Necessaria una immediata mobilitazione di solidarietà con gli operai e i giovani in rivolta
Più di 400 morti. La giunta militare birmana procede con l'arma del terrore contro la ribellione di massa al golpe del 1 febbraio. L'esercito del Myanmar ha sempre rappresentato uno Stato nello Stato. Il corpo degli ufficiali gode di enormi privilegi sociali, gestisce in prima persona interi settori dell'economia, detiene per legge un quarto dei seggi nelle due camere del Parlamento, esercita un diritto di veto in materia di riforme costituzionali. La carriera militare è per molti aspetti l'unico possibile ascensore sociale in Birmania, il sogno tradizionale di tante famiglie per il futuro dei propri figli. L'armata si regge sul culto della disciplina totale ai comandi, nel nome della “protezione della nazione”. Il peggiore massacro della storia birmana si è realizzato nell'anniversario della liberazione dal Giappone del 1945, con tanto di parata militare.
“Non uscite di casa. Genitori, assicuratevi che i vostri figli non si uniscano ai rivoltosi, potrebbero essere colpiti alla testa o alla schiena”: questo l'agghiacciante appello della televisione di Stato il giorno prima della parata militare. Così è stato. Militari e polizia hanno sparato ovunque per uccidere, hanno sequestrato autoambulanze per assassinare i feriti, hanno compiuto rastrellamenti omicidi nelle case dei quartieri più poveri. Un solo obiettivo: piegare la ribellione con ogni mezzo.
Ma la ribellione continua in quarantuno città del paese. Nelle strade scendono operai, giovani e giovanissimi, tantissime donne, senza altre armi che bottiglie molotov, pietre, fionde, frecce, barricate di strada contro il tiro mirato dei cecchini. La sproporzione delle forze sul piano militare è drammatica, ma la giunta teme che un eccessivo prolungamento della ribellione di massa possa aprire crepe nell'esercito. Al momento la truppa è rimasta compatta, ma una sua divisione interna potrebbe essere esiziale per il regime.
Di certo le masse birmane non hanno ragione di affidarsi alla diplomazia mondiale. L'ONU condanna la violenza del regime, con le tradizionali risoluzioni salvacoscienza. In realtà gli imperialismi cosiddetti democratici piangono lacrime di coccodrillo. Il turbamento per il bagno di sangue non vale la somma degli investimenti fatti in Birmania. Alcuni Stati imperialisti (Canada, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti) affidano la propria riprovazione contro l'uso della forza letale contro persone disarmate ai capi di stato maggiore dei rispettivi eserciti, per non esporre in prima linea i propri governi. Cina e Russia si sono invece schierate a sostegno dei generali assassini, votando contro ogni riprovazione in sede ONU. La Cina offre il proprio appoggio alla giunta chiedendo in cambio precise garanzie logistiche e militari, non senza problemi negoziali. La Russia cerca di scavalcare la Cina nel sostegno solerte al regime, di cui è, dopo Pechino, il principale fornitore d'armi. Sergueï Choïgou, ministro della difesa russo, era in Birmania nella settimana precedente il golpe. Il generale Min Aung Hlaing, capo della giunta birmana, ha moltiplicato le proprie visite a Mosca negli ultimi due mesi. Imperialismo russo e imperialismo cinese sono oggi la spalla internazionale del regime.
La solidarietà vera alle masse birmane può venire solo dal basso, dai lavoratori e dai giovani del mondo. Purtroppo oggi non c'è in Europa una mobilitazione di solidarietà che sia all'altezza del drammatico scontro che insanguina il Myanmar, tanto meno in Italia. In alcuni casi pesa l'orientamento campista filocinese e filorusso presente in settori della sinistra, in altri casi il disinteresse per una vicenda “troppo lontana” in un paese “troppo marginale” per occuparsene seriamente. Stupisce che il disimpegno su questo versante coinvolga anche in qualche caso ambienti della sinistra classista e internazionalista, che dovrebbero essere i primi promotori della solidarietà.
Occorre contrastare ovunque disinteresse e disimpegno. La lotta di strada degli operai e dei giovani di Birmania è la nostra lotta.
Tutte le organizzazioni del movimento operaio, tutte le forze della sinistra di classe, politiche e sindacali, hanno il dovere di porsi al fianco della resistenza di massa contro una giunta golpista assassina!