Il 12 giugno, assieme alle elezioni amministrative di numerosi comuni, vanno al voto cinque referendum in materia di giustizia, promossi dal Partito Radicale e sostenuti dalla Lega. Non entriamo nel merito della scelta della Lega, che cerca un proprio spazio d'immagine e un regolamento di conti con la magistratura. Sono le guerre per bande tipiche della democrazia borghese. Né trattiamo in questa sede la nostra proposta programmatica generale in fatto di giustizia, che in ogni caso contesta alla radice l'ordine giudiziario come casta separata, in quanto rivendica l'eleggibilità e revocabilità di tutti i funzionari dello Stato. Ci limitiamo ad un pronunciamento di merito sui quesiti referendari posti. Tre di essi (legge Severino, elezione del CSM, composizione dei collegi giudiziari) ci paiono di valenza minore, molto tecnica, e di profilo contraddittorio. Non diamo indicazione di voto al riguardo. Due di essi (separazione delle carriere e limitazione della carcerazione preventiva) assumono invece una valenza maggiore da un punto di vista democratico, e hanno il nostro sostegno.
Diamo indicazione di voto per il sì sulla separazione delle carriere e sulla limitazione della carcerazione preventiva.
L'assenza di barriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante ha allargato di fatto il potere reale dei Pubblici Ministeri, consentendo il passaggio da PM a giudice talvolta nel corso dello stesso processo. La cosiddetta terzietà del giudice ne risulta particolarmente manomessa. Ciò va a scapito in particolare non degli imputati eccellenti, ma dei cosiddetti imputati minori, assai più numerosi, provenienti dalle classi popolari. La separazione delle carriere tutela maggiormente le loro ragioni difensive.
La carcerazione preventiva ha assunto in Italia proporzioni abnormi sia per i tempi di durata che soprattutto per il numero detenuti coinvolti: il 31% della popolazione carceraria è in attesa di giudizio, Molti, a bilancio, senza aver commesso alcun reato. Il referendum, pur preservando la carcerazione preventiva nel caso di “rischio di reiterazione dei reati più gravi”, chiede la cancellazione della formula generica di “reiterazione del reato” come ragione della custodia cautelare. Anche in questo caso la limitazione dei poteri di carcerazione preventiva va a beneficio dei detenuti meno abbienti, che sono la parte preponderante della popolazione carceraria, e può interessare i militanti classisti colpiti per reati di lotta.
Va da sé che nel quadro della democrazia borghese ogni misura democratica è necessariamente monca e parziale. Solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici potrà realmente fare giustizia.
Partito Comunista dei Lavoratori