♠ in assemblea costituente,bolovarismo,Bolsonaro,chavismo,classe lavoratrice,Guaidò,Maduro,nazionalismo,Nicaragua,Ortega,petrolio,Trump,Venezuela at 01:10
L'autoproclamazione come Presidente del Venezuela da parte di Juan Guaidò - presidente dell'Assemblea nazionale venezuelana - apre uno scenario nuovo nel paese. La destra venezuelana riprende la marcia della mobilitazione del 2017 per la conquista del potere, con l'appoggio immediato dell'imperialismo USA e dell'amministrazione Trump. La minaccia di un eventuale intervento militare imperialista in Venezuela, a supporto della destra interna, è esplicita. La bandiera della democrazia, quale principio guida dell'operazione, è contraddetta dalla natura stessa dei suoi promotori e dai loro scopi. I capi di Voluntad Popular e della destra venezuelana, tra cui Juan Guaidò, sono gli eredi politici dei tentativi golpisti del 2002. Hanno l'appoggio dei governi più reazionari del continente latinoamericano, a partire dal governo Bolsonaro. Hanno un programma economico-sociale ispirato agli interessi dell'imperialismo (privatizzazione integrale dei settori strategici) e della borghesia (abolizione dei sussidi sociali, vendita delle case popolari, abbattimento della spesa pubblica nel nome del libero mercato). La vittoria di questa operazione reazionaria non sarebbe né l'affermazione della “democrazia” né l'uscita del Venezuela dalla profonda crisi che l'attanaglia, ma un'ulteriore aggravamento della crisi sociale per i lavoratori e la popolazione povera a esclusivo vantaggio dei capitalisti e dell'imperialismo.
La precipitazione della crisi venezuelana è tuttavia inseparabile dal fallimento del regime chavista.
Il nazionalismo bolivariano ha cercato di stabilizzare un compromesso sociale con l'imperialismo e la borghesia venezuelana: da un lato le missiones popolari a beneficio degli strati sociali più poveri, dall'altro il pagamento del debito pubblico al capitale finanziario, i lauti indennizzi alle proprietà imperialiste “nazionalizzate”, la tutela delle banche private, la libertà di arricchimento di una borghesia affaristica e corruttrice (boliborghesia). Questo precario equilibrio sociale ha retto ai tempi dell'alto prezzo del petrolio, e ha franato irrimediabilmente col suo crollo, connesso alla crisi capitalistica mondiale. La recessione drammatica dell'economia, l'inflazione incontrollabile, la penuria dei beni di prima necessità, hanno precipitato le condizioni di vita dei lavoratori e del popolo. La caduta del consenso sociale attorno a Maduro è il riflesso di questa realtà, come lo è l'emigrazione di massa dal paese. Il governo nazionalista ha prima reagito alla propria crisi moltiplicando le concessioni ai capitalisti, irregimentando il movimento operaio, restringendo diritti e libertà sindacali (blocco delle elezioni sindacali nelle aziende e forti limitazioni del diritto di sciopero). Poi ha moltiplicato, senza successo, i tentativi di mediazione con le destre attraverso i canali della diplomazia internazionale (Zapatero) e del Vaticano. Infine è ricorso ad una soluzione bonapartista, attraverso l'elezione farlocca di una Assemblea costituente sotto controllo dell'esecutivo, e la massima concentrazione dei poteri nelle proprie mani. Ma nessuna di queste politiche ha potuto allargare la base di sostegno del governo. Al contrario, l'insieme di queste politiche ha finito col consegnare alla destra l'appoggio di strati popolari favorendo lo sviluppo delle operazioni reazionarie e filoimperialiste oggi in corso.
Non c'è soluzione possibile dalla crisi drammatica del Venezuela fuori dalla rottura col capitalismo e l'imperialismo, e dalle misure che questa rottura richiede: sospensione del pagamento del debito pubblico, nazionalizzazione delle banche e del commercio con l'estero, controllo dei lavoratori sulla produzione e la distribuzione dei beni alimentari e di prima necessità. Solo uno sviluppo indipendente del movimento operaio, in contrapposizione al governo Maduro e alla reazione, può porre in agenda queste misure di svolta. Solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, basato sulle strutture di autorganizzazione di massa e sulla loro forza, può realizzarle. È la prospettiva di un'alternativa socialista al nazionalismo bolivariano, basata sul potere dei consigli dei lavoratori. Fuori da questa prospettiva socialista, la crisi venezuelana continuerà ad avvitarsi con esiti drammatici sul terreno sociale e democratico per i lavoratori stessi, sia che vinca la reazione filoimperialista sotto false sembianze "democratiche", sia che il regime chavista sviluppi ulteriormente la propria spirale bonapartista dando vita a una versione venezuelana della dittatura di Ortega in Nicaragua.
Solamente l'irruzione sul campo della classe lavoratrice, con le sue ragioni di classe indipendenti, può spezzare la morsa di questo bivio mortale, e aprire dal basso una prospettiva nuova.
Ma questa prospettiva passa per la sconfitta, qui e ora, della minaccia della destra e dell'imperialismo, dei Trump e dei Bolsonaro. Per questo, con questa impostazione indipendente, il PCL parteciperà alle iniziative di mobilitazione contro le minacce dell'imperialismo in Venezuela.
La precipitazione della crisi venezuelana è tuttavia inseparabile dal fallimento del regime chavista.
Il nazionalismo bolivariano ha cercato di stabilizzare un compromesso sociale con l'imperialismo e la borghesia venezuelana: da un lato le missiones popolari a beneficio degli strati sociali più poveri, dall'altro il pagamento del debito pubblico al capitale finanziario, i lauti indennizzi alle proprietà imperialiste “nazionalizzate”, la tutela delle banche private, la libertà di arricchimento di una borghesia affaristica e corruttrice (boliborghesia). Questo precario equilibrio sociale ha retto ai tempi dell'alto prezzo del petrolio, e ha franato irrimediabilmente col suo crollo, connesso alla crisi capitalistica mondiale. La recessione drammatica dell'economia, l'inflazione incontrollabile, la penuria dei beni di prima necessità, hanno precipitato le condizioni di vita dei lavoratori e del popolo. La caduta del consenso sociale attorno a Maduro è il riflesso di questa realtà, come lo è l'emigrazione di massa dal paese. Il governo nazionalista ha prima reagito alla propria crisi moltiplicando le concessioni ai capitalisti, irregimentando il movimento operaio, restringendo diritti e libertà sindacali (blocco delle elezioni sindacali nelle aziende e forti limitazioni del diritto di sciopero). Poi ha moltiplicato, senza successo, i tentativi di mediazione con le destre attraverso i canali della diplomazia internazionale (Zapatero) e del Vaticano. Infine è ricorso ad una soluzione bonapartista, attraverso l'elezione farlocca di una Assemblea costituente sotto controllo dell'esecutivo, e la massima concentrazione dei poteri nelle proprie mani. Ma nessuna di queste politiche ha potuto allargare la base di sostegno del governo. Al contrario, l'insieme di queste politiche ha finito col consegnare alla destra l'appoggio di strati popolari favorendo lo sviluppo delle operazioni reazionarie e filoimperialiste oggi in corso.
Non c'è soluzione possibile dalla crisi drammatica del Venezuela fuori dalla rottura col capitalismo e l'imperialismo, e dalle misure che questa rottura richiede: sospensione del pagamento del debito pubblico, nazionalizzazione delle banche e del commercio con l'estero, controllo dei lavoratori sulla produzione e la distribuzione dei beni alimentari e di prima necessità. Solo uno sviluppo indipendente del movimento operaio, in contrapposizione al governo Maduro e alla reazione, può porre in agenda queste misure di svolta. Solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, basato sulle strutture di autorganizzazione di massa e sulla loro forza, può realizzarle. È la prospettiva di un'alternativa socialista al nazionalismo bolivariano, basata sul potere dei consigli dei lavoratori. Fuori da questa prospettiva socialista, la crisi venezuelana continuerà ad avvitarsi con esiti drammatici sul terreno sociale e democratico per i lavoratori stessi, sia che vinca la reazione filoimperialista sotto false sembianze "democratiche", sia che il regime chavista sviluppi ulteriormente la propria spirale bonapartista dando vita a una versione venezuelana della dittatura di Ortega in Nicaragua.
Solamente l'irruzione sul campo della classe lavoratrice, con le sue ragioni di classe indipendenti, può spezzare la morsa di questo bivio mortale, e aprire dal basso una prospettiva nuova.
Ma questa prospettiva passa per la sconfitta, qui e ora, della minaccia della destra e dell'imperialismo, dei Trump e dei Bolsonaro. Per questo, con questa impostazione indipendente, il PCL parteciperà alle iniziative di mobilitazione contro le minacce dell'imperialismo in Venezuela.
25 gennaio 2019