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L'ANP contro la resistenza palestinese

 


L'operazione di polizia in Cisgiordania e il suo significato politico

“Proteggere la patria”: è il nome dato all'operazione di polizia dell'ANP in Cisgiordania contro le organizzazioni della resistenza palestinese.

Mentre il governo Netanyahu dà mano libera ai coloni sionisti della Cisgiordania, liberando dalla detenzione amministrativa i (pochissimi) militanti sionisti incarcerati, Mahmoud Abbas scatena la propria polizia contro i combattenti palestinesi a Jenin e Ramallah. Duemila poliziotti dell'unità d'élite 101, il cuore della cosiddetta forza di sicurezza palestinese in Cisgiordania, sono stati sguinzagliati armi alla mano, per smantellare le cellule della resistenza. Le stesse che da oltre un anno hanno dovuto fronteggiare, nelle peggiori condizioni, l'attacco congiunto delle forze militari di occupazione e dello squadrismo dei coloni, al prezzo di più di ottocento palestinesi assassinati.

Secondo l'OCHA, struttura dell'ONU preposta agli aiuti umanitari in Cisgiordania, si tratta della più grande operazione nella storia delle forze della sicurezza palestinese. Una pugnalata alla schiena della resistenza. L'esatto opposto della “protezione della patria”. Ciò per mano di una ANP corrotta, che ha collaborato sistematicamente con le forze di occupazione, sorveglia le reti social e ogni spazio pubblico, impedisce ai giornalisti di Al-Jazeera di operare in Cisgiordania (esattamente come fanno i sionisti), rifiuta di indire elezioni (che avrebbero dovuto tenersi nel 2021 ma sono state rinviate sine die) per evitare una clamorosa sconfessione da parte della popolazione.

C'è una sola ragione che oggi spiega l'operazione poliziesca dell'ANP in Cisgiordania: la sua candidatura a governare Gaza quando finirà la guerra. Mahmoud Abbas vuole mostrare alle potenze imperialiste le proprie credenziali poliziesche nel controllo del popolo palestinese. Colpire la resistenza, disarmare le sue strutture, vuol essere una prova di affidabilità ai loro occhi.

Le prospettive di questo progetto sono incerte. Il governo Netanyahu, sotto la pressione dell'estrema destra, ha sinora dichiarato la contrarietà israeliana a tale “soluzione” per Gaza. Ma Donald Trump sembra puntare a riesumare gli accordi di Abramo tra Israele e l'Arabia Saudita, e il regno saudita ha difficoltà ad un accordo con lo stato sionista senza la copertura di qualche “soluzione” farlocca per la Palestina.
Dal canto loro, gli imperialismi europei sostengono apertamente le mire di Abbas su Gaza. Il ministro degli esteri Italiano ha già dichiarato che non solo non vede altra soluzione possibile, ma che l'Italia si candida a fornire il proprio sostegno ad una amministrazione dell'ANP a Gaza, inviando se necessario i carabinieri tricolore, già impiegati peraltro a suo tempo nell'addestramento della polizia dell'ANP.

I fatti dimostrano che la (fragile) “tregua” nella guerra di Gaza, dopo un anno di sanguinosa barbarie, non dischiude di per sé alcuna prospettiva di liberazione per i palestinesi, che restano ostaggio dello stato sionista, degli imperialismi che lo armano, delle direzioni palestinesi che con questi collaborano.
Solo il rovesciamento rivoluzionario dello stato sionista, solo la liberazione della nazione araba dalla dominazione imperialista, potranno consentire l'autodeterminazione palestinese. Inseparabile come non mai dalla prospettiva di una rivoluzione araba.

Partito Comunista dei Lavoratori