “solidarietà nazionale” , promettendo a tutti “responsabilità istituzionale”, offrendo così ai creditori la certezza dei voti parlamentari ai sacrifici connessi all'accordo. Ha coinvolto le gerarchie militari nella funzione di affiancamento della polizia per la “gestione dell'ordine pubblico”, per lisciare il pelo dell'Esercito. Ha messo sul piatto del negoziato con i creditori persino la testa del fedele Varoufakis, per offrire agli strozzini un utile premio simbolico di consolazione e favorire politicamente l'accordo. 

La ragione di tutto questo è una sola: dopo l'atto clamoroso del referendum e la straordinaria vittoria, Tsipras pensa di essersi coperto a sinistra e di potersi sbilanciare a destra. Ritenendo di poter far accettare più facilmente all'intero corpo di Syriza e alla propria base di massa le contropartite di un accordo con gli strozzini. Meglio se combinato con una ristrutturazione del debito o un allungamento dei tempi di pagamento. 


MA LE CONTRADDIZIONI PRECIPITANO. 

Ma la promessa di un accordo “in 48 ore” si rivela temeraria . 
La vittoria referendaria del NO ,per la sua portata, ha infatti moltiplicato le contraddizioni interne al fronte imperialista. La partita non è solo economica, ma politica, oggi più di ieri. 

Dal punto di vista economico diversi fattori militano a favore dell'accordo fra la Troika e la Grecia. Gli Usa e la Cina vogliono l'accordo perchè temono come la peste un aggravamento della crisi capitalistica in Europa. (Oltrechè per ragioni geopolitiche, nel caso in particolare degli Usa). La Bundesbank tedesca chiede alla Merkel di non perdere i miliardi di crediti verso la Grecia. Francia e Italia, potenze creditrici, chiedono di “aiutare” la Grecia a rimborsare.. le casseforti di Francia e Italia. Un'ammirevole generosità. Persino il FMI fa filtrare alle spalle della Lagarde una ragionevole e possibile ristrutturazione dell'impagabile debito greco, per continuare a sorreggere il debitore con la propria corda usuraia. Le proporzioni economiche relativamente modeste della crisi greca, misurata su scala continentale, suggerirebbero dunque un 'equa soluzione di ordinario strozzinaggio , come rivendica candidamente, da osservatore, Romano Prodi. 

Ma dal punto di vista politico, il quadro è destabilizzato. 
Sale la pressione populista nazionalista in diversi paesi capitalistici “contro i soldi ai greci”,da parte di quelle stesse canaglie che hanno finto di applaudire la vittoria del No “contro la Merkel” ( Salvini e Le Pen). La Germania e i paesi nordici hanno ancora più difficoltà a far digerire alla propria “opinione pubblica” e ai propri compositi Parlamenti nuove “elargizioni alla Grecia” dopo che l'hanno dipinta nei giorni dello scontro referendario come “inaffidabile scroccona” e “sanguisuga parassitaria” . La Spagna del PP teme ancor più di ieri l'effetto di trascinamento della vittoria di Syriza sull'ascesa di Podemos , e dunque l'effetto politico di nuove concessioni a Tsipras che possano ulteriormente arrotondare la sua vittoria. Un pezzo centrale della Socialdemocrazia europea, a partire dal SPD ( Gabriel), è terrorizzata dagli effetti di ricomposizione a sinistra che un'ulteriore vittoria simbolica di Tsipras potrebbe determinare ai suoi danni ( ascesa della Linke in Germania ad esempio) e si schiera pertanto sul versante anti greco. 

E' dunque evidente, tanto più in questo quadro, che un eventuale accordo con gli strozzini prevederebbe contropartite punitive per i lavoratori greci di certo non minori che prima del referendum. Perchè solo misure punitive potrebbero controbilanciare agli occhi dei creditori gli inconvenienti politici dell'accordo. Ma questo diverrebbe un nuovo problema per Tsipras e per i suoi rapporti di massa. Dov'è finito più che mai oggi quel “programma riformista di Salonicco” su cui Syriza vinse le elezioni? 


IL CONFRONTO DELLE LINEE A SINISTRA NEL VIVO DELL'ESPERIENZA GRECA 

L'idea che Syriza riuscisse in qualche modo a stabilizzare il quadro politico greco è naufragata in cinque mesi. Questa è la prima lezione di fondo degli avvenimenti. Tutte le contraddizioni sono precipitate sul fronte economico, politico, sociale. In Grecia e in Europa. L'idea di un compromesso “onorevole” tra lavoratori greci e capitale finanziario internazionale è relegata sempre più nel mondo delle fiabe. Mentre la crisi greca mette alla prova l'intero equilibrio politico istituzionale della UE, tra spinte all'integrazione e spinte alla dissoluzione. 

