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Le prese in giro della democrazia borghese


Anche sulla “par condicio” elettorale si dimostra quanto valgono le regole in questa società

“La democrazia borghese è una pacchia per i ricchi e un inganno per i poveri”. Queste parole di Lenin hanno sempre guidato l’azione dei marxisti rivoluzionari conseguenti.
A differenza di tutte la varie “sinistre” che si inchinano di fronte alla Costituzione nata dalla Resistenza, noi, pur pronti a sfruttare qualsiasi appiglio che essa offra al movimento dei lavoratori e degli oppressi, sappiamo appunto che fu, fin dall’inizio, uno strumento per incanalare nel quadro del sistema borghese il potenziale rivoluzionario della classe operaia.
A chi si scandalizza del nostro voler abbattere con la rivoluzione la “democrazia” borghese e sostituirla con la dittatura del proletariato noi rispondiamo che il potere dei lavoratori e delle lavoratrici che essa rappresenta è l’unica reale alternativa a questa dittatura di banchieri e capitalisti che la democrazia borghese rappresenta. Come detto, questo non significa che noi non utilizziamo gli spazi - in larga misura guadagnati dalla lotta delle masse - che questo sistema ci offre, a partire della partecipazione alle elezioni parlamentari, per propagandare il nostro programma rivoluzionario.
Ma anche sul terreno di questi spazi, la borghesia, il suo sistema politico e i suoi servi sono pronti a violare le loro stesse regole e ad usare tutti i trucchi per mantenere lo status quo.
In piccolo questa presa in giro della democrazia borghese si è vista in riferimento alla norme di legge della cosiddetta par condicio. Tale legge, del 2000, prevede che nel corso delle campagne elettorali le varie liste in competizione abbiano un pari spazio, temporale e qualitativo, di presentazione su tutti i canali televisivi. Tutto apparentemente molto democratico: una partenza su basi eguali per presentare i propri programmi agli elettori e permetter loro di giudicare liberamente. Ciò che non elimina le differenziazioni di risorse, ma limita il loro dominio.
Solo che... questa legge è totalmente inapplicata. Non nel senso che non si raggiunge la precisione nell’attribuzione degli spazi, ma nel senso di una totale inapplicazione. Così non è che noi (e anche altre liste minori) abbiamo un terzo o un quarto del tempo dei grandi partiti, ma un trentesimo o un quarantesimo.
A garantire la par condicio dovrebbe essere un'autorità che ha appunto il nome di Autorità per la Garanzia nelle COMunicazioni (AGCOM). Il suo ruolo è certamente di garantire; ma di garantire... la non applicazione della legge. Presieduta da un ex professore bocconiano nominato da Monti, essa ha elaborato un regolamento attuativo che stravolgeva la legge distruggendo la par condicio, trasformandola in impari distribuzione dei tempi in funzione della preesistente forza elettorale (come se in una nuova gara di corsa, una parte dei gareggianti partisse molti metri più avanti, perché anni prima ha brillato nella competizione). Ma ha poi coperto pure le violazioni della lettera del suo abusivo regolamento.
Come detto, arrabbiati ma non sorpresi più di tanto: in fondo anche l’AGCOM è una struttura del sistema, e i suoi dirigenti, certamente ben pagati e soddisfatti delle poltrone, del diritto e della democrazia possono ben fregarsene, tanto "c'hanno la loro convenienza" in quel che fanno.
Anche questo episodio ci conforta nella nostra lotta contro lo stato borghese e per la rivoluzione.
In questo quadro noi facciamo un appello, in zona cesarini, a tutti i siti, le radio libere, la stampa democratica etc. a dare l’ultimo giorno della campagna elettorale uno spazio significativo alla nostra lista, per compensare in minima parte la vergognosa soperchieria della AGCOM e delle direzioni delle reti televisive.

Partito Comunista dei Lavoratori