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Al fianco di Mimmo Lucano


 In una società a misura d'uomo i diritti umani non possono subire limitazioni in base alla nazionalità e ai confini. Ogni individuo in quanto tale dovrebbe godere degli stessi diritti.


Poco meno di un mese fa in Svizzera, nella città di Berna, è stato consegnato a Domenico Lucano “il 26esimo premio libertà", perché nei rapporti con i profughi del Mediterraneo, sbarcati sulle spiagge, osa percorrere delle strade completamente nuove.

Egli considera queste persone come una chance, le integra in modo costruttivo nel suo Comune, affrontando in questo modo la decennale emigrazione della popolazione calabrese. «Mimmo Riace» è un pioniere per l’atteggiamento umano dell’Europa nei confronti dei profughi provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente”!

Viceversa in Italia il becero sciovinismo troglodita, trasforma Mimmo Lucano da “pioniere dell’integrazione” a uomo dedito all’associazione a delinquere, responsabile di crimini come: abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, insomma da filantropo a delinquente. Questo emerge dalla motivazioni depositate dal Tribunale di Locri.

Risulta chiaro che l’accusa a Mimmo Lucano è un’accusa politica. Solo uomini congelati dal giustizialismo borghese, capaci solo di “eseguire gli ordini” possono apprezzare tali accuse. La vicenda Lucano non è una vicenda che lucra il modello normo-costituito borghese, molto più semplicemente lo mette in discussione e per questo viene punito.

In tutta questa vicenda surreale Mimmo Lucano viene dipinto come un uomo prono alla criminalità. Certo, se fosse stato furbo, senza principi e avesse voluto arricchirsi con la politica, avrebbe dovuto scegliere un’altra organizzazione politica, un altro partito come ad esempio Fratelli d’Italia. Non a caso, è proprio la destra reazionaria di Fratelli d’Italia in combutta con la Lega, a far leva sulla sentenza del tribunale di Locri per difendere e rilanciare le proprie politiche criminali contro i migranti nel nome del ”prima gli italiani”. Magari per coprire i propri italianissimi esponenti coinvolti, quelli sì, negli affari della criminalità organizzata. Personaggi come Rosso, Pittelli esponenti di Fratelli d’Italia sono finiti al centro di indagini riguardanti la criminalità organizzata (‘Ndrangheta), oppure Enzo Misiano, consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Ferno (Varese), dove la magistratura è piombata su di lui con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso inserita nell’ambito dell’inchiesta Krimisa sulle infiltrazioni della ‘Ndrangheta in Lombardia, ecc.

Colpisce, ma non più di tanto, che alla campagna reazionaria di criminalizzazione di Lucano si sia accodato Marco Travaglio e il suo circo editoriale nel nome della sacralità della magistratura e delle sue sentenze. A riprova che “la difesa della legalità” borghese non ha di per sé alcuna valenza democratica e progressiva, e che l’avallo fornito alla cultura "manettara" dei Di Pietro e degli Ingroia da parte della sinistra riformista in anni recenti ha solo innaffiato il giardino del populismo reazionario di marca “giustizialista” che nel giro di pochi anni ha visto calare la scure della magistratura, in modo massiccio, sui suoi propri rappresentanti.

Il Partito Comunista dei Lavoratori esprime la massima solidarietà a Mimmo Lucano, ricordando le sue stesse parole«è stato il modello della libertà e del rispetto dei diritti umani e non è stato qualcosa di scritto che abbiamo sperimentato dopo uno sbarco. C’è stata molta spontaneità in un luogo limite dove ci sono tantissime problematiche sociali e il messaggio che è venuto fuori è che è possibile, nonostante le difficoltà del territorio».

Non c’è soluzione della questione immigrazione all’interno della società capitalista. Ma da rivoluzionari difendiamo e difenderemo sempre chi contrasta le politiche reazionarie contro i migranti esponendosi per questo alle vendette della magistratura e dello Stato borghese. Per questo diciamo: “Giù le mani da Mimmo Lucano!”.

Partito Comunista dei Lavoratori

Viva la sconfitta del pinochetista Kast. Nessuna illusione in Boric

 


Per la costruzione del partito rivoluzionario in Cile

La vedova di Pinochet ha ricevuto la definitiva sepoltura domenica 19 dicembre, quando l'onda d'urto di cinque milioni di cileni ha abbattuto José Antonio Kast, erede dichiarato del pinochetismo, col 55% dei voti.
La dinamica del voto è significativa. Kast aveva riportato la maggioranza relativa al primo turno elettorale. Appariva pertanto il grande favorito. Proprio questa vittoria è stata la leva della sua disfatta. Per sbarrare la strada a Kast sono accorsi a votare milioni di cileni che al primo turno non avevano votato, nonostante le imprese del trasporto avessero ostacolato in ogni modo l'accesso alle urne. Operai, giovani, donne, popolazione povera delle periferie e della provincia sono il volto della vittoria di Boric. È la domanda del “cambio” che già si era affacciata nelle strade e nelle piazze del Cile nei giorni della grande ribellione popolare contro Piñera dell'autunno del 2019 e che aveva segnato lo stesso voto per l'Assemblea Costituente un anno dopo, quando il 78% dei cileni chiese di abrogare la Carta Magna di Pinochet.

Ma se la sconfitta di Kast è ragione di sacrosanta soddisfazione non solo per i lavoratori e i giovani del Cile ma per le masse oppresse di tutta l'America Latina, non è e non sarà il Presidente Boric la risposta alla domanda del cambio. “Hanno vinto i comunisti, la sinistra-sinistra, la sinistra unita” si sono affrettati a dichiarare i dirigenti riformisti della sinistra cosiddetta radicale a tutte le latitudini del mondo, con l'intento di beneficiare della vittoria di Boric in casa propria riscattando le proprie magre fortune. Ma alimentano così una illusione senza futuro. Guardiamo in faccia la realtà.

La coalizione di Apruebo Dignidad rappresentata da Boric tiene insieme il Frente Amplio e il Partito Comunista del Cile (di estrazione stalinista), assieme a una costellazione di formazioni minori (Convergencia Social, Revolución Democrática, Comunes, Federación Regionalista Verde Social, Fuerza Comun, Movimiento Unir, Acción Humanista, sinistra cristiana, Izquierda Libertaria...). Una coalizione della sinistra riformista. Alle primarie di coalizione Boric aveva prevalso come candidato moderato sul candidato del PC grazie al sostegno del Frente Amplio. PC e Frente Amplio hanno partecipato alla lunga stagione di governo di centrosinistra a guida Bachelet, che col suo fallimento aveva spianato la strada nel 2018 alla vittoria reazionaria di Piñera.

Quando nel 2019 si levò la grande ascesa del movimento operaio e popolare cileno contro il governo Piñera, PC e Frente Amplio, con Boric in testa, furono determinanti nel disinnescare la mobilitazione di strada e incanalarla su binari istituzionali. L'accordo di pacificazione del novembre 2019 (“Accordo per la pace sociale e la nuova Costituzione”) salvò la pelle a Piñera e gli garantì l'impunità in cambio di un'assemblea costituente, mentre decine di migliaia di operai e giovani protagonisti della rivolta stanno ancora a marcire nelle galere del Cile, sottoposti a vessazioni e torture.

