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A ottant'anni dall'insurrezione del ghetto di Varsavia

 


Ricordiamo gli eroici combattenti ebrei socialisti rivoluzionari del ghetto di Varsavia, in maggioranza bundisti e antisionisti

24 Aprile 2023

«I bundisti [membri del Bund, partito socialista ebraico cui appartenevano la maggioranza dei combattenti dell’insurrezione del ghetto] non aspettavano il Messia, né pensavano di emigrare in Palestina. Pensavano che la Polonia fosse il loro paese e combattevano per una Polonia giusta e socialista, in cui ogni nazionalità avrebbe avuto la propria autonomia culturale, e in cui i diritti delle minoranze sarebbero stati garantiti.»

(Marek Edelman, comandante militare del ghetto di Varsavia. Socialista antisionista. Sostenitore dei diritti del popolo palestinese)



Quindici anni fa, nel 2008, a Varsavia si commemorava il sessantacinquesimo anniversario dell'insurrezione del ghetto di Varsavia. Uno degli invitati alla cerimonia ufficiale, un anziano signore di 89 anni, rifiutò di prendervi parte. Il motivo di questo rifiuto era la presenza alla cerimonia di una delegazione ufficiale israeliana.
Quello stesso pomeriggio andò invece all'ambasciata francese, dove, in una cerimonia speciale per lui, il ministro degli esteri francese gli consegnò la Legion d'Onore, la massima onorificenza dello stato transalpino.

Ma chi era dunque questo signore, così importante da essere decorato al massimo livello e così ostile a Israele da rifiutare di partecipare ad una importante commemorazione?
Si chiamava Marek Edelman; il suo nome figurava sulle liste dei "nemici di Israele" elaborate dai sionisti di destra negli USA. Al contempo la sua foto appariva nei musei dedicati al genocidio degli ebrei e addirittura nella “galleria degli eroi” dello Yad Vashem, il Memoriale dell’Olocausto di Gerusalemme.
Marek Edelman era stato il comandante dell’insurrezione del ghetto di Varsavia del 1943, in coppia col socialista rivoluzionario sionista di estrema sinistra (di Hashomer Hatzair) Mordechai Anielewicz, e unico dopo la morte nella lotta di quest’ultimo.

Dopo settimane di eroica lotta, gli ultimi sopravvissuti, guidati da Edelman, lasciarono il ghetto attraverso le fogne raggiungendo la componente di sinistra della resistenza polacca, continuando poi la lotta armata fino alla liberazione dal nazismo e, in particolare, partecipando all'insurrezione generale di Varsavia dell'estate 1944.
Edelman era un militante del Bund (Unione Generale dei Lavoratori Ebrei), un’organizzazione socialista di sinistra fortemente contraria al sionismo, a cui apparteneva la maggioranza dei combattenti dell'insurrezione del ghetto di Varsavia e che alle elezioni interne ai quartieri ebraici del 1939 prese ben il 62% dei voti, mentre l’insieme delle forze sioniste solo il 20% (il resto andò a partiti borghesi non sionisti).
La maggioranza del popolo ebraico in Polonia (che fu la principale vittima del genocidio) dimostrava di respingere la soluzione sionista. (Il Bund nel suo programma definiva il sionismo “un movimento reazionario capitalista e colonialista al servizio dell’Imperialismo”).

Nulla di tutto ciò viene oggi narrato da borghesi, riformisti, e sionisti, in particolare in Italia. Fu il mostruoso genocidio da parte del nazismo e dei suoi complici di 6 milioni di ebrei (insieme a cui non si devono dimenticare gli altri 5 milioni di morti dei massacri e dei campi di sterminio: rom e sinti, omosessuali, antifascisti, prigionieri sovietici) che ha creato un argomento cinicamente usato dai sionisti per portare una maggioranza degli ebrei del mondo a sostenere lo stato sionista, nonostante la sua criminale e razzista oppressione degli arabi di Palestina.

L'eroico Marek Edelman, rifiutò di emigrare in Israele e restò in Polonia, lottando contro il regime stalinista, come dirigente della sinistra laica di Solidarnosc, e per questo fu incarcerato per anni. Nel 2002 Edelman scrisse una lettera aperta indirizzata “ai comandanti delle organizzazioni armate e partigiane palestinesi e ai soldati delle organizzazioni armate palestinesi”. Ciò fece letteralmente infuriare i sionisti. La lettera aperta invitava giustamente le organizzazioni palestinesi a non compiere attentati suicidi contro i civili israeliani, ma il fatto che parlasse di partigiani palestinesi e li invitasse implicitamente ad attaccare solo le forze militari israeliane «come noi abbiamo fatto con i tedeschi» non poteva che essere visto come una netta e radicale presa di posizione antisionista.

L'antisionismo di Marek Edelman non costituisce un fatto isolato. Nel mondo, nonostante l'orrendo massacro nazista che distrusse l’ebraismo yiddish dell’Europa centro-orientale e le conseguenze dell’antisemitismo staliniano – che si coniugava col sostegno al sionismo; il governo dell’URSS nel 1948 fu il primo a riconoscere lo stato di Israele, e lo fece armare dalla Cecoslovacchia – centinaia di migliaia di ebrei nel mondo restano ostili al sionismo. Tra i primi, le migliaia di ebrei che militano, spesso con prioritari ruoli dirigenti, nelle organizzazioni trotskiste, seguendo la grande tradizione marxista rivoluzionaria di figure come Rosa Luxemburg, Trotsky, Zinoviev, Kamenev, Piatakov, Radek, e migliaia di altri quadri comunisti (il governo bolscevico nel 1918 aveva oltre un terzo di membri ebrei, mentre la percentuale di ebrei nel territorio della futura URSS era il 3%), la maggior parte dei quali finirono vittime del massacro dei comunisti leninisti (centinaia di migliaia di vittime) della controrivoluzione staliniana negli anni ’30.

Perché se il genocidio degli ebrei da parte dei nazisti resta il maggiore e impareggiabile crimine storico, almeno della storia moderna, altri due “genocidi” antisemiti, certo di un livello di mostruosità inferiore e difforme tra loro, ma pur tuttavia gravissimi, si sono sviluppati nel nostro secolo.
Il primo è il già ricordato “genocidio” anticomunista ad opera di Stalin e del suo regime. Il secondo è il genocidio della memoria attuato da borghesi conservatori e liberali, socialdemocratici, stalinisti e, ovviamente in primo luogo sionisti. Quello che ha voluto utilizzare il genocidio nazista e i massacri stalinisti per cancellare la memoria dello Yiddishland di prima della Seconda guerra mondiale, in cui la maggioranza del popolo ebraico era antisionista e in cui i marxisti rivoluzionari furono parte importante.

Ricordare Marek Edelman e i rivoluzionari ebrei antisionisti dell’insurrezione del ‘43 significa per noi combattere anche questo terzo “genocidio” antisemita.
L’antisionismo non è antisemitismo, ma doveroso antimperialismo, anticolonialismo e antirazzismo. I sionisti e lo stato dell’apartheid antiarabo di Israele non sono, oggi, meno che mai gli eredi degli eroici combattenti del ghetto e della maggioranza del popolo ebraico dell’Europa dell’Est e della sua grande tradizione rivoluzionaria per una Palestina unita, laica e socialista, nella quale sulla base dell’autodeterminazione del popolo arabo possano vivere insieme in pace arabi ed ebrei.

Partito Comunista dei Lavoratori