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28 Febbraio 2018 - Questa notte Confindustria ha incassato il sì delle burocrazie sindacali alla propria piattaforma. Tutti gli aspetti peggiori dell'ultimo contratto dei metalmeccanici vengono estesi all'intero impianto delle relazioni sindacali. A riprova del fatto che quell'accordo - contestato in tante grandi fabbriche - rappresentava un accordo pilota, come tale peraltro presentato da Federmeccanica.
La sostanza dell'accordo è inequivocabile. Gli aumenti salariali su scala nazionale vengono subordinati all'Ipca, che per definizione è inferiore alla inflazione reale (perché i costi dell'energia non sono calcolati); ogni contrattazione aziendale viene subordinata all'incremento della produttività: cioè deve essere pagata dai lavoratori stessi (con l'incremento dello sfruttamento). Già solo questo significa che nel momento della massima euforia delle Borse e dei profitti, e dopo un'infinita crisi sociale, non solo si nega ai lavoratori e alle lavoratrici ogni miglioramento della propria condizione, ma li si subordina in forma ancor più vincolante agli interessi padronali.
Un altro aspetto del contratto dei metalmeccanici diventa centrale nel nuovo accordo siglato: la generalizzazione del welfare aziendale. Benefit al posto del salario. Nuovi sgravi fiscali ai padroni a vantaggio dei loro profitti e a carico del welfare universale. Una forma aggiuntiva di ricattabilità dei lavoratori da parte dei padroni. Non bastava la libertà di licenziare senza giusta causa per i nuovi assunti. Occorreva dire all'operaio che se non si subordina all'azienda, se rivendica migliori condizioni, mette a rischio non solo il posto di lavoro ma anche l'accesso ai “benefici” (sanità, rette, pensioni...) che a quel posto si legano. Come negli USA. Mentre il welfare aziendale a scapito di quello universale diventa un nuovo terreno di speculazione e arricchimento del capitale finanziario.
Infine l'accordo blinda la famosa esigibilità dei contratti introdotta dal Testo Unico del 10 gennaio, cioè l'impossibilità di contestare gli accordi da parte di chi ne è vittima, se non al prezzo di sanzioni.
Confindustria brinda entusiasta, a ragione. Brinda la CISL di Furlan, sempre più sindacato padronale. Mentre la burocrazia della CGIL segue a ruota vergognosamente, pur di sancire l'unità sindacale, e ottenere il riconoscimento del padronato. Indecente. Tanto più alla vigilia del voto del 4 marzo. Il segnale che le burocrazie sindacali – CGIL in testa - inviano a tutti i partiti padronali è molto semplice: la governabilità del conflitto sociale è sotto controllo, il movimento operaio starà fuori della contesa politica, siate riconoscenti per il servizio reso.
Le diverse forze della sinistra politica non hanno nulla da dire su questa ennesima capitolazione della CGIL? Continueranno a subordinarsi organicamente agli apparati sindacali (LeU) o a tacere pubblicamente sulle loro responsabilità (Rifondazione, cioè Potere al Popolo)?
Il Partito Comunista dei Lavoratori e la lista “Per una sinistra rivoluzionaria” si battono e si batteranno in ogni caso contro l'accordo Confindustria-sindacati, in coerenza con la battaglia di sempre. Per una direzione alternativa del movimento operaio. Per una prospettiva anticapitalista.
Partito Comunista dei Lavoratori