In questo quadro,tutte le opzioni strategiche delle sinistre riformiste, socialdemocratiche o staliniste, sono polverizzate una dopo l'altra dai fatti di Grecia. 

La pretesa della “Riforma sociale e democratica” dell'Unione capitalistica continentale- avanzata dalla Sinistra Europea e da Tsipras- ne esce a pezzi, sotto ogni versante. L'Unione tra Stati imperialisti del vecchio continente, a partire dal nucleo fondante franco tedesco, si regge sulla spoliazione della classe operaia e della popolazione povera di ogni paese. Nessuna riforma può cancellare la sua costituzione materiale. Lo stesso NO agli strozzini del popolo greco segna di fatto un rifiuto del capitalismo europeo. 

L'idea di una possibile via d'uscita attraverso una ricollocazione geostrategica del capitalismo greco al fianco dei BRICS- sostenuta da correnti neostaliniste, anche all'interno di Syriza- è anch'essa ridicolizzata dalla vicenda greca. Non solo ignora la natura capitalistica o neo imperialistica dei paesi chiave dei BRICS, a partire da quella Cina che oggi acquista a prezzi di saldo settori chiave dell'economia greca ( Pireo). Ma ignora lo spiacevole dettaglio che ha visto proprio i BRICS tra i principali usurai del FMI ai danni del popolo greco, in prima fila nel rilanciare i peggiori ultimatum del Fondo all'ombra di Lagarde. Il NO greco agli strozzini europei non chiede di cambiare padrone. 

Infine esce distrutta nella propria credibilità la corrente stalinista del KKE greco e la sua filiera internazionale. Questo partito, impegnato in una metodica divisione del movimento operaio greco, è giunto a boicottare il referendum contrapponendosi al NO . Si è dunque opposto alla dinamica di ribellione di massa contro la Troika. Le frasi sull'”opposizione sia a Syriza sia alla Troika” sono penose. La verità è che lo stalinismo greco si è comportato nelle urne come nelle piazze. Con una logica autocentrata di apparato, unicamente preoccupato di conservare il proprio spazio, in aperta opposizione alla domanda popolare di massa. La vittoria plebiscitaria del No ai creditori è il crollo politico e morale dello stalinismo greco. 


LA RIVOLUZIONE, UNICA SOLUZIONE 

L'unica soluzione progressiva della crisi greca passa per la rottura anticapitalista. Per il ripudio del debito ai creditori strozzini: perchè ogni negoziazione del debito espone a vergognosi ricatti e contropartite. Per la nazionalizzazione delle banche greche e la loro concentrazione in una unica banca pubblica: perchè è l'unica via per bloccare la fuga dei capitalisti, proteggere i risparmi popolari, rifondare la società greca. Per l'esproprio degli armatori e dei poteri forti del paese: perchè è l'unico modo per fare piazza pulita dei parassiti sfruttatori, concentrando nelle mani dei lavoratori le leve della ricchezza. Solo un governo dei lavoratori, imposto dalla forza di massa, può attuare simili misure. Solo EEK ( Partito operaio rivoluzionario)- la sezione greca del CRQI- si batte coerentemente per questa prospettiva. 

La straordinaria vittoria del NO alla Troika merita un'alternativa anticapitalista. Il No alla Troika e ai capitalisti ha il diritto di governare la Grecia, liberandola da oppressione, sfruttamento, umiliazioni. Ogni pretesa di subordinare il NO a un nuovo accordo con gli usurai significherebbe vanificare la vittoria . EEK si batterà sino in fondo contro ogni possibile tradimento della vittoria popolare, per il potere dei lavoratori in Grecia, per la rivoluzione socialista in Europa. 

Ai nostri compagni greci va tutto il sostegno del PCL . La loro lotta è la nostra.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

La battaglia per il referendum in Grecia. Sesto giorno.






Ultimo giorno. Domenica 5 luglio: il trionfo. È un grande momento per il popolo greco, per tutti gli oppressi dell'Europa e del mondo. Un ribelle, fiero, gigantesco "no" popolare ha trionfato contro l'arrogante ultimatum di una barbarica austerità permanente imposto dalle istituzioni imperialiste dell'FMI e dell'UE.

Circa il 62 per cento degli elettori si è espresso per il "no". Solo il 38 per cento circa ha votato "sì". Nei quartieri popolari il "no" ha raggiunto un incredibile 70-80 per cento! L'infame leader dell'opposizione di destra di Nuova Democrazia, Samaras, si è dovuto dimettere.

Abbiamo sperimentato una campagna mai vista prima di intimidazione del popolo greco, organizzata internazionalmente dai centri del capitale globale. La chiusura delle banche, imposta dalla decisione della BCE di tagliare la liquidità nella settimana stessa del referendum, ha prodotto un'enorme pressione e paura. Il ricatto imperialista era pienamente appoggiato da tutti i partiti dell'opposizione borghese, da tutti i media borghesi, dalla SEV (confederazione degli imprenditori greci), dai banchieri, dai burocrati sindacali del GSEE e dell'ADEDY, dai vescovi e dal reazionario "movimento della società civile" pro-Unione Europea organizzato dall'alto sul modello dell'Euro-Maidan di Kiev. Tutti i nemici della classe lavoratrice e delle masse impoverite hanno unito le loro forze per assicurare una vittoria del "sì".

A sinistra, lo stalinista Partito Comunista di Grecia (KKE) ha boicottato il "no", facendo appello al voto nullo o all'astensione.

La Diabolica Alleanza ha miseramente fallito il raggiungimento dei suoi reazionari obbiettivi. Hanno sottovalutato la forza, la rabbia, la tenacia, la capacità di lottare delle loro vittime: dei lavoratori, dei milioni di disoccupati e di impoveriti, in primo luogo delle giovani generazioni senza lavoro e senza futuro.

Il punto di svolta politico, che ha mostrato cosa stesse bollendo sotto la superficie, si è avuto l'ultimo giorno di campagna per il referendum, il 3 luglio, con la straordinaria mobilitazione popolare di piazza Syntagma, quando la vera forza sociale del cambiamento storico è scesa da protagonista nell'arena della lotta di classe. Una nuova fase di radicalizzazione rivoluzionaria è iniziata, e con essa il passaggio verso uno scontro decisivo.

Nel suo primo commento sui risultati, Vangelis Meimarakis, ex Presidente del Parlamento ed ora presidente ad interim di Nuova Democrazia, ha minacciato i vincitori del referendum in chiari termini di classe: «La borghesia che ha sostenuto il "sì" saprà dare la sua risposta, nel caso in cui un accordo con l'UE non sarà raggiunto».

Ma il pericolo viene non tanto dal campo della destra, sconfitta, quanto piuttosto dai leader della sinistra vittoriosa. Il governo ha fatto numerosi appelli all'"unità nazionale" e a "non rompere con l'UE". Tsipras ha chiesto al Presidente della Repubblica di convocare una riunione di tutti i partiti rappresentati in Parlamento per elaborare una posizione comune sui futuri negoziati al fine di un "ragionevole accordo" con l'UE. Syriza chiede la pace di classe e la collaborazione di classe in condizioni di aperta guerra di classe.

Come abbiamo insistito nel comunicato dell'Ufficio Politico dell'EEK sulla vittoria del "no", diciamo: "Nessuna concessione, nessuna ritirata davanti al nemico di classe, davanti alla troika imperialista e alla borghesia greca! Abbiamo vinto una battaglia, ma la guerra di classe continua, fino alla vittoria finale del potere ai lavoratori e del socialismo in Grecia e in tutta Europa!"

Un nuovo capitolo nella storia della crisi capitalista mondiale e della rivoluzione si è aperto. In questo nuovo scenario, l'EEK si prepara ad organizzare la Terza Conferenza Euro-mediterranea dei movimenti sociali e delle organizzazioni rivoluzionarie d'Europa, dei Balcani e della regione mediterranea, che si terrà ad Atene dal 18 al 20 luglio, per elaborare insieme un'analisi della situazione attuale, una prospettiva per la lotta ed un comune piano d'azione.

Savas Michael-Matsas (segretario dell'EEK, Partito Rivoluzionario dei Lavoratori di Grecia)

IL CORAGGIO DEL POPOLO GRECO, LA DETERMINAZIONE DEI LAVORATORI: HA VINTO IL NO!


L'enorme manifestazione per il NO di venerdì 3 luglio
 Con oltre il 61% e circa 3.000.000 di voti ha vinto il NO al referendum contro le misure di austerità in Grecia. Troika, UE, Banche, padroni greci ed europei questa volta subiscono un durissimo colpo.
Una grandissima prova di democrazia, l'esatto contrario dell'Euromaidan in Ucraina, indica la strada per la rivoluzione politica e sociale non solo in Grecia ma in tutta Europa. Questo nonostante l'infinita moderazione e gli infiniti tentennamenti di Tsipras.
A luta continua!

L'EEK indica la soluzione operaia e anticapitalista alla crisi greca

Pubblichiamo, tradotto in italiano, il volantino distribuito dal Partito Rivoluzionario dei Lavoratori (EEK in greco), partito fratello del PCL in Grecia: per un'alternativa alle linee politiche, entrambe disastrose in modi diversi, di Syriza e del Partito Comunista di Grecia (KKE).


LE BANCHE IN MANO AL POPOLO, NON AI BANCHIERI DELLA TROIKA! Controllo dei lavoratori su di esse e sul flusso di capitali all'estero! Nessuna perdita di salari e pensioni!

NAZIONALIZZAZIONE DIRETTA DELLE BANCHE SOTTO IL CONTROLLO DEI LAVORATORI E DEI POVERI!

Guerra di classe contro la guerra "non convenzionale" della troika UE/BCE/FMI e la troika nazionale Nuova Democrazia/PASOK/Il Fiume (fangoso)!

Votare NO al referendum!

NO ai ladri di FMI/UE/BCE!

NO ai collaboratori greci della troika ND, Il Fiume, PASOK!


Con un ulteriore giro di vite e sulla base dello stop al flusso di credito attraverso ricatti e ultimatum, gli usurai internazionali di UE, BCE e FMI, con i loro organi all'interno della Grecia (banchieri delle principali banche, i pappagalli dei media e le loro marionette politiche in Nuova Democrazia, PASOK e Il Fiume-fangoso), hanno portato il paese a dichiarare una rovinosa bancarotta e il popolo al disastro. Una guerra non convenzionale, un golpe politico-economico postmoderno è in corso. Non vogliono semplicemente cacciare il governo. Vogliono terrorizzare e mettere in ginocchio un intero popolo, il popolo greco, e in questo modo dare un messaggio agli altri popoli d'Europa che si stanno ribellando all'austerità permanente e ad una disoccupazione mostruosa.

Bisogna scendere tutti nelle strade, tutti alla lotta. Per rovesciare i piani della troika, internazionale e domestica. Per fermare tutti coloro che - anche dentro ministeri chiave - stanno preparando soluzioni contro il popolo.

È questo il momento del popolo, e non solamente quello delle elezioni, ma innanzitutto quello delle strade e della lotta per la libertà, per la giustizia sociale e per l'emancipazione. Il popolo, guidato dalla classe lavoratrice e dai giovani, può e deve essere mobilitato per strappare gli ultimatum e tutti i memorandum, vecchi e nuovi!

Bisogna rompere con il capitalismo e con l'Unione Europea qui e adesso! Per prendere le nostre vite, il benessere sociale e il potere nelle nostre mani!

Il tempo della verità ci ha raggiunto. Tutti i compromessi con i capitalisti, dentro e fuori il paese, che il gruppo dirigente di Syriza ha fatto - con la destra nazionalista di Kammenos, con la destra di Karamanlis sul Presidente della Repubblica, con l'associazione degli industriali greci, con le cosiddette "istituzioni" dell'imperialismo in Europa e negli USA - non solo sono fallite, ma hanno reso i capitalisti e i meccanismi dell'UE e dell'FMI anche più aggressivi.

Chiediamo ai membri e alle forze in lotta che sostengono Syriza di imporre alla loro leadership di tagliare i ponti della collaborazione di classe con le istituzioni imperialiste, l'UE e l'FMI, con i capitalisti stranieri e locali, e con i loro agenti politici.

Chiediamo ai dirigenti del KKE di smetterla di coprire con una fraseologia di sinistra la collaborazione con la troika domestica. La posizione di un voto di protesta al referendum - in pratica, di invalidare il voto - rafforza le forze borghesi più reazionarie.

Un congresso nazionale dei rappresentanti eletti dell'intero movimento operaio, dei movimenti sociali, degli autorganizzati, dev'essere preparato al più presto, per discutere un programma alternativo di uscita dalla crisi. Per impedire a chiunque altro di decidere per noi senza di noi.

È necessario un fronte unico di classe di tutte le organizzazioni politiche e sociali, dei movimenti, dei collettivi, delle masse lavoratrici e degli strati popolari, organizzati e non, contro il nemico di classe dentro e fuori il paese.

No ai governi di "unità nazionale". Per un governo dei lavoratori, per un potere dei lavoratori.

Il gioco è finito: cancellazione del debito!

BANCHE E SETTORI ECONOMICI STRATEGICI NELLE MANI DELLA SOCIETA'.
LA PRODUZIONE E IL POTERE NELLE MANI DEI LAVORATORI.
Per un governo dei lavoratori, per un potere dei lavoratori

CONTRO L'UE IMPERIALISTA!
EUROPA ROSSA E SOCIALISTA!
EEK (Ergatiko Epanastatiko Komma, Partito Rivoluzionario dei Lavoratori)