Mentre i salari perdono potere d'acquisto salgono i profitti di Borsa, anche quando scende il valore delle azioni. Nell'anno in cui la Borsa di Milano perde il 13,5% le aziende quotate si avviano a realizzare 41 miliardi di profitti. Tra il 2017 e il 2018, al netto del settore finanziario (banche), il monte utile sale da 19,6 a 24,3 miliardi di utile, nonostante i cali della Borsa. La STMicroelettronics ha perso da inizio anno il 34% in termini di valore dei titoli, ma ha quintuplicato i propri profitti. La CNH Industrial ha perso in valore il 28,9% ma ha triplicato i profitti. La Pirelli ha perso il 18% ma ha triplicato i profitti. Sono i dati forniti dal quotidiano di Confindustria del 16 dicembre.
Come si spiega questo divario? Se le aziende perdono valore patrimoniale i profitti non dovrebbero calare? Invece no, e la spiegazione è semplice: aumenta lo sfruttamento del lavoro.
Da un lato le incertezze della situazione politica, il rischio guerre commerciali, il brusco calo del settore tecnologico a Wall Street hanno disincentivato gli investimenti azionari sul mercato finanziario, provocando le perdite dei titoli. Ma dall'altro lato, le stesse aziende compensano le perdite con l'incremento della pressione sul lavoro: ritmi infernali nelle fabbriche, cancellazione di diritti, precariato dilagante. In una parola: umiliazione del lavoro a vantaggio dei dividendi degli azionisti. È la realtà del capitalismo, tanto più in una stagione di crisi.
Il punto allora non è l'ingiusta ripartizione della ricchezza, come dicono i sociologi liberalprogressisti. Il punto è che la ricchezza degli uni (i capitalisti) è finanziata dalla miseria degli altri (i lavoratori e le lavoratrici). 41 miliardi prodotti dai salariati ma intascati dai loro padroni. 41 miliardi di profitti che il governo SalviMaio vuole ulteriormente detassare, nel mentre svuota le elemosine su reddito e pensioni per rassicurare il capitale finanziario, lo stesso che investe nei titoli di Stato per ingrassare con gli interessi - in crescita - pagati ancora una volta... dai lavoratori.
La verità è che il "governo del cambiamento" è solo un governo del cambianiente.
Soltanto la ribellione di 17 milioni di salariati può cambiare le carte in tavola.
Come si spiega questo divario? Se le aziende perdono valore patrimoniale i profitti non dovrebbero calare? Invece no, e la spiegazione è semplice: aumenta lo sfruttamento del lavoro.
Da un lato le incertezze della situazione politica, il rischio guerre commerciali, il brusco calo del settore tecnologico a Wall Street hanno disincentivato gli investimenti azionari sul mercato finanziario, provocando le perdite dei titoli. Ma dall'altro lato, le stesse aziende compensano le perdite con l'incremento della pressione sul lavoro: ritmi infernali nelle fabbriche, cancellazione di diritti, precariato dilagante. In una parola: umiliazione del lavoro a vantaggio dei dividendi degli azionisti. È la realtà del capitalismo, tanto più in una stagione di crisi.
Il punto allora non è l'ingiusta ripartizione della ricchezza, come dicono i sociologi liberalprogressisti. Il punto è che la ricchezza degli uni (i capitalisti) è finanziata dalla miseria degli altri (i lavoratori e le lavoratrici). 41 miliardi prodotti dai salariati ma intascati dai loro padroni. 41 miliardi di profitti che il governo SalviMaio vuole ulteriormente detassare, nel mentre svuota le elemosine su reddito e pensioni per rassicurare il capitale finanziario, lo stesso che investe nei titoli di Stato per ingrassare con gli interessi - in crescita - pagati ancora una volta... dai lavoratori.
La verità è che il "governo del cambiamento" è solo un governo del cambianiente.
Soltanto la ribellione di 17 milioni di salariati può cambiare le carte in tavola.
16 dicembre 2018