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Poste Italiane: continua la farsa

 Il tira e molla sulla seconda trance di privatizzazioni, anche con il cambio di vertice, permette al governo di prendere tempo e all'azienda di fare tutti i dovuti aggiustamenti per presentare un pacchetto aziendale debitamente messo a lucido sulla sua facciata, per meglio nascondere tutte le inefficienze reali e l'aumento dello sfruttamento a danno dei lavoratori, specialmente del settore recapito. Così continua la politica aziendale fatta di: tagli al personale e agli uffici; generale mancato turn over delle posizioni lavorative; mancanza e obsolescenza dei mezzi e delle strumentazioni; riorganizzazione del recapito a giorni alterni con il conseguente taglio delle zone, l'aumento dei carichi di lavoro sui singoli portalettere e la messa in discussione del servizio universale a discapito delle zone periferiche e meno lucrose; precarizzazione sempre più spudorata delle condizioni di lavoro; messa in discussione dei diritti dei lavoratori costantemente attaccati nel loro quotidiano, messi sempre più sotto un controllo quasi orwelliano e costretti a svolgere lavorazioni extra sottopagate entro l'orario lavorativo, come nel caso della formula dell' abbinamento per i portalettere, o obbligati a ritmi sempre più stressanti con straordinari forzati. 

Per i precari la beffa è anche peggiore. Non solo gli viene imposta una condizione di perenne ricatto, con rinnovi di pochi mesi (a volte anche inferiori ai 30 giorni), ma sempre di più vengono utilizzati sostanzialmente per coprire carenze di organico strutturali, sobbarcandoli della maggior parte delle prestazioni straordinarie necessarie a tenere in piedi il recapito spesso sotto il ricatto del non rinnovo. Spesso imposte anche se illegittime e in alcuni casi neppure retribuite in toto.

Nonostante questo le loro prospettive non supereranno mai i 24 mesi di lavoro. Per gli oltre 5000 precari dell'azienda il miraggio del tempo indeterminato è apertamente negato fin da principio. Quei lavoratori sono semplice carne da macello per due anni, per esser poi sostituiti da altri esattamente come loro per le stesse identiche mansioni. E la loro quota, rispetto ai contratti indeterminati, aumenta sempre di più, a dimostrazione che il comparto del recapito vuole essere smantellato, appaltato, messo in secondo piano da Poste Italiane.

Questo è il merito del Jobs Act e di tutte le leggi di precarizzazione del passato, delle politiche di privatizzazione e smantellamento dei servizi e delle aziende pubbliche. Questo è il merito di questo sistema politico ed economico e spesso, delle connivenze dei maggiori sindacati concertativi.
E' sicuramente positivo che l'SLC-CGIL tenti di lanciare una mobilitazione dei precari contro la loro condizione e per una graduatoria per assunzioni a tempo indeterminato, ma non può essere sufficiente. Solo uno sciopero di tutto il comparto delle Telecomunicazioni e dei Servizi può frenare questa aggressione generale e mettere in campo la forza dei lavoratori e delle lavoratrici contro un problema sistemico. E con esso uno sciopero generale contro la precarietà, le privatizzazioni, i licenziamenti e i tagli ai servizi pubblici, per rilanciare la politica del lavorare meno e lavorare tutti, unica soluzione alla crisi attuale.

Il nostro partito continua a solidarizzare con questa lotta, considerato che alcuni suoi militanti e iscritti sono lavoratori di Poste Italiane e di varie aziende private di recapito, e portano avanti ogni giorno questa lotta nel loro posto di lavoro e assieme ai loro colleghi.
Partito Comunista dei Lavoratori