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NELLA NUOVA ALLUVIONE DELL’EMILIA IL FALLIMENTO DEL CAPITALISMO E DEGLI AMMINISTRATORI SUOI SERVI


Testo del volantino che verrà distribuito alla manifestazione di sabato 26 ottobre a Bologna

A poco più di un anno dalla terribile alluvione della Romagna oggi viene colpita l’Emilia: il territorio di Bologna è stato inondato da una abnorme quantità di pioggia. Un disastro ampiamente annunciato conseguente al cambiamento climatico prodotto dal capitalismo e non dovuto ai capricci della natura. Le precipitazioni straordinarie fanno parte delle serie sempre più frequenti di eventi catastrofici causati dallo sfruttamento distruttivo dell’ecosistema da parte della voracità del capitale e dell’emissione massiccia in atmosfera di CO2 dovuta all’utilizzo smodato di combustibili fossili di cui il tardo e decadente capitalismo non può fare a meno. Persino i timidi propositi delle organizzazioni internazionali (Cop 28) di riduzione delle emissioni devono essere continuamente rivisti al ribasso e testimoniano l’incapacità delle società dominate dalla borghesia e dal suo affarismo anche solo di attenuare la prospettiva disastrosa dell’ulteriore riscaldamento globale. Ma il cambiamento climatico se spiega l’evento meteorologico eccezionale non spiega perché questo abbia effetti così distruttivi. Persino i timidi propositi delle organizzazioni internazionali (Cop 28) di riduzione delle emissioni devono essere continuamente rivisti al ribasso e testimoniano l’incapacità delle società dominate dalla borghesia e dal suo affarismo anche solo di attenuare la prospettiva disastrosa dell’ulteriore riscaldamento globale.

Il territorio di Bologna è stato colpito da una abnorme quantità di pioggia, un fenomeno conseguente al cambiamento climatico prodotto dal capitalismo e non dovuto ai capricci della natura. Ma il cambiamento climatico se spiega l’evento meteorologico eccezionale non spiega perché questo abbia effetti cos’ distruttivi. Si aggiungono infatti altre ragioni dovute al malgoverno degli amministratori locali e nazionali:

l’intensa cementificazione del suolo dettata dall’intreccio inestricabile di rendita fondiaria, proprietà immobiliare, interessi bancari e commerciali che comporta disboscamenti e edifici costruiti sugli argini dei fiumi. I governi nazionali e locali, indipendentemente dal loro colore, sono solo i comitati d’affari di questi interessi e continuano imperterriti a consentire un massiccio consumo di suolo, ambito nel quale l’Emilia-Romagna all’ombra della giunta “progressista” di Bonaccini (e Schlein) – vanta il poco onorevole terzo posto in Italia;

il taglio ventennale agli investimenti nella prevenzione, nella cura del territorio, persino nella Protezione Civile. Dalla Legge Obiettivo del governo Berlusconi (2001) allo Sblocca Italia del governo Renzi (2014), tutti si sono esercitati nel cancellare o ridurre le tutele ambientali a vantaggio dei costruttori. I governi Conte (2018-2021) hanno cancellato persino l’inventario delle richieste ambientali (“Italia sicura”). Per ultima la post-fascista Giorgia Meloni ha tagliato il 40% delle spese per la tutela del Po, nel mentre ha gonfiato quelle per la “Difesa”;

perfino il PNRR da tutti osannano come la manna dal cielo riserva al dissesto idrogeologico appena 2,5 miliardi da qui al 2026 quando ce ne vorrebbero almeno venti volte tanto.

A chi presenta loro il conto dei terribili costi sociali che soprattutto la classe lavoratrice e i ceti popolari debbono sostenere, gli amministratori, a tutti i livelli, alzano le braccia dicendo che non ci sono le risorse. È una menzogna da cialtroni. In realtà si tagliano i fondi per l’ambiente per pagare ogni anno quasi 100 miliardi di soli interessi alle banche che hanno comprato i titoli di Stato. Le stesse banche che detengono azioni nei colossi energetici, nelle grandi proprietà immobiliari, nell’industria militare. Le stesse che hanno dettato a tutti i governi il taglio delle spese sanitarie e delle pensioni per “rispettare il pagamento del debito pubblico”. Cioè, per ingrassare i propri profitti.

Contro l’ordinarietà dell’affarismo capitalista che ci conduce al disastro occorre rivendicare misure semplici e necessarie per reperire le risorse ed evitare la catastrofe:

  •          abolizione del debito verso le banche e dei relativi interessi
  •           nazionalizzazione delle banche in un’unica banca nazionale sotto il controllo delle lavoratrici e dei lavoratori
  •           imposizione di una patrimoniale del 10% sul 10% più ricco della società
  •           abbandono delle grandi opere inutili e investimento massiccio in sanità, scuola e riassetto idrogeologico
  •          diminuzione drastica delle spese militari e ritiro delle missioni militari all’estero 
  •          nazionalizzazione dell’industria del cemento e delle grandi imprese immobiliari sotto il controllo delle                  lavoratrici e dei lavoratori
  •          nazionalizzazione completa dell’industria dell’energia sotto il controllo della classe lavoratrice per una reale        conversione dall’utilizzo dei combustibili fossili alle fonti energetiche rinnovabili

A chi obietta che queste siano misure troppo radicali per essere compatibili con l’economia del capitalismo rispondiamo che la verità è che tutte le recite sull’emergenza ambientale restano chiacchiere senza rompere col regime capitalista. Senza una nuova organizzazione dell’economia e della società, una società finalmente liberata dalla dittatura dei capitalisti, e per questo capace di elaborare il piano della riconversione ecologica della produzione e cura del territorio, cose che possono essere garantite solo dal governo delle lavoratrici e dei lavoratori. La necessità di costruire questa consapevolezza nella classe lavoratrice ed in tutta la società, a partire dai giovani, anima ogni giorno l’impegno del Partito Comunista dei Lavoratori

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

SEZ. DI BOLOGNA