11 Marzo 2022
In questa guerra, come in altre, alcune organizzazioni politiche sostengono posizioni astrattamente marxiste, ma che in realtà possono essere definite semplicemente come una sorta di "nazionalismo rovesciato", ci riferiamo al campismo, ovvero la divisione del mondo in blocchi geopolitici contrapposti.
Raramente i campisti (solitamente di matrice m-l, cioè stalinista) affrontano il conflitto di classe interno delle nazioni del "campo antimperialista" e, senza analizzare la natura di questi governi e delle loro economie, attribuiscono a queste nazioni una funzione progressista e progressiva. Non criticano mai le “nazioni antimperialistiche” e tendono a glissare o a opporsi apertamente ai movimenti di lotta che emergono tra la classe operaia di questi stati. Così gli scioperi in Cina sono il frutto dello sponsor Usa; le manifestazioni di dissenso per la guerra in Russia sono egemonizzate dalle forze reazionarie ecc.
C'è stato un tempo in cui l'identificazione con un blocco anticapitalista e antimperialista aveva un senso. La Rivoluzione Russa è stata sostenuta da milioni di lavoratori che hanno operato anche una rottura politica con quella sinistra sciovinista e governista. Lenin e Trotsky hanno fatto una rivoluzione rovesciando un governo di centro-sinistra, hanno costruito un’internazionale (I.C.) contro le derive riformiste della vecchia socialdemocrazia.
Quindi, dopo la rivoluzione del 1917, nonostante la distorsione avvenuta con l’ascesa di Stalin al potere e la relativa deviazione del metodo rivoluzionario (svolta Kuomintang, Terzo periodo e Fronti Popolari, assenza di democrazia, socialismo in un paese solo ecc.), si poteva dire che vi erano due blocchi: uno che era nato dalla rivoluzione operaia e combatteva per il “socialismo” (la difesa della casta burocratica) e l’altro un blocco capitalista che sosteneva (anche economicamente) la controrivoluzione in tutto il mondo.
Questo scenario oggi non esiste più, sono solamente due gli stati operai in dissoluzione (ahimè), Cuba e Corea del Nord. Bisogna dire ai nostalgici dell’URSS che la Russia è un nuovo imperialismo fatto di borghesia e sciovinismo.
Il campismo contemporaneo è, se dovessimo riassumere, la più grande distorsione del marxismo in quanto spinge la solidarietà con gli stati piuttosto che con la classe e la sua lotta internazionale. L'internazionale di Marx, Engels, Lenin e Trotsky, come struttura organizzativa e pratica, è completamente cancellata da questa visione. Questa tendenza generalmente sostiene stati chiaramente capitalisti (come Iran e Siria) o stati che affermano a parole di essere socialisti come la Cina (coprendosi di ridicolo, perché la Cina, ad essere obiettivi, non solo è un paese capitalista ma è una vera e propria potenza imperialista con annesse entrature di capitali in Africa e in varie parti del mondo), oppure ancora i campisti si aggrappano alla Corea del Nord (che di soviet ed internazionalismo non ha neanche l'ombra ma ha solo un despota che governa miscelando culti religiosi ad un neostalinismo vintage).
Il campismo in questi giorni viene sventolato non solo dalle organizzazioni neo staliniste o staliniste ma anche da Putin che si aggrappa a questo metodo per giustificare la sua invasione dell’Ucraina in opposizione all’imperialismo statunitense ed europeo. Lo stesso Putin nel suo discorso o meglio nella sua dichiarazione di guerra all’Ucraina, fatto in diretta tv il 21 febbraio 2022, ha parlato di riconoscimento, formale ed ufficiale, delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, ma anche e soprattutto ha evidenziato le colpe di Lenin secondo cui: «chi ha governato nell'Urss di inizio '900» - sarebbe colpevole della nascita e dell' "invenzione" dell'Ucraina, che «ha tolto pezzi al territorio della Russia».
Ecco il nuovo paradosso dei campisti: definirsi comunisti in opposizione a Lenin. Applauso!
Putin insomma rispolvera lo sciovinismo “grande russo”, lo stesso sciovinismo grande russo combattuto da Lenin anche all’interno dei bolscevichi contro Stalin che ne fu uno dei massimi rappresentanti.
Lenin aveva le idee chiarissime sul processo di autodeterminazione. Sosteneva, sia praticamente che teoricamente, che il processo di costruzione sovietico avvenisse su base volontaria perché «… lo zarismo e la borghesia grande-russa, con la loro oppressione, hanno lasciato nelle nazioni vicine un’ombra di rancore e di diffidenza verso i grandi-russi in generale, e questa diffidenza va dissipata con i fatti, e non con le parole». Questo metodo è alla base del leninismo, cioè della costruzione del socialismo per convincimento e non per assimilazione.
«(…) Invece della parola autodecisione, (...) io pongo un concetto assolutamente preciso: il diritto di separarsi liberamente» [1].
Insomma per Lenin il diritto dell’autodeterminazione era una parte integrante del programma bolscevico: «Il socialismo vittorioso deve necessariamente instaurare la completa democrazia e, quindi, non deve attuare soltanto l'assoluta eguaglianza dei diritti delle nazioni, ma anche riconoscere il diritto di autodecisione delle nazioni oppresse, cioè il diritto alla libera separazione politica» [2].
Per Lenin la lotta per l’autodeterminazione non era semplicemente una formula vuota, ma un metodo politico, un principio, e come è noto sulle questioni di principio Lenin non era solito fare concessioni, così la lotta contro lo sciovinismo grande russo per Lenin non si esaurisce nella battaglia teorica e in proclami ma vede anche la sua declinazione all’interno del partito, del suo partito.
Lenin ha già aveva notato nei primissimi anni ‘20 i metodi di Stalin e un'ulteriore conferma di ciò la ebbe verso la fine del 1922, quando ebbe chiaro in che modo Stalin silenziava il dissenso dei compagni georgiani. L’impero zarista era conosciuto, era passato alla storia come la “prigione dei popoli”, molte etnie/nazioni erano state rinchiuse dal recinto zarista. La classe operaia e il movimento popolare di queste nazioni oppresse avevano fuso la lotta contro lo zarismo con la lotta per la propria autodeterminazione, non a caso il diritto all’autodeterminazione era stato, come abbiamo scritto, uno dei punti fondanti del bolscevismo. Dopo il successo della rivoluzione, i bolscevichi avevano costruito il potere sovietico su alcune repubbliche nazionali oltre a quella Russa (Ucraina, Bielorussia, Georgia, Armenia, Azerbaijan) ovvero la Rsfsr (Repubblica socialista federativa sovietica russa).
Anche se sulla carta i rapporti tra le repubbliche sovietiche erano formalmente regolati, il Partito Russo bolscevico aveva una forte tendenza ad accentrare. Lenin dunque pone l’attenzione sulla questione e cerca una via d’uscita. Nell’estate del 1922 l’ufficio politico bolscevico crea una commissione, presieduta da Stalin, che ha il compito di affrontare la questione “georgiana” e delle altre federazione. Questa commissione è composta di persone vicine a Stalin e produce un testo (Tesi sull’autonomizzazione) che vidima nei fatti l’annessione delle cinque federazioni alla Russia.
Lenin reagisce nonostante le sue non buone condizioni di salute prima definendo Stalin “un po’ troppo precipitoso” [3].
Successivamente Lenin va all’affondo in una lettera indirizzata a Kamenev e al Comitato Centrale del 6 ottobre:
«Compagno Kamenev! Dichiaro guerra (e non una guerriciola, ma una lotta per la vita e per la morte) allo sciovinismo grande russo. Non appena mi sarò liberato di questo maledetto dente, lo assalirò con tutti i miei denti sani».
Alla fine Stalin media non avendo la maggioranza nel CC. Cede ma il problema sarà solo rimandato.
Lenin, dunque, non aveva dubbi sul concetto di autodeterminazione come, tornando a noi, sul tema del campismo non aveva dubbi sul concetto di “patria”: nella battaglia tra un imperialismo dominante e uno che cercava di ascendere Lenin si schierava senza mezzi termini da parte del proletariato, non aveva una divisione verticale (campi), bensì orizzontale (classi).
La parola d'ordine, basata sull'analisi della realtà e del carattere delle classi era e dovrebbe essere patrimonio del marxismo rivoluzionario; il proletariato non può sostenere nessuna guerra in cui i lavoratori si uccidono in nome della borghesia, così oggi di fronte alla aggressione dell’imperialismo nascente russo il metodo dovrebbe essere lo stesso.
Lenin fu accusato di essere un servo dell’imperialismo tedesco. Insieme a Trotsky e Rosa Luxemburg pagò con la vita la lotta contro lo sciovinismo. Il modo migliore per ricordare questi grandi marxisti è apprendere il loro metodo.
Il marxismo rivoluzionario è altro rispetto al campismo e consiste innanzitutto, come Lenin e Trotsky ci hanno insegnato, nella lotta per il potere politico della classe operaia e non fare gli ultras di presidenti egotisti autoritari di nazioni e/o potenze capitaliste.
Note
1 Lenin, Opere Complete, vol. 26
2 La rivoluzione socialista e il diritto delle nazioni all'autodecisione, Lenin 1916
3 Lenin, Opere Complete, vol. 42