Oggi Boric è presidente, beneficiando di quella stessa spinta del cambiamento che ha lavorato a contenere. La promessa di superare il sistema previdenziale pinochetista e di investire nella sanità e nella scuola è stata la bandiera del suo successo. Ma tutta la sua campagna elettorale è stata indirizzata a garantire la borghesia cilena, gli investimenti imperialisti, la stessa destra politica, circa la propria volontà di collaborazione sociale e di unità nazionale.
Sarò il presidente di tutti, sapremo costruire ponti, il progresso richiederà ampi accordi” ha immediatamente esclamato, con un occhio alle Borse e alle ambasciate. “Avanzare richiederà ampie intese, non vogliamo fare passi falsi” ha ribadito (Corriere della Sera, 21 dicembre). È del resto sulla base di tali rassicurazioni che al ballottaggio ha ottenuto l'appoggio della Concertacion, la coalizione di centrosinistra tra Partito Socialista e Democrazia Cristiana a guida Bachelet che assieme al PC ha governato il Cile per due lunghe legislature. Ed è con la Concertation che oggi Boric sta cercando l'intesa di governo per coprirsi le spalle nel rapporto con la borghesia. Persino la destra, sconfitta nelle urne, diventa oggetto di attenzioni da parte del vincitore: “È importante che la destra conservatrice, fondamentalmente la destra economica di questo paese, comprenda che la pace sociale si costruisce attraverso la trasformazione e che deve appoggiare tale processo. Altrimenti non ci saranno vantaggi nemmeno per loro” dichiara Alejandra Sepulveda, portavoce di Boric. Madame Rios, altra esponente di primo piano dello staff, conferma: "Il dialogo col centrosinistra, ma anche con l'opposizione di destra, è necessario. Non sarà possibile avanzare nello stesso tempo su tutte le riforme” (Le Monde, 21 dicembre).

Il messaggio di entrambi è chiarissimo: “cari industriali, agrari, banchieri, cileni e stranieri, noi vogliamo la pace sociale con voi. Voi lasciateci realizzare qualche misura riformatrice senza mettervi di traverso. Altrimenti la pressione sociale dei lavoratori e della popolazione povera rischia di travolgere non solo noi ma anche voi. Nel vostro stesso interesse, aiutateci”. In altre parole, lasciateci fare qualche misurata riforma per evitare il rischio di una rivoluzione, nell'interesse comune.

Non sarà semplice. Il nuovo Parlamento eletto il 21 novembre è molto frammentato, non definisce una maggioranza chiara, né Boric sembra intenzionato a forzare verso nuove elezioni per incassare una maggioranza più ampia. Ma soprattutto l'economia capitalistica cilena è in stagnazione, e non si prevede una ripresa in tempi brevi. Il debito estero con le banche e i paesi imperialisti è gigantesco, mentre la domanda di una svolta vera è incoraggiata proprio dalla sconfitta del pinochetismo.

L'esultanza popolare per la vittoria non è solo un omaggio al vincitore ma anche una ipoteca sulla vittoria. Tutte le domande della sollevazione di ottobre 2019 sono risuonate una dopo l'altra nella piazza festante: via i fondi pensione, salario minimo, istruzione pubblica e gratuita, scala mobile dei salari, privati e pubblici, indulto per tutti i prigionieri politici, diritto all'aborto libero e gratuito. Nessuna di queste rivendicazioni può essere soddisfatta senza una rottura anticapitalista, che cancelli il debito pubblico, espropri il capitale finanziario, colpisca i santuari storici della reazione cilena (le gerarchie militari, l'apparato repressivo, i privilegi clericali).
La collaborazione di classe e l'intesa politica con la destra dispongono dunque di una base materiale assai esile e instabile, esposta al rischio di nuove possibili esplosioni sociali. Di certo solo un governo dei lavoratori, basato sulla loro forza e la loro organizzazione può realizzare le misure di svolta necessarie.

La costruzione di un partito rivoluzionario della classe operaia del Cile è dunque più che mai all'ordine del giorno. Un partito irriducibile nemico della reazione pinochetista, forte ancora di un ampio consenso, e al tempo stesso un partito di opposizione classista al nuovo governo annunciato del centrosinistra cileno, che deluderà le attese popolari, come sempre è avvenuto nella storia del Cile. Con incognite serie, potenzialmente drammatiche.

Vayan a sus casas con la alegria sana de la limpia victoria alcanzada”: con queste parole Salvador Allende nel 1970 salutò la folla accorsa ad acclamare la sua vittoria elettorale. Fu l'inizio di una esperienza di governo che cercò di combinare riforme parziali e progressive con la ricerca affannosa di un accordo con la borghesia, con l'imperialismo, con la stessa casta militare. Augusto Pinochet fu ministro di Allende, prima di diventare il suo boia. Il dirigente stalinista Corvalan fu il principale ispiratore di questa politica suicida. Il prezzo lo pagò la classe operaia con un bagno di sangue e decenni di infame dittatura.

Oggi Boric ha voluto, nel giorno stesso del suo trionfo, ripetere alla folla quella frase di Allende, per rievocare il suo mito: “Tornate nelle vostre case con l'allegria sana della limpida vittoria ottenuta”. È comprensibile nella logica rassicurante della pacificazione nazionale e della smobilitazione. Ma la parola d'ordine dei marxisti rivoluzionari cileni è opposta: “Tornate nelle strade e nelle piazze del Cile, avanzate tutte le vostre rivendicazioni senza arretrare di un passo, chiedete la liberazione dei detenuti della rivolta del 2019 e la punizione dei loro aguzzini, sviluppate la vostra organizzazione indipendente nelle fabbriche, nelle scuole, nei quartieri, abbiate fiducia solamente nella vostra forza”. È la prospettiva di una rivoluzione, la sola prospettiva che può regolare i conti, fino in fondo, con la reazione pinochetista. La sola prospettiva che può liberare il Cile dalla dittatura dei capitalisti e dal saccheggio dell'imperialismo.

Nella vicina Argentina, le organizzazioni della sinistra rivoluzionaria trotskista (Frente de Izquierda) rappresentano ormai la terza forza politica del paese col 6-7% dei voti, una propria rappresentanza parlamentare di opposizione al governo di centrosinistra peronista di Fernandez, e soprattutto un vasto insediamento nella classe operaia, nelle organizzazioni sindacali, nei quartieri popolari, nelle università e nelle scuole, nel movimento delle donne. L'unificazione di queste organizzazioni in Argentina in un comune partito rivoluzionario darebbe una enorme spinta alla costruzione del partito rivoluzionario della classe operaia cilena. Di certo il Partito Comunista dei Lavoratori augura ai marxisti rivoluzionari del Cile una prospettiva di crescita, di radicamento, di organizzazione pari a quella argentina.

La sinistra di casa nostra si balocchi pure con il successo effimero di Boric come già di Fernandez, nel mentre tace scandalosamente sul trotskismo argentino. La realtà presenterà il conto alle illusioni. La vecchia talpa della rivoluzione continua, nonostante tutto, a scavare. Ha bisogno di un partito internazionale, quello che siamo impegnati a costruire, con i marxisti rivoluzionari di tutto il mondo.

Partito Comunista dei Lavoratori

E ora?

 


Continuare, radicalizzare, generalizzare la mobilitazione. Per un'iniziativa nazionale unitaria di tutto il sindacalismo di classe

Lo sciopero generale del 16 dicembre non è stato un successo. Le manifestazioni di piazza sono state partecipate, l'adesione allo sciopero molto meno: tra uno e due milioni di lavoratori circa su 18 milioni. Un'adesione alta in una fascia ristretta di grandi aziende del settore metalmeccanico, agroindustriale, di gomma e plastica, della grande distribuzione, ma assai limitata nel gruppo Stellantis e nel gruppo Leonardo, quasi nulla all'Ilva di Taranto, molto bassa o inesistente nella piccola impresa, a macchia di leopardo, ma complessivamente modesta, nel settore dei trasporti e dei servizi. Il confronto con lo sciopero generale precedente del 12 dicembre 2014 non lascia adito a dubbi: il livello di adesione è stato molto inferiore.

Lo scarto non si spiega affatto con il presunto indebolimento strutturale del movimento operaio, secondo le tesi alla moda dei sociologi borghesi o dei burocrati sindacali. Si spiega con le condizioni dello scontro. Nel 2014 era chiara nella percezione di massa sia la materia del contendere (l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori) sia l'avversario da battere (il governo Renzi). Non a caso lo sciopero generale fu preceduto da numerose agitazioni nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro. Lo sciopero servì alla burocrazia per mettere il coperchio sulle fermate spontanee, e salvare la faccia. Ma ebbe un significato riconoscibile a livello di massa.

Lo sciopero generale di questo 16 dicembre non aveva nessuno di questi caratteri. La burocrazia sindacale di CGIL e UIL l'ha promosso in una settimana come pura reazione alla mancata concertazione col governo in carica su un emendamento alla manovra di bilancio. Senza assemblee nei luoghi di lavoro, senza una piattaforma riconoscibile, senza contrapposizione chiara allo stesso governo, ed anzi con il penoso distinguo tra un Draghi buono, disponibile a concedere il contentino di un emendamento simbolico, e «i partiti» che lo appoggiano, sordi invece a questa richiesta. Era difficile che in queste condizioni lo sciopero potesse assumere una funzione trascinante a livello delle masse più larghe.

Sciopero “inutile” dunque? Niente affatto. Lo sciopero e le manifestazioni di piazza hanno rotto il monopolio reazionario no vax sull'opposizione al governo, con l'irruzione sulla scena di un altro soggetto e delle sue ragioni sociali. Inoltre le isteriche reazioni borghesi allo sciopero generale («irresponsabile», «ingeneroso», addirittura «criminale», per la stampa reazionaria) hanno caricato lo sciopero di una valenza obiettiva più radicale di quanto avesse in realtà. Nei fatti lo sciopero ha rotto l'incantesimo della solidarietà nazionale attorno al governo, ha colpito l'intoccabile sacralità di Draghi, ha introdotto una linea di frattura sociale. La contrapposizione attiva della CISL allo sciopero, a difesa del governo e della “responsabilità”, ha agito di fatto nella medesima direzione. Per non parlare della contrapposizione urlata di Confindustria.

Su questa linea di frattura occorre ora intervenire per approfondirla, generalizzarla, motivarla. La burocrazia non ha alcuna intenzione di farlo. Per l'apparato di CGIL e UIL il 16 dicembre ha rappresentato soltanto un segnale di presenza al governo in vista del prossimo incontro e dell'atteso riconoscimento. Per tutto il sindacalismo di classe – interno ed esterno alla confederazione – si apre invece un'autostrada per incalzare pubblicamente le contraddizioni della CGIL, mettere con le spalle al muro la sua burocrazia dirigente, parlare per questa via alle masse più larghe, a chi ha scioperato e a chi non l'ha fatto.

Landini ha dichiarato in piazza, con la sua retorica consumata, che «lo sciopero è solo un inizio»? Bene. Va preso in parola. Tutto il sindacalismo di classe, interno ed esterno alla CGIL, dovrebbe proporre pubblicamente la continuità e lo sviluppo della mobilitazione. Ma attorno ad una piattaforma di lotta riconoscibile, che possa unificare il lavoro salariato, che possa aggregare attorno ad esso l'insieme dei settori oppressi della società. Il blocco dei licenziamenti con l'occupazione delle aziende che licenziano e la loro nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori; la cancellazione delle leggi di precarizzazione del lavoro e la ripartizione tra tutti del lavoro che c'è con la riduzione generale dell'orario di lavoro (30 ore pagate 40); un grande piano di nuovo lavoro in opere di utilità sociale assieme a un raddoppio dell'investimento nella sanità e nell'istruzione, finanziati da una patrimoniale del 10% sul 10% più ricco e dalla cancellazione del debito pubblico verso le banche. Attorno a queste rivendicazioni è necessario e possibile costruire una mobilitazione vera, unitaria, di massa a carattere prolungato. Un vero sciopero generale capace di motivare non solo il milione che ha scioperato il 16 ma anche i milioni che non l'hanno fatto.

Ma occorre l'assunzione di responsabilità di un'iniziativa unitaria di tutto il sindacalismo di classe, al di là di ogni divisione di bandiera, collocazione, provenienza. L'opposizione interna alla CGIL ha le carte in regola per intraprendere tale iniziativa. Certo, se il 16 dicembre tutto il sindacalismo di classe avesse scioperato con la CGIL, attorno a proprie rivendicazioni, oggi sarebbe più forte nell'incalzare la sua direzione e parlare alla sua base di massa. Così non è stato purtroppo. Ma è meglio tardi che mai.

Il momento del rilancio è ora. Magari partendo dalla legge truffa sulle delocalizzazioni del governo per contrapporle la generalizzazione della scelta di lotta che viene dalla GKN: occupare le aziende che licenziano, rivendicare il loro esproprio sotto controllo operaio, costruire una cassa nazionale di resistenza, come chiedono centinaia di delegati di diversa collocazione sindacale attorno ad un appello nazionale unitario.

Partito Comunista dei Lavoratori

Manifestazione contro la chiusura della Speedline di S. M. di Sala (Ve)

 


Solidarietà di lotta ai lavoratori e lavoratrici da parte del PCL. Contro chiusure e licenziamenti occupare, espropriare, nazionalizzare. Costruiamo lo sciopero generale di massa e continuativo

Testo distribuito nella giornata di domenica 19 dicembre, alla manifestazione dei lavoratori e delle lavoratrici della Speedline di Santa Maria di Sala, in provincia di Venezia. La multinazionale svizzera Ronal, proprietaria dello stabilimento che produce cerchi in lega per auto, ha annunciato la chiusura del sito entro il 2022, indicando la volontà di delocalizzare la produzione in Polonia. Vengono così colpiti 800 lavoratori, di cui 500 diretti, 100 in somministrazione e 400 dell’indotto. Nell'occasione è stato distribuito anche l'appello "Unire le lotte contro i licenziamenti"


Non si ferma l’avidità di profitti e l’arroganza padronale: altre centinaia di lavoratori e lavoratrici colpiti dal terribile annuncio della chiusura e della delocalizzazione della loro fabbrica. Non dobbiamo permetterlo!

Il Partito Comunista dei Lavoratori esprime la propria e totale incondizionata solidarietà e sostegno ai lavoratori e lavoratrici della Speedline, impegnati in una dura vertenza che non può e non deve rimanere isolata.

La notizia della sospensione della procedura di delocalizzazione da parte della Ronal, solo per il periodo della trattativa, è di sicuro positiva, ma non basta! I lavoratori dovranno tenere alta la guardia! bisogna evitare che nella fase di discussione si inserisca il solito canovaccio che tristemente ha accompagnato quasi tutte le vertenze di questi anni: ammortizzatori sociali, ridimensionamenti accompagnati da buone uscite - tra l’altro anche in Speedline negli ultimi 15 anni ci sono stati ridimensionamenti fatti digerire ai lavoratori - e alla fine false promesse di re-industrializzazione, come successo in Whirlpool.

I lavoratori e le lavoratrici della Speedline non hanno che da contare sulla loro forza organizzata, cercando di collegarsi alle altre vertenze che sono in campo a livello nazionale. Come possono i lavoratori fidarsi delle istituzioni? Le stesse che sostengono un governo che sta varando una manovra di bilancio lacrime e sangue, in cui anche l’emendamento inserito sulle delocalizzazioni, contestato giustamente dalla stessa FIOM, non dà alcuna garanzia per i lavoratori e nei fatti agevola le imprese a fare quel che gli pare: una vera truffa! Le stesse istituzioni che esprimono un sindaco che si permette di offendere i rappresentanti dei lavoratori e delle lavoratrici!

Bisogna allora ripartire dalla centralità del movimento operaio e dalla sua autonomia rispetto a chi negli anni ha tradito le ragioni di classe e le esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici, unificando le diverse vertenze tra loro separate e disperse: dalla Caterpillar alla Saga Coffe, da quelle della logistica all’Alitalia, alla Whirlpool e tutte le lotte e resistenze in corso.

A partire dall'iniziativa avanzata di lotta dei lavoratori della GKN contro i licenziamenti e contro le delocalizzazioni, bisogna rivendicare la nazionalizzazione sotto il controllo di chi ci lavora delle aziende che licenziano e chiudono e costruire un percorso di coordinamento e unificazione tra settori lavorativi e territori diversi.

• Uniamo le lotte, i padroni si fanno forza delle nostre divisioni!
• Costruiamo un’assemblea nazionale di delegati/e per condividere i percorsi di lotta!!
• Apriamo casse di resistenza per sostenere gli scioperi, le vertenze e le occupazioni!
• Via le leggi di precarizzazione del lavoro! Basta col lavoro somministrato!
• Riduzione generale dell’orario di lavoro a parità di paga: 30 ore pagate 40! Il lavoro va diviso tra tutte e tutti!
• Salario medio garantito di 1500 euro mensili a tutte le categorie di lavoratori! Basta salari da fame!
• Tutela sotto il controllo di chi lavora della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro!
• Abolizione della legge Fornero, diritto alla pensione a 60 anni o dopo 35 anni di lavoro!
• Facciamo pagare la crisi a chi non ha mai pagato, patrimoniale del 10% sul 10% più ricco!

Lo sciopero generale del 16 dicembre proclamato dalla CGIL e alla UIL, nonostante la debolezza della piattaforma e dei limiti del suo percorso di costruzione, è stato un momento importante di lotta, ma non sufficiente: dobbiamo lanciare una vertenza generale, dando centralità al tema delle delocalizzazioni, dei licenziamenti e delle chiusure aziendali, e avanzare la necessità della rivendicazione di uno sciopero generale vero, unitario, prolungato e di massa.

Partito Comunista dei Lavoratori

TORINO 18/12/2021: BASTA SANGUE OPERAIO!


Roberto Peretto, 52 anni di Cassano d’Adda (Milano);

Marco Pozzetti, 54 anni, di Carugate (Milano);

Filippo Falotico, 20 anni, di Coazze (Torino). 


Loro i tre operai morti oggi in via Nizza Millefonti per il cedimento di una gru sul cantiere della società Fiammengo. 

Vi sono anche tre feriti. 

Giovedì scorso a Milano, Modena, Sassari e Barletta sono morti quattro lavoratori. 

Conosciamo le cause reali di queste esecuzioni che il commentario borghese insiste a far passare come possibili «incidenti», ritraendo subito il dito quando pure gli tocca indicare i colpevoli che brillano di evidenza propria, i padroni. 

Le cause reali sono i contratti ricattatori, i ritmi forsennati, le deregolamentazioni su orari, mansioni, sicurezza, manutenzione, la riduzione profonda delle maestranze con licenziamenti, mancati rinnovi contrattuali, casse integrazioni, etc.

Tutto per massimizzare i profitti con le minori spese. 

I responsabili di questa carneficina sono due, i padroni e i governi loro soci, che formano le due facce di un solo Giano: il sistema capitalistico. 

È una strage quotidiana, uno sterminio sociale, una vera e propria guerra civile nell'interesse proprietario. 


L'unità dei lavoratori in una sola, grande lotta di classe per resistere e contrattaccare all'inasprirsi della sanguinaria barbarie capitalistica è ogni giorno più urgente. 


Solo l'unità del proletariato può respingere la criminale offensiva padronale. 

Solo il rilancio di una grande stagione di lotta sposterà i rapporti di forza sociali e politici a vantaggio degli sfruttati. 

Solo l'opposizione alla radicalità delle politiche capitalistiche con una radicalità uguale e contraria da parte degli sfruttati può cominciare a cambiare le cose in questo paese e nel mondo. 


Basta sangue operaio a lubrificare gli ingranaggi globali dei loro orridi profitti!

Versino i padroni il sangue alle condizioni di lavoro cui costringono i salariati! 


È ora! È ora!

Potere a chi lavora!

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI - TORINO

https://www.facebook.com/1023211601054604/posts/6716668335042207/?sfnsn=scwspmo


LICENZIAMENTI, POVERTA DI MASSA, MORTI E CONTAGI SUL LAVORO, ATTACCO ALLE PENSIONI:

 

Padroni e governo marciano letteralmente sulla pelle di lavoratrici e lavoratori.

Persino la vaccinazione di massa viene gestita con il solo scopo di far ripartire l’economia capitalistica, proprio quella che con le sue crisi ricorrenti, finanziarie e pandemiche, condanna i salariati al calvario dei licenziamenti, del ritorno della povertà di massa, dello stillicidio dei morti sul lavoro e l’attacco al diritto alla pensione dopo una vita logorante di fatiche.

I padroni hanno trovato il loro campione in Draghi, il banchiere dal cuore di moneta.

La classe lavoratrice deve rispondere unitariamente sulla base delle proprie autonome rivendicazioni.

Lo sciopero generale indetto da CGIL e UIL non basta. Occorre uno sciopero generale vero, unitario,

di massa, a carattere prolungato, che segni una svolta radicale del movimento operaio e sindacale.

L’esempio oggi e’ la lotta alla GKN.

È necessario costruire, a partire anche da questa esperienza esemplare, il più ampio fronte di

massa della classe lavoratrice sulla base di un programma di rivendicazioni transitorie:

Blocco dei licenziamenti! Occupazione delle aziende che licenziano, e loro nazionalizzazione senza

indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori e delle lavoratrici!

Coordinamento nazionale per unificare tutte le vertenze e le lotte frammentate!

Costituzione di casse di resistenza per sostenere le lotte!

Pieno rispetto dei diritti sindacali. Via le leggi di precarizzazione del lavoro! Via le leggi antisciopero!

Cancellazione di tutte le esternalizzazioni, con l’assunzione diretta del personale in appalto!

Eliminazione di tutti gli abusi e delle discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro!

Riduzione generale dell’orario di lavoro a parità di paga: 30 ore pagate 40!

Salario medio garantito a tutte le categorie di lavoratori! Salario pieno ai cassaintegrati!

Tutela sotto il controllo di chi lavora della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro!

Abolizione della legge Fornero, diritto alla pensione a 60 anni o dopo 35 anni di lavoro!

Facciamo pagare la crisi a chi non ha mai pagato, patrimoniale del 10% sul 10% più ricco!

Costruzione di una assemblea nazionale di delegati per decidere il percorso di lotta!

Anche per raccontare l’esperienza dell’ultimo anno di lotte intorno alle più significative vertenze aperte nel nostro Paese ne parliamo con:

Marco Ferrando:

Portavoce del Partito Comunista dei Lavoratori

Riccardo Spadano: SGB - Direttivo Nazionale

Renato Pomari: Direttivo FIOM Milano


DOMENICA 19 DICEMBRE—ORE 16

CENTRO SOCIALE COMUNALE " CATÒMES TÒT "

VIA GUIDO PANCIROLI 12 ( PIAZZALE FIUME )

REGGIO EMILIA



Beppe Sala commemora il 12 dicembre attaccando lo sciopero generale


 Commemorazione 12 dicembre: il sindaco di Milano Sala approfitta del momento per attaccare la CGIL, e il servizio d’ordine del PD impedisce con la forza al nostro compagno Franco Grisolia di intervenire

«Non spetta a me dire se lo sciopero è giusto o sbagliato, probabilmente è sbagliato»: così, a freddo e senza alcuna connessione con il contesto (la manifestazione per ricordare le vittime di Piazza Fontana), interviene il sindaco. Anche se è la parte ufficiale della cerimonia e molti militanti di sinistra non sono ancora in piazza, parte con fischi e insulti la reazione a queste parole, e Sala si blocca. Il nostro compagno Franco Grisolia urla: «Vergogna! Usare i morti per attaccare la CGIL che fa sciopero!». Sala, sempre più imbarazzato, cerca di rimediare aggiungendo che «lo sciopero è un diritto» e invitando il nostro compagno a intervenire, ma a quel punto è il servizio d’ordine del PD che lo impedisce, brutalmente. Un episodio che dimostra due cose: la vera natura politica di Sala (parole di sinistra per raccattare voti, filopadronale quando governa, visto anche che da manager di grandi aziende non ha mai avuto bisogno di fare scioperi, al pari di Bonomi); l’atteggiamento antidemocratico e stalinista del PD, che fa scudo anche fisicamente ad ogni possibile contestazione.

Questo che precede è il comunicato che abbiamo inviato ad agenzie, TV e giornali su quanto accaduto oggi pomeriggio in Piazza Fontana a Milano. Come ogni anno, si è commemorata la strage fascista del 1969. La manifestazione ha sempre due fasi: la prima ufficiale, con autorità varie e la “sinistra” dal PD a Rifondazione agli “anarchici ufficiali”; la seconda è invece un corteo cui partecipa solo la sinistra più larga, senza istituzioni e senza PD.
L’episodio, riportato da vari siti e media (1), è avvenuto nella prima fase, quando ancora mancavano dalla piazza, tra l’altro, gli altri compagni del PCL. Ciò che emerge sono in particolare due cose: la personalità dell’ex city manager della Moratti Sala, che ancora qualcuno nella sinistra vede in modo troppo roseo, e la vigliaccheria di militanti del PD (“travestiti” da servizio d’ordine ANPI) che hanno fermato il nostro compagno nonostante il reiterato invito del sindaco a farlo parlare.
L’episodio ha avuto comunque il “pregio” di smascherare la vera natura della giunta di Milano e del suo sindaco, che non ha avuto dubbi tra chi scegliere tra i lavoratori e il padronato, al di là delle formali parole in difesa del lavoro. Da segnalare anche uno sgradevole atteggiamento degli “anarchici ufficiali”, gli unici che essendo lì vicino hanno visto bene cosa accadeva e avrebbero potuto intervenire in ausilio al compagno Franco permettendogli di “sfondare” (come ha tentato giustamente di fare) il blocco del servizio d’ordine. Invece non hanno fatto nulla in suo sostegno. E anzi uno di loro lo ha invitato ad allontanarsi per non creare problemi alla loro regolare presenza nella manifestazione.
È doveroso però segnalare che appena avuto visione o notizia di quanto avvenuto, militanti e dirigenti della CGIL, del PRC e di altre organizzazioni di sinistra hanno contattato il compagno Franco Grisolia per segnalargli la loro solidarietà e appoggio per quanto aveva fatto.


(1) https://www.milanotoday.it/attualita/sindaco-sala-contestato-piazza-fontana.html

Partito Comunista dei Lavoratori

Dallo sciopero della scuola a uno sciopero generale prolungato e di massa

 


Gli ultimi anni sono stati all'insegna del dubbio e dell'incertezza per le centinaia di migliaia di insegnanti e ATA, precari e di ruolo.


La scuola, i suoi lavoratori e lavoratrici e i suoi studenti hanno vissuto un periodo di estrema difficoltà a causa della perenne carenza di interventi per aumentare il salario del personale (docente e ATA) e gli organici di ruolo, con un reale piano di stabilizzazioni basato sulla valorizzazione del servizio, e della mancanza di un reale piano per la messa in sicurezza delle strutture scolastiche. La situazione generatasi con la pandemia di COVID-19 ha amplificato a dismisura queste problematiche, acuite da ministri sordi ad ogni istanza, come la pentastellata Azzolina e la sua retorica del merito e della selezione dei docenti, che ha portato ad un concorso straordinario che non ha fatto che umiliare i partecipanti, docenti con anni e anni di servizio.


LO SCIOPERO DEL 10 DICEMBRE E LE SUE PROSPETTIVE

Dinnanzi alla ostilità verso i lavoratori della scuola manifestata più volte dal ministro Bianchi, non può che essere positiva, seppur estremamente tardiva, la giornata di sciopero proclamata dalle organizzazioni maggioritarie tra i lavoratori e le lavoratrici della scuola (FLC CGIL, UIL Scuola, Gilda, Anief e SNALS) insieme ad alcune realtà del sindacalismo di base, come i Cobas scuola e la Cub Sur. Una mobilitazione che deve, contro ogni logica corporativistica, favorire l’unità delle vertenze dei lavoratori, impedendo così le logiche di divisione che i governi portano avanti da decenni, in un'ottica di progressiva privatizzazione. L'autonomia scolastica e i primi esperimenti di autonomia differenziata in regioni a statuto speciale come il Trentino-Alto Adige ne sono l'esempio lampante. Alle 18 ore settimanali si sono aggiunte 2 ore in più da prestare eventualmente per supplenze. Inoltre, tutti i docenti altoatesini devono prestare ben 220 ore annue come attività funzionali all'insegnamento, il tutto in cambio di un aumento lordo di poche centinaia di euro.


CONCORSI O MACELLERIA SOCIALE?

Il concorso straordinario svolto in piena pandemia per i docenti con tre anni di servizio è stato magnificato come un grande rimedio al precariato. Peccato che sia stato un concorso per soli 32.000 posti, nonostante le cattedre vacanti nella scuola secondaria di primo e secondo grado siano ben 123.000. Nella valutazione degli elaborati hanno contato più le soggettività dei commissari che gli anni di servizio, umiliando così il lavoro di decine di migliaia di insegnanti. Il fatto che sia stato promosso soltanto il 40% dei partecipanti, lasciando oltre 10.000 cattedre vacanti di quelle messe a concorso, conferma la volontà divisiva di questo concorso e dei dicasteri Bussetti, Fioramonti, Azzolina e Bianchi. I concorsi STEM non hanno che confermato questo indirizzo politico.


LE PROPOSTE DEL PCL.

Come Partito Comunista dei Lavoratori, per combattere il precariato e contrastare il palese progetto di progressiva privatizzazione della scuola, portato avanti tenacemente dai governi di centrodestra e centrosinistra che si sono succeduti in questi anni, proponiamo:

- Un reale aumento salariale di 350€ netti, per portare gli stipendi di docenti e ATA in linea con la media europea.

- la stabilizzazione di tutti gli insegnanti precari: siamo per un piano di assunzioni che parta dalla trasformazione dell'organico di fatto in organico di diritto e l'ingresso di tutti gli insegnanti con tre anni di servizio in un processo di formazione e stabilizzazione.

- Un grande piano di lavori pubblici per la scuola: è urgente provvedere al risanamento degli oltre 2400 siti scolastici nei quali è stata accertata la presenza di amianto, e alla messa in sicurezza di tutte le scuole i cui plessi non sono a norma di criteri antisismici.

- No al blocco per i neoassunti, sia esso quinquennale che triennale: ogni lavoratore deve avere il diritto di poter lavorare vicino alla propria famiglia.

- Internalizzare tutti gli educatori, il personale scolastico e dei servizi: il settore delle cooperative sociali è una vera giungla dove migliaia di educatori, soprattutto giovani e donne, sono sfruttati con bassi salari. Chiediamo l'assunzione di tutti gli educatori con lo stesso profilo negli enti locali.

- No ad ogni proposta di autonomia differenziata.

- Una patrimoniale del 10% sul 10% più ricco. Solo così si potranno colmare decenni di miliardi di euro di tagli, anche all'istruzione.

- Cancellazione delle leggi di precarizzazione del lavoro e di tutte le esternalizzazioni, e regolarizzazione dei lavoratori precari. A pari lavoro pari diritti.

- Eliminazione di tutti gli abusi e delle discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro.

- Il lavoro che c'è va ripartito fra tutti, attraverso una drastica riduzione dell'orario di lavoro a parità di paga: 30 ore pagate 40.

- Introduzione di un salario minimo intercategoriale di 1.500 euro; salario garantito in caso di disoccupazione o inoccupazione.

- Abolizione della legge Fornero. Diritto di lavoro a 60 anni o dopo 35 anni di lavoro.

- Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro sotto il controllo di chi lavora. Massima sicurezza nelle scuole con l’aumento e perfezionamento delle misure anti-Covid. Raddoppio dell'investimento nella sanità pubblica, con l'esproprio di quella privata, e un vasto piano di assunzioni a tempo indeterminato nel servizio sanitario nazionale: per ricostruire la medicina territoriale, fare una seria azione di tracciamento, moltiplicare le sedi di vaccinazione.

- Coordinamento nazionale e costruzione di una assemblea nazionale di delegati/e per decidere il percorso di lotta e unificare tutte le vertenze e le lotte frammentate!

- Costituzione di casse di resistenza per sostenere le lotte!

Con queste rivendicazioni il Partito Comunista dei Lavoratori interviene nella mobilitazione della scuola e dà il suo contributo affinché il 10 dicembre sia una giornata nazionale di lotta, che costituisca un punto di partenza. Indicando la necessità di attraversare la giornata di sciopero generale del 16 dicembre indetto dalla CGIL e dalla UIL con la rivendicazione di uno sciopero generale vero, unitario, prolungato e di massa.

Consapevoli che solo una mobilitazione generale che unifichi tutti i settori del lavoro - pubblico e privato - e degli studenti, possa mandare a casa questo governo nemico di chi lavora.

Solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici potrà soddisfare gli interessi della classe lavoratrice e delle masse popolari!

Partito Comunista dei Lavoratori

Lo sciopero generale del 16 dicembre non basta!

 


Per uno sciopero generale prolungato su una piattaforma di lotta unificante. Attraversare il 16 dicembre con una proposta di svolta vera

CGIL e UIL si sono decise a proclamare lo sciopero generale per la giornata del 16 dicembre. Uno sciopero generale contro la Legge di Stabilità del governo è di per sé un fatto positivo. Tanto più a distanza di sette anni dall’ultimo sciopero generale confederale (12 dicembre 2014), e a fronte di un governo Draghi idolatrato da tutta la stampa borghese e dalla UE come salvatore della nazione (“il governo dei migliori”).

Di certo non mancano le ragioni per scioperare contro Draghi e Bonomi. Dopo due anni di pandemia la sanità pubblica è l’ultima voce di spesa, mentre si liberalizza ulteriormente la sanità privata, si sbloccano i licenziamenti, si peggiora il reddito di cittadinanza, si prevede una riforma fiscale che non dà nulla a lavoratori e pensionati; mentre si taglia l’IRAP, si bloccano i contratti del pubblico impiego a partire dalla scuola, si annuncia il “ritorno alla normalità” in fatto di pensioni, cioè una legge Fornero a pieno regime. PNRR e la Legge di Stabilità sono in realtà grandi operazioni a debito a tutto vantaggio di imprese e banche e a carico dei salariati.

Ma proprio per questo lo sciopero del 16 dicembre è del tutto inadeguato. Innanzitutto, lo sciopero giunge tardi rispetto ai tempi di una Legge di Stabilità in dirittura d’arrivo. Ma soprattutto lo sciopero giunge male, dopo l’avallo fornito da CGIL, CISL e UIL allo sblocco dei licenziamenti, la gestione disastrosa di tante vertenze aziendali (da Whirlpool ad Alitalia), persino l’assenza di una seria campagna di massa per la massima estensione della vaccinazione. Su ogni terreno la burocrazia sindacale ha assicurato a padronato e governo la pace sociale. Il risultato è che nei due anni di pandemia i padroni hanno incassato 170 miliardi dai governi in carica e hanno visto impennarsi il valore di Borsa delle proprie azioni, mentre i salari sono in picchiata, un milione di lavoratori precari sono stati buttati per strada, la precarietà del lavoro dilaga con la cosiddetta “ripresa”, si moltiplicano gli omicidi bianchi nelle fabbriche, le delocalizzazioni restano all’ordine del giorno (GKN). Tutto questo dimostra non solo la crudeltà della società borghese, ma anche la subalternità delle burocrazie sindacali, il completo fallimento della loro politica di collaborazione di classe e dei gruppi dirigenti che ne sono responsabili.

Non basta allora uno sciopero generale simbolico, che serva unicamente a informare che un sindacato esiste, e a prenotare un prossimo incontro con Draghi. Occorre uno sciopero generale vero, unitario, di massa, a carattere prolungato, che segni una svolta radicale del movimento operaio e sindacale. Che apra una stagione nuova di mobilitazione e conflitto sociale, attorno ad una piattaforma di lotta indipendente, a partire da alcune rivendicazioni centrali:

• Blocco dei licenziamenti, occupazione delle aziende che licenziano (come in GKN) e loro nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori;
• Coordinamento nazionale di tutte le vertenze e lotte di resistenza a difesa del lavoro;
• Cancellazione delle leggi di precarizzazione del lavoro e di tutte le esternalizzazione, e regolarizzazione dei lavoratori precari. A pari lavoro pari diritti;
• Eliminazione di tutti gli abusi e delle discriminazione di genere nei luoghi di lavoro;
• Il lavoro che c’è va ripartito fra tutti, attraverso una drastica riduzione dell’orario di lavoro a parità di paga. 30 ore pagate 40;
• Abolizione della legge Fornero. Diritto alla pensione a 60 anni o dopo 35 anni di lavoro;
• Un grande piano di nuovo lavoro in opere sociali di pubblica utilità, a partire dal risanamento ambientale: riassetto idrogeologico del territorio, bonifiche, riparazione della rete idrica, messa in sicurezza antisismica del patrimonio edilizio;
• Raddoppio dell’investimento nella sanità pubblica, con l’esproprio di quella privata, e un vasto piano di assunzioni a tempo indeterminato nel servizio sanitario nazionale: per ricostruire la medicina territoriale, fare una seria azione di tracciamento, moltiplicare le sedi di vaccinazione;
• Una patrimoniale straordinaria del 10% sul 10% più ricco e la cancellazione del debito pubblico verso le banche con la loro nazionalizzazione, come fonte di finanziamento di tali misure. Paghi chi non ha mai pagato.

È importante che la giornata di sciopero del 16 dicembre sia attraversata dalla rivendicazione di uno sciopero generale vero. È importante che tutte le organizzazioni del sindacalismo di classe convergano sulla giornata di sciopero per portarvi una proposta di svolta, contro la recita delle burocrazie sindacali. È importante costruire una assemblea nazionale di delegati per definire il percorso di lotta e di mobilitazione.

Partito Comunista dei Lavoratori

È uscito il nuovo numero di Unità di Classe

 


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1 Dicembre 2021

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In questo numero:


Draghi, what else? Editoriale - Federico Bacchiocchi

Nucleare e capitalismo - Stefano Falai

Il Senato affossa il DDL Zan - Commissione donne e altre oppressioni di genere del PCL

La questione Taiwan - Alessio Dell'Anna

No vax, No green pass. La confusione a sinistra - Marco Ferrando

Recensione del film "Marx può aspettare" - Elia Spina

Partito Comunista dei Lavoratori

Dichiarazione internazionale per l'assoluzione di César Arakaki e Daniel Ruiz

 

Militanti condannati in Argentina per essersi mobilitati contro una riforma reazionaria delle pensioni

1 Dicembre 2021
Sottoscriviamo e invitiamo a sottoscrivere e diffondere questo appello delle organizzazioni del Frente de Izquierda y de Trabajadores - Unidad di solidarietà e lotta per la libertà di due militanti della sinistra di classe e rivoluzionaria argentina.


Lunedì 8 novembre una sentenza del giudice Ariel Ríos ha condannato i compagni César Arakaki e Daniel Ruiz (membri rispettivamente del Partido Obrero e del PSTU) a tre anni e quattro mesi di reclusione effettiva e tre anni di reclusione effettiva, in ogni caso, nell'ambito della causa aperta loro per la partecipazione alla massiccia manifestazione del 18 dicembre 2017, davanti al Congresso nazionale, contro la riforma delle pensioni approvata quel giorno alla Camera dei deputati. Manifestazione fortemente repressa con decine di feriti gravi (occhi persi, ecc.) e detenuti.

La riforma in questione, promossa dal governo di Mauricio Macri (PRO-Cambiemos) e approvata con il sostegno dei deputati del Partito Justicialista, ha modificato il calcolo degli stipendi a scapito dei pensionati. Faceva parte di una serie di misure contro la classe operaia, che comprendeva anche una riforma del lavoro per rendere ancora più flessibili le condizioni di lavoro, e che alla fine ha dovuto essere accantonata, proprio a causa di quella gigantesca mobilitazione che a dicembre ha riunito centinaia di migliaia di persone.

Per distogliere l'attenzione dalla rapina avvenuta il 18 dicembre, è stata organizzata una feroce campagna di demonizzazione da parte dei media, identificando alcuni dei compagni che avevano partecipato alla manifestazione, con immagini e video che li mostravano mentre resistevano alla repressione della polizia. Giorni dopo iniziarono gli arresti e la persecuzione giudiziaria.

La sentenza è un chiaro attacco dell'intero regime al diritto di protestare e ha lo scopo di ammonire tutti coloro che combattono. Lo ha chiarito un tweet di Patricia Bullrich, ex ministro della sicurezza all'epoca e attuale capo del PRO, il partito di Macri, che ha affermato: “Spero che questa condanna sia esemplare. Manifestazioni senza motivo ristagnano solo il Paese”.

Il giudice ha seguito esattamente l'intero copione dell'accusa, che li ha accusati di presunte "intimidazioni pubbliche", "attentati contro l'autorità" e "lesioni in aggressione". La crudeltà giudiziaria è così evidente che la condanna è avvenuta nonostante il venir meno dell'accusa dell'ufficiale Brian Escobar, ferito durante la repressione dei manifestanti, perché la difesa di Arakaki e Ruiz è riuscita a dimostrare che le sue ferite non erano state causate dai compagni.

Questa imbarazzante sentenza sarà impugnata, e raddoppieremo la campagna nazionale e internazionale per l'assoluzione. Chiediamo la firma di questa dichiarazione e l'invio di petizioni alle ambasciate.

Per l'assoluzione di César Arakaki e Daniel Ruiz.
Per la libertà e il deprocessamento dei prigionieri di lotta.
Per il diritto di protestare.

VOLENTIERI PUBBLICHIAMO: 4 DICEMBRE NO DRAGHI DAY - CORTEO A BOLOGNA

 


Sabato 4 dicembre

giornata nazionale di mobilitazione del sindacalismo di base e conflittuale, contro le politiche del Governo Draghi

Bologna CORTEO Concentramento ore 10.00 P.zza dell'unità – Bologna

 






Il riuscito sciopero generale dell’11 ottobre, promosso da tutto il sindacalismo conflittuale e di base, con la sua piattaforma di lotta, ha individuato con precisione i temi sui quali proseguire la mobilitazione che escono rafforzati dai nuovi provvedimenti presentati da Draghi, che ne confermano l’indirizzo fortemente antipopolare.   

ü PPer investimenti pubblici nei settori chiave della vita sociale, come sanità, scuola e trasporto pubblico locale, fondamentali oltre ai necessari vaccini per contrastare la diffusione della pandemia

ü CContro le misure economiche del governo Draghi che confermano la linea politica dell’aumento delle disuguaglianze anziché ridistribuire la ricchezza, garantire un reddito dignitoso a tutti, adeguare i contratti e le pensioni al reale costo della vita.

ü CContro licenziamenti, precarietà, Legge Fornero, privatizzazioni e delocalizzazioni.

ü CContro l’autonomia differenziata destinata ad aumentare le differenze territoriali e sociali.

Per la giustizia climatica e sociale



ADL COBAS, COBAS CONFEDERAZIONE, SGB, SI COBAS, USB, USI-CIT


 

La nostra cura? Abbattere il capitalismo e spezzare le catene dell’oppressione!

 


25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne e di genere

L'aggravarsi della crisi con il prolungamento della situazione pandemica continua a restituirci uno scenario inquietante.
Nel più ampio contesto internazionale il Covid-19 impatta ancora sull'alto numero di decessi e richiama in alcuni paesi alla necessità di lockdown e restrizioni, non solo per la renitenza al vaccino ma soprattutto per l'incapacità dei sistemi sanitari di far fronte alla situazione, indeboliti da anni di tagli e dal progressivo smantellamento del servizio pubblico. In alcune zone del mondo le popolazioni non hanno ancora avuto la possibilità di accedere alla prima dose di vaccino a causa delle dinamiche concorrenziali mirate al profitto delle case farmaceutiche, che detengono i brevetti su questi farmaci.

Questi due anni hanno mostrato chiaramente come la pandemia abbia colpito i lavoratori e soprattutto le lavoratrici: in Italia nel 2020 si registrava il 21% delle richieste di part-time o flessibilità lavorativa per fronteggiare le difficoltà delle chiusure. Ancora nei primi mesi del 2021 si rimarcava un calo dei posti di lavoro (su 101mila nuovi disoccupati, 99mila erano donne) e un divario salariale crescente a cui si aggiungeva l'aumento dei lavori di cura non retribuiti e l'assenza di un sistema di welfare in grado di offrire soluzioni.
La ripresa nel settembre 2021 segnalata dall'Istat non deve farci illudere: i 59.000 posti di lavoro recuperati sono ovviamente a tempo determinato e i posti occupati dalle donne sono ancora inferiori rispetto ai livelli pre-Covid (370mila occupate in meno).
Gli ultimi provvedimenti del governo Draghi inoltre annullano qualsiasi ipotesi di miglioramento: dopo aver consegnato un lauto bottino ad imprese e sanità privata con i decreti varati in estate, la traiettoria segnata per le pensioni punta al solo calcolo dei contributi, senza tenere conto della parte retributiva, penalizzando dunque i settori più precarizzati della società: donne, giovani e persone con disabilità.
A ciò si aggiunge il “contributo universale per i figli” a partire da marzo 2022, con il quale si punta a sostenere l'aumento demografico, elargendo elemosine in base alla fascia ISEE e al numero di figli per famiglia, senza cercare soluzioni strutturali che puntino a migliorare le condizioni di vita de* lavorator*.
Insomma lo stato borghese non ha soluzioni da offrire per uscire dalla crisi e soprattutto dimostra come in questa lunga fase di recessione non sia possibile trovare soluzioni di miglioramento se non con rivendicazioni inserite in un percorso di lotta su un programma anticapitalista.

Le nostre vite sono quindi segnate dalla violenza, dai suoi tanti volti. A quella economica si somma la violenza subita quotidianamente, frutto di sessismo e di omo-bi-lesbo-transfobia, agita spesso entro le mura domestiche, alle quali siamo espost* per colpa della precarietà e della disoccupazione. La causa principale è la natura del sistema capitalistico ed eterocispatriarcale. Un sistema che vive e si riproduce proprio su queste dinamiche di violenza e sfruttamento. 103 donne uccise solo in Italia, a cui si sommano 5 persone trans e gender diverse e i numerosi episodi di discriminazione e violenza subite nei vari contesti sociali. Questa situazione è fomentata dalla becera propaganda clericale e dei partiti reazionari, in primo luogo Lega e FDI, come dimostrato dall'affossamento del DDL Zan e dai continui attacchi alla salute riproduttiva delle donne.

Donne e persone LGBT*QIA+ migranti hanno pagato il prezzo più alto dell’aggravamento della crisi generato dalla fase pandemica, per la difficoltà di accesso alle cure sanitarie e la maggiore esposizione al Covid-19, e per l’aumento della disoccupazione e della precarietà delle loro condizioni lavorative.

Per rispondere radicalmente alle violenze e alle oppressioni che subiamo sotto ogni aspetto nelle nostre vite, dobbiamo organizzare un fronte che unisca tutte le lotte in corso, da quelle transfemministe a quelle per il lavoro e la difesa dell’ambiente:


• Per la difesa del lavoro: blocco permanente dei licenziamenti e cancellazione di tutte le controriforme del lavoro; cancellazione degli appalti e nazionalizzazione senza indennizzo delle imprese che chiudono, inquinano e delocalizzano, sotto controllo delle lavoratrici e dei lavoratori;

• Contro l'elemosina di Stato, lavorare meno lavorare tutt*: ripartizione del lavoro esistente, con la riduzione dell'orario a 30 ore e con l’introduzione di un salario intercategoriale di 1500 euro; salario garantito in disoccupazione o inoccupazione, contro ogni ipotesi di reddito universale o di autodeterminazione slegato dal lavoro; copertura salariale del 100% in caso di malattia, cassa integrazione, congedi parentali.

• Cancellazione delle controriforme delle pensioni e ritorno al sistema retributivo;

• Servizi sociali (scuola, sanità...) pubblici e sotto il controllo de* lavorator* e dell* utenti per i servizi legati alla cura. La prospettiva deve essere la socializzazione del lavoro di cura, da finanziare con la patrimoniale di almeno il 10% sul 10% più ricco della popolazione e con un sistema di aliquote fortemente progressivo;

• Accesso all'IVG libero, sicuro e gratuito; accesso all’aborto farmacologico; contraccezione gratuita e garantita; abolizione dell’obiezione di coscienza e consultori pubblici e laici; accesso ai consultori anche per le donne T*.

• Contro la violenza e l'oppressione di genere: autorganizzazione della autodifesa femminista e queer; fondi ai centri antiviolenza autogestiti, senza nessun finanziamento a enti privati e case-famiglia religiose;

• Contro la violenza e l'oppressione omo-lesbo-bi-transfobica: per un movimento queer autorganizzato e rivoluzionario in grado di contrastare gli attacchi reazionari, l'invisibilizzazione e il rainbow-washing; contro i trattamenti patologizzanti nei confronti delle persone T*, contro la cancellazione delle soggettività Bi e Pan e anche contro la misoginia, il razzismo e la transfobia dentro la comunità LGBT*QIA+;

• Eliminazione di tutte le leggi securitarie e delle forme di lavoro schiavistico che violano i diritti delle donne immigrate;

• Per il libero amore e la libera sessualità: lotta alla tratta e allo sfruttamento della prostituzione, contro i Daspo urbani e la criminalizzazione delle prostitute. Abbattimento della famiglia borghese, cellula di riproduzione capitalistica: per nuovi legami basati sull'affetto e la condivisione.

• Per il più ampio fronte di classe, anticapitalista e rivoluzionario, organizzato su scala internazionale, che unisca tutte le lotte per i diritti civili e sociali, per il lavoro, per la tutela dell’ambiente, in una lotta sola!

Solo rovesciando questo sistema basato sul capitalismo e l'etero-cis-patriarcato è possibile spezzare le catene dell'oppressione. Solo la rivoluzione socialista può liberarci dallo sfruttamento e dalla violenza e garantire la nostra piena emancipazione!


ANTIPATRIARCALI, ANTICAPITALIST*, ANTIFASCIST*,

ANTICLERICALI FEMMINIST* RIVOLUZIONARI*


Partito Comunista dei Lavoratori - Commissione donne e altre oppressioni di